Da due articoli dell'UCCR di qualche anno fa:
E’ importante porsi
queste due
domande:
“perché a volte (o sempre)
sembra che Dio non risponda alle nostre preghiere?” e
“perché domandare a Dio,
se Lui conosce ciò di cui abbiamo bisogno”.
1) forse
non capiamo o non sappiamo riconoscere la risposta di Dio;
2) forse
non stiamo pregando correttamente e/o
3) forse
non conosciamo il senso pieno della preghiera.
1) Dio
sembra non rispondere? E’ probabile che Dio risponda, ma non secondo le nostre aspettative
limitate. E’ Lui stesso che ce lo ricorda tramite il profeta
Isaia: «I miei pensieri non
sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie […].
Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte
delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri» (Is,
55, 1-11). Quel che pensiamo essere “bene” per noi spesso non coincide con
quel che è davvero “bene” per noi agli occhi di Dio.
2) Dio sembra non rispondere? E’ possibile, inoltre, che il nostro modo di pregare sia
sbagliato, cioè arrogante, poco cosciente, forse credendo che
la preghiera sia una bacchetta
magica che esaudisca i nostri desideri. Niente di tutto
questo, non si può chiedere veramente a Dio qualcosa se non si entra in
un dialogo
personale con Lui.
3) Se
dunque è importante capire che la risposta di Dio può essere diversa dalle
nostre attese e che ci è stato insegnato da Gesù Cristo un modo adeguato di
rivolgersi a Lui, fondamentale è comprendere davvero cosa sia la preghiera e la
sua vera utilità. Comprendendolo si riesce allora a rispondere anche ad una
seconda domanda fondamentale: “perché
domandare a Dio, se Lui
conosce ciò di cui abbiamo bisogno“.
Questa perplessità viene
solitamente usata dagli anticristiani di professione, come Corrado Augias, per
apologia verso l’ateismo. «Pregare perché dio faccia o non faccia una
certa cosa», spiega superbo il giornalista di “Repubblica”, «implica
che la sua volontà possa essere influenzata». Dunque, la conclusione ovvia
per lui: Dio non è onnipotente, non conosce il nostro bene e quindi non esiste.
Eppure, cristiani e anticristiani, dovrebbero davvero capire cosa serva pregare
e che essa non modifica affatto la volontà di Dio. Come dice Tommaso d’Aquino, «noi preghiamo non allo scopo di mutare le
disposizioni divine:
ma per impetrare quanto Dio ha disposto di compiere mediante la preghiera dei
santi; e cioè, come dice S. Gregorio, affinché gli uomini, “pregando meritino
di ricevere quanto Dio onnipotente aveva loro disposto di donare fin
dall’eternità”» (Summa
Theologiae, II-II, q. 83, a. 2). È (anche) per questo motivo che
Dio, pur conoscendo perfettamente tutti i desideri umani, nondimeno vuole che
gli uomini glieli esprimano pregando. La preghiera come esercizio di libertà e
di cosciente affidamento.
La preghiera (di adorazione, di
lode, di ringraziamento e di richiesta) non serve per far comprendere a Dio le
nostre necessità, ma per disporre
noi ad accogliere il Suo aiuto. Sant’Agostino ricorda
che «la creatura ragionevole offre preghiere a Dio… per costruire se
stessi, non per istruire Dio» (De gratia Novi Testamenti ad
Honoratum liber unus, 29). La preghiera, ha spiegato infatti don
Massimo Camisasca, aiuta ad entrare «in una nuova visione di se stessi.
Non si è più soli, non si è più abbandonati alle forze del mondo. Sappiamo che
la vita è una battaglia, ma anche che la guerra è già stata vinta da Colui che
ha sofferto per noi e che ora è risorto e vive. La preghiera cambia la nostra prospettiva di vita e
ci fa vivere l’esperienza della vittoria sulle nostre angosce, sui rimorsi del
passato, sulle lacerazioni, sulla morte. Se entriamo nella volontà del
Padre, concretamente, se chiediamo a Lui di insegnarci che cosa vuole, egli
risponde». «Ci dà la forza di aspettare, ci sorregge nelle prove che
altrimenti sembrerebbero schiacciarci, ci dona uno sguardo capace di esultare e
un animo che sa valorizzare tutto il bene che trova», ha concluso don
Camisasca. Paradossalmente questa potenza della preghiera è riconosciuta anche
dal mondo scientifico: TM
Luhrmann, docente di antropologia all’Università di Stanford (e
agnostico o non credente) ha spiegato che «probabilmente
il modo più accurato per capire la preghiera è come una capacità di cambiare il modo in
cui usiamo le nostre menti».
Papa Francesco ha risposto a
sua volta in questa direzione spiegando che la preghiera non è tanto un
domandare ma piuttosto un lasciarsi
guardare dal Signore: «la preghiera è guardare il volto
di Dio, ma soprattutto sentirsi guardati. Noi pensiamo che dobbiamo pregare,
parlare, parlare, parlare… No! Làsciati guardare dal Signore. Quando Lui ci
guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo».
Concludendo:
quando preghiamo, dunque, dobbiamo sapere che 1) Dio può
rispondere secondo i Suoi pensieri e non secondo i nostri, 2) che si può
domandare soltanto entrando in dialogo con Lui e non fingendo che sia un
oracolo alla mercé dei nostri desideri. Infine, ancora più importante, 3) bisogna
concepire la preghiera come momento di relazione con Dio, lasciarsi guardare da
Lui trovando il coraggio per affidarsi alla Sua volontà. Un esercizio per
piegare le nostre effimere idee su noi stessi al destino che Lui ha preparato
per noi, accettando liberamente il compito (la vocazione) che ci è stato
affidato. Proprio come Gesù ha accettato il suo destino, rivolgendosi così a
Dio: «Non
sia fatta la mia, ma la tua volontà».
Nello stesso sito si torna all'argomento: "Perchè pregare se Dio conosce già i nostri pensieri?"
Lane Craig, filosofo americano, procede per metafore: porsi questa domanda,
scrive, è come domandarsi che utilità ha dire “Ti amo” alla propria ragazza o moglie. Forse
pensiamo che lei non lo sappia già? Dire “Ti amo” fa parte della costruzione di
un rapporto intimo con l’altro, che è anche una delle intenzioni della
preghiera. Una forma di preghiera, ha proseguito Lane Craig, è anche dire
semplicemente “Grazie Signore!”. «Potete
immaginare qualcuno così ottuso da dire: “Io non devo ringraziare John per
quello che ha fatto per me, perché sa già che gli sono grato“?”,
oppure: “Io non devo chiedere scusa a Susan perché sa
già mi dispiace”?».
Pregare, infatti, significa manifestare consapevolmente e
liberamente la
propria fede e la propria intenzione di fondare un rapporto di intimità con
Dio. Possiamo dire che la preghiera è un esercizio di libertà e di cosciente
affidamento. Recentemente Papa Francesco ha proprio risposto a questo quesito: «Dio non conosce già le nostre
necessità? Dio ci invita a pregare con insistenza non
perché non sa di che cosa abbiamo bisogno. Al contrario, Lui
ascolta sempre e conosce tutto di noi, con amore. Nel nostro cammino
quotidiano, specialmente nelle difficoltà, nella lotta contro il male fuori e
dentro di noi, il Signore non è lontano, è al nostro fianco; noi lottiamo con
Lui accanto, e la nostra arma è proprio la preghiera, che ci fa sentire la sua
presenza accanto a noi, la sua misericordia, anche il suo aiuto. C’è una lotta
da portare avanti ogni giorno; ma Dio è il nostro alleato, la fede in Lui è la
nostra forza, e la preghiera è l’espressione di
questa fede».
Si può pregare per chiedere una guarigione fisica (e gli studi
effettivamente dimostrano l’utilità della preghiera in questi
casi), ma essa non ha lo scopo di cambiare i progetti di Dio. Semmai di chiedere
a Dio di aiutarci ad accettare il Suo progetto su di noi. Domandare
di sentirci peccatori, di essere aiutati a capire che non siamo padroni della
nostra vita ed avere la forza di affidarci a Lui: «Padre, se vuoi, allontana da me questo
calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42). Queste parole di Gesù in
croce sono l’apice del pregare. Come ha scritto Sant’Agostino, «la creatura ragionevole offre
preghiere a Dio per costruire se stessa,
non per istruire Dio» (De
gratia Novi Testamenti ad Honoratum liber unus, 29).
E’ ovvio che ci si riferisce a preghiere dette con il cuore,
non la ripetizione meccanica di formule imparate a memoria.
L’entusiasmo della preghiera è dire: “Dio,
rivelati a me! Io scelto di aprire il mio cuore e la vita a Te”. Ma la
preghiera è anche un momento di silenzio,
senza parole. «Noi pensiamo
che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare. No! Lasciati guardare dal
Signore. Quando Lui ci guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo», ci ha spiegato il Papa.