Partiamo dal "caso Ricci" e dal presunto "doppio gioco di Avvenire" denunciato dal direttore della Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli:
lo psicologo milanese Giancarlo Ricci dovrà subire un procedimento disciplinare dal proprio ordine professionale per le affermazioni in tv su omosessualità e gender (ha sostenuto in una trasmissione tv come la funzione di padre e madre sia essenziale nella crescita del bambino). È una vicenda che si inserisce nel quadro di una vera e propria opera di intimidazione e discriminazione nei confronti di psicologi e psichiatri che non si piegano all’ideologia Lgbt (vedi qui). Su tale vicenda Avvenire intervista (edizione del 9 maggio) lo psichiatra Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psichiatri e psicologi cattolici (Aippc), e – aggiungiamo noi – punto di riferimento privilegiato per la Cei (qui il testo dell'intervista).
Sempre secondo Cascioli,
Nell’intervista Cantelmi è molto chiaro nella difesa del proprio collega, ma soltanto in quanto è in pericolo la libertà di pensiero e di ricerca scientifica. Ma poi quando si entra nel merito, il professor Cantelmi – se il suo pensiero è stato riportato fedelmente – fa delle affermazioni che non solo negano il pensiero di Ricci, ma anche ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. E oltretutto non spiega questa differenza, così che il lettore potrebbe pensare che con Ricci ci sia identità di vedute.
Ma ecco i passaggi fondamentali del Cantelmi-Avvenire pensiero:Punto uno: «l’omosessualità di per sé non è una patologia. Dobbiamo accogliere il frutto della ricerca scientifica con serietà. Al momento attuale l’omosessualità è considerata una variante della sessualità senza una connotazione patologica a priori». Cosa capisce il lettore? L’omosessualità non è più un disordine oggettivo – come afferma il Catechismo della Chiesa cattolica -, ma una delle possibili varianti della sessualità: omo, etero, fluido, cosa importa? Tutto è sullo stesso piano, l’importante è «la felicità e il benessere».Punto due: Secco no alle terapie riparative, così come a quelle affermative, anche qui tutto sullo stesso piano. Ovvio, se l’omosessualità è soltanto uno dei possibili orientamenti sessuali, soltanto l’offrire la possibilità di un percorso che porti all’eterosessualità diventa una violenza. Questo ci fa capire perché associazioni come il Gruppo Lot di Luca Di Tolve siano ostracizzate dai vescovi italiani mentre fioriscono gruppi cristiani di Lgbt. E chi vive con disagio la propria omosessualità, chiede il giornalista? C’è la psicoterapia, risponde Cantelmi, perché ogni disagio va ascoltato. In altre parole accompagnare, discernere, ecc. Il disagio dunque, nel caso non fosse chiaro, non ha radice nell’omosessualità.Punto tre: non c’è solo il gender cattivo, c’è anche quello buono: i gender studies, che ci hanno insegnato a combattere contro gli stereotipi di genere, ci dice Cantelmi. E qui torna la favoletta su cui Avvenire insiste ormai da tempo, una strategia per far passare l’ideologia gender dando l’impressione di combatterla. Su La Nuova BQ, a suo tempo lo ha spiegato chiaramente lo psicologo Roberto Marchesini (qui e qui), ma anche Giancarlo Ricci ha spiegato chiaramente come i gender studies derivino dal costruttivismo: «L’identità sessuale, e in generale la sessualità umana, viene cioè concepita essenzialmente come l’effetto di una costruzione culturale e sociale. La natura è esclusa, anzi superata. Ciò che è naturale è ampiamente disponibile, modificabile, superabile in vista di una mutazione antropologica in cui il genere potrà essere liberamente scelto». I gender studies insomma non hanno portato alcun beneficio, sono invece un attacco alla metafisica, alle basi della nostra civiltà, sono la negazione di una natura con una sua finalità. Sì, è vero: l’ordine degli psicologi che vuole processare Ricci è vergognoso. Ma Avvenire è forse anche peggio: neutralizza il suo pensiero facendo finta di difenderlo.
Tempi commenta invece il flop, denunciato da La Repubblica, delle unioni civili:
La battaglia a favore delle unioni civili e della stepchild adoption è solo «una questione politica e ideologica, abbracciata dalle lobby gay, ma non condivise dalla maggioranza degli omosessuali», dichiara a tempi.it Eugenia Roccella (Idea), ex sottosegretario al ministero della Salute. Ecco perché Roccella non si stupisce del basso numero di unioni civili denunciato da Repubblica. Lo scorso weekend infatti, il quotidiano ha scritto che in otto mesi si sono celebrate 2.802 unioni civili in tutta Italia (contro le 2.433 a fine dicembre), a cui si devono aggiungere 369 celebrazioni tra gennaio e fine marzo. «Non c’è che dire: decisamente un flop», notava Repubblica.
DATI ISTAT. Secondo Roccella, «le unioni civili gay sono sempre poche. Quando in Europa si varano leggi del genere, i risultati sono sempre molto deludenti perché la verità è che gli omosessuali che si vogliono sposare sono effettivamente pochi». I dati Istat in effetti rivelano che in Italia il numero delle unioni civili negli ultimi otto mesi è stato pari a circa il 2,2 per cento dei matrimoni, cifra non lontana da altri paesi europei. «In un periodo in cui il numero di matrimoni è generalmente calato anche fra gli etero, le celebrazioni gay rimangono comunque e ovunque nettamente più basse».
«LOBBY INFLUENTE». Secondo la deputata, questa rivendicazione delle unioni gay è frutto di «una lobby molto influente, ma anche estremamente circoscritta». Per rendersene conto, bisogna guardare la storia del movimento omosessuale: «Le prime rivendicazioni degli anni Sessanta chiedevano la libertà sessuale tout court, senza discriminazioni. Si lottava contro il matrimonio, visto come un pezzo di carta, un’istituzione che ingabbia la libertà dei sentimenti. Ma dagli anni Ottanta alcuni attivisti hanno rovesciato la questione e deciso che, per vincere questa battaglia, la comunità gay doveva mostrarsi totalmente identica a quella etero. In nome dell’uguaglianza assoluta, hanno cominciato a chiedere quella stessa istituzione che prima combattevano, ma che è rimasta estranea alla maggioranza della comunità omosessuale».
CI PENSANO I GIUDICI. Proprio per questo, mette in guardia la deputata, non bisogna credere a quanti sostengono che i gay siano in attesa dell’istituzione di veri e propri matrimoni omosessuali che garantiscano la possibilità di riconoscere i figli dei partner. Dopo le proteste scatenate sul web dall’articolo di Repubblica, il quotidiano ne ha infatti pubblicato altri in cui riconosce che, al di là dei numeri, la legge Cirinnà è una «conquista straordinaria», ma bisognosa di modifiche per quanto riguarda la stepchild adoption.
La realtà, secondo Roccella, è ben diversa: «Da quando si è approvata la legge sulle unioni civili, i magistrati hanno immediatamente riconosciuto, in varie forme, le adozioni gay. Una coppia omosessuale sa con matematica certezza che otterrà il riconoscimento dei figli del partner o avuti con l’utero in affitto, grazie al comma 20 della legge che conferisce una delega ai magistrati. Ormai c’è la più totale libertà».
«DIFFERENZE NON DISCRIMINANO». Ma anche questa è un’immagine ideologica: «Si vuole forzatamente costruire una forma di famiglia gay che sia identica, nelle abitudini e nelle aspirazioni, a quella tradizionale». Questa impostazione, riconosce Roccella, ha avuto grande fortuna agli occhi dell’opinione pubblica perché «ci rifiutiamo di vedere le differenze. Ma le differenze non sono discriminazioni».
Ancora da La Nuova Bussola Quotidiana che riprende un articolo pubblicato su La Repubblica: "Veglie per inesistenti vittime dell'omofobia: omoeretici in campo per una "Chiesa gay", titola il primo, "Porte aperte ai gay, la svolta della Chiesa. In parrocchia le veglie antiomofobia" titola il secondo.
Molte parrocchie cattoliche - scrive La Nuova Bussola Quotidiana - e altrettante realtà non cattoliche hanno promosso veglie di preghiere e fiaccolate “per le vittime dell’omofobia, transfobia e dell’intolleranza”. Tutte queste iniziative sono raccolte sotto il titolo “Benedite e non maledite” e hanno trovato eco soprattutto sul portale Progetto Gionata, piattaforma molto attiva per omosessualizzare la Chiesa.
Le veglie di preghiere arcobaleno si svolgeranno durante tutto il mese di maggio in molte città italiane ed estere: Milano, Trieste, Firenze, Reggio Emilia, Sanremo, Palermo, Torino, Varese, Bologna, Parma, Cagliari, Padova, Genova, Grosseto, Barcellona, Siviglia, Amsterdam, solo per citarne alcune. Coinvolte le seguenti confessioni religiose oltre a quella cattolica: valdesi, luterani, metodisti e battisti. Spesso le veglie e fiaccolate saranno frutto della collaborazione ecumenica di più fedi cristiane e vedranno la partecipazione anche dell’associazionismo cristiano, di quello LGBT e di quello che apparentemente nulla c’entra con queste iniziative come Palermo contro le mafie (perché forse chi è contro l’omosessualità è mafioso?).
Notevole l’estensione geografica di queste veglie, quasi planetaria, e quindi lo sforzo organizzativo profuso per coordinarsi. Notevole poi che queste veglie siano iniziate 11 anni fa, segno che il processo di omosessualizzazione della Chiesa per essere efficace non poteva che essere lento e graduale.
Il senso di questa iniziativa è bene espressa da don Paolo Cugini, parroco di quatto chiese nella diocesi di Reggio Emilia Guastalla, che così commenta: “C’è troppa violenza nel mondo, violenza che si manifesta non solo con le guerre o con la forza fisica, ma anche con le idee e la ragione. Quando non accettiamo che gli altri siano diversi da noi e vogliamo a tutti i costi curarli, farli a nostra immagine e somiglianza, facciamo violenza. Quando non ascoltiamo la realtà, che è plurale e molteplice, ma vogliamo imporre alla realtà le nostre idee e le nostre teologie, allora la violenza è dietro l’angolo”.
Tradotto: sei violento non solo quando aggredisci fisicamente o verbalmente una persona omosessuale, ma anche quando dai retta al Catechismo di quella Chiesa cattolica a cui appartiene anche don Paolo allorchè afferma che l’omosessualità è una condizione intrinsecamente disordinata. Lo sei quando inviti le persone omosessuali a cambiare orientamento perché, come ricorda San Paolo, “né effeminati, né sodomiti […] erediteranno il Regno di Dio”. Purtroppo o per fortuna questa è non la nostra teologia, come asserisce don Paolo, ma quella della Chiesa cattolica.
Queste veglie di preghiere sono una delle espressioni del fenomeno dell’omoeresia. Con il pretesto di pregare per le vittime di discriminazione si diffonde tra i credenti non il credo cattolico sull’omosessualità, ma quello gay. Un vero cavallo di Troia: con la scusa di accogliere le persone omosessuali si accoglie l’omosessualità, non distinguendo più tra peccato e peccatore.
Un appunto: secondo le associazioni omosessuali che hanno stilato il famigerato documento dell’Unar “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)” e la Rete Lenford a tutela delle rivendicazioni gay non vi sono atti significativi di discriminazione in Italia. Dati confortati di recente anche dall’associazione omosessuale Parks relativamente al mondo del lavoro. Veglie di preghiere e fiaccolate dovrebbero essere sempre più promosse non per fantomatiche persecuzioni, ma per i cristiani che in tutto il mondo a migliaia ogni anno perdono la propria vita a motivo della fede.
Appare quindi evidente che la supposta ma inesistente discriminazione è solo un pretesto. L’omoeresia strumentalizza il concetto di discriminazione nel seguente modo. Primo punto: Gesù ama tutti nella condizione in cui si trovano. Vero, ama tutti, ma non ama tutte le condizioni in cui si trovano. Ama tutti i peccatori, ma nessun peccato. Ama la persona omosessuale non affinchè continui ad avere rapporti omosessuali, ma perché si astenga da essi. Di contro dovremmo ammettere che Gesù, amando anche i ladri, non li sproni a cambiar vita e a deporre il piede di porco a favore del crocefisso, bensì li incoraggi a continuare sulla via del furto.
Secondo punto legato al precedente: l’omosessualità è una ricchezza perché naturale variante non solo della sessualità umana, ma della medesima personalità. L’omosessualità e la transessualità escono dalla camera da letto e diventano categoria sociologica e antropologica come il padre, la madre, il lavoratore, il sacerdote. Ergo dobbiamo promuovere anche all’interno del mondo cattolico l’omo e la transessualità.
Terzo punto: il giudizio morale negativo sulla condotta è di per se stesso giudizio negativo sulla persona. Falso. La dottrina cattolica, anche e soprattutto in merito alle persone omosessuali, tiene ben distinto il giudizio severo sull’omosessualità e sulle condotte omosessuali e il giudizio misericordioso sulla responsabilità soggettiva, giudizio che in ultima istanza spetta solo a Dio, così come per tutti i peccati.
Quarto punto: la dottrina ha carattere generale e non può ricomprendere tutte le situazioni particolari. In questo senso i principi morali sono freddi e ostili perché non compatibili con l’irripetibilità della specifica persona e della contingenza in cui questa vive. A questo proposito riprendiamo un passaggio del post del già citato don Paolo: “Quando non ascoltiamo la realtà, che è plurale e molteplice, ma vogliamo imporre alla realtà le nostre idee e le nostre teologie, allora la violenza è dietro l’angolo”.
Invece la dottrina è tale perché individua leggi universali (valide per tutti) e generali (valide in ogni caso), vietando condotte che certamente non fanno il bene oggettivo della persona (mala in se o assoluti morali). E’ ciò che accade – a specchio – per le leggi fisiche: è certo che se una persona mangia sassi starà male.
Le veglie e le fiaccolate allora sono manifestazione plastica dell’omoeresia in azione. Atteggiamento eretico, che rimanda ad uno erotico, perché non si vuole promuovere dall’esterno - come farebbe un qualsiasi circolo Arcigay - l’omosessualità e la transessualità come condizioni buone, bensì dall’interno della Chiesa cattolica spacciandole come particolari strade per la santità personale.
Da una intervista alla Le Pen:
– Lei propone di vietare i simboli religiosi in tutti gli spazi pubblici. Non è questa una profonda trasformazione del concetto di laicità che si basa sulla tolleranza?
«Faccio riferimento unicamente ai simboli religiosi palesi. La laicità non doveva sin qui essere tollerante perché non esistevano simboli palesi. Questa è la realtà. La religione musulmana è arrivata in forza nel nostro paese e l’islam radicale ha iniziato a esercitare delle pressioni attraverso il velo. È già stato vietato a scuola dal 2004. Oggi i veli si moltiplicano nelle strade. È una rottura profonda con la nostra idea di laicità, con la nostra concezione della donna e questo ferisce i francesi».– Eppure tutti i culti si sono detti contrari a questo divieto…
«Forse. Ma sono i francesi che decidono. Voglio ricordare che esiste una separazione tra Chiesa e stato. Se lo stato decide, i culti devono sottostare alle regole. La laicità è l’idea che ci si possa incrociare per strada senza sapere a quale confessione si appartiene. Ora, indubbiamente, il velo è utilizzato come un segno di rivendicazione religiosa. Allora sì che occorre ritornare a una visione letterale della laicità. Non è un atto di opposizione o di rifiuto della religione. È un atto di pace civile nel momento in cui queste rivendicazioni alimentano sempre più dei conflitti».
– Lei vorrebbe dunque limitare le religioni alla sfera privata. Vuole pertanto impedire che esse si esprimano nel dibattito pubblico?
«Lasciamo a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare. La Conferenza dei vescovi di Francia s’intromette talora in cose che non la riguardano, in particolare fornendo indicazioni politiche. Io non m’intrometto in ciò che il papa deve dire ai suoi fedeli; penso che le religioni non debbano dire ai francesi che cosa devono votare».
– Qual è il suo rapporto personale con la religione?
«Sono estremamente credente e ho la fortuna di non avere mai dubitato. Ma è vero, sono arrabbiata con la Chiesa che penso che s’intrometta in tutto tranne che in quello che la riguarda. Riguardo ad alcune circostanze personali trovo che la Chiesa abbia mancato di compassione. Questo non significa che non rispetto le personalità religiose che incontro».
– Se sarà eletta inviterà il papa?
«Con grande piacere! E gli dirò esattamente quello che vi sto dicendo. Non mi sorprende il fatto che faccia appelli alla carità, all’accoglienza dell’altro, dello straniero. Ma la carità non può essere che individuale. Che egli esiga dagli stati che vadano contro l’interesse dei popoli e non mettano delle condizioni all’accoglienza di un’immigrazione consistente è a mio avviso un atto politico e un’ingerenza, poiché anch’egli è un capo di stato».
Acqua di Lourdes su Amazon, simonia 2.0
Internet apre sicuramente a una quantità di strade nuove e inesplorate per avvicinarsi a luoghi non ancora visitati. Per esempio: recarsi al santuario di Fatima o davanti alla Virgen de Guadalupe può non essere semplice per chi vive dall’altra parte del pianeta. Pertanto, andare su internet, googlare il nome del luogo e godersi qualche immagine può essere, quantomeno, un palliativo soddisfacente.
Mettiamo caso, però, che questo non basti. Che si voglia “possedere” quel luogo, o quantomeno “qualcosa” di quel luogo. Un souvenir, un ricordino, un qualcosa che ci possa avvicinare a quel tipo di spiritualità che il luogo dei nostri desideri porta con sé. Ecco, anche in questo caso giungono in aiuto internet e i più disparati ecommerce: comprare è semplice, il prezzo di spedizione ribassato (soprattutto per i grandi player di mercato), la fruizione del prodotto a pochi giorni dall’acquisto.
Tuttavia, alcune cose non tornano. Un esempio: sul famoso ecommerce Amazon - di cui abbiamo avuto modo di discutere in alcuni articoli precedenti - vi sono due utenti, “AUTHENTIC FROM LOURDES” e “DIRECT FROM LOURDES”, che mettono in vendita libri, rosari e piccole croci dal famoso santuario da cui prendono il nome. Fin qui, nulla di sconvolgente. Ma ecco che, insieme a questi elementi “laici”, c’è la possibilità di acquistare una tanica di acqua santa di Lourdes, direttamente dal “Grotto”.
La tanica si presenta come una classica tanica per il trasporto di benzina: in plastica con tappo evitabile. L’unica differenza è nella stampa della famosa immagine che spesso accompagna gli oggetti che provengono dal santuario. La cosa - sicuramente di pessimo gusto - ha anche un elemento peggiorativo: il prezzo. 0,75 litri di acqua di Lourdes costano - senza spedizione - 45,90 $, poco più di 43 €.
Abbiamo già avuto modo di rimanere abbastanza scioccati dal presepe hipster messo in vendita poco prima di Natale di cui abbiamo trattato in un precedente articolo. Ma se lì si trattava di blasfemia, qui è simonia. Un nuovo tipo di commercio delle cose sacre nella sua naturale innovazione a 2.0. Ora è possibile ricevere direttamente a casa una boccia d’acqua santa al modico prezzo di 43 euro. La plastica della tanica sarà sicuramente di qualità, nessuno lo mette in discussione, come nessuno mette in discussione l’effettiva provenienza dell’acqua dalla grotta occitanica (fino a prova contraria, proviamo a essere fiduciosi).
Rimane il fatto che il commercio di cose sacre è una pratica che fin dal medioevo veniva denunciata: si pensi a Dante e alla bolgia sterminata di peccatori sepolti con i piedi al vento e le fiammelle ardenti che gli blandivano la pianta dei piedi. Forse è il caso che questa immagine riprenda piede anche nel XXI secolo.