Il tempo delle religiosità instabili. Davvero una generazione senza Dio?

Franco Garelli
Incredulità diffusa, plausibilità del credere, confini porosi, secolarizzazione dolce, ostilità e pretese verso la chiesa, socializzazione religiosa interrotta... sono alcuni dei termini più ricorrenti in questo studio sui giovani che ben rendono ragione del cambio di paesaggio religioso che si sta delineando nel nostro paese.
1. Il trend di maggior rilievo è il forte aumento dei «non credenti» nel mondo giovanile, un fenomeno che si manifesta in forme diverse, componendosi di atei convinti, di indifferenti alla fede religiosa, ma anche di giovani che pur mantenendo un qualche legame con il cattolicesimo di fatto non credono in una realtà trascendente. La maggior parte di essi non ha ereditato l'ateismo o l'indifferenza religiosa dal proprio nucleo familiare, essendo perlopiù figli di genitori di cultura cattolica e avendo alle spalle periodi più o meno intensi di presenza negli ambienti ecclesiali (per il catechismo, per attività formative, per motivi dí socialità). Prevale dunque una negazione di Dio dovuta più alla rottura di una tradizione che a «ragioni di nascita», più all'uscita da un iter di formazione religiosa che alla sua assenza. Si tratta di soggetti che non hanno alcuna remora oggi a definirsi «senza Dio» e «senza religione», a rendere pubblico questo loro orientamento sia nelle cerchie amicali sia nelle famiglie di origine, distaccandosi dunque da un sentire religioso ancora diffuso nell'insieme della popolazione. Proprio la loro tranquilla e crescente presenza nel panorama nazionale sembra dirci che l'identità religiosa (e cattolica) non è più un tratto che accomuna le nuove generazioni, in una società che si considera ormai culturalmente plurale, non solo perché abitata dalla varietà delle fedi religiose, ma anche per la compresenza di «credenti» e di «non credenti» che in modi diversi cercano risposte ai problemi fondamentali della vita.
2. Il confronto tra la sensibilità di quanti sono aperti a una prospettiva di fede e di quanti la negano è uno dei punti più interessanti di questo lavoro. Le divergenze al riguardo sono molte, com'è logico attendersi tra gruppi di giovani che la pensano diversamente sulla presenza di Dio nel mondo, sul ruolo della religione nella società e sul valore da attribuire alla ricerca spirituale nel proprio orizzonte di senso. Tuttavia non mancano tra i giovani «credenti» e «non credenti» delle singolari e inattese convergenze.
Una di queste riguarda l'accettazione di scelte diverse e anche opposte in campo religioso. Pur ben convinti di non avere un cielo sopra di sé, molti giovani «non credenti» ammettono che sia legittimo e sensato credere in Dio anche nella società contemporanea, negando quindi l'assunto che la modernità avanzata sía la tomba della religione e in ciò riconoscendo la validità per altri di una scelta di fede che ad essi appare insignificante. In parallelo, molti credenti – anche assai convinti e impegnati – sono consapevoli di quanto sia difficile professare una fede religiosa nelle attuali condizioni di vita, dando atto in tal modo delle difficoltà del credere nella società liquida. Insomma, gli steccati tra il credere e il non credere sembrano incrinarsi in una generazione abituata a soppesare i pro e i contro di ogni opzione e a ritenere legittime le scelte che ogni individuo compie in modo consapevole, anche se diverse dalle proprie.
Un'altra convergenza sí ritrova nella critica diffusa dei modelli religiosi prevalenti nella nostra società, e in particolare nei confronti di una chiesa cattolica ritenuta perlopiù antiquata in campo etico, chiusa nelle sue certezze dottrinali, poco in sintonia col messaggio che proclama. Tuttavia, il giudizio non è univoco, e molti giovani (credenti e non) riconoscono che in questa realtà composita non tutto è da buttare. L'apprezzamento maggiore tocca ai preti di strada, a quelli anticamorra, alle figure non conformiste; ma anche a quella chiesa locale che si spende per i giovani, tiene aperti gli oratori, è prossima alle vicende degli ultimi, agisce neiluoghi di frontiera, nei quartieri degradati o dormitorio. Ecco la chiesa che molti giovani intendono «salvare», in forte contrasto con quella ufficiale o centrale, che sentono distante dalla gente comune e altrimenti affaccendata. Oggi, nell'epoca delle molteplici appartenenze, non è raro vedere dei «senza religione» a fianco di un capo scout, di un volontario della Caritas, di un quadro di una ONG cattolica; che cercano quindi in questo «mondo» di rendersi utili per una causa umana che non riescono a vivere altrove. Tra le figure da salvare vi è certamente papa Francesco, che stupisce soprattutto per quella sua vena «antipolitica» (e antistituzionale) che sembra applicarsi anzitutto alla barca di Pietro.

3. Guardando ancora al rapporto dei giovani con la chiesa cattolica emerge un fatto curioso. Nella maggior parte dei casi gli under 30 italiani hanno di questa istituzione un'immagine negativa di cui non sembra esservi particolare riscontro nel loro vissuto, non giustificabile sulla base delle esperienze da essi effettuate negli ambienti ecclesiali. In altri termini: da un lato lanciano molti strali nei confronti della chiesa e della religione cattolica; dall'altro hanno in memoria un ricordo positivo o comunque non problematico del periodo più o meno lungo trascorso nelle realtà cattoliche di base. Insomma, non c'è quasi traccia di una socializzazione cattolica repressiva, d'una religione punitiva e colpevolizzante, di preti e suore da evitare, di una morale che mortifica il corpo e la natura umana; cioè di quella mala educación religiosa che – nell'immaginario collettivo – ha fortemente condizionato le generazioni del passato, ma che non sembra più aver coinvolto i giovani che hanno incrociato gli ambienti ecclesiali dieci-quindici anni or sono, perlopiù negli anni della loro seconda infanzia e dell'adolescenza. Tuttavia, l'aver vissuto delle esperienze «normali» o positive nelle parrocchie e negli oratori di cui è disseminata la penisola non impedisce a molti giovani di maturare un'immagine assai negativa della chiesa cattolica nel suo complesso, per come essa è perlopiù percepita e rappresentata nella sfera pubblica. Non sempre il vissuto ci offre una chiave di lettura della realtà, in una società globale che amplifica e condiziona la nostra visione del mondo.
4. C'è un grande movimento nel rapporto tra i giovani e la religione nel nostro paese, che si manifesta – come s'è visto – in una forte crescita (rispetto al recente passato) di quanti si ritengono ormai «senza Dio» e «senza religione», nell'assottigliarsi del gruppo dei credenti convinti e impegnati, a fronte di una larga quota di soggetti che mantengono un legame esile con la religione della tradizione, più per motivi culturali che spirituali. Si tratta di cambiamenti rilevanti rispetto al recente passato, che comunque non delineano ancora l'uscita della maggioranza dei giovani dalla sfera religiosa, quanto la continuazione dí quella «secolarizzazione dolce» che da tempo sta interessando la società italiana. Questa immagine rende ragione del sentire di molti giovani, che ammettono di credere di meno rispetto alle generazioni precedenti, ma nello stesso tempo dichiarano di essere alla ricerca di una fede religiosa o di forme di spiritualità (e più in generale di percorsi di senso) più in sintonia con la coscienza moderna; o che contrastano l'idea diffusa di essere la prima generazione incredula, in quanto ritengono che l'incredulità abbia radici lontane, individuabili in genitori solo formalmente credenti e cattolici e in nonni la cui religiosità rifletteva più un mondo di destino che di scelte. Si tratta di immagini che sembrano applicare alle dinamiche religiose l'antico detto «natura non facit saltus». Ogni cosa avviene per gradi, anche nel processo di secolarizzazione della società.
5. Quanto gli under 30 italiani sono interessati ai valori dello spirito? E a quelle forme di spiritualità alternativa di cui si fa un gran parlare nella modernità avanzata? Ecco altri punti qualificanti della nostra ricerca, tesa ad offrire un apporto conoscitivo su aspetti molto chiacchierati e poco studiati.
Una larga quota dí giovani ha un'idea assai nebulosa della spiritualità, come di una dimensione difficile da decifrare o che non produce in essi una particolare risonanza emotiva. Altri invece sembrano coinvolti in una tensione spirituale di impronta profana, che si manifesta in forme diverse, che vanno dalla ricerca del sé autentico che è dentro ciascuno di noi allo sviluppo delle proprie qualità umane, dalle pratiche salutistíche al perseguimento del benessere e dell'armonia sia personale, sia nel rapporto con glialtri e con la natura. La maggior parte dei giovani tuttavia tende a vivere i valori dello spirito all'interno della religione in cui più si riconosce (nel cattolicesimo), pur ritenendo che la ricerca spirituale è senza confini e ha nel singolo soggetto il suo protagonista. In sintesi, la nozione di spiritualità divide l'insieme dei giovani. Una parte sembra del tutto priva di antenne per questa dimensione dell'esistenza, non ne coglie il senso, preferendo concentrarsi sulla concretezza della vita; altri la valorizzano per migliorare se stessi dal punto di vista umano e interiore; altri ancora la interpretano come una via soggettiva e più autentica per credere in Dio ed esprimere la propria fede religiosa, pur risultando aperti ad altri percorsi di senso.
In questo quadro si osserva che la domanda di spiritualità alternativa (che si nutre dell'offerta dei nuovi movimenti religiosi, di pratiche meditative di cultura orientale, di culti di matrice diversa) è in rapida diffusione nel mondo giovanile, pur trattandosi di un fenomeno ancora esile, che sconfessa l'idea d'un paese ormai segnato da un profondo cambiamento dello scenario spirituale e religioso. Del resto, non pochi giovani fruitori di queste pratiche meditative evitano di attribuire ad esse un significato religioso, mentre altri attingono non soltanto a queste nuove fonti di senso ma anche a quelle più collaudate loro offerte dalla religione della tradizione.
Sullo sfondo di queste dinamiche si fa strada un'interessante intuizione. La spiritualità sembra essere una sorta di «zona intermedia» tra i non credenti e i credenti, tra quanti negano Dio o sono indifferenti alla religione e quanti invece si riconoscono in una realtà trascendente. Una «terra di mezzo» a cui guardano entrambi i gruppi e che in qualche modo li collega. Per gli uni la spiritualità può essere il luogo in cui si cerca il senso immanente di una vita che riconosce la presenza del mistero umano; per gli altri può essere l'invito a vivere una fede religiosa umanamente feconda, la cui armonia terrena sia un segno della ricchezza di una prospettiva trascendente.
Indice
Introduzione
I. Ateismo in crescita e secolarizzazione dolce 
1. Una generazione incredula?
2. Lo zoccolo duro della non credenza
3. La varietà della credenza e della non credenza. Confini porosi
4. I diversi tipi religiosi in Italia e forme di ateismo pratico 
5. Credenti e non credenti a confronto. Idee e pratiche religiose 
6. Quel che resta di una socializzazione religiosa diffusa
7. Famiglie religiosamente labili
8. Differenze di genere e territoriali
II. È plausibile per i giovani d'oggi credere in Dio?
1. Perché è possibile oggi credere in Dio
2. Le sorti della fede nella modernità avanzata
3. Ostacoli per il credere oggi
4. Occorre un outing della fede?
5. Plausibilità della fede, ma... a precise condizioni
6. Una credenza passe-partout?
7. Quelli per cui la fede è un vuoto a perdere
III. La fede religiosa al vaglio delle generazioni
1. Uno stile di generazione?
2. Il gap generazionale
3. Riserve sulla fede del passato
4. Tra genitori e nonni
IV. Lost in transition? Percorsi di socializzazione religiosa 
1. Modelli di socializzazione religiosa
2. L'alieno
3. Il secolarizzato
4. Il naufrago
5. L'intermittente
6. Il convinto
7. Famiglia, ma non troppo
V. Io ballo da sola. Lontani dalla chiesa, non da Francesco
1. Andare in chiesa è da «sfigati»? 
2. «Neanche un prete per chiacchierar»
3. L'ambivalente percezione della chiesa cattolica
4. Papa Francesco: molte luci e qualche dubbio
5. Fede senza chiesa?
VI. Una generazione «senza Dio»?
1. Il fenomeno dei giovani «senza Dio»
2. I profili della non credenza
3. Il panorama dell'indifferenza religiosa
4. La prima generazione incredula?
5. L'indifferenza religiosa, una moda culturale?
VII. La spiritualità del dio personale
1. Sulle tracce della spiritualità in Italia
2. Il milieu olistico dei giovani italiani
3. Il rompicapo del genere
4. Le ricerche spirituali non sono tutte uguali
5. Spiritualità, religione e ateismo. Così lontani, così vicini
Conclusioni. Il tempo delle religiosità instabili
Nota metodologica
Riferimenti bibliografici
(Franco Garelli, Piccoli atei crescono. Davvero una generazione senza Dio?, il Mulino 2016, pp. 213-217)

La stessa ricerca ha trovato altre possibili letture, come questa: 

Giovani estranei ma non ostili alla Chiesa

Presentato il rapporto “Dio a modo mio – Giovani e fede in Italia”...

«I “millennials” (i  giovani nati a cavallo degli anni ’80 e dei duemila) hanno un rapporto di estraneità verso la Chiesama non di ostilitàLa lontananza è legata al suo linguaggioalla sua vita istituzionalePapa Francesco, invece, per il 91% dei giovani è una figura di cui riconoscono il valore per la vicinanza ai poveriper la semplicità del linguaggio, per l’impegno per la pace e il dialogo tra le religioni».

Lo ha affermato ieri mattina Paola Bignardi, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica, nel corso dell’incontro dei responsabili degli uffici diocesani e regionali per le comunicazioni sociali in corso a Romadove ha presentato “Dio a modo mio – Giovani e fede in Italia”Un approfondimento sulla relazione dei giovani con la fede, legato al lavoro svolto per il “Rapporto Giovani 2016”: «In una scala da 1 a 10 – aggiunge la ricercatrice -, nessuna delle istituzioni politiche e sociali arriva a 6la Chiesa come tale prende 4considerando che 142 giovani su 150 intervistati dice che è bello credere e riconosce il fascino di un’apertura a Dio. Perché dà speranza, dà un senso alla vita, perché non ti senti mai solo. Dio non è scomparso dall’orizzonte dei giovani di oggima sta dentro il disorientamento che caratterizza questo tempo».

Insomma, di fronte a un individualismo diffusoalla crisi della comunicazione intergenerazionale che riguarda anche la fedealla sfiducia verso la Chiesa e alla mancanza di una vera esperienza di comunità ecclesiale, secondo la Bignardi è necessario recuperare la dimensione delle relazioni: «I giovani – precisa la studiosa – nella comunità cercano relazioni “calde”. Per questo servono comunità dove ci sia spazio per questo. Inoltre cercano dei testimoni e li riconoscono in figure come quelle di Papa Francesco e Madre Teresa. In questo senso, c’è bisogno di educatori capaci di tenere aperto il processo dell’esperienza di fede».


Per spiegare questo concetto, la Bignardi ha richiamato l’immagine della brace sotto la cenere, che fin che c’è può essere riaccesa: «Serve – avverte – chi sappia soffiare via la cenere e riaccenderla, perché ci sono ancora giovani in grado di rendere attuale la vita della Chiesa e delle comunità di cristiane di oggi».


Fatte queste premesse, i dati statistici snocciolati dall’esperta dicono che rispetto al 2013, nel 2014 è calato il numero dei giovani italiani che dicono di credere nella religione cattolica, passato dal 55,9% al 52,2%. Contestualmente è cresciuto, in modo lieve ma non meno significativo, il numero di chi dice di non credere a nessuna religione o filosofia trascendente, passando dal 15,2% al 17,7%.
Da 150 interviste fatte a giovani battezzati di tutta Italia, appartenenti alla fasce 19-21 anni e 27-29 anni, emerge che: «In genere – osserva l’ex presidente nazionale di Ac – Dio non è estraneo al loro mondo interioreÈ un Dio molto privato, che sentono comunque vicino, con cui dialogano o che pregano quando sentono il bisognoÈ un Dio anonimo, impersonale, che non prende il volto di Gesù».
Per questo, i “millennials” pregano a modo loro ma non vanno a messa: «Non capiscono il perché delle pratiche – conclude Paola Bignardi -, anche se quasi tutti hanno terminato il percorso dell’iniziazione cristianaDi quella esperienza hanno un ricordo negativoperché l’hanno ritenuta simile alla scuolao sono stati costretti ad imparare cose che non capivano. Ciononostante a questo patrimonio però attingono, pescando quello che serve in una modalità molto individualistica».
 Giugno 2016 - autore: Davide De Amicis, http://www.laporzione.it
Vedi anche: Millennials: generazione senza chiesa? (Vino Nuovo)

I giovani under 30 e il rapporto con la religione: «Un Dio a modo mio» (Corriere)

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