L'intolleranza di molti omofili (e il dibattito ecclesiale sull'omosessualità)


Ritengo di essere, in compagnia di buona parte degli italiani, contro l'omofobia anche se non rientro pienamente nella categoria dell'omofilo, ovvero di colui che, come ci ricorda Wikipedia, "accetta gli omosessuali, è sostenitore delle loro richieste, ha pensieri positivi circa l'omosessualità, o infine è un sostenitore della sua accettazione sociale". E questo perchè non sono sostenitore di tutte le loro richieste (in particolare sul matrimonio e l'adozione) e non ho pensieri positivi circa l'omosessualità, piuttosto circa gli omosessuali.

Gli omofili sono, per principio, persone aperte, rispettose, tolleranti, includenti... Eppure l'esperienza che sto facendo in questi ultimi tempi è un pò diversa: provate ad esporre ad un gruppo di adolescenti (parlo di bravi ragazzi che frequentano la Parrocchia e si impegnano in molte iniziative) la posizione della Chiesa nei confronti dell'omosessualità e avrete reazioni vibranti, accese, verbalmente violente. Niente male per chi si sforza di animare il gruppo e a renderlo partecipe nelle riflessioni che si propongono. Ma ne esci fuori con il timore di averli allontanati ancora di più dalla Chiesa e quindi dalla fede: si sentono indignati da posizioni che non accettano e ritengono chiaramente fuori dal tempo, offensive, chiuse e indifendibili. Scatta la diatriba da stadio: quella che ti spinge a scontrarti con il club avverso (quando va bene con un pò di sfottò) o, in politica, con il fronte contrario. Allora si alza la voce, si usano offese e giudizi "temerari" (ovvero grossolani e senza sfumature), si creano fake news per dileggiare e svilire l'altro. Insomma la tolleranza che doveva essere ciò che ti definiva "omofilo", si trasforma in intolleranza, in disprezzo, in censura.


Altro esempio personale: in Parrocchia fra pochi giorni ospiteremo Costanza Miriano, una giornalista e scrittrice che è anche madre, moglie e cattolica fervente. Porta avanti le sue battaglie con la forza delle sue parole. Battaglie spesso impopolari e rischiose. Neanch'io condivido tutte le sue opinioni e il suo stile per l'appunto battagliero e, spesso, senza mezze misure. Ma non ho mai letto o sentito dirgli qualcosa che potesse limitare la libertà degli altri. Perché qui è, secondo me, il punto: una cosa è esprimere le proprie opinioni su scelte morali o politiche, opinioni che saranno ovviamente in contrasto con qualcun'altro che invece  abbraccia e difende scelte opposte. Non credo che si offendano le coppie che, al di fuori del matrimonio, hanno rapporti sessuali per il fatto che la Chiesa ritenga tale azione peccaminosa. Casomai sorridono ironici e proseguono tranquillamente sulla loro strada. Così è ben diverso l'atteggiamento ecclesiale sull'omosessualità (considerata una devianza rispetto l'ordine naturale dato dal Creatore) rispetto a quello che ha nei confronti di un omosessuale che è, come tutti, una creatura amata da accogliere e rispettare.


Riporto la reazione di un lettore ad un mio twitt dove presentavo l'incontro che avremo a breve con Costanza Miriano:

Don Stefano, perché dare spazio a persone che credono nelle “cure riparative” per l’omosessualità, diffondono credenze antitetiche rispetto alle verità scientifiche e propongono modelli lesivi della dignità della persona umana?
Rispondo:
Possiamo dissentire su alcune posizioni, senza per questo annullare il valore della persona.
Ribatte:
E se queste “posizioni” ledono la dignità della persona umana? Chi le esprime rimane persona “valida”? (Ad es.:l’omosessualità “contro-natura”, da “curare” o arginare. L’idea della donna sottomessa (in italiano il termine è chiaro) o del papà inutile nei primi mesi di 1neonato).
Le ricordo che è stata invitata a parare di ...educazione! Bell’esempio, constate le idee che propone e diffonde quotidianamente...
Sono cattolico, don Stefano, e stufo di sentire non tanto posizioni "diverse" dalla mia (ci mancherebbe, il confronto è il sale di ogni cammino!), quanto affermazioni intrise d'odio sociale e fesserie ascientifiche camuffate col velo dell'allineamento alla "dottrina" religiosa.
Pertanto meno spazio si dà a certe persone e meglio è. Per tutti. Ripeto: nulla di personale e non si tratta di essere contro una posizione rispettabile. E' che non tutte le posizioni sono tollerabili, specie quando offendono la persona umana e/o negano le realtà della natura. 
Provo a rispondere ancora:
Non credo che la Miriano stia lottando contro qualcuno, casomai lottando per i valori in cui crede. Ripeto: si può non essere d'accordo su alcune opinioni (che appartengono alla Chiesa), senza per questo annullare il valore di essa.
Affermare di essere contro il divorzio, per fare un esempio, non significa essere contro i divorziati. Ritenere l'omosessualità una devianza non significa non rispettare e accogliere gli omosessuali: cosa ben diversa è il "peccato" dal "peccatore".
Nel sacrosanto nome del rispetto delle persone, qualsiasi sia il loro orientamento sessuale, non si può arrivare a mancare di rispetto con l'intolleranza e le offese nei confronti di chi non la pensa come noi.
A quel punto il dibattito si allarga ad altri lettori che arrivano puntualmente a deridermi e offendermi. E lascio cadere il discorso. 

Allargando gli orizzonti a livello ecclesiale rilevo ancora una volta come il dibattito sia ugualmente acceso e divida le persone in due categorie: da una parte c'è chi difende a spada tratta la dottrina ecclesiale e denuncia tentativi di cambiamento, dall'altra chi cerca di riflettere e muove ipotesi nuove. Così La Nuova Bussola Quotidiana denuncia: "Operazione catechismo: omoeresia all'assalto finale". Questo è l'articolo:

Cambiare il Catechismo. Se la dottrina non coincide con i nuovi desiderata circa l’omosessualità, meglio adottare la soluzione di Alessandro Magno che con un colpo di spada decise di sciogliere a modo suo il nodo di Gordio: tagliandolo in due.Allo stesso modo per accettare e sdoganare definitivamente la pratica omoerotica è necessario mettere mano ai fondamentali e da lì in giù tutto sarà più facile. Ora che nella prassi si sta diffondendo sempre più un atteggiamento di lassismo e accettazione dell’omosessualità come variante naturale della sessualità umana, resta solo un piccolo grande ostacolo per una piena affermazione dei diritti Lgbt in salsa cristiana: togliere di mezzo il Catechismo della Chiesa Cattolicaconsiderato l’ultimo ostacolo da abbattere.Così la battaglia ora si sposterà sul piano meramente dottrinale, ma il tutto deve essere preparato con il linguaggio affettato e rassicurante come solo certo clericalismo sa fare. E soprattutto mandare avanti dei pionieri che si facciano interpreti e portavoce di questa deriva. Un piccolo gruppo di teologi e presbiteri, alcuni vescovi e persino i cosiddetti operatori pastorali, che conducono una battaglia solitaria e al di fuori di ogni controllo, ma mettendosi ben in vista nelle diocesi, mentre la maggioranza silenziosa sonnecchia.L’ultima sparata in ordine di tempo è affidata a dei laici, secondo il preciso canovaccio del caso lacrimevole. Se ne incarica Repubblica, raccontando di una coppia di genitori che hanno accettato la figlia lesbica e ora fanno parte dell’equipe approntata dal vescovo di Civitavecchia monsignor Luigi Marrucci che segue proprio i cosiddetti cristiani Lgbt. “Eravamo fermamente convinti che l'omosessualità fosse peccato”, dicono. E invece? “Abbiamo pregato e letto la parabola del Figliol prodigo così abbiamo compreso che il Signore accoglie sempre e non giudica.Martina è nella verità e noi la amiamo com'è”. Di quale verità si sta parlando? Non certo quella evangelica o biblica circa Sodoma e neppure quella del Catechismo che infatti fa capolino verso la fine della storia: “Il problema resta il Catechismo che dice che l'omosessualità è un orientamento intrinsecamente disordinato”.Ecco qua la pietra dello scandalo. E’ lui l’osservato speciale per sdoganare “finalmente” l’omoeresia in chiave cattolica. Infatti l’intervista non nasce a caso, ma parte da lontano. Soprattutto per affermare l’incompatibilità tra Catechismo, quindi dottrina, e il mondo così come va preso, che sarebbe una concezione della prassi immanente e per questo non veritiera circa la legge divina. Ma tant'è.In ordine di tempo, a mettere in dubbio la verità sull’omosessualità del Catechismo, ci aveva pensato Avvenire, con un articolo ben piazzato da Luciano Moia: “Ci sono coloro che, riconoscendosi nella tradizione cattolica ribadita nel Catechismo, sostengono la necessità di una vita affettiva condotta nella castità. Ma c’è anche chi, vescovi e teologi compresi, chiede alla Chiesa una riflessione più profonda sul significato della sessualità senza escludere una revisione della teologia morale”.Chi ha ragione in questo approccio da relativismo morale? Sembra di capire i secondi. Ecco qua gettate le basi per iniziare a considerare il Catechismo non più intoccabile, instillando il virus della revisione, come se la verità sull’uomo e sul progetto divino su di lui fosse un fatto meramente sociale e opinabile. Dopo Avvenire ci ha pensato un conciliabolo top secret nel corso del quale sono state gettate le basi, per così dire, del futuro smantellamento degli articoli 2357, 2358 e 2359 del testo magisteriale, il nemico pubblico numero uno, in cui si dice che “la Sacra Scrittura presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni” e “la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”.Un incontro promosso da uno dei gesuiti più in vista nell’operazione di sdoganamento dell’omosessualità, quel Padre Pino Piva che è da tempo il più “ascoltato” almeno in Italia circa i rapporti con quegli omosessuali che si dichiarano cattolici, ma non accettano la via della castità proposta dal Catechismo e successivamente dalla nota pastorale del 1986 scritta dall’allora cardinal Joseph Ratzinger.Il religioso, da poco a Bologna nella casa dei gesuiti, ha chiamato a raccolta nella sua nuova residenza i gruppi di cristiani Lgbt e gli operatori che in questi anni si stanno occupando in alcune diocesi nel seguire percorsi specifici, stando ben attento ovviamente a far sì che non venissero esperienze di preghiera come Courage o il gruppo Lot di Luca di Tolve, che sull’omosessualità hanno visioni opposte e fedelmente in linea con il Magistero.Con la piccola equipe si è presentato anche un vescovo, che ha assistito all’incontro senza però intervenire. L’incontro, aperto ai credenti Lgbt e ai sacerdoti che con loro hanno intrapreso percorsi tra i più svariati non aveva pretese di rivendicazione, ma di mettere in rete esperienze e approcci per affrontare la tematica omosex nella vita della Chiesa. Con un unico denominatore comune: la critica al Catechismo, considerato ormai l’ostacolo principale ad un pieno sdoganamento gay friendly della pratica omoerotica. Espressioni come peccato? Vecchie. L’accoglienza? Solo se si accetta l'omosessualità come variante naturale della sessualità. L’amore? Un coacervo di sentimenti e non un progetto naturale voluto da Dio.Dell’incontro si sa poco, ma qualche cosa è uscito sul blog di un altro sostenitore della causa omoeretica, quel don Mauro Leonardi (foto) che da tempo è della partita, arrivando anche a intervistare Vladimir Luxuria senza mettere in discussione nulla del suo pensiero. Leonardi, che ha un blog seguito, si è lasciato sfuggire alcune chicche. Ad esempio questa: “Se invece, come accade per la grandissima parte delle persone omosessuali, il convincimento è che la condizione omosessuale sia naturale e voluta da Dio, può forse essere che l'unica risposta della Chiesa sia: finché non ti adegui al Catechismo (oltretutto il Catechismo non è il Vangelo) non puoi ricevere i sacramenti? È forse possibile confessare peccati che in coscienza non si ritengono tali?”.Insomma, eliminato ogni dato oggettivo sulla natura umana e sul progetto di Dio, anche l’omosessualità non è altro che una opinione delle tante. E come tale va accettata e promossa. Infatti, citando anche il vescovo presente all’incontro di Bologna, Leonardi ha detto: “Io non vi dico adeguatevi al Catechismo. Dico: la Chiesa non ha ancora una risposta”.Sarebbe oggettivamente grave se un vescovo sostenesse la tesi della ribellione al Catechismo, che rappresenta non una mera legge da codice della strada, ma l’architettura normativa sulla quale si fonda la fede, così come sarebbe altrettanto sconvolgente se avesse davvero affermato che la Chiesa non ha ancora una risposta. Perché la risposta in realtà c’è e mostra carità e verità unite in maniera appassionata nel rispetto della castità alla quale sono chiamati anche gli omosessuali, come dimostra l’esperienza di Courage. Ma ormai il sasso è lanciato e la crociata anti Catechismo deve andare avanti. Come? Anche sulla strategia si affilano le armi: prendendo spunto dalla “revisione” del Catechismo proposta da Papa Francesco circa la pena di morte e i pronunciamenti del passato circa l’abolizione della schiavitù. Argomenti completamente diversi, ma utilizzati qui per giustificare un metodo di smantellamento che ora può tornare utile per la causa omoeretica.
Ribatte don Mauro Leonardi nel suo blog: 
La Nuova Bussola Quotidiana fa la conta dei buoni e dei cattivi, disegna fazioni all’interno della Chiesa e io sarei, immeritatamente, parte di quella che vuole “smantellare il Catechismo” avendo partecipato a un “conciliabolo top secret”. Così viene definito un incontro nel quale alcuni operatori pastorali si sono posti la domanda di come stare vicino a quei cristiani omosessuali (e alle loro famiglie) che non si sentono aiutati da iniziative, pur lodevoli se non vengono assolutizzate, quali Courage o il gruppo Lot di Luca di Tolve: cioè, se una persona omosessuale ritiene che la sua condizione sia ben accompagnata da Courage, Gruppo Lot e affini, siamo tutti contenti che faccia quella scelta ma come accompagnare gli altri cristiani omosessuali? Il punto di vista, cioè, non era “cambiare il Catechismo” ma era – lo dico con parole mie – come accompagnare quei cristiani che non si riconoscono nei punti 2357, 2358 e 2359 del Catechismo, o che ci si riconoscono solo parzialmente.
Sarebbe facile replicare punto per punto all’articolo di Andrea Zambrano ma in momenti così penso sia più utile rileggere alcune parole dell’allora padre Jorge Mario Bergoglio. Le riporto di seguito perché a me sono utili. Si trovano in Silencio y palabra e sono una serie di appunti «destinati a essere conforto a una comunità religiosa che attraversava momenti difficili» scritti quando dopo 25 anni di insegnamento fu rimosso dal collegio Máximo e inviato nella residenza dei gesuiti di Córdoba. In esso, descrivendo le divisioni, scrive: «Quando questo accade all’interno di un’istituzione, in un “corpo”, parlando in termini sociopolitici, possiamo dire di trovarci in presenza di una lotta tra “fazioni”. Nel caso della vita consacrata, delle tre frontiere che deve tenere d’occhio un consacrato – quella esterna (aggressività apostolica), quella interna (vita spirituale) e quella intermedia (sua appartenenza al corpo) –, è quest’ultima, in queste situazioni, a polarizzare l’attenzione e gli sforzi a spese delle altre due. Noi argentini siamo inclini a questa tentazione. Nella ex Iugoslavia si dice che “con due sloveni si fa un coro, con due croati un parlamento e con due serbi un esercito”. In Argentina possiamo dire che con due argentini organizziamo subito una fazione. Noi argentini siamo molto politicizzati, ma ci manca la cultura politica, ed è questa la ragione per cui siamo così inclini alle “fazioni”. Si può vedere infatti come anche i grandi movimenti popolari argentini cedano alla tentazione di ridursi alla politica del “comitato” o della “cellula base”. Si perde la grandezza del servizio nella meschinità del proprio interesse. E queste “fazioni” entrano anche nella vita religiosa ed ecclesiastica: la fazione che ha origine nel peccato di Babele, nell’assassinio di Caino, nell’autosufficienza del progetto personale. Allora, invece di camminare si finisce per essere «raminghi» come Caino (Gn 4,12); ciò che si sarebbe potuto costruire viene incenerito da un fulmine (Gn 11,7-9); la pretesa di dominio infine affoga nel diluvio della propria sazietà (Gn 7,21). Le “fazioni” ecclesiali sono antiche quanto il Nuovo Testamento. La madre dei figli di Zebedeo fu protagonista di una di esse, e san Paolo per difendere l’unità delle Chiese dovette combattere con le unghie e con i denti contro chi preferiva le divisioni (1Cor 1,11-15; 3,3-15). L’attivista delle “fazioni” è, secondo san Giovanni, uno che pretende di andare al di là della comunità, uno che «”a oltre” la comunità, con il suo progetto personale: è il proagón (2Gv 1,9). E la nascita di una nuova fazione alimenta quelli che verranno, i nuovi, a fare altrettanto, nutrendoli con il pane della discordia che corrompe, fin da giovani, il loro cuore».
Quale sarà il vescovo che potrà spiegare a chi ne ha bisogno che le fazioni e le divisioni sono il vero male della Chiesa e non interrogarsi – solo interrogarsi – su come stare vicino a certi fratelli nella fede e alle loro famiglie?
Infine un lungo articolo di Adista, linkato sempre da don Mauro Leonardi, in cui si analizzano gli ultimi studi intra-ecclesiali sull'omosessualità.

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