Trinità: come parlarne a catechismo
Il nostro percorso di catechismo si conclude ufficialmente con quella che è la lezione più importante e più difficile, quella che ci permette di entrare direttamente nella natura di Dio, che ci permette di conoscere un po’ più a fondo chi è Dio.
Molti di voi hanno vissuto in questi ultimi giorni dei momenti molto importanti: la prima comunione e, ieri, un gruppo numeroso ha vissuto la prima confessione. Oggi un nostro amico, Daniele, che ha vissuto ieri la prima confessione, si accosterà per la prima volta all’altare per ricevere Gesù Eucaristia.
Accogliere la Misericordia di Dio nella Confessione e accogliere il corpo di Cristo nella Comunione è il modo migliore per entrare nella realtà di Dio che è Misericordia, Relazione d’Amore, Comunione.
L’immagine che uso solitamente è quella offerta da due operazioni algebriche:
1+1+1 = 3; 1x1x1= 1:
Se noi consideriamo Dio nella sua identità, lui è Padre, Figlio e Spirito Santo: tre persone che hanno delle caratteristiche particolari: il Padre è il Creatore Onnipotente, il Figlio è il Cristo, il Salvatore che si è fatto carne, è morto ed è risorto, lo Spirito Santo è “Signore e dà vita”.
Se noi consideriamo le loro relazioni, scopriamo che vivono l’uno X l’altro, a tal punto da formare una sola realtà: sono in comunione perfetta, vivono dell’amore pieno. Sono tre persone uguali e distinte.
Realizzare la nostra umanità significa realizzare l’immagine di Dio con cui siamo stati creati, cioè vivere secondo queste dimensioni divine: le tre persone divine
- rispettano in pieno la dignità di ciascuno (siamo unici, con caratteristiche particolari che ci arricchiscono vicendevolmente: non ci sono stranieri, ma fratelli);
- vivono nell’uguaglianza (ciascuno ha uguale dignità, non può ritenersi superiore o inferiore agli altri, non può accettare che ci sia chi muoia di fame, che venga attentata la vita nel suo nascere o nel suo morire come se un embrione o una persona in coma perda la sua dignità);
- sono tra loro distinti, non si confondono (Dio non ci vuole uniformati, per lui non siamo un numero, ma figli che chiama per nome);
- vivono l’uno x l’altro, amandosi, in comunione (e qui è ovvio che dovremmo fare altrettanto, l’uno per l’altro).
L’immagine sociale che dovrebbe mostrare la natura trinitaria è quella della famiglia: nata come unione di un uomo e di una donna, diventa famiglia nel momento in cui lascia che questo loro amore si apra ad un terzo elemento: i figli e gli altri in generale. La famiglia nasce per trasmettere e generare vita, proprio come fa il nostro Dio Uni-Trino.
Noi ragioniamo spesso più con caratteristiche dualistiche che trinitarie: in genere i nostri modi di vedere il mondo sono di opposizione, di antagonismo: giorno/notte, buono/cattivo, bianco/nero, maschio/femmina, corpo/anima. Spesso questi dualismi sono il segnale delle opposizioni che conferiscono identità: noi/loro, destra/sinistra… Il dualismo è sterile, le dimensioni trinitarie sono invece feconde, aperte, rispettose, capaci di cogliere le sfumature e dunque le ricchezze delle diverse posizioni.
La vita della Ss. Trinità ci è stata DONATA nel Battesimo, RINFORZATA nella Confermazione, ALIMENTATA nell’Eucaristia, RISANATA dalla Penitenza, VISSUTA come servizio d’amore nell’Ordine sacerdotale o nel Matrimonio.
Se il Battesimo in particolare è stato un immergerci nella realtà di Dio (nel nome del P, del F e dello SS), ogni nostro giorno (come ogni momento significativo: dal condividere un pasto, all’ingresso in un campo di gioco) è segnato, o dovrebbe esserlo, nel suo inizio e nella sua conclusione, dal segno trinitario per eccellenza che quello della Croce: è nel nome, cioè nella realtà, nella presenza amorevole del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo che viviamo e cresciamo come cristiani.
L’intercessione di Maria, che ci è stata donata come Madre e che ha vissuto in modo pieno questa relazione con la Trinità , ci aiuti a entrare in questa relazione e a vivere in essa e di essa e a contribuire così a far nascere la civiltà dell’amore.