COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI O AI CONVIVENTI? SI', NO, IN CERTI CASI E A CERTE CONDIZIONI...


Il vescovo di Frascati, Mons. Raffaello Martinelli, come già faceva da parroco di San Carlo al Corso, prosegue ad offrire delle schede sintetiche su diversi argomenti teologici e pastorali. Sul sito della diocesi troviamo la scheda (in due parti: prima e seconda) su questa questione scottante.
PREMESSE
A)     I cristiani, che sono divorziati risposati o conviventi, rimangono membri del popolo di Dio per il battesimo e la fede, e possono sperimentare l’amore di Cristo e la vicinanza materna della Chiesa. Afferma PAPA FRANCESCO: Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo” (AL 299). “C’è la disponibilità della comunità ad accoglierli e a incoraggiarli, perché vivano e sviluppino sempre più la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa:
·       con la preghiera,
·       con l’ascolto della Parola di Dio,
·       con la frequenza alla liturgia,
·       con l’educazione cristiana dei figli,
·       con la carità e il servizio ai poveri,
·       con l’impegno per la giustizia e la pace” (PAPA FRANCESCO, catechesi del mercoledì, 5-8-2015).
B)      La loro partecipazione alla vita della Chiesa, pertanto, non può essere esclusivamente ridotta alla questione della ricezione dell’Eucaristia.
C)      La S. Messa inoltre ha numerosi altri e importanti aspetti, che vanno evidenziati (ad es. Eucaristia-rendimento di lode e di grazie, mistero adorante-orante-intercedente…, Liturgia della Parola, Memoriale della Pasqua, Presenza reale di Cristo,  Missio-Messa-Missione: Andate), e che giustificano la nostra necessaria partecipazione, soprattutto domenicale, anche quando non è possibile, per vari  motivi, ricevere la S. Comunione.
D)     Esplicitamente, nella AL, Papa Francesco non parla dell’accesso dei divorziati risposati alla S. Comunione. Implicitamente  ne parla nell’articolo 305, insieme con la nota 351, in cui afferma che l’aiuto che la Chiesa può dare, «in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti.  Per questo, ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura, bensì il luogo della misericordia del Signore. Ugualmente segnalo che l’Eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». Da notare che Papa Francesco, nello scrivere: “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti”, usa il verbo potere (“potrebbe”), e non altri verbi, e per di più al condizionale... 
E)     Per rispondere alla domanda: i divorziati risposati o i conviventi possono accedere alla S. Comunione?, occorre leggere e meditare attentamente tutta l’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris lætitia di Papa Francesco, pubblicata l’8 aprile 2016, e  non pertanto limitarsi a leggere solo il Cap. VIII.
F)     Nello stesso tempo, occorre leggere, interpretare, attuare la “Amoris lætitia” alla luce del Magistero precedente consolidato, perché lo continua e lo approfondisce, come del resto a più riprese viene affermato dall’esortazione stessa, che non cambia la dottrina (cfr. Al nn. 76, 308, etc.). E’ quanto mai necessario quindi condividere il principio  della continuità e non della rottura, nel leggere e attuare i documenti del Magistero della Chiesa, i quali, anche in temi morali, vanno interpretati secondo l’ermeneutica della continuità e dell’approfondimento, e non già secondo l’ermeneutica della discontinuità, della rottura o della svolta rispetto al Magistero di sempre. Il progresso della dottrina morale della Chiesa avviene sotto l’azione dello Spirito Santo, che gradualmente porta alla conoscenza della verità tutta intera, senza mai contraddire o rinnegare il Magistero precedente (nel caso nostro, in particolare:  Familiaris consortio n.84 di Giovanni Paolo II; Reconciliatio et poenitentia, n.34; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della chiesa cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposatiSacramentum caritatis n.29 di Benedetto XVI;  il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn.1646-1651).
L’ACCESSO ALLA S. COMUNIONE: IN QUALI CASI  E A QUALI CONDIZIONI?
Leggendo la Al, nel contesto del Magistero precedente della Chiesa, si possono individuare i seguenti  passi riguardanti i divorziati risposati, in vista di un loro eventuale accesso ai Santi Sacramenti (S. Confessione e S. Comunione):
1.       Un adeguato accompagnamento pastorale, con un sacerdote o un Vescovo:
  • "con attenzione e premura" (AL 291),
  • "con pazienza e delicatezza" (AL 294),
  • "con misericordia e pazienza" (AL 308),
  • per "aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti" (AL 305),
  • secondo la legge della gradualità (e non la gradualità della legge) (cfr. AL 293-295). La legge della gradualità riguarda solo la responsabilità soggettiva delle persone e non deve essere trasformata in gradualità della legge, presentando il male come bene imperfetto.
2- Un discernimento responsabile, dinamico, personale e pastorale (direzione spirituale), con “un Pastore che sa riconoscere la serietà della questione che sta trattando…  secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo” (AL 300), evitando perciò:
  • il fai da te;
  • soluzioni facili, a buon mercato;
  • semplici ricette;
  • ricerca di sacerdote / Vescovo  accondiscendente o accomodante (cfr. Al 298- 300).
Il discernimento porta a fare “una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti.    Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta irregolare, vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante… Per questa ragione, un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta” (AL 301-302).
Il Papa cita, a questo riguardo, il CCC: “Il Catechismo della Chiesa Cattolica si esprime in maniera decisiva: «L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali»[CCC, 1735]AL 302).
Noi sappiamo da tempo che, perché il peccato sia mortale, ci dev’essere la materia grave, la piena avvertenza e il deliberato consenso (cfr. CCC 1858-1859).
E pertanto, il sacerdote, in un percorso di discernimento con i divorziati risposati, deve valutare, come si fa per ogni altro peccato, se esistano tutte le condizioni perché un peccato sia considerato mortale, valutando cioè non solo la materia grave, ma pure le condizioni soggettive, la responsabilità soggettiva e le eventuali circostanze attenuanti.
Sono, queste circostanze, tali da cambiare la natura oggettiva della situazione? No, il divorzio e la nuova unione restano oggettivamente un male.
Sono, queste circostanze, tali da cambiare la responsabilità personale del soggetto coinvolto? Forse sì.
Non dimentichiamo ad es. le parole di Gesù in croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
3- Formazione di una coscienza illuminata, e, se necessario, anche rettificata, per riconoscere ciò che è bene o male, alla luce della Parola di Dio.   Alla luce della Parola di Dio, «bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore, e proporre una sempre maggiore fiducia nella Grazia… Questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può  anche  riconoscere,  con sincerità e onestà, ciò  che,  per il momento, è la risposta  generosa  che  si  può  offrire a Dio, e scoprire, con una certa sicurezza morale, che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo” (AL 303).
4- Un serio esame di coscienza, al fine di valutare ad es. quali caratteristiche siano presenti di quelle descritte dalla AL al n. 298, circa i “divorziati che vivono una nuova unione…
  • consolidata nel tempo,
  • con nuovi figli,
  • con provata fedeltà,
  • dedizione generosa,
  • impegno cristiano,
  • consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione, 
  • hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio,
  • hanno subito un abbandono ingiusto,
  • sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido,
  • grande difficoltà a tornare indietro senza sentire, in coscienza, che si cadrebbe in nuove colpe,
  • per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione”.
5- L’approfondimento/ riscoperta del vangelo dell’amore coniugale e familiare in tutta la sua ricchezza e bellezza, tenendo presente che questo ideale non è impossibile: “Sicuramente è possibile, perché è ciò che chiede il Vangelo” (AL 102).
Oltre all’invito ad approfondire soprattutto i capitoli IV e V della AL, bastino qui alcuni brevi richiami:
 “Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano… Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro” (AL 35).
 “Il matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova per la società” (n. 291).
La Chiesa non deve assolutamente:
·       “rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza…,
·       nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture” (AL 307).
 6- Una seria verifica della validità del precedente matrimonio, accedendo all’una o all’altra tipologia di processo, previste da Papa Francesco per accertare l’eventuale nullità del Sacramento del Matrimonio (cfr. Mitis Iudex Dominus Iesus  Mitis et misericors Iesus, 8 settembre 2015).
Tra le novità di questi due testi: la maggiore responsabilizzazione del Vescovo, l’abolizione dell’obbligo della doppia sentenza conforme e la semplificazione della procedura.
Circa le spese economiche, si richiede un contributo secondo le proprie possibilità.
 7- Impegno all’ascolto della Parola di Dio (cfr. AL 29, 227), soprattutto nella celebrazione Eucaristica.
E’ opportuno evidenziare il tipo di “comunione sacramentale” che si realizza già nella Liturgia della Parola, nella quale:
·       - Cristo parla e agisce;
·       - lo Spirito Santo opera secondo le disposizioni di chi accoglie la Parola e la vuol portare nella vita e trasformarla in preghiera personale.
È questa una dimensione che va approfondita e fatta conoscere, anche per dare senso e spessore all’invito, rivolto spesso dal Magistero, di venire a partecipare alla S. Messa, ascoltando la Parola di Dio insieme agli altri fedeli, anche se non si realizza la partecipazione piena alla mensa eucaristica.
8-Partecipazione costante alla S. Messa domenicale (cfr. AL 186), con la comunione spirituale (che consiste nell’esprimere, con fede e devozione, il desiderio di ricevere spiritualmente il Corpo e Sangue di Cristo, quando si è nell’impossibilità di riceverlo realmente).
Quando i divorziati risposati o i conviventi, nel frequentare la S. Messa, si astengono dall’accogliere sacramentalmente la S. Comunione, tale loro astensione dalla S. Comunione sacramentale (digiuno eucaristico) non va visto come un limite imposto dalla Chiesa, dovuto a un irrigidimento legalistico.
Costituisce  piuttosto una grande testimonianza per tutti noi. In particolare ci invita a:
  • un maggior rispetto verso l’Eucaristia, tenendo presente il monito di San Paolo: "Chi riceve il Corpo del Signore indegnamente, mangia la propria condanna" (1 Cor 11, 29). 
  • una maggiore considerazione verso il  peccato;
  • l’esigenza della purezza di cuore, richiesta per accostarsi alla S. Comunione. Un’Eucaristia, senza la Comunione sacramentale, non è certamente completa, manca di una parte essenziale. Tuttavia è anche vero che partecipare all’Eucaristia senza Comunione Eucaristica, non è uguale a non aver partecipato affatto (cfr. gli altri aspetti fondamentali dell'Eucaristia); 
  • il rifiuto a ridurre l’Eucaristia a un rito d’integrazione ecclesiale e sociale, a puro gesto di amicizia, o di condivisione sociale o  di un banale regalo;
  •  il rispetto del Magistero della Chiesa. Basti ricordare qui quanto scritto da San Giovanni Paolo II, ad es. nella Familiaris consortio, n. 84:
“La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla Comunione Eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio”;
  • la riaffermazione (seppure per via indiretta da loro) dell’indissolubilità del matrimonio, esigita per accostarsi alla S. Comunione;
  • la proclamazione della forza dell’amore di Cristo, che resta fedele anche di fronte all’infedeltà dell’uomo;
  •  
  • il rispetto del principio di uguaglianza (senza pertanto privilegi), nei confronti di altre persone che non possono anch’esse ricevere la S. Comunione, in quanto vivono in situazione oggettiva immorale grave, per comportamenti non conformi ad altri fondamentali insegnamenti cristiani;
  • il riconoscimento degli errori compiuti e delle colpe commesse nei confronti degli altri,  del coniuge, nonché del Sacramento del matrimonio; 
  • il rispetto per il coniuge maggiormente innocente e/o del coniuge separato che rimane fedele al proprio matrimonio, e che non dà pertanto un timbro di approvazione ecclesiale al coniuge divorziato risposato…
Si tenga presente altresì quanto scrive Paolo VI nella 'Humanae vitae', n. 25: "E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel Sacramento della Penitenza”.
9- Preghiera quotidiana, personale-coniugale-familiare (cfr. AL 15, 29, 141, 216, 223), perché “la famiglia, che prega unita, resta unita” (AL 227). “Non sarebbe bene che arrivino al matrimonio senza aver pregato insieme, l’uno per l’altro,
  • chiedendo aiuto a Dio per essere fedeli e generosi,
  • domandando insieme a Dio che cosa Lui si aspetta da loro” (AL 216).
10- Impegno di vita-testimonianza cristiana in famiglia e nella professioneMolti, poi, mettono i loro talenti a servizio della comunità cristiana nel segno della carità e del volontariato (Al 158,  cfr 290).
11- Attuazione delle opere di misericordia:
  • corporale;
1.Dar da mangiare agli affamati.
2.Dar da bere agli assetati.
3.Vestire gli ignudi.
4.Alloggiare i pellegrini.
5.Visitare gli infermi.
6.Visitare i carcerati.
7.Seppellire i morti.
       spirituale
1.Consigliare i dubbiosi.
2.Insegnare agli ignoranti.
3.Ammonire i peccatori.
4.Consolare gli afflitti.
5.Perdonare le offese.
6.Sopportare pazientemente le persone moleste.
7.Pregare Dio per i vivi e per i morti.
12- Impegno permanente a educare i figli nella fede cristiana (cfr. tutto il cap. VII di AL, nn. 259-290)
“I genitori incidono sempre sullo sviluppo morale dei loro figli, in bene e in male” (AL 259).  “La famiglia è la prima scuola dei valori umani” (AL 274). L’educazione dei figli dev’essere caratterizzata da un percorso di trasmissione della fede” (AL 287). “La famiglia si costituisce così come soggetto dell’azione pastorale attraverso l’annuncio esplicito del Vangelo” (AL 290).
13) Atteggiamento positivo e impegno ad attuare la piena continenzacioè l’astenersi dagli atti sessuali propri dei coniugi (cfr. Familiaris consortio, n. 84):
L’AL non la cita espressamente né la esclude né la nega.
Chiediamoci: tale continenza è forse da ritenersi impossibile, contando:
  • sull’aiuto di Dio
  • e sull’impegno delle persone?
 Se si affermasse che tale continenza-castità è impossibile per i divorziati risposati o i conviventi, si evidenzierebbe una grave sfiducia nei confronti:
  • sia di loro stessi,
  • sia della castità coniugale,
  • sia del potere della grazia di Dio (cfr. AL 303),
  • sia di quanti già l’hanno praticata e tutt’ora la praticano.
14- Qualora ci fosse l’eventuale accesso alla S. Comunione, da parte dei divorziati risposati o dai conviventi, vivendo "more uxorio”, dopo aver ottenuto il consenso del Pastore e aver accolto positivamente e aver cercato di attuare con impegno i passi precedenti indicati, van tenuti presenti alcuni atteggiamenti/valutazioni/impegni, quali ad es.:
  • “Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia” (Al 298); e dunque"la consapevolezza dell'irregolarità della propria situazione" (AL 298).
  • “Se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare,  e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla comunità (cfr Mt 18,17)” (AL 297).
  • E’ necessario sempre ricordare che non esiste, per nessuno, il diritto all’Eucarestia, essendo Essa un  dono incomparabile e gratuito di Dio, come neppure esiste il diritto di usufruire di un tipo di “misericordia” che non comporti il pentimento e l’impegno serio ad uscire dal peccato, evitando di affondare ancor più profondamente nel male.
  • Non si può:
-           rinunciare “a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro" (AL 297),
-          "prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo" (AL 300),
-          "in nessun modo ... rinunciare a proporre l'ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza" (AL 307),
-          cadere in una doppia morale, o in una morale casuistica, o in un relativismo, o in una generalizzazione del singolo caso (Cfr. Al 300-307).
  • Va evitata “ogni forma di scandalo” (remoto scandalo) (Al 299), il che significa che la S. Comunione si può fare “in certi casi” senza recare danno alla comunità ecclesiale.  In pratica la Comunione si potrebbe fare privatamente o là dove non si è conosciuti come divorziati risposati o conviventi,
-          evitando così di causare giudizi, confusione, sconcerto e scandalo tra i fedeli;
-          non facendo pubblicità al proprio caso;
-          non generalizzando tale soluzione.

  •  E’ necessario tener presente il legame, la profonda armonia fra i due Sacramenti: Eucaristia e Matrimonio. Quanti desiderano accedere alla S. Comunione dovrebbero pure desiderare di essere uniti a Cristo, anche mettendo in pratica gli insegnamenti di Cristo circa il Sacramento del Matrimonio, non dimenticando quanto afferma Gesù: Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio” (Lc 16,18), ed evitando in tal modo di contraddire l’amore all’Eucaristia con il comportamento coniugale: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). 
  • Chi accedesse alla S. Comunione, deve pertanto:
- riconoscere l’indissolubilità del Sacramento del matrimonio, e non accettare il divorzio neppure in certi casi,
- non pretendere che siano Gesù Cristo e la Sua Chiesa ad adattarsi a noi, ma che dobbiamo essere noi a conformarci al Vangelo di Cristo...
- non pretendere dalla Chiesa ciò che essa non può dare.
- tener presente:
·       quanto SAN GIOVANNI PAOLO II scriveva nella Dives in misericordia: «In nessun passo del messaggio evangelico il perdono, e neanche la misericordia come sua fonte, significano indulgenza verso il male, verso lo scandalo, verso il torto o l’oltraggio arrecato» (n. 14),
·       e il pressante invito, loro rivolto: «I fedeli divorziati risposati non possono mai perdere la speranza di raggiungere la salvezza… se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza, nella carità» (CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Sulla pastorale dei divorziati risposati, 1999, p. 19). 

S.E. Mons Raffaello Martinelli, Vescovo di Frascati

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