Il 2018 anno dei giovani (o della "prima generazione incredula")
Il Sinodo sui giovani che si terrà il prossimo ottobre ha già acceso i riflettori ecclesiali sul mondo giovanile e messo in moto diverse iniziative (vedi anche quelle della pastorale giovanile di Roma) raccontate da Avvenire. Segue la segnalazione della riedizione, dieci anni dopo, di un "bestseller" del teologo Armando Matteo: "La prima generazione incredula" con la prefazione di Enzo Bianchi.
Sinodo. Ecco perché il 2018 sarà un anno dedicato alle domande dei giovani
Rileggere la Chiesa (e il mondo) attraverso gli occhi delle nuove generazioni: è un compito tanto complesso quanto improcrastinabile quello che papa Francesco ha inserito tra le priorità nella lista delle “cose da fare” in questo 2018 che si è appena aperto. Una missione alla quale il Pontefice sta invitando tutte le Chiese locali del mondo dall’ottobre 2016, quando annunciò che la XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi in programma nell’ottobre 2018 avrebbe avuto come tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Da quel momento la preparazione è proseguita senza sosta sia a livello “centrale”, con la Segreteria del Sinodo dei vescovi impegnata a coordinare i lavori, sia a livello locale nelle diocesi di tutto il pianeta. E il 2017 ha visto in campo diverse iniziative pensate per rendere l’appuntamento in programma dal 3 al 28 ottobre prossimi un autentico evento di Chiesa secondo le intenzioni dello stesso Bergoglio, che fin dalle prime battute ha chiesto una partecipazione attiva anche dei giovani, inclusi quelli “lontani” e appartenenti ad altre fedi.
Proprio Francesco ha voluto ricordare l’importanza del Sinodo dedicato ai giovani al termine dell’anno che ci siamo da poco lasciati alle spalle. Il 21 dicembre, infatti, durante l’udienza alla Curia romana in occasione dei tradizionali auguri natalizi, il Pontefice ha sottolineato che «chiamare la Curia, i vescovi e tutta la Chiesa a portare una speciale attenzione ai giovani, non vuol dire guardare soltanto a loro, ma anche mettere a fuoco un tema nodale per un complesso di relazioni e di urgenze: i rapporti intergenerazionali, la famiglia, gli ambiti della pastorale, la vita sociale». Un richiamo che di fatto ha ripreso quello affidato all’inizio del 2017, il 13 gennaio, al Documento preparatorio. «La Chiesa – si legge nell’introduzione – ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani – continua il Documento –, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi. Come un tempo Samuele e Geremia, anche oggi ci sono giovani che sanno scorgere quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita. Ascoltando le loro aspirazioni possiamo intravedere il mondo di domani che ci viene incontro e le vie che la Chiesa è chiamata a percorrere». Il Papa dal Sinodo, quindi, non si aspetta una semplice «riflessione pastorale», ma vie concrete che sappiano dare forma al «mondo di domani».Su Settimananews la prefazione di Enzo Bianchi:
Un messaggio “profetico” che indica la via da seguire anche a chi è responsabile della vita pubblica, se si pensa alle parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel tradizionale messaggio di fine anno di domenica scorsa. «In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora - i ragazzi del ’99 - vennero mandati in guerra, nelle trincee. Molti vi morirono – ha ricordato nel suo discorso dal Quirinale –. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica». Il richiamo è chiaro: il Paese intero ha bisogno di ridare protagonismo alle nuove generazioni. E non semplicemente in chiave elettorale.L’attenzione che la Chiesa pone ai giovani, comunque, ha un respiro “universale” sia perché, come ha rimarcato il Papa durante la Veglia nella basilica di Santa Maria Maggiore l’8 aprile scorso, «il Sinodo è il Sinodo per e di tutti i giovani», sia perché negli scorsi mesi tutte le Conferenze episcopali del mondo sono state coinvolte nella preparazione attraverso dei questionari diversi per ogni continente e inviati assieme al Documento preparatorio. Un lavoro che confluirà nell’Instrumentum laboris destinato ai padri sinodali, che potrebbe essere pronto prima dell’estate. E a far giungere ai sinodali la voce dei giovani saranno anche i risultati del grande questionario online aperto a tutti i giovani, terminato pochi giorni fa, il 31 dicembre.
Ora si guarda avanti, alle prossime tappe: dal 19 al 24 marzo 2018 si terrà una riunione presinodale «a cui sono invitati giovani provenienti dalle diverse parti del mondo – ha sottolineato il Pontefice –: sia giovani cattolici, sia giovani di diverse confessioni cristiane e altre religioni, o non credenti». La prossima estate, poi, l’11 e 12 agosto a Roma tutti i giovani italiani si daranno appuntamento per un incontro con il Papa. Ci arriveranno dopo aver vissuto l’esperienza dei pellegrinaggi di “avvicinamento” in luoghi della nostra Penisola significativi per la fede. E l’onda del Sinodo si estenderà fino alla prossima Gmg, che si terrà a Panama dal 22 al 27 gennaio 2019, come ha recentemente sottolineato in un’intervista ad Avvenire l’arcivescovo panamense José Domingo Ulloa Mendieta.
Scelta coraggiosa da parte dell’autore e dell’editore quella di pubblicare a quasi dieci anni di distanza un libro sui giovani e la fede: in quel lasso di tempo infatti quasi la metà di coloro che erano giovani sono stati sostituiti dai bambini e gli adolescenti di allora. Eppure questa riproposizione offre preziosi elementi di novità e di approfondimento, innanzitutto proprio per l’evento editoriale stesso: quale strumento migliore del tempo che è passato per verificare la fondatezza della tesi di Armando Matteo?
L’autore non si sottrae alle reazioni che il suo libro – e più ancora le tesi che prima e dopo la pubblicazione ha continuato a divulgare in molteplici occasioni e contesti – ha suscitato. Oggi può riprendere, raggruppate e distillate, quelle più significative e ricorrenti: le risposte, oneste e ragionate, risultano preziose per diverse categorie di lettori. Chi aveva sollevato critiche o perplessità può constatare come queste siano state prese sul serio e abbiano fornito elementi di ulteriore riflessione. Chi si era trovato d’accordo sull’impianto del libro trova conferme e approfondimenti che tengono conto anche del tempo trascorso tra un’edizione e l’altra. Quanti infine non avevano letto la prima stesura hanno tra le mani un testo ancor più articolato e documentato, anche nella bibliografia.
Non si sono certo rarefatti i luoghi comuni sui giovani, a cominciare dalla stessa definizione di una categoria di persone legate tra loro solo dall’appartenenza a una fascia di età inesistente fino a pochi decenni or sono: una serie di condizioni sociali e culturali faceva sì che non ci fosse «tempo per essere giovani», in quanto l’età di passaggio dall’adolescenza al mondo adulto durava talmente poco da essere sociologicamente quasi insignificante.
Eppure oggi si sente continuamente parlare di giovani, delle loro attese e frustrazioni, del loro futuro. Anzi, proprio sul termine «futuro» un altro luogo comune rischia di portarci fuori strada nell’affrontare le problematiche giovanili: sentiamo continuamente ripetere che «i giovani sono il futuro della società (o della Chiesa)» e non ci rendiamo conto che questa affermazione da un lato tende a emarginalizzarli dal presente quasi esorcizzando il loro già esserne parte, mentre dall’altro lato ignora pericolosamente il dato che più affligge oggi chi ha tra i venti e i trent’anni: la mancanza di speranza per il futuro. Tra gli aneliti più cocenti dei giovani, infatti, non vi è quello di essere il futuro di una determinata realtà sociale o ecclesiale, ma piuttosto di avere già ora un futuro verso cui tendere, un’attesa capace di dare senso al loro presente.
Per la Chiesa poi, specie in Italia e in Europa, la questione «giovani» si fa particolarmente preoccupante. Siamo di fronte a persone per le quali «nascere e diventare cristiano» non sono più «eventi che accadono in modo sincrono», impossibilitate a scorgere «un posto per Dio negli occhi dei genitori». L’analisi di Matteo è lucida anche nel suo tratteggiare «quel senso di notte e quella notte di senso» che attanaglia tanti giovani. Sono interrogativi, suggerimenti, intuizioni, proposte da accogliere con gratitudine e approfondire con sapienza: riguardano la Chiesa intera e la sua presenza nella società, oggi prima ancora che domani, la sua capacità di «umanizzare», di far diventare l’essere umano più umano.
Se queste parole risultano a volte sferzanti e dure da ascoltare, la messa a punto di questa seconda edizione le rende ancor più atte a risvegliare la consapevolezza che la fede, come la vita, la si trasmette da persona credibile a persona aperta alla possibilità di credere. Si tratta di essere coscienti non solo di avere un patrimonio da trasmettere, ma anche del dover rendere credibile e desiderabile l’eredità che si vuole lasciare a generazioni erroneamente definite «che verranno»: esse in realtà sono già in mezzo a noi e da noi attendono segni di un passato verso il quale essere grati, di presente aperto al domani, di un futuro possibile e che valga la pena di essere vissuto, a partire da qui e ora.
Infine vorrei sottolineare un dato che rischia quasi di passare inosservato: questo libro ha visto originariamente la luce qualche anno prima delle inaspettate dimissioni di papa Benedetto XVI e dell’elezione di Jorge Bergoglio come suo successore, con il nome di Francesco, inedito per un pontefice. Allora la preoccupazione dell’autore «circa la permanenza o meno della fede cristiana nell’ambito della cultura postmoderna» diviene un prezioso e lungamente meditato contributo per il prossimo Sinodo dei vescovi dedicato a «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», proprio a partire dall’amara ma realistica constatazione che «lì dove il giovane decide di sé (…) il riferimento al Vangelo non gioca quasi nessun ruolo».
Per poter giungere a un serio «discernimento vocazionale» è sempre più urgente non un semplice aggiustamento della pastorale, ma un autentico «cambiamento di pastorale», una conversione di tutta la Chiesa e di ciascun battezzato al Signore Gesù Cristo che dà senso alle nostre vite e credibilità al nostro annuncio del suo Vangelo, buona novella capace di affascinare anche le generazioni più incredule.