Le prime polemiche sul matrimonio "in volo" celebrato dal Papa
La spontaneità del gesto - avvenuto, secondo le cronache, in seguito alla richiesta della coppia di ricevere una benedizione dal Papa - è fortemente messa in dubbio dai giornalisti antipapisti Marco Tosatti e la compagnia della Nuova Bussola Quotidiana i quali rivelano che in realtà il matrimonio era stato preventivamente concordato. Così Tosatti:
Così La Nuova Bussola Quotidiana che, con un pò di prudenza, attende i commenti che il Papa stesso probabilmente farà al ritorno dal viaggio apostolico:Il matrimonio al volo del papa? Una mezza fakenews, cucinata malino…Del matrimonio in volo, “improvvisato” e improvvisamente proposto dal papa, se ne parlava da un mese in Cile. Ieri sera una cara amica, attentissima alle cose di Chiesa in tutto il mondo (ma come fa? Deve avere una rete impressionante, planetaria, di amici) di cui non faccio il nome mi ha inviato il link di un articolo apparso sul quotidiano cileno El Mercurio un mese fa, un articolo di cronaca in cui il giornalista era andato a intervistare il capitano dell’aereo che doveva portare il Pontefice in Cile, e i membri dell’equipaggio. In esso, fra l’altro era riportata un’intervista, breve, con lo steward e la hostess che il papa ha unito in matrimonio in aereo. Carlos e Paula dicevano di essersi sposati civilmente otto anni fa, di avere due figlie – 3 e 6 anni -; pianificavano di sposarsi in chiesa il 27 febbraio del 2010, ma il terremoto ha distrutto la chiesa in cui volevano farlo. Poi il lavoro, le figlie, e il progetto fu rimandato. Qui l’intervista in spagnolo per chi vuole leggerla. (...) Fra l’altro mi facevano notare un’amica canonista che l’unica cosa su cui neanche un papa può passare sopra, per quanto incurante delle regole, è lo stato libero. Ci vogliono gli atti di battesimo, e la sicurezza che nessuno dei due contraenti abbia già un legame. Quindi, anche il papa doveva essere certo di questi elementi, prima di farlo…Ma pur di avvalorare l’immagine di un papa alla mano, un papa del popolo (populista? Ahi! Ahi!) e inscenare quella che ieri Pezzo Grosso chiamava telenovela tutto fa brodo.
Certamente quando ci sarà la conferenza stampa sul volo che lo riporterà a Roma, papa Francesco avrà modo di spiegare meglio il significato che intende dare al matrimonio celebrato in Cile sull’aereo tra uno steward e una hostess, già sposati civilmente da otto anni.
Tanto più che dovrà anche giustificare il fatto che il matrimonio express le cui immagini hanno fatto il giro del mondo, in realtà era ampiamente preparato. Ieri sera è infatti spuntato un lungo articolo del quotidiano cileno El Mercurio, datato 19 dicembre, in cui nel presentare lo staff incaricato del servizio nei voli del Papa in Cile si racconta proprio della storia di Carlos Ciuffardi e Paula Podest, che nell’occasione esprimono la speranza di potere essere sposati dal Papa proprio sull’aereo durante uno degli spostamenti (clicca qui). Esattamente quello che è successo. Si può dunque immaginare che i due abbiano in qualche modo fatto richiesta ufficiale in tal senso, che dalla Santa Sede sia stata data via libera, e dunque ciò che è stata presentata come un’idea totalmente spontanea del Papa si rivela invece essere stata ben preparata. Si tratta di una sceneggiata sconcertante e incomprensibile, che rischia di mettere in ridicolo non solo l’attuale Corte vaticana ma lo stesso papato. Chiunque sia stato il regista dell’operazione, a maggior ragione si deve ritenere che con questo colpo di teatro si volesse far passare un messaggio.
Del resto è la cifra di questo pontificato insistere sul fatto che i gesti valgono più delle parole. E dunque ci si deve chiedere – aldilà delle intenzioni di chi ha costruito l’evento - che tipo di impatto e che messaggio lancia il gesto compiuto dal Papa e ripreso dai media di tutto il mondo.
Purtroppo la prima impressione è che il sacramento del matrimonio non sia una cosa da prendere troppo sul serio, dove il sentimento è decisamente prevalente rispetto alla ragione, dove gli uomini sono molto più protagonisti di Dio. Non molto diverso francamente dai matrimoni express che nell’immaginario collettivo si celebrano a Las Vegas. E legato a questo c’è la percezione che le norme ecclesiastiche per la celebrazione dei matrimoni siano un orpello inutile, un ostacolo alla possibilità per tutti di sposarsi con rito religioso. Non c’era infatti nessuno stato di necessità che giustificasse la dispensa dallo sposarsi in chiesa, all’interno della messa, dopo una adeguata preparazione, dopo le pubblicazioni e dopo aver presentato una serie di documenti che, fastidiosi che siano, dovrebbero essere a tutela della libertà dei futuri coniugi.
Se dunque il Papa fa vedere al mondo che tutte queste cose sono superflue,su quale base un parroco può pretendere tutti i passaggi di cui sopra da coppie che chiedono di sposarsi? C’è da aspettarsi situazioni sempre più difficili per i preti che si dovranno confrontare con la pretesa di sposare in chiesa (o in qualche altro posto originale) senza perdere troppo tempo con gli adempimenti del caso. Così come oggi si trovano persone che, pur restando in stato di peccato, pretendono in confessione l’assoluzione perché «lo dice anche il Papa» o, più semplicemente, vanno alla comunione senza neanche più passare dal confessionale. Non che il Papa lo abbia detto effettivamente, ma questa è la percezione comune, questo è il messaggio che è passato, soprattutto dopo l’esortazione apostolica Amoris Laetitia.
E a proposito di Amoris Laetitia, dovremmo considerare ormai carta straccia tutte le parti dove si insiste sulla necessità di una preparazione adeguata al matrimonio. Era stato proprio Francesco a porre con forza il problema di tanti matrimoni non validi, a causa dell’impreparazione con cui si affronta il fatidico “sì”, al punto di pubblicare un Motu Proprio (Mitis et Misericors Iesus) per facilitare i decreti di nullità dei matrimoni. E allo stesso tempo in Amoris Laetitia chiedeva maggiore responsabilità per far sì che i giovani che intendono sposarsi possano adeguatamente prepararsi al matrimonio. I corsi di preparazione, già esistenti, dovevano essere molto curati per essere all’altezza delle necessità. Non che tali indicazioni abbiano avuto particolare successo nelle varie diocesi, pare proprio che tutti siano interessati solo alla comunione per i divorziati risposati. Però adesso quella necessità oggettiva di arrivare consapevoli al matrimonio sembra definitivamente cancellata dal gesto “spontaneo” sull’aereo: evidentemente non è più un elemento fondamentale. «Sei sicuro?», «Sì»; e tanto basta.Vino Nuovo interviene con un commento positivo:
Infine il commento acidulo apparso su La Nazione e, in parte, smontato da Avvenire:(...) Cosa c'è di davvero interessante e nuovo nel gesto di Papa Francesco? La capacità che ha avuto di mettere al centro non ciò che lui aveva da dire ma il desiderio di un uomo ed una donna, e di far percepire loro in modo tangibile e sorprendente - come è ogni autentico incontro con Dio - che quel loro desiderio è lo stesso desiderio di Dio per loro. Che il matrimonio è anzitutto un dono che ti raggiunge in un modo inaspettato, il dono che sigilla e rende eterno il desiderio della tua fragile umanità. Come è stato possibile rendere lampante tutto questo? Andando a prendere questi due innamorati là dove non si aspettavano di essere raggiunti, nella loro quotidianità, sul loro posto di lavoro: con un movimento in uscita che non sarebbe mai potuto essere più marcato.Facciamo una grande fatica a entrare in questa logica, perché abbiamo invece in mente che il matrimonio, così come ogni altro sacramento, debba essere sostanzialmente una conquista. Qualcosa per cui serve anzitutto prepararsi, interrogarsi, riflettere. Certo, ci crediamo che il matrimonio è un dono, ma pensiamo che la consapevolezza di questo dono debba essere spiegata, meditata, capita. Ed ecco allora l'obbligo del corso prematrimoniale: per spiegare il dono del matrimonio. Se non c'è il corso, come potranno gli sposi capire il dono che stanno ricevendo? Come potranno essere consapevoli di tutti i significati che quel dono porta con sé? Come potranno capire la dimensione unitiva di questo dono che non può essere disgiunta da quella procreativa, ossia non tenere per sé quanto ricevuto ma farne dono a propria volta?Come se tutta la ricchezza della vita matrimoniale potesse essere trasmessa e interiorizzata in dieci incontri obbligatori. "È l'unico luogo dove possono sentire certi discorsi!", ma davvero ci basta che una volta nella vita ne sentano parlare? "Beh, se non si lasciano interrogare da quello che diciamo al corso, la colpa è loro, noi il nostro l'abbiamo fatto!", e ci siamo così puliti la coscienza. Senza considerare l'assurdità di alcune nostre pretese, come ad esempio quella che una coppia che convive da dieci anni e ha già due figli abbia bisogno di farsi spiegare da me, che ho scelto di non avere moglie e figli, il senso della vita coniugale. Come se il senso della loro vita di coppia fosse da un'altra parte rispetto all'esperienza che già vivono, un senso che io ho studiato e quindi ho la pretesa di comunicargli.La grande rivoluzione pastorale di Papa Francesco sta nello scardinare il concetto che la catechesi, la formazione cristiana, sia una teoria. Una teoria da spiegare, capire e da cui trarre delle conseguenze. Una teoria che io so e tu devi imparare. Francesco ha invece in mente un'evangelizzazione che è fatta di incontri personali, di gesti, di testimonianza nel quotidiano, là dove tu sei e non ti aspetti niente di diverso da ciò che sei abituato a vedere, come quei quattro pescatori quella mattina sul lago di Galilea, come quella donna al pozzo con la brocca, come quel pubblicano seduto al banco delle imposte... Una testimonianza che non è a senso unico ma è lasciarsi evangelizzare a vicenda, perché la tua esperienza di vita ha qualcosa da dire al Vangelo e al modo di viverlo nel quotidiano: come quella donna cananea che insegna a Gesù che anche i cagnolini si cibano del pane che cade dalla tavola dei figli. Una testimonianza che ha i tratti dell'inaspettato e che per questo attrae, senza bisogno di altro, interroga e permette non di capire ma di sperimentare che c'è un amore che ti raggiunge e abbraccia la tua vita e quella della persona con cui hai scelto di condividerla.Credo sia importante lasciarci scuotere da gesti come quello di Papa Francesco, andando oltre le discussioni sterili e cogliendone il senso profondo. Per provare anche noi, nel nostro piccolo, a iniziare a pensare e ad agire con una logica diversa.
Rischi incoscienti. Ieri tra molti commenti sul "matrimonio" celebrato in aereo da Papa Francesco spicca quello di P. F. De Robertis, "Oltre il peccato" ("La Nazione", p. 9), ove leggi questa strana riflessione: «Il Papa che non perde il vizio di fare il parroco se ne infischia degli usi raccomandati dalla Chiesa... corsi di preparazione, verifica delle reali volontà degli sposi e confessione» e «celebra un inedito matrimonio ad alta quota». Che dire? A parte il fatto che "fare il parroco" non è un vizio, l'unica cosa azzeccata è "l'alta quota". Quegli sposi nel 2010 erano alla vigilia delle nozze e i corsi di preparazione erano passati, «la verifica delle reali volontà» c'è stata sul posto e «la confessione» non c'entra niente: il matrimonio è un sacramento a sé!Vedi anche i "Dubia" di Aldo Maria Valli
Non basta: proprio sul matrimonio il capitombolo è immediato. Leggi infatti che il Papa ha voluto dire che «un sacramento, e in particolare quello del matrimonio, passa sempre avanti ad ogni cosa», ma poi segue la capriola: «è evidente: un gesto come quello di ieri sminuisce in qualche modo il cammino di chi si dispone ai sacramenti con coscienza... e finisce per svalutare il sacramento stesso». Questo, quindi, prima viene dato come così importante che «passa sempre avanti ad ogni cosa» e poi viene "svalutato".
Che dire? Un paio di cose. La prima chiede come l'autore del commento conosca la coscienza dei due sposi e la seconda che il capitombolo, la contorsione, segnala che deve mettersi d'accordo con se stesso per "sciogliere i nodi" che lo impiccano con un solo filo, non di ragione lucida, che poi alla fine si stringe così, alla lettera: «Ma questo è Francesco. Prendere o lasciare»! Noi lo prendiamo, e ricordando una canzone di anni lontani viene spontaneo dire: «E ci dispiace per gli altri!».