Parole di vita (marzo 2017)
"Due mani giunte ottengono più di due pugni chiusi" (H.Camara)
"Non siamo esseri viventi destinati alla morte, ma esseri mortali destinati alla vita"(A. Fossion)
"La pazienza è come un albero: le radici sono molto amare, ma i frutti sono dolcissimi" (proverbio Tuareg)
"Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista". San Francesco d’Assisi“Non mi considero né ateo né agnostico. Come uomo di ragione non di fede, so di essere immerso nel mistero che la ragione non riesce a penetrare fino in fondo, e le varie religioni interpretano in vari modi”. Norberto Bobbio
"Il fiume comincia con la prima goccia d'acqua, l'amore con il primo sguardo, la notte con la prima stella, la primavera con il primo fiore" (don Primo Mazzolari)
Non ti arrendere mai (Leone Magno)
«Non ti arrendere mai, neanche quando la fatica si fa sentire, neanche quando il tuo piede inciampa, neanche quando i tuoi occhi bruciano, neanche quando i tuoi sforzi sono ignorati, neanche quando la delusione ti avvilisce, neanche quando l'errore ti scoraggia, neanche quando il tradimento ti ferisce, neanche quando il successo ti abbandona, neanche quando l'ingratitudine ti sgomenta, neanche quando l'incomprensione ti circonda, neanche quando la noia ti atterra, neanche quando tutto ha l'aria del niente, neanche quando il peso del peccato ti schiaccia... Invoca il tuo Dio, stringi i pugni, sorridi... e ricomincia». (Papa San Leone Magno)
«Se Cristo avesse voluto imporre la redenzione con la forza delle armi o la forza di incendi e violenze, non avrebbe conseguito nulla. Inutile, più odio, più malvagità. Ma poiché Cristo pose la soluzione nel cuore della redenzione, in questa notte ci dice: “Questo vi comando: che vi amiate come io vi ho amato. E perché vediate che non sono solo parole, attendente questa notte, questa notte in cui arriverò a sudare sangue davanti alla malvagità degli uomini e al dolore delle mie sofferenze; e domani, quando mi vedrete passare come un agnello silenzioso con la Croce sulle spalle e morire in un calvario, sappiate che non porto risentimento per nessuno, che dal fondo dell’animo vado gridando: Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno!”». Oscar Romero
IL SACRO E LA SANTITA'
C'è desiderio di sacro nella città, ma ben poca brama di santità. Il sacro è solo una tintura che noi mettiamo all'esterno...luoghi e templi...
Santità significa vita interiore, ascolto, ansia di attingere alle falde freatiche dove scorre l'acqua del silenzio, della contemplazione, dello stupore, del rispetto, dell'amore per Dio e della polarizzazione della propria vita attorno a Lui... Anche il vescovo, purtroppo, è un uomo del sacro. Spesso infatti mi si interpella sui numeri delle processioni, sui riti e sulle confraternite. Al contrario, quasi nessuno viene a chiedermi: "Vescovo, insegnami a pregare; vescovo, aiutami a interiorizzare". Don Tonino Bello
I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per amore di Dio nella loro vita non hanno posto condizioni a Lui; non sono stati ipocriti; hanno speso la loro vita al servizio degli altri per servire il prossimo; hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare. (Papa Francesco)
I 14 difetti di Gesù
Gesù non ha buona memoria...Gesù perdona e non ricorda di aver perdonato.Gesù non conosce la matematica...perchè 1 e 99 valgono allo stesso modo.Gesù non conosce la logica...perchè per un peccatore pentito che si converte fa una festa da mille e una notte.Gesù sembra un avventuriero...perchè non promette ai suoi discepoli una vita comoda e tranquilla.Gesù non conosce l’economia e la finanza ...perchè paga tutti con la stessa moneta.Gesù è un amico dei pubblicanie dei peccatori... perchè frequenta brutte compagnie.Gesù è accusato di essere un mangione e un beone...perchè mangia con gente poco rispettabile.Gesù sembra matto...perchè promette la croce ai suoi amici.Gesù ama i piccoli numeri...perchè la sua logica sono le Beatitudini.Gesù è l’insuccesso continuo...perchè è scacciato, rifiutato e accusato.Gesù è un professore che ha rivelato il tema dell’esame...Cristo salva!Gesù ha troppa fiducia negli altri...si fida di Giuda.Gesù è molto imprudente...perchè sa i pericoli ma non se ne preoccupa.Gesù è povero... perchè vuole la sua Chiesa i suoi sacerdoti poveri.Gesù ha questi difetti perché è Amore! (card. Van Thuan)
SE LA NOTA DICESSE (Michel Quoist)
Se la nota dicesse: non è una nota che fa la musica …
non ci sarebbero le sinfonie
Se la parola dicesse: non è una parola che può fare una pagina …
non ci sarebbero i libriSe la pietra dicesse: non è una pietra che può alzare un muro …non ci sarebbero le caseSe la goccia d'acqua dicesse: non è una goccia d'acqua che può fare il fiume …non ci sarebbe l'oceanoSe il chicco di grano dicesse: non è un chicco di grano che può seminare il campo …non ci sarebbe il paneSe l'uomo dicesse: non è un gesto d'amore che può salvare l'umanità … non ci sarebbero mai né giustizia né pace, né dignità né felicità nella terra degli uominiCome la sinfonia ha bisogno di ogni notaCome il libro ha bisogno di ogni parolaCome la casa ha bisogno di ogni pietraCome l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acquaCome la messe ha bisogno di ogni chiccoL'umanità intera ha bisogno di te, qui dove sei, unico, e perciò insostituibile!
Dammi un cuore che ama (S.Agostino)
Dammi un cuore che ama, e capirà ciò che dico. Dammi un cuore anelante, un cuore affamato, che si senta pellegrino e assetato in questo deserto, un cuore che sospiri la fonte ... e capirà ciò che io dico ... (S.Agostino, in Io. Ev. tr. 26, 4)Non so in quale inesplicabile modo avvenga che chi ama se stesso e non Dio, non ama se stesso, mentre chi ama Dio e non se stesso, questi ama se stesso. Poiché chi non può vivere di se stesso, non può non morire amando se stesso: non ama dunque se stesso, chi si ama in modo da non vivere. Quando invece si ama colui da cui si ha la vita, non amando se stesso uno si ama di più, appunto perché invece di amare se stesso ama colui dal quale attinge la vita. Non siano dunque amanti di se stessi coloro che pascono le pecore di Cristo, per non pascerle come proprie, ma come di Cristo. E non cerchino di trarre profitto da esse, come fanno gli amanti del denaro; né di dominarle come i vanagloriosi o vantarsi degli onori che da esse possono ottenere, come gli arroganti; né come i bestemmiatori presumere di sé al punto da creare eresie; né, come i disobbedienti ai genitori, siano indocili ai santi padri; né, come gli ingrati, rendano male per bene a quanti vogliono correggerli per salvarli; né, come gli scellerati, uccidano l'anima propria e quella degli altri; né come gli empi, strazino le viscere materne della Chiesa; né, come i disamorati, disprezzino i deboli; né, come i calunniatori, attentino alla fama dei fratelli; né, come gli incontinenti, si dimostrino incapaci di tenere a freno le loro perverse passioni; né, come gli spietati, siano portati a litigare; né, come chi è senza benignità, si dimostrino incapaci a soccorrere; né, come fanno i traditori, rivelino agli empi ciò che si deve tenere segreto; né, come i procaci, turbino il pudore con invereconde esibizioni; né, come chi è accecato dai fumi dell'orgoglio, si rendano incapaci d'intendere quanto dicono e sostengono (cf. 1 Tim 1, 7); né, come gli amanti del piacere più che di Dio, antepongano i piaceri della carne alle gioie dello spirito. Tutti questi e altri simili vizi, sia che si trovino riuniti in uno stesso uomo, sia che si trovino sparsi qua e là, pullulano tutti dalla stessa radice, cioè dall'amore egoistico di sé. Il male che più d'ogni altro debbono evitare coloro che pascono le pecore di Cristo, è quello di cercare i propri interessi, invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle proprie cupidigie coloro per i quali fu versato il sangue di Cristo. L'amore per Cristo deve, in colui che pasce le sue pecore, crescere e raggiungere tale ardore spirituale da fargli vincere quel naturale timore della morte a causa del quale non vogliamo morire anche quando vogliamo vivere con Cristo. Lo stesso Apostolo ci dice infatti che brama essere sciolto dal corpo per essere con Cristo (cf. Fil 1, 23). Egli geme sotto il peso del corpo, ma non vuol essere spogliato, ma piuttosto sopravvestito, affinché ciò che è mortale in lui sia assorbito dalla vita (cf. 2 Cor 5, 4). E il Signore a Pietro che lo amava predisse: quando sarai vecchio stenderai le tue mani, e un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vorresti. E questo gli disse indicando la morte con la quale avrebbe glorificato Dio. Stenderai le tue mani, dice il Signore, cioè sarai crocifisso; ma per giungervi un altro ti cingerà e ti porterà non dove tu vuoi, ma dove tu non vorresti. Prima predice il fatto, poi il modo. Non è dopo la crocifissione, ma quando lo portano alla croce che Pietro è condotto dove non vorrebbe; perché una volta crocifisso, non è più condotto dove non vorrebbe, ma al contrario, va dove desidera andare. Egli desiderava essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, ma, se fosse stato possibile, avrebbe voluto entrare nella vita eterna evitando le angosce della morte. E' contro il suo volere che lo costringono a subire queste angosce, mentre è secondo il suo desiderio che ne viene liberato. Egli va alla morte con ripugnanza, e la vince secondo il suo desiderio, e si libera dal timore della morte, talmente naturale che neppure la vecchiaia vale a liberarne Pietro, tanto che di lui dice il Signore: Quando sarai vecchio, verrai portato dove tu non vorresti. Per nostra consolazione il Salvatore stesso volle provare in sé anche questo sentimento, dicendo: Padre, se è possibile passi da me questo calice (Mt 26, 39), lui che era venuto proprio per morire, e per il quale la morte non era una necessità, ma un atto della sua volontà, e in suo potere era dare la sua vita e riprenderla di nuovo. Ma per quanto grande sia l'orrore per la morte, deve essere vinto dalla forza dell'amore verso colui che, essendo la nostra vita, ha voluto sopportare per noi anche la morte. Del resto, se la morte non comportasse alcun orrore, non sarebbe grande, com'è, la gloria dei martiri. Se il buon pastore, che offrì la sua vita per le sue pecore (cf. Gv 10, 18 11), ha potuto suscitare per sé tanti martiri da queste medesime pecore, con quanto maggiore ardore devono lottare per la verità fino alla morte, e fino a versare il proprio sangue combattendo contro il peccato, coloro ai quali il Signore affidò le sue pecore da pascere, cioè da formare e da guidare? E, di fronte all'esempio della sua passione, chi non vede che i pastori debbono stringersi maggiormente al Pastore e imitarlo, proprio perché già tante pecore hanno seguito l'esempio di lui, cioè dell'unico Pastore sotto il quale non c'è che un solo gregge, e nel quale anche i pastori sono pecore? Egli ha fatto sue pecore tutti coloro per i quali accettò di patire, e al fine di patire per tutti si è fatto egli stesso pecora.Sant'Agostino, Dall'omelia n.123, paragrafo5 (Commento al Vangelo secondo Giovanni)