Personaggi ecclesiali emergenti: Robert Cheaib
Il primo personaggio che presento è Robert Cheaib, un giovane teologo di origine libanese, sposato e padre di tre figli ancora piccoli, ha già al suo attivo un discreto numero di libri e un sito molto vivace.
Età: non dichiarata, ma circa 45/47 anni
Professione: docente universitario di teologia fondamentale (e dintorni) presso le università pontificie della Gregoriana, del Teresianum e del Sacro Cuore. E' stato direttore dell’edizione araba dell’Agenzia Zenit – Il mondo visto da Roma.
Oltre all’attività di docenza presso varie università, svolge un’attività di conferenziere guidando ritiri e offrendo formazione per giovani, coppie e parrocchie. I suoi interessi riguardano principalmente la pratica della preghiera, la mistica, l’ateismo, il rapporto tra fede e cultura e la vita di coppia.
Sito web: www.theologhia.com (sito di divulgazione teologica molto attivo)
Pagina facebook: www.facebook.com/robert.cheaib (5.000 follower)
Pubblicazioni: Tra le sue opere recenti:
- Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana (Edizioni san Paolo 2013);
- Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata (Il pozzo di Giacobbe 2015);
- Rahamim. Nelle viscere di Dio. Briciole di una teologia della misericordia (Tau Editrice 2015);
- Il gioco dell’amore. 10 passi verso la felicità di coppia (Tau Editrice 2016);
- Oltre la morte di Dio. La fede alla prova del dubbio (San Paolo 2017).
Dice di se stesso: “Anche se sono sposato, credo fermamente nel ‘monachesimo del cuore’. Ogni cristiano è chiamato ad essere ‘contemplattivo'”. “La scrittura rimane per me una risposta e non un’iniziativa, una collaborazione e un’obbedienza a uno Slancio interiore… Insomma, un ministero e non un mestiere”.
Segue un articolo pubblicato su Credere:
Segue un articolo pubblicato su Credere:
La teologia è un incrocio. Incontrando Robert Cheaib non si può che avere questa impressione. Nato in Libano – il paese dei «cedri piantati dal Signore», come ama ricordare – è giunto in Italia nel 1999 per gli studi universitari teologici. «Sono nato in una famiglia cristiana ma laica e sono andato a una scuola totalmente laica», ci racconta. «Gli abbozzi di una prima esperienza religiosa sono avvenuti intorno ai 13 anni grazie alla curiosità verso l’Estremo Oriente e lo Yoga». Furono il primo spiraglio di spiritualità in un’impostazione educativa scientista.
INNAMORATO DEL “DIO UMANO”
La svolta avviene due anni dopo, grazie a un libro sulla meditazione cristiana nello stile di sant’Ignazio di Loyola. «Lì ho visto il grande contrasto tra la meditazione trascendentale e il Dio incarnato. La meditazione cristiana non mi portava oltre la mia vita, ma mi invitava a immergermi in essa accompagnato dallo sguardo di Cristo. In una parola, mi sono innamorato del “Dio umano”». I primi passi nella riscoperta della fede, Cheaib li compie nella Chiesa maronita, «Chiesa di grandi santi monaci ed eremiti come san Charbel Makhlouf, nutrita dagli inni di sant’Efrem il Siro e san Giacomo di Sarug». In contemporanea, scopre che la sua famiglia fa parte della piccola comunità di rito latino presente in Libano. «Mi sono trovato naturalmente a “respirare con due polmoni” – quello orientale e quello occidentale –, per citare un’espressione felice di san Giovanni Paolo II».Docente di teologia presso vari atenei romani, tra cui la Pontificia Università Gregoriana, Cheaib ha sempre affiancato allo studio l’attività giornalistica, fondando e dirigendo l’edizione araba della testata online Zenit – Il mondo visto da Roma. «Il giornalismo mi ha insegnato a dosare il sapere e il sapore della Verità. Mi ricordo che, nel pieno zelo degli studi teologici, il gesuita Michael Paul Gallagher mi mise in guardia dal diventare un teologo “gerghizzante”... un avvertimento che compresi quando mi sono affacciato nel campo pastorale. Allora mi sono accorto di quanto il tecnicismo della teologia, le nostre frasi lunghe e dotte, le minuzie in cui ci perdiamo a volte... sono totalmente estranee al popolo di Dio, che ha fame non di uno scontro di testa, ma di un incontro integrale: testa, cuore e vita. Ho capito – grazie anche al giornalismo – che non sono chiamato a scrivere per i teologi, ma per gli affamati di Dio; che non scrivo per mostrare quello che so, ma Colui che amo».Padre Gallagher è stato, insieme al benedettino Elmar Salmann, uno dei maestri di Cheaib lungo i suoi 13 anni di studi teologici. «Accanto a loro, non posso che menzionare i maestri che ho incontrato nei libri e che mi hanno aiutato ad affinare il mio stile e a intravedere la mia vocazione, tra cui Henri de Lubac, Maurice Blondel, John Henry Newman, Viktor Emil Frankl, François Varillon». Come scegliere un maestro? «Occorre mettersi in ascolto dei propri carismi e cogliere chi entra in concerto con essi, arricchendo questo dono. La cosa bella dei maestri è che non ti risucchiano nel loro vortice, ma ti aiutano a rafforzare le ginocchia e a incamminarti verso il vertice della tua esistenza».UNA SCUOLA DOPO L’ALTRACi sono poi altre due scuole dalle quali Cheaib ha imparato tanto. La prima: il matrimonio. «Parti, forse, pensando di trovare “pane per i tuoi denti” e scopri con il tempo che il fine del matrimonio è “diventare pane”. La reciprocità è fondamentale, certo, ma qualcosa nel matrimonio ti spinge sempre verso il mistero di Cristo che si fa dono». C’è poi la seconda scuola, quella della paternità. «Ha rivoluzionato la mia esperienza con Dio. Quando ho ripassato alcuni versetti del Vangelo accanto al letto di un bimbo che dorme oppure sorridendo dell’imbranataggine di un piccolo per il quale più vedi fragilità, più sei rafforzato a dare la vita... comprendi cosa significhi che Dio sia “Padre”».Proprio la vita familiare è al centro delle ultime due pubblicazioni di Cheaib, Il gioco dell’amore. 10 passi verso la felicità di coppia e L’Abc dell’amore. Sei parole per costruire e custodire la famiglia, editi con Tau Editrice. Da qui l’invito della nostra rivista a scrivere alcuni dossier su Amoris laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco sulla «gioia dell’amore che si vive nelle famiglie». «I dossier vogliono essere un contributo affinché venga messo al centro il fulcro dell’esortazione: la gioia di essere amati e di amare. Vorrei offrire in briciole alcuni elementi essenziali di uno dei testi più lunghi del Magistero degli ultimi decenni. E focalizzare l’attenzione sugli aspetti più quotidiani e propositivi di un documento che è stato risucchiato dalla polemica».“ASSAGGI” ALLA MENSA DI DIO“Briciole”. Ecco un’altra parola cara a Cheaib, che ha intitolato il suo blog “Briciole di teologia” (www.theologhia.com). Perché? «Il navigante digitale ha spesso la fretta. L’atteggiamento davanti a quest’attitudine può essere un’altezzosa condanna… oppure, la condiscendenza di un’evangelizzazione che si presenta come un sommelier il quale invita a gustare quanto è buono il Signore. Non è un tradimento del depositum [il deposito della fede, ndr], ma una sua traduzione, con la convinzione che chi assaggia le briciole delle cose buone, è “tentato” di fermarsi alla mensa traboccante». “Assaggi” di teologia, dunque, anche per i mondi online. «Il virtuale è un luogo dove c’è un’altissima densità di popolazione. È la Ninive di Giona, la Gerusalemme di Geremia, il dopo-Tabor di Pietro… è una realtà vera e propria con tutte le sue regole ed esigenze», conclude Cheaib. «Nel virtuale vivono esseri desiderosi di comunicazione, di comunione e con un cuore inquieto che, lo sappia o meno, cerca l’Infinito, il Volto di Dio. Essere teologo in questo contesto è impegnarsi a offrire ai naviganti una griglia di senso che traduca e orienti la loro peregrinazione».