#Fase2: la prudenza del Papa e il dibattito tra i cattolici



Rischiamo ancora una volta, anche tra cattolici, di dividerci in fazioni: quella di chi vuole subito poter riprendere a celebrare la Messa (con le dovute attenzioni) e quella di chi ritiene troppo pericolo riprendere subito a celebrarle e inopportuno lo scontro della CEI con il Governo.

Se la reazione immediata infatti, quella capeggiata dalla CEI ha subito espresso il suo sdegno per la decisione di non far celebrare le Messe neanche nella fase2, è stata di quasi unanime condanna, nelle ore e nei giorni seguenti si sono sentite diverse voci ecclesiali, a partire da quella del Papa, più prudenti e dialoganti. Alcune anche a favore della linea espressa del Governo che, nella persona di Conte, ha fatto subito retromarcia annunciando di studiare subito una proposta. 

Lo scrive Avvenire (28 aprile) per il quale già un primo segnale potrebbe arrivare dal 4 maggio, attraverso la possibilità, garantita dall’esecutivo, di celebrare messe all’aperto. Lo anticipano fonti di maggioranza sempre ad Avvenire, aggiungendo che la soluzione, ancorché temporanea, avrebbe il vantaggio – sempre nel rispetto del distanziamento e dell’uso di guanti e mascherine – di non tenere i fedeli in un ambiente chiuso.

Anche La Repubblica (28 aprile) racconta il dietrofront di Conte sulle messe, cominciato domenica sera e pronto a concludersi con l’annuncio: dal 10 maggio potrebbero celebrarsi di nuovo le messe in Italia. All’aperto, dove possibile. Più difficilmente al chiuso, anche se questo dettaglio sarà definito nelle prossime ore. 

Aleteia: "Messe chiuse al pubblico: ecco il documento del Comitato scientifico che ha fatto infuriare i vescovi"


VOCI DISSONANTI:

Iniziamo da quella del Papa che, durante la Messa celebrata ieri a Santa Marta, ha detto:

In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni.

Tra i vescovi si è fatta sentire la voce dissonante del Monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, che invita alla prudenza sulle messe a porte aperte: "Il virus è davvero pericoloso, ho rischiato di morire" (Aleteia).

Il quotidiano La Stampa è andato ad intervistare il teologo e rettore della Chiesa di San Lorenzo di Torino, don Giovanni Ferretti, che afferma: "La Chiesa non ha privilegi nello Stato democratico: giusto vietare la frequentazione delle Messe. Siamo in mezzo ad una pandemia, bisogna tutelare la vita delle persone".
Lo stesso sacerdote aveva scritto su Facebook:

La nota CEI dal titolo "Il disaccordo dei vescovi" mi ha profondamente amareggiato, come cittadino, come cattolico e come prete. Vi si accusa il Governo di "compromettere l'esercizio della libertà di culto" con il Decreto sulla "Fase 2" e si "esige" di poter riprendere le Messe con il popolo. Sia per il tono che per il contenuto mi pare un errore politico e pastorale.
Il tono è perentorio, di chi è sicuro del suo diritto e della evidenza delle proprie ragioni. Proprio in tempi in cui veramente c'è poco di certo sul modo di affrontare la pandemia e le restrizioni riguardano non solo un aspetto della libertà di culto ( la Chiesa può continuare a diffondere per TV e nei media tutte le celebrazioni possibili...) ma la libertà di spostarsi, di riunirsi, di insegnare nelle scuole, di andare a teatro a a un concerto, di fare sport. ecc. Perché esigere eccezioni o privilegi e non accettare di dover contribuire con tutti a superare l'epidemia, condividendo la situazione comune della nostra gente?
Quanto al contenuto, mi chiedo: veramente abbiamo come Chiesa italiana un comitato tecnico-scientifico che ci dia valutazioni migliori di quello governativo? E' nostra competenza una tale valutazione? D'altro lato, siamo veramente in grado oggi di assicurare nelle Messe con il popolo, che non vi sarà pericolo di contagio per i fedeli? Sapremo sanificare bene le chiese come richiesto alle fabbriche e ai negozi, con controlli delle ASL e relative sanzioni? Metteremo alle porte delle chiese il controllo della temperatura della gente, un puntuale conteggio del numero contingentato degli ingressi, lasciando fuori gli altri? Sapremo obbligare la gente a tenere in chiesa le distanze richieste, a portare le mascherine, con un servizio d'ordine che faccia uscire chi non si adegua? E il prete celebrerà con la mascherina e lascerà cadere l'ostia dall'alto sulle mani dei fedeli? Che Messe con il popolo sarebbero mai queste?

Una libertà senza responsabilità, lo abbiamo sempre predicato, non è vera libertà. Tanto più quando in gioco c'è la vita delle persone.

Anche don Cristiano Mauro ha espresso, sul sito La Bottega del Vasaio, la sua contrarietà rispetto alla presa di posizione della CEI e scrive: "Non ne avevamo bisogno. I miei pensieri sullo scontro CEI-Governo". Il blog Pietre Vive lo rilancia accompagnandolo con le vignette critiche di Gioba (don Giovanni Berti):


Anche Fr. Michael Davide Semeraro ha scritto su Facebook:
Lettera a un Vescovo
Mattino del 27 Aprile 2020
Carissimo Vescovo,
permettimi di condividere con te la riflessione di questa mattina. Penso alla reazione forte della CEI alladichiarazione del Presidente del Consiglio circa la famigerata "fase 2". Se ho capito bene, si invoca la "libertà diculto" per reagire alla delusione del mantenimento delle restrizioni circa le celebrazioni liturgiche con la solaeccezione per i funerali. Non ritengo assolutamente di conoscere l'insieme della questione e non penso di avere nésoluzioni da proporre, né approcci più saggi di quello di chi è costituito in autorità nella Chiesa. Ma condivido con tequesta suggestione che mi è salita dal cuore passando dalle “ultime notizie” all'angolo della mia cella in cui mi dedico alla Lectio divina:
Libertà di culto o libertà nel culto?
Proprio in forza del Vangelo e del mistero pasquale di Cristo Signore, ciò che ci caratterizza non è solo la libertà di culto, ma anche la libertà da un certo culto, che permette di maturare un bene cristiano prezioso: una libertà nel culto. Se con le altre religioni condividiamo la giusta rivendicazione della libertà di culto per tutti, precipuo di ciò che il Cristo ci ha "guadagnato" è che la nostra pratica di fede non si identifica con il culto. In alcuni momenti, il culto si può trascendere, senza venir meno alla fedeltà discepolare.
Un miracolo che era avvenuto fin qui era la serena alleanza tra la Chiesa, lo Stato e persino la scienza. Gliunici che si sono opposti a questa serena assunzione di responsabilità sono stati i tradizionalisti e quei politicistigmatizzati da papa Francesco in Gaudete et Exsultate 102. Taluni invocano la "religio" e la "christianitas", ma così poco conoscono del profumo sottile e sempre eccedente del Vangelo di Cristo.
Mi auguro vivamente che i vescovi del nostro Paese non prestino oltre il fianco alla tentazione, in nome delculto, di perdere un appuntamento storico per rimettere al primo posto il Vangelo. Anche quando i sacramenti nonpossono essere celebrati, il Vangelo è sufficiente come sorgente di comunione tra i discepoli e di carità verso tutti.
Spero tanto che la nostra Chiesa in Italia non ceda alla tentazione di passare dalla testimonianza appassionata, serena e creativa ad una denuncia di non riconoscimento del "diritto di culto" assumendo la postura di "perseguitata". Questo rischia di rendere vano il grande guadagno di queste settimane difficili in cui siamo stati capaci di vivere inregime di alleanza nella consapevolezza che nessuno sa bene come comportarsi per evitare il peggio e cercare ilmeglio. Non penso che si possa accusare il Governo in carica della colpa di "incertezza", quando la situazione non permette di capire l'evoluzione della pandemia.
Sarebbe un peccato passare dall'accompagnamento dei fedeli a vivere serenamente le restrizioni imposte, alanciarsi in una "crociata" sul diritto alla "libertà di culto". Sinceramente, penso non si possa nemmeno minimamente immaginare che il nostro Governo attuale voglia calpestare la libertà di culto proprio mentre persino i nostri fratelli musulmani, nel tempo sacro del Ramadan, hanno serenamente accettato di viverlo in modo diverso.Forse è più vero che le forze politiche potrebbero approfittare di questa crepa che si è creata nelle ultime ore per farrientrare alcune pressioni tanto "cattoliche" quanto poco "evangeliche". Penso in particolare al senso ampio della vita di fede e l'attenzione ai più poveri.
Come discepoli del Risorto possiamo andare al Tempio come facevano i primi cristiani e "spezzare il pane"a casa. Se questo non è possibile o diventa troppo pericoloso o semplicemente incerto abbiamo sempre le nostre“serene catacombe” dove con fiducia attendiamo tempi migliori senza inutili agitazioni. Il Cristo Signore ci dona,con le sue parole e i suoi gesti, di vivere il culto senza identificarci con il culto.
Il dialogo magnifico tra il Signore Gesù e la Samaritana può esserci di guida, di luce, di pace.
Vedo il rischio di sprecare ciò che siamo stati capaci di recuperare stupendamente in queste settimane prestando il fianco a posizioni che difendendo la religione, in realtà, hanno a cuore la preservazione di un mondo di privilegi e di egoismi. La nostra fede in Cristo ci spinge piuttosto ad una rinuncia unilaterale ai nostridiritti per portare insieme agli ultimi i di doveri condivisi per rendere più prossimo il Regno di Dio. Se anchefossimo gli ultimi tra gli ultimi a ritrovare la possibilità di radunarsi nelle nostre chiese, potremmo portarlo con grazia e perfino con eleganza.
Quando parla un Vescovo si esprime il Collegio dei vescovi, successori degli apostoli. Quando si parla ad un Vescovo, ci si rivolge al Collegio dei vescovi, successori degli apostoli. E' quello che sto facendo all'alba di questogiorno nel tempo che dedico abitualmente alla Lectio divina: attraverso di te chiedo ai Vescovi della Chiesa che è inItalia di non rendere vana la libertà che Cristo ci ha conquistato con la sua morte in croce. Di questo misterol'Eucaristia è memoria irrinunciabile. Eppure, la nostra vita di battezzati - anche senza Eucaristia - è incarnazionenella realtà che rimane più grande di ogni idea dogmatica e di pratica anche cultuale.
In ultimo, mi sento di rammentare che sempre si debba vigilare nel purificare ogni presa di posizione sugli ideali e i principi, dalla nostra paura di aprirci all'inedito e al nuovo accettando anche di rinunciare alla nostra influenza e, persino, al nostro potere religioso. Ti chiedo scusa di importunarti così presto al mattino espero tu possa accogliere la confidenza di un monaco che spera di morire cristiano.
Ti chiedo di benedirmi e di correggermi se ti sembra necessario.
fr Michael Davide
Ho trovato interessanti anche le riflessioni di un altro giovane parroco romano (sempre su Facebook), p. Salvatore Cipolla:
“In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al SUO POPOLO, a TUTTI NOI, la grazia della PRUDENZA e della OBBEDIENZA alle disposizioni, perché la pandemia non torni” (Papa Francesco, 28.4.2020).
Mi hanno molto rasserenato queste sue parole. Perchè non vi nascondo che mi sta disgustando vedere sui social come noi Cattolici, in queste ore, stiamo tirando fuori il peggio di noi stessi! Vescovi, preti e laici stanno combattendo una vera e propria guerra di religione. Io stesso, preso dal momento caldo che stiamo vivendo, più che Pastore ho indossato i panni del tifoso! E di fronte al comunicato della Cei non ho esitato a urlare: Bene.. finalmente.. non se ne può più!! Ma poi, riflettendoci sopra, ho fatto l'unica cosa che in cui riesco bene! Ho pregato! Sono due giorni che prego e medito e mi dico: Ha ragione il Papa! Bisogna essere prudentiI E non correre il rischio di vanificare due mesi di sacrifici e di chiusure. In alcune regioni ci sono nuovi contagi. Se riprendono a salire i contagi rimarremo di nuovo chiusi per altri mesi. Mi domando se sia meglio insistere per la riapertura delle chiese, o se sia meglio avere pazienza ancora qualche settimana, per poi ripartire bene. Me lo domando...
Io non so quale sia la decisione migliore. Il mio invito è: PREGHIAMO TANTO E DI PIÙ, preghiamo per i nostri Governanti e per i nostri Vescovi che siano illuminati a scegliere la cosa migliore.
E fidiamoci/affidiamoci alle loro decisioni.
Non sono due settimane in più di chiusura delle Chiese, a far venir meno la fede nel nostro cuore. Offriamo al Signore il nostro dolore di non poterci trovare insieme fisicamente. Coltiviamo la comunione spirituale. Preghiamo per chi deve decidere. Non facciamoci mancare la Lectio divina, la Messa attraverso i media, la preghiera in casa. Quando si riaprirà, la nostra fede sarà ancora più forte.
Affidiamo ogni decisione alle mani di Maria Santissima e viviamo con fiducia gli eventi, sapendo che la fede nel cuore non si spegne per una settimana di chiusura in più, e che ci ritroveremo a celebrarla e a viverla anche comunitariamente.
Vi benedico
Adista ha ospitato il pensiero, molto critico, di "Noi siamo chiesa" dal titolo: "L’intervento  della Conferenza Episcopale contro il governo è arrogante. La pandemia deve essere invece l’occasione per ripensare le forme della vita cristiana".

VOCI DI SDEGNO, solidali (questa volta) con la CEI:

Ancora una volta capeggiate da Costanza Miriano e da La Nuova Bussola Quotidiana, le voci di coloro che vogliono la Messa subito non vogliono comunque contrastare con le norme di sicurezza che vorrebbero rispettare, ma chiedono che si rispetti anche la libertà di culto.

Proprio a difesa di essa si erge la voce del teologo Pino Lorizio su Avvenire: "Sovranismi, fede, salute d'anima e corpo. Mai più l'incubo del Leviatano".

Avvenire è. ovviamente, dalla parte dei vescovi. Così il suo Direttore, Marco Tarquinio, che usa ora toni più concilianti: "Covid, responsabilità e libertà di culto. Errore serio ma riparabile":

Intendo ripetere semplicemente qui le parole di commento alle dichiarazioni del premier Giuseppe Conte sulla nuova e complessa fase di «convivenza col virus» che ho scritto domenica sera sul nostro sito internet per accompagnare il fermo e accorato (non adirato!) «disaccordo» espresso dai vescovi italiani per il rinvio a data da destinarsi della questione di una pur sacrificata ripresa della vita sacramentale dei credenti. Lo faccio per chi non le ha lette online o le ha lette in fretta e magari le ha salutate come una finalmente aspra "rivendicazione".
Ma ripeto quelle parole anche per chi le ha qualificate come richiesta avventata e irriflessiva di garantire, a pandemia ancora in corso, un privilegio ingiusto per la Chiesa cattolica. Eccole. La cautela e le raccomandazioni con le quali il presidente del Consiglio ha annunciato il graduale ingresso dell’Italia nella cosiddetta Fase 2 dell’emergenza sanitaria da coronavirus sono comprensibili e lodevoli. Anche se si vede la luce, non siamo affatto fuori dal tunnel della pandemia. Ed è giusta e necessaria la fedeltà all’alleanza tra scienza e politica che all’inizio della crisi avevamo auspicato dalla prima pagina di 'Avvenire' in un editoriale affidato alla penna di un grande medico e nostro collaboratore, il professor Walter Ricciardi.
C’è bisogno di competenza e di calibrata fermezza per vincere la sfida rappresentata dal Covid-19. Ma sconcerta, preoccupa e ferisce l’orientamento – maturato, come ha sottolineato lo stesso premier, nel confronto finale tra autorità di governo e 'tecnici' – a negare ancora, per settimane e forse mesi, ai credenti la possibilità di partecipare, naturalmente secondo rigorose regole di sicurezza, a funzioni religiose diverse dai funerali (gli unici finalmente consentiti). È un errore molto grave. Non si può pensare di affrontare una generale 'ripartenza' che si annuncia delicatissima rinunciando inspiegabilmente a valorizzare la generosa responsabilità con cui i cattolici italiani – come i fedeli di altre confessioni cristiane e di altre religioni – hanno accettato rinunce e sacrifici e, dunque, senza dare risposta a legittime, sentite e del tutto ragionevoli attese della nostra gente.
Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, poco a poco si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no. Fin qui le parole già dette. Poi sono venuti nella notte di domenica e ieri accenti nuovi e diversi sulla questione dal premier e da molte e autorevoli voci politiche e di governo. Gli errori si possono fare e si possono riparare. Dimostrarlo, nel tempo lungo della corresponsabilità che ci sta davanti, darà più forza e più serenità a tutti.
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Anche Andrea Riccardi esprime disappunto rispetto alle decisioni del Governo: sul Corriere della Sera scrive: "Le limitazioni tolgono riferimenti a tutto il Paese":

La giusta preoccupazione per la sicurezza sanitaria non può trascurare le esigenze spirituali. L'ha notato ieri il rabbino Di Segni: «II governo non dovrebbe trascurare le esigenze spirituali delle collettività religiose, ciascuna con le sue specificità».
Il decreto del presidente del Consiglio dell'altro ieri invece aveva ripreso la linea del comitato tecnico-scientifico. Ci si è chiesti subito se tale decisione non contrasse il dettame concordatario e la Costituzione, per cui lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Lo Stato può dire quante persone entrino nello spazio di una chiesa, quali siano le precauzioni, ma non ha diritto di decidere se si possano tenere atti di culto o stare in silenzio. Lo Stato esige dalla Chiesa di vigilare. Sanziona gli irresponsabili, ma non decide in un ordine non suo. Altrimenti, oltre al serio vulnus giuridico, si crea una centralizzazione che blocca la ripresa della società, bisognosa di autonomia responsabile e di energie ricostruttive.
Nonostante le garanzie costituzionali e concordatarie, la Chiesa sembrava trattata peggio di una categoria commerciale: certo non come un servizio essenziale. Con la Chiesa, le altre religioni: l'islam in tempo di Ramadan e gli ebrei, per la cui preghiera è d'obbligo il minian, dieci ebrei maschi presenti. La decisione del governo crea un precedente pericoloso per la libertà religiosa.
La Cei ha reagito con fermezza: «La Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale... I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto». Ieri sera Conte ha assunto la responsabilità politica di dirsi disponibile a un protocollo per far partecipare tutti i fedeli alle messe. La base dei fedeli e il clero non hanno accolto bene le limitazioni. I leader sovranisti hanno subito cavalcato il malumore, facendosi sostenitori della messa e cercando di delegittimare i vescovi. Il nazional-cattolicesimo non è da sottovalutare. L'hanno colto Zingaretti e il Pd che ieri hanno chiesto la modifica delle prescrizioni.
E poi - diciamo la verità -, agli italiani è stato tolto molto fino ad oggi e molto sarà chiesto in una fase ricostruttiva. Non si possono togliere i riferimenti religiosi, compagnia secolare di tanti credenti di vario sentire o anche non credenti.
Le motivazioni (religiose e non) sono un propulsore decisivo per la ripresa del Paese.


ANCORA:

No ai fedeli a Messa, pregiudizio senza scienza

Sul divieto di Messa con popolo, il Comitato Tecnico Scientifico - ormai trasformatosi in Comitato di Salute Pubblica - dimostra di non avere idea di cosa sono le chiese e di come affluiscono i fedeli, mostrando un'intolleranza che non ha nulla di scientifico.

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