I doni del risorto
(Gv 20,19-23; Mc 16,14-18; Mt 28,16-20; Lc 24,36-49)
Dopo l’incontro con la Maddalena, Giovanni passa a
descrivere la prima apparizione del Risorto ai discepoli. Aveva loro promesso,
durante l’ultima cena, che non li avrebbe lasciati orfani, ma sarebbe tornato
(Gv 14,18) per donare loro la sua pace (14,27), la sua gioia (16.20.22) e il
suo Spirito che li avrebbe resi suoi testimoni (15,26s). Ora mantiene la parola
e trova i discepoli rinchiusi – probabilmente nel Cenacolo, ovvero nel luogo
stesso dell’ultima cena - sbarrati in casa, con le porte chiuse “per timore dei Giudei” (v.19).
Accade sempre così quando agisci
seguendo le tue paure: la vita si chiude. La paura è la paralisi della vita. I
discepoli hanno paura anche di se stessi, di come lo hanno rinnegato. E
tuttavia Gesù viene. È una comunità dalle porte e finestre sbarrate, dove manca
l'aria e si respira dolore, una comunità che si sta ammalando. E tuttavia Gesù
viene. Papa Francesco continua a ripetere che una chiesa chiusa, ripiegata su
se stessa, che non si apre, è una chiesa malata. Eppure Gesù viene. Viene in
mezzo ai suoi, prende contatto con le loro paure, con i loro limiti, senza
temerli. Sa gestire la nostra imperfezione[1].
L’amore del Crocifisso Risorto è
tale da condurlo subito ai suoi per farli uscire dal sepolcro delle loro paure:
Il
sepolcro di Gesù è aperto e vuoto; la loro casa è sprangata e piena di morte,
come il loro cuore. Le pecore sono rinchiuse, in attesa del Pastore bello che
le conduca ai pascoli della vita. (…) La porta sprangata non è un ostacolo per
lui, come non lo è stato il muro della morte né la pietra del sepolcro. É lui
stesso la porta della vita (cf. Gv 10,7-10) (…) è luce che dissolve le tenebre,
amore che scaccia ogni paura. Dove prima regnava la morte, ora c’è il Vivente.
Colui che ci ama fino all’estremo, mostra la sua gloria. Dio è in mezzo al suo
popolo[2].
Li riapre alla speranza e gli dona
ciò che può renderli simili a lui:
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha
mandato me, anche io mando voi». Detto questo soffiò, e disse loro: «Ricevete
lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a
coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,21-23).
Sono già enunciati i doni d’amore
del Risorto: pace, mandato missionario, Spirito, capacità di perdonare. Doni
che fanno risorgere anche i discepoli dalla tomba delle loro paure e
dell’incredulità.
“Mostrò loro le mani e il costato” (Gv 20,20). Le ferite rimangono impresse nel
corpo glorificato del Risorto, un corpo che è insieme spirituale (capace di
superare ogni chiusura) e materiale (capace di mangiare, di farsi ancora
toccare). Un corpo non immediatamente riconoscibile, quindi diverso da quello a
cui erano abituati. Le ferite divengono parte del riconoscimento: in esse
ricordiamo l’amore che lo ha spinto a donarsi pienamente e senza riserve a noi.
Il
mandato missionario
“Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20,21):
l’amore è sempre “missione”; infatti è relazione,
che manda la persona fuori di sé, verso l’altro. L’amore del Padre e del Figlio
ci spinge verso i fratelli, perché anch’essi lo scoprano e lo accolgano. Allora
Dio sarà tutto in tutti, come tutto e tutti da sempre sono in Dio[3].
In Luca, per superare il
turbamento e i dubbi, Gesù Risorto mostra le ferite e invita a toccarlo e “poiché per la gioia non credevano ancora ed
erano pieni di stupore” (v.41) chiede qualcosa da mangiare, “perché non c’è
nulla che rassicuri e crei comunione come il mangiare insieme”[4].
É, la loro, una incredulità particolare, positiva: quella di chi non osa
credere ai propri occhi, di chi è sbalordito, frastornato, ma anche pieno di
gioia.
“Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture” e ancora
una volta le spiega loro, promettendo l’arrivo di “colui che il Padre mio ha promesso” (v.49), lo Spirito.
L’appendice canonica di Marco
mette in evidenza il rimprovero che il Risorto fa agli Undici “per la loro incredulità e durezza di cuore,
perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto” (Mc
16,14) e poi dà loro il mandato missionario. Questo, in Matteo, risulta l’unico
messaggio che Gesù Risorto comunica loro, accanto però alla promessa finale: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo” (Mt 28,20). Questa promessa indica la grande novità portata
dal Risorto: non più limitato dai vincoli umani spazio-temporali, può e vuole
essere con noi sempre. É la realizzazione del sogno di ogni amore, il
realizzarsi del “per sempre”, senza che morte ci separi: fino alla fine del
mondo, cioè fino al compimento del tempo, quando saremo in pienezza – e per
sempre – una sola cosa con il Padre e il Figlio nello Spirito Santo e tutti
diventeremo, in loro, veri figli e veri fratelli.