La Chiesa ecologica di papa Francesco e il Sinodo per l'Amazzonia


Le frange conservatrici della Chiesa hanno subito gridato al pericolo per la svolta ecologista di papa Francesco e per i possibili esiti del Sinodo per l'Amazzonia che si sta svolgendo in questi giorni. 

Sono già emersi temi scottanti come il diaconato femminile e l'ordinazione di uomini sposati e c'è chi si chiede se parlare di ecologia anzichè di Gesù Cristo non sia un segno di una Chiesa che sta perdendo il senso della sua esistenza. Ecco alcune riflessioni raccolte sul web. A cominciare da una scheda sintetica offerta da Avvenire, per passare ad un interessante editoriale dell'Osservatore Romano ("Se la Chiesa restasse muta") in cui Lucio Brunelli prova a rispondere alla domanda: "Perché un papa dovrebbe occuparsi di cambiamenti climatici e biodiversità, di plastica e Amazzonia?". Segue una riflessione di Enzo Bianchi pubblicata su La Repubblica del 28 settembre ("Frate sole, sorella luna perdonateci") e una di don Mauro Leonardi per AGI ("Cosa significa per la Chiesa il Sinodo dell'Amazzonia"). Concludo con il resoconto di Marco Tosatti di un Convegno "anti-sinodo" che ha raccolto gli interventi di diversi personaggi critici nei confronti di Papa Francesco (a partire dallo stesso Tosatti): "Il Convegno dell'IPCO a Roma. La voce vera del Brasile" (vedi anche l'articolo di Rusconi: "Convegno TFP: Amazzonia, il rischio di un Sinodo surreale").

1/Avvenire: Il Sinodo per l'Amazzonia, le cose da sapere
Con la Messa presieduta dal Papa nella Basilica Vaticana, domenica 6 ottobre alle 10 si apre il Sinodo per l’Amazzonia. O per dirla in modo più corretto, viene inaugurata l’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi che si concluderà il 27 ottobre. Tema dei lavori: “Amazzonia: Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”.

Cos’è il Sinodo?Il Sinodo dei vescovi è stato istituto da san Paolo VI il 15 settembre 1965 con il motu proprio “Apostolica sollicitudo”. È nato nel contesto del Concilio Vaticano II che, con la Costituzione dogmatica “Lumen gentium” (21 novembre 1964), si era ampiamente concentrato sulla dottrina dell’episcopato, sollecitando un maggior coinvolgimento dei vescovi nelle questioni che interessano la Chiesa universale. Scopo dei lavori è infatti discutere collegialmente, sotto la presidenza del Papa, temi di primaria importanza che riguardano la vita della Chiesa. Il Sinodo si riunisce in diversi tipi di Assemblea: in Assemblea generale ordinaria, per le materie che riguardano il bene della Chiesa universale; in Assemblea generale straordinaria, per questioni di urgente considerazione; in Assemblea speciale, per temi che toccano maggiormente una o più regioni determinate. Al Pontefice compete, inoltre, convocare un’Assemblea sinodale secondo altre modalità da lui stabilite.

Perché un Sinodo sull’Amazzonia?
Lo ha spiegato direttamente il Papa, nel giorno in cui lo ha indetto, il 15 ottobre 2017. L’obiettivo principale – spiegò allora Francesco – è “trovare nuove vie per l’evangelizzazione di quella porzione del popolo di Dio, in particolare le persone indigene, spesso dimenticate e senza la prospettiva di un futuro sereno, anche a causa della crisi della foresta amazzonica, polmone di fondamentale importanza per il nostro pianeta”. Vuol dire che il primo scopo è far conoscere il vero volto di Gesù a popoli e realtà spesso dimenticati, testimoniando che il Vangelo può essere vissuto pienamente nel rispetto delle culture locali. Scrive il documento preparatorio del Sinodo (n. 12): l’assemblea speciale per l’Amazzonia "è chiamata a individuare nuovi cammini per far crescere il volto amazzonico della Chiesa e anche per rispondere alle situazioni di ingiustizia della regione”.

Il Sinodo parlerà solo alle popolazioni amazzoniche?
Anche se i lavori vertono sull’Amazzonia, i temi che verranno affrontati, dall’annuncio del Vangelo all’attenzione verso gli ultimi, dalle nuove frontiere della pastorale al rispetto del Creato, riguardano la Chiesa universale. E l’intera famiglia umana.

Quando parliamo di Amazzonia cosa intendiamo?
Un territorio che si estende per 7,8 milioni di kmq in Sud America. La sua superficie occupa parte di ben nove Paesi: Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese. Di questa immensa distesa le foreste coprono circa 5,3 milioni di kmq, pari a oltre un terzo di quelle presenti sulla terra. Polmone verde per eccellenza del pianeta, serbatoio di ossigeno che fa respirare l’intera umanità, l’Amazzonia è anche una delle più grandi riserve di biodiversità e da sola contiene il 20% di acqua dolce non congelata delle terra.

Chi vi abita?
Si calcola che gli abitanti dell’Amazzonia ammontino a circa 34 milioni di persone di cui oltre tre milioni di indigeni, appartenenti a più di 390 gruppi etnici. Si tratta di popoli dalle culture più diverse, alcuni di discendenza africana, ma anche contadini, coloni, tutti comunque in una relazione vitale con la foresta e le acque dei fiumi. Secondo le ultime statistiche tuttavia aumenta anche la popolazione delle città. Si calcola che oggi tra il 70 e l’80% delle persone (circa 34 milioni) risiedano nelle città, molte delle quali non dispongono delle infrastrutture e delle risorse pubbliche necessarie per soddisfare le necessità della vita urbana.

Chi partecipa al Sinodo?
I cosiddetti padri sinodali, cioè i partecipanti ai lavori con diritto di voto sono 184 di cui 113 appartengono alle diocesi in cui sono suddivise le regioni amazzoniche. 13 sono invece i capi dicasteri della Curia Romana. Partecipano ai lavori anche 6 delegati fraterni e 12 invitati speciali. A completare l’elenco 25 esperti, 55 tra uditori e uditrici e 17 rappresentanti di popoli ed etnie indigene.

È vero che sarà un Sinodo verde, green?
È uno degli obiettivi di questa Assemblea dei vescovi. Oltre a promuovere iniziative direttamente collegate al rispetto dell’ambiente, le iscrizioni sono state on-line in modo da risparmiare sulla carta stampata e sulle spese postali. In più durante l’assise saranno usati bicchieri in materiale biodegradabile e borse di lavoro in fibra naturale.

Su cosa lavoreranno i padri sinodali?
Punto di partenza della discussione è l’Instrumentum laboris, documento che raccoglie le principali domande, i problemi, le proposte che arrivano dalle popolazioni dell’Amazzonia. Si compone di tre parti: la prima intitolata “La voce dell’Amazzonia” ha lo scopo di presentare la realtà del territorio e dei suoi popoli. Nella seconda parte, “Ecologia integrale: il grido della terra e dei poveri”, si raccoglie la problematica ecologica e pastorale. Infine nella terza parte, “Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranze”, viene affrontata la problematica ecclesiologica e pastorale.

Fa discutere il tema dei “viri probati”. Chi sono?

In realtà nell’Instrumentum laboris il termine non compare. Non c’è dubbio però che la mancanza di ministri ordinati sia una delle emergenze pastorali dell’Amazzonia. Per questo il documento base del Sinodo al numero 129 recita: “Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana”. Ma si tratta solo di un accenno al problema.

Come si svolgono i lavori del Sinodo?Sono previste sessioni, dette Congregazioni generali cui partecipano tutti i padri sinodali. Ad aprire i lavori, la relazione detta “ante disceptationem” preparata dal relatore generale, in questo caso il cardinale brasiliano Claudio Hummes. In pratica nella prima fase dell’assemblea ciascun membro presenta agli altri la situazione della sua Chiesa particolare. Alla luce di queste testimonianze il relatore generale evidenzia in una nuova relazione i temi che dovranno essere dibattuti durante la seconda fase, quando tutti i membri del Sinodo si dividono in gruppi chiamati Circoli Minori. Questi ultimi hanno il compito di formulare suggerimenti e osservazioni, da tradurre in espressioni concrete, le proposizioni, destinate a essere votate. La Lista finale delle proposizioni viene quindi presentata in sessione plenaria e sottomessa al voto di ciascun padre sinodale, che può decidere in favore o contro.
Come seguire i lavori del Sinodo per l'Amazzonia?Fino al 27 ottobre è possibile seguire quotidianamente sulle pagine del quotidiano Avvenire e sul sito online Avvenire.it approfondimenti e interviste che metteranno in luce i temi del Sinodo dedicato alle terre e ai popoli della grande foresta sudamericana.
Anche gli media della Conferenza episcopale, da Radio InBlu all'agenzia Sir fino a Tv2000, daranno spazio con interviste e servizi a quelli che saranno i temi al centro dell'assemblea dei vescovi. Anche Vatican News offrirà copertura dell'evento sinodale, attraverso video e articoli.
Inoltre, in occasione dell'apertura del Sinodo sull'Amazzonia, convocato da papa Francesco dal 6 al 27 ottobre, A sua immagine, domenica 6 ottobre alle 11.30 su Rai1, dedica una puntata speciale all'evento. Perché un Sinodo sull'Amazzonia? Chi parteciperà e come si svolgerà? E ancora, che tipo di terra è l'Amazzonia e perché riguarda tutti? Questi e molti altri i temi che verranno affrontati nel corso della puntata.
2/ L'Osservatore Romano: "Se la Chiesa restasse muta. I Papi e l'ambiente" 
Perché un papa dovrebbe occuparsi di cambiamenti climatici e biodiversità, di plastica e Amazzonia? Non dovrebbe, un papa, parlarci solo di Dio e lasciare queste materie agli esperti? Basta farsi un giro sui social per scoprire quanto diffusa sia questa obiezione, a volte espressa in modo grossolano altre volte in modo più scaltro e sottile. È curioso che un papa come Francesco — che si alza ogni mattina quando è ancora buio per pregare, come un monaco, e la prima cosa che ti chiede, sempre, è di pregare per lui — sia rappresentato da alcuni suoi denigratori come un papa secolarista, poco dedito al suo vero mestiere, di uomo di Dio, per rincorrere temi profani. Che sia malafede, ignoranza o preoccupazione sincera, resta la domanda iniziale. Mai un papa aveva dedicato un’intera enciclica alla salvaguardia del creato, mai era stato convocato un sinodo mondiale dei vescovi sull’Amazzonia. Che pertinenza hanno questi temi con la conferma e la testimonianza della fede cattolica in cui consiste la missione del successore dell’apostolo Pietro?
Alla fine dell’Ottocento un altro papa, Leone XIII, pubblicò la Rerum novarum, un’enciclica sulla “questione operaia”. Nessun pontefice prima di lui aveva dedicato a questo argomento, non religioso ma socioeconomico, un solenne documento magisteriale. Correva l’anno 1891, era trascorso quasi mezzo secolo dalla pubblicazione del Manifesto di Marx ed Engels. La seconda rivoluzione industriale stava cambiando il volto dell’Europa: il mondo contadino scandito dai ritmi della natura e dai rintocchi del campanile iniziava a sfaldarsi, nasceva la fabbrica, il lavoro operaio, un movimento socialista ateo e anticlericale, le città brulicavano di nuovi arrivati sradicati dalla campagna, nuove opportunità e nuove spaventose ingiustizie. Scrisse George Bernanos: «La famosa enciclica di Leone XIII, voi la leggete tranquillamente, coll’orlo delle ciglia, come una qualunque pastorale di quaresima. Alla sua epoca, piccolo mio, ci è parso di sentirci tremare la terra sotto i piedi». Forse sarà suonato strano ad alcuni cattolici del tempo leggere su un’enciclica — ovvero un atto così solenne di magistero — ragionamenti competenti e accorati sulla necessità di stabilire un minimo salariale, un tetto nell’orario di lavoro e condizioni più degne nell’impiego dei fanciulli. Tutte cose che a noi oggi appaiono scontate (o quasi) ma nel 1891 un padrone poteva far lavorare nella sua fabbrica, legalmente, bambini di 10 anni. Leone XIII non era certo un rivoluzionario, ma il solo chiedere l’intervento dello stato per assicurare una soglia così minima di diritti per i lavoratori gli costò l’accusa di “papa socialista”. Non solo dai giornalacci della destra come La Riforma di Francesco Crispi ma anche dal Corriere della sera che vide nelle caute richieste del papa una pericolosa violazione dei sacri principi del laissez-faire economico: «vediamo l’inutilità, i pericoli o i danni della soverchia ingerenza dello stato, soprattutto nella determinazione della giornata di lavoro». Figurarsi. Bisognerà attendere oltre vent’anni, dopo la Rerum novarum, una legge che fisserà in otto ore il limite massimo di una giornata lavorativa.
Ma perché un papa doveva occuparsi di salari e orari di lavoro? Non avrebbe dovuto Leone XIII parlarci solo di cose altamente spirituali lasciando la questione operaia — de conditione opificum — alla sola competenza di imprenditori, economisti e sindacalisti? Se la Chiesa non avesse parlato oggi staremmo qui a puntare il dito sui silenzi della Chiesa di fronte a quell’inedito e sconvolgente fenomeno sociale che invece papa Pecci descrisse con parole coraggiose e veritiere: «un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile». Se la Chiesa non avesse parlato non sarebbero sorte, in Italia e in tutto il mondo, società di mutuo soccorso, cooperative, banche rurali, che non furono la panacea ma in molte parti del paese portarono un miglioramento vero delle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie. Qualcuno si convertì alla fede in Cristo, unico Salvatore, grazie alle parole di quell’anziano papa? Non lo sappiamo. La conversione è un mistero, un dono che si comunica di solito attraverso incontri personali non per atti di magistero. Ma certo le parole del papa e quello che ne seguì furono anche una testimonianza: dell’umanità del cristianesimo, di un Dio che in Gesù si muove a compassione degli uomini, soprattutto dei più miseri.
La salvaguardia del creato può apparire oggi questione molto meno drammatica e più “salottiera” rispetto a quella che fu nel XIX secolo la questione operaia. Ma gli effetti delle devastazioni ambientali e dei cambiamenti climatici sconvolgono già la vita di milioni di persone nel pianeta e sicuramente le conseguenze peggiori — se nulla si farà per impedirlo — ricadranno sui nostri figli e sui figli dei nostri figli. Si stima che entro il 2050 i migranti climatici — popolazioni costrette a lasciare i loro territori a causa degli scombussolamenti climatici — saranno 200 milioni: si potranno chiudere tutti i porti del mondo ma sarà difficile controllarne i movimenti e considerarsi sicuri a casa nostra. Ma anche a prescindere dall’effetto serra l’inquinamento ambientale sta toccando punti inquietanti: uno studio della University of Victoria (Canada) stima che ogni essere umano ingerisca da 39.000 a 52.000 particelle di plastica (microplastiche) l’anno, e certo non è un bene per la nostra salute. Sì, lo sappiamo, c’è una parte (minoritaria in realtà) di scienziati che non crede alle teorie più catastrofiste. Una parte dell’opinione pubblica, in genere di umore politico conservatore, gli va dietro e si fa beffe non appena arriva una giornata di gelo, di chi porta avanti le tesi del riscaldamento globale. Giusto tenere conto delle differenze, evitare fondamentalismi verdi, ma chiudere gli occhi davanti alla realtà non è più possibile. Scrive papa Francesco nella Laudato si’: «Su molte questioni concrete la Chiesa non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto fra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione. Basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune (...) Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli». Qualcuno ha dubbi?
Certo, può fare un certo effetto leggere in un testo ufficiale del magistero riferimenti all’uso nocivo dei condizionatori. Quasi che il parlare così concretamente sia da considerarsi un abbassamento della sacralità della figura del vicario di Cristo, una banalizzazione del suo messaggio, e non invece virtù del parlar chiaro. Giovanni Paolo II non si vergognò di entrare nel dettaglio sulle cause umane dei nuovi preoccupanti fenomeni climatici: «Il graduale esaurimento dello strato di ozono e l’effetto serra hanno ormai raggiunto dimensioni critiche a causa della crescente diffusione delle industrie, delle grandi concentrazioni urbane e dei consumi energetici. Scarichi industriali, gas prodotti dalla combustione di carburanti fossili, incontrollata deforestazione, uso di alcuni tipi di diserbanti, refrigeranti e propellenti: tutto ciò — com’è noto — nuoce all’atmosfera ed all’ambiente. Ne sono derivati molteplici cambiamenti meteorologici ed atmosferici, i cui effetti vanno dai danni alla salute alla possibile futura sommersione delle terre basse» (Messaggio per la Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 1990).
E vorrà pur dire qualcosa se Benedetto XVI in uno dei suoi discorsi più personali e pensati — nell’aula del parlamento federale tedesco — fece a sorpresa l’elogio dei verdi, movimento distantissimo dalla sua visione di Chiesa su altri temi morali, come l’aborto: «La comparsa del movimento ecologico nella politica tedesca a partire dagli anni Settanta, pur non avendo forse spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all’aria fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si intravede troppa irrazionalità. Persone giovani si erano rese conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni» (Berlino, 22 settembre 2011).
Su questi temi gli ultimi papi non hanno solo valorizzato pensieri altrui. Hanno portato un contributo originale, dettato dalla sensibilità cattolica e apprezzato dalle menti più libere del movimento ambientalista, anche di cultura laica e agnostica. Hanno aggiunto la categoria di ecologia umana e di ecologia integrale. Non c’è solo una natura del creato da rispettare e salvaguardare, c’è anche una natura dell’uomo da riconoscere e tutelare. L’ordine del creato rimanda a un ordine della natura umana, con le sue esigenze primordiali e le sue ferite originarie, a sua volta rimando a un mistero più grande, quello di Chi quest’ordine ha voluto e amato. Francesco in particolare ha sviluppato il dato delle ricadute sociali degli sconvolgimenti ambientali: sono sempre i più poveri a pagare le conseguenze di una natura violentata, il caso delle migrazioni climatiche e dei popoli di un’Amazzonia depredata dalle multinazionali, drammaticamente insegna.
La questione ambientale come la questione operaia di fine Ottocento. Se la Chiesa restasse muta, dei suoi silenzi un giorno potrebbe essere chiamata a rendere conto, non al tribunale dei media ma a quello della sua coscienza. «I cristiani — scriveva Giovanni Paolo II — avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede». Ancora una volta, si tratta di non far mancare alla società la voce della Chiesa per quello che è: una voce umile, politicamente inerme ma oggettivamente libera da interessi e da schemi ideologici, quindi più libera e più credibile. E insieme alla voce il suo contributo fattivo, perché a differenza della antica questione operaia, la lotta per la salvezza del pianeta richiede non solo azioni politiche collettive (purtroppo oggi molto carenti) ma anche una rivoluzione negli stili di vita individuali. Dalla scelta dei cibi al consumo d’acqua, dalla responsabilità nell’evitare lo spreco al trattamento dei rifiuti. Rivoluzione individuale che esige una educazione, convincente, attrattiva, priva di retorica.
Ma, torna l’obiezione iniziale, si può ridurre a questa “conversione ecologica” la conversione a cui ci chiama il Vangelo? No. Sono realtà e dimensioni distinte e diverse. La conversione cristiana ha delle dinamiche proprie, non nasce da sforzi umani ma dalla grazia di Dio, umanamente nasce da un essere “chiamati, guardati, accarezzati: la carezza di Gesù” e produce una “pace che il mondo non conosce”. Puoi essere il peggiore inquinatore del mondo ed essere avvinto da un incontro che cambia imprevedibilmente direzione e sapore alla tua vita. Ma sicuramente, se la conversione a Cristo è reale, ti ritroverai a non guardare più allo stesso modo il fiume che scorre placido, i fiori sul greto, i pesci dalla livrea argentata e prima ancora i tuoi simili che si nutrono grazie a quell’acqua e godono di quella meraviglia.
di Lucio Brunelli
3/La Repubblica: Enzo Bianchi: "Frate sole e sorella luna, perdonateci"
Da anni amo ripetere che c’è un comandamento non espresso nelle tavole delle dieci parole di Mosè (cf. Es 20,1-21; Dt 5,1-22) ma che si potrebbe dedurre da ognuna di esse, costituendone una sorta di filo rosso: “Ama la terra come te stesso”.
Ai nostri giorni siamo sempre più sensibilizzati sull’urgenza ormai irrinunciabile (anzi, siamo ormai in ritardo!) di un’etica della terra, per i cristiani un’etica della creazione, che affermi la responsabilità umana di fronte all’ambiente, a quella che la tradizione cristiana chiama creazione: un’etica che richiede innanzitutto una coscienza ecologica vigilante e pronta ad assumersi dei doveri riguardanti la custodia e la cura della nostra casa comune. Non si tratta di divinizzare la natura, madre Gea, facendone un mito o una realtà intoccabile; si tratta invece di accogliere e affermare il legame che non può mai essere spezzato tra noi umani e il cosmo. Il cristianesimo è stato sovente accusato di insensibilità alle problematiche ecologiche e di aver interpretato il comando biblico – “Riempite la terra e soggiogatela e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli delle cielo e su ogni vivente che si muove sulla terra” (Gen 1,28) – come sfruttamento senza limiti.
In realtà, nella Bibbia è sempre affermata un’armonia, un rapporto amoroso e nuziale tra umanità e terra. Nel Vangelo, poi, ci viene data la narrazione di Gesù di Nazaret quale “pastore della natura”, in costante relazione con tutte le creature: le spighe di grano, i fiori dei campi, le gemme dei fichi, le vigne, gli uccelli dell’aria… per esse nutre profonda attenzione, rispetto, stupore, traendone esempio insegnamento. La vita di Gesù è una testimonianza di quale dovrebbe essere il nostro rapporto con la natura: non un atteggiamento di consumo bensì di accettazione del dono, non una rapina ma una condivisione, non un’opera di abbrutimento ma di bellezza e di trasfigurazione. Nessun panteismo, nessuna proclamazione che tutto è Dio, ma una visione “pain-in-teista” che sappia scorgere che “Dio è presente in tutto”, in tutta l’umanità e in tutte le cose, come scrive l’Apostolo Paolo
Dodici secoli dopo Gesù, Francesco d’Assisi, il “somigliantissimo a Cristo”, al termine della sua vita terrena seppe innalzare a Dio il famosissimo Cantico delle creature (o Cantico di frate sole). Una lode rivolta a Dio, un poetico rendimento di grazie a lui per tutte le creature, da Francesco riconosciute come fratelli e sorelle: il sole, la luna, le stelle, il vento, l’aria, il cielo, l’acqua, il fuoco, sorella e madre terra, fino addirittura alla lode per “sora nostra morte corporale”. C’è una novità di questo cantico anche rispetto ai cantici biblici che lodavano e benedicevano Dio: Francesco mette in risalto il nesso cosmico della fraternità e della sororità. In un tempo in cui il papa Innocenzo III scriveva un libretto Sul disprezzo del mondo, ribadendo la concezione negativa del mondo della natura, mentre i Catari predicavano che la natura era il sigillo del Demiurgo Malefico, Francesco celebra la bontà del Dio creatore a partire dal mondo materiale. Tutto ciò che esiste è buono: se non fosse buono, Dio non lo avrebbe creato e ogni creatura, animata o inanimata, intelligente o stolta, deve essere rispettata e onorata.
Mi piace soffermarmi almeno su una strofa di questo capolavoro:
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
La terra è chiamata sorella e madre, perché noi umani secondo la Bibbia siamo “terrosi”, tratti dalla terra (’adam dalla ’adamah: cf. Gen 2,7), che è creatura come noi, dunque sorella. Tratti dalla terra, alla terra noi torniamo (cf. Gen 3,19), riaccolti nelle sue viscere. Allora questa terra non può mai essere “mia” o “tua”, ma sempre e soltanto nostra, di tutti noi umani! Fedele discepolo di Gesù, Francesco la canta quale madre che ci dà il cibo come sostentamento, i frutti, ma anche i fiori così gratuiti, che con la loro bellezza vivono accanto o in mezzo alle spighe del grano necessario per il pane. È su questa terra che Francesco, agonizzante, volle essere steso nudo, per morire in contatto e comunione con essa, vivendo così la sua lode anche per sorella morte.
Ai nostri giorni un altro Francesco, il papa, nell’enciclica intitolata Laudato si’ (2015) in omaggio al santo di Assisi, ci consegna un altissimo magistero ecologico, frutto della rivelazione biblica, dell’ascolto delle istanze etiche e sociali più mature e della sua personale sensibilità. Al suo interno parla così dell’autore del Cantico delle creature: “Francesco è l’esempio per eccellenza di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità … Ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature”. Era un vero uomo, dunque capace di vivere su e insieme a questa terra!

Dall’enciclica emerge il “Vangelo della creazione”, la buona e bella notizia che sgorga dalla creazione. Così appare la domanda decisiva per ogni persona e per la comunità umana: noi, responsabili verso nostra madre terra, lasciamo ancora che essa si esprima? Sappiamo fare della nostra vita un’eco della sua bellezza? Se è vero che, come scrive Paolo di Tarso, “nel cosmo nulla è senza voce” (1Cor 14,10), noi sappiamo farci voce di ogni creatura?
4/AGI: don Leonardi: "Cosa significa per la Chiesa il Sinodo dell'Amazzonia"
Il Sinodo dell'Amazzonia iniziato domenica in Vaticano, dice che mai come oggi il cuore della Chiesa palpita assieme al cuore del mondo. Quando scrisse la sua Enciclica Laudato Sì sull'ecologia integrale, cioè sulla cura di quella casa comune che è il mondo, era il 2015 e Greta Thunberg aveva 12 anni. Il Sinodo sull'Amazzonia ha lì le sue radici e verificare che si tiene - per pura coincidenza - nel mezzo degli Fridays For Future e degli "climate strike" merita una riflessione.
Quando il cristianesimo nacque duemila anni fa venne perseguitato fino al IV secolo, ovvero all'Editto di Costantino. Dopo di che, in modi e maniere diverse, divenne per l'Occidente, fino alla Rivoluzione Francese, la guida dell'Occidente. Ovviamente questa mia affermazione avrebbe bisogno di molte sfumature e di molte precisazioni, ma preferisco lasciarla così, nuda e cruda, perché mi sembra più efficace. Con la Rivoluzione Francese il cambiamento fu radicale. A partire dal 1789 la Chiesa, da protagonista della storia divenne l'antagonista della storia: anche qui ci sarebbero tante parole da usare ma credo sia giusto accettare un unico andamento - prima protagonista, poi antagonista - perché questa semplicità rende eloquente l'ultimo atto della Chiesa Cattolica: l'insignificanza.
Forse fa un po' male dirlo ma chiunque di noi può chiudere gli occhi e verificare che, nei suoi ricordi, la Chiesa Cattolica è quell'agenzia morale che viene nominata per le sue battaglie perse: quelle dei cosiddetti valori non negoziabili (ultima quella del suicidio assistito) che la società sommerge tranquillamente come una marea che sale e non si preoccupa delle pietre che rimangono incastrate nella sabbia.
L'arrivo di Papa Francesco consente per la prima volta l'inizio di un altro percorso: non protagonista, non antagonista, non insignificanza ma costruzione armonica con gli altri. Jorge Mario Bergoglio non si permette di mettersi a capo di nulla né contro nulla ma, come accade nelle orchestre jazz, suona il proprio strumento accordandolo al motivo di tutto il gruppo. E per fare questo "sente" la musica che palpita nell'aria.
Con il Sinodo sull'Amazzonia la Chiesa non vuole discutere se cambiare o meno il celibato sacerdotale, questione che riguarda l'infima parte della popolazione mondiale, ma vuole contribuire ad affermare che la questione ecologica riguarda tutti. Non è una questione di terra, di natura, di globo, ma è proprio la questione dell'uomo. La terra siamo "noi". È questione della realtà della nostra vita, quella quotidiana, perché noi siamo quello che mangiamo, che respiriamo e che guardiamo. 
Il Sinodo vuole dire, innanzitutto ai cattolici, che la questione ambientale deve diventare 'mia'. Nei giorni del discorso di Greta all'ONU nel leggere articoli e post di alcuni cattolici, nel sentire discorsi borbottati, mi sono profondamente vergognato. Ne girava uno con scritto in inglese: "milioni di ragazzi scioperano nel mondo per il clima, milioni di genitori vorrebbero che quei ragazzi stessero a casa". Ma come si può dire una cosa così sciocca? Per quale arrogante presunzione un cattolico "benpensante" può pensare che quanto avviene tra le mura di casa sua è il sentire di milioni di genitori del mondo? Conosco tantissimi ragazzi credenti che hanno convintamente partecipato al FFF e che hanno genitori totalmente concordi con loro.
Il Sinodo dell'Amazzonia è in primo luogo questo: un Sinodo sull'ecologia, sull'ambiente, sull'Amazzonia che brucia per avere denaro sporco, come ha detto questa mattina il Papa. O la questione ambientale diventa una mia questione personale oppure ogni discorso sul tema ecologia sarà politico, di una parte o di un'altra. Rispettare la terra è rispettare la casa, la vita, perché non esiste una vita senza una casa. Come non esiste una vita senza un corpo, non c'è vita senza casa. Per questo c'è il Sinodo per l'Amazzonia.
 5/ Tosatti: "Il Convegno dell'IPCO a Roma. La voce vera del Brasile"
Oltre duecento persone hanno partecipato al convegno internazionale “Amazzonia: la posta in gioco”, organizzato dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira (IPCO) e svoltosi a Roma, presso l’Hotel Quirinale, lungo tutto il giorno di sabato 5 ottobre.
L’evento, seguito con molta attenzione e interesse, si è tenuto sotto lo sguardo della Madonna di Guadalupe, Patrona delle Americhe, la cui immagine, presente in sala, ha voluto ricordare che è stata proprio la Madre di Dio, apparendo in Messico all’indio Juan Diego, a confermare la bontà della conquista e della conseguente evangelizzazione del Nuovo Mondo da parte di spagnoli e portoghesi.
La sessione mattutina, che ha visto la presenza del cardinale Raymond Burke, ha dato voce ai brasiliani.
Ha inaugurato i lavori il principe Bertrand de Orleans e Braganza, discendente dell’ultimo imperatore del Brasile. Il principe ha sottolineato che la più grande ricchezza del Paese (chiamato tradizionalmente “Terra della Santa Croce”) risiede nella civiltà nata dal lavoro dei missionari, che hanno saputo creare una vera integrazione, variegata e armoniosa, tra popoli e ceti sociali. Una civiltà, insomma, in cui non esiste lo spirito della lotta di classe, nonostante gli enormi sforzi della sinistra, cattolica e non, per instillarlo.
In seguito ha destato un grande interesse il pacato ma convincente discorso del capo indio amazzonico Jonas Marcolino Macuxì, avvocato e professore di matematica, noto esponente della tesi per cui gli indigeni devono integrarsi nella vita della Nazione e nei suoi sistemi produttivi. Citando il profetico libro “Tribalismo indigeno, ideale comuno-missionario per il Brasile del secolo XXI”, scritto da Plinio Corrêa de Oliveira nel lontano 1977, Marcolino Macuxì ha denunciato l’opera dei nuovi missionari cattolici che negli ultimi decenni hanno lavorato e continuano a lavorare per tenere i popoli nativi in uno stato di arretratezza e ghettizzazione.
Poi ha preso la parola il climatologo prof. Luiz Carlos Molion, dell’Università di Alagoas, uno dei massimi studiosi dell’influenza esercitata dal bioma amazzonico sul clima continentale e globale. Con grande chiarezza, ha smontato completamente la tesi propagandata dai grandi media, da molte ONG e purtroppo anche da buona parte delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche, secondo cui l’Amazzonia sarebbe il polmone del mondo e che certe deforestazioni porterebbero a una sorta di apocalisse climatica.
La mattinata è stata conclusa da James Bascom, dell’IPCO, il quale ha dimostrato che l’ecologismo attuale altro non è che una nuova maschera indossata dal marxismo per portare avanti le sue istanze rivoluzionarie.
Nella sessione pomeridiana, alla presenza del cardinale Walter Brandmüller, gli interventi hanno trattato più specificamente le questioni teologiche oggetto del Sinodo Panamazzonico.
Il Prof. Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân, ha dimostrato in modo brillante che né la teologia india né la teologia della liberazione – alla base dei documenti preparatori del Sinodo – sono invenzioni dell’America Latina, bensì il risultato della filosofia e della teologia immanentiste che, a partire di Hegel, sono poco a poco penetrate nella Chiesa cattolica europea, in modo particolare in quella tedesca.
Il Prof. Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto ha rilevato la differenza radicale tra lo spirito che anima l’Instrumentum Laboris del Sinodo e quello che ha ispirato le missioni cattoliche nelle Americhe.
José Antonio Ureta, dell’IPCO, ha fatto invece una esposizione di tutti quei punti dell’Instrumentum Laboris e dei Lineamenta per il Sinodo che contrastano chiaramente con quanto la Chiesa ha insegnato per duemila anni, invitando il pubblico presente in sala a una legittima resistenza nel caso in cui tali linee guide venissero imposte nella pastorale di tutto l’orbe cattolico.
L’ultimo momento della giornata è stata la proiezione di un audiovisivo sulla carovana di 10.000 kilometri percorsa nella regione amazzonica dai giovani collaboratori dell’IPCO, che hanno raccolto firme per chiedere al Papa e ai padri sinodali di non permettere che l’Amazzonia rimanga nell’arretratezza e di evitare di proporre il modello ideologico tribale come soluzione ai problemi che assediano il mondo contemporaneo.
La conferenza si è chiusa con l’Angelus presieduto dal Cardinale Brandmüller e una Salve Regina cantata a pieni polmoni da tutti i partecipanti, per chiedere alla Madonna di Guadalupe il suo intervento provvidenziale al fine di evitare i mali che il Sinodo potrebbe arrecare alla Chiesa, alla civiltà e all’Amazzonia stessa.
La versione integrale degli interventi dei relatori sarà pubblicata a breve sul Panamazon Synod Watch: https://panamazonsynodwatch.info/it/

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