Sinodo dell'Amazzonia: valutazioni finali


Nel video: in pochi minuti, il racconto per immagini del Sinodo per la Regione Panamazzonica che si è appena concluso. Un Sinodo che consegna al mondo il dolore delle popolazioni indigene e offre nuovi cammini pastorali nel segno della conversione culturale, ecologica e sinodale. "Preghiamo - ha detto Papa Francesco concludendo l'assemblea dei vescovi - per chiedere la grazia di saper ascoltare il grido dei poveri: è il grido di speranza della Chiesa. Facciamo nostro il loro grido, anche la nostra preghiera attraverserà le nubi".


Non si è parlato solo dell'ordinazione sacerdotale di uomini sposati (Diaconi!) o del diaconato femminile e di un possibile rito amazzonico.
Cinque capitoli, più un’introduzione ed una breve conclusione: così si articola il Documento finale dell’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica, diffuso nella serata del 26 ottobre, per volere espresso del Papa. Tra i temi in esame, missione, inculturazione, ecologia integrale, difesa dei popoli indigeni, rito amazzonico, ruolo della donna e nuovi ministeri, soprattutto in zone in cui è difficile l’accesso all’Eucaristia (Vatican News, 26 ottobre).
Ad un articolo di Aleteia, di sintesi del Sinodo, segue poi un articolo di Magister riprende le riflessioni di un missionario salesiano uruguaiano in servizio in Angola e invitato al Sinodo, Martín Lasarte Topolanski, già pubblicate su Asianews, nel quale elenca le dieci cose che gli sono piaciute del Sinodo e le nove che gli sono dispiaciute:
I 10 “mi piace”
1. È stata una grande opportunità per riflettere pastoralmente sull'Amazzonia, sulle grandi sfide di carattere universale.
2. Si è data molta visibilità alla regione, ai suoi problemi ecologici, sociali ed ecclesiali.
3. Il Sinodo ha contribuito a creare una consapevolezza regionale dell'Amazzonia, essendovi molte realtà ecclesiali, separate, non collegate tra loro.
4. Positivo è stato lo sforzo di ascoltare in modo capillare, e di avere iniziato un processo con le comunità amazzoniche. Senza dubbio, la cosa più importante del Sinodo è il processo che esso genererà nella regione.
5. Personalmente, ho potuto imparare molto da diverse Chiese locali: approfondire i problemi, come il traffico di droga, che è davvero preoccupante per il suo potere economico, politico e culturale. E' stato anche bello conoscere "buone pratiche", o esperienze pastorali di diverse chiese locali, così come belle testimonianze di dedizione e servizio…
6. Vi è stata una chiara presa di posizione della Chiesa a favore dell'ecologia integrale (non fondamentalista) e per le popolazioni indigene amazzoniche.
7. Nel corso del Sinodo si è data maggiore importanza al tema delle città, dei giovani, delle migrazioni, qualcosa che era apparso nell' Instrumentum Laboris, ma non con l'ampiezza necessaria. La visione è stata estesa anche alle popolazioni rurali e fluviali, così come alle comunità afro (quilombolas).
 8. Si è fatta più evidente la dimensione Cristo-centrica nella Chiesa e nell’evangelizzazione.
9. Nell'assemblea generale e nei circoli minori, sono stati sollevati molti argomenti di grande interesse e rilevanza (non so fino a che punto essi saranno inclusi nel documento finale):
- Sono state presentate riflessioni approfondite, in particolare da parte di esperti, sulle problematiche ecologiche.
- L'importanza di un'istruzione di qualità per tutti e in particolare per le popolazioni indigene
- Vi è stata una riflessione sui vari processi migratori.
- Sulla cultura, l'interculturalità, l'inculturazione e il Vangelo.
- Sono state evidenziate situazioni disumane di tratta di persone, traffico di droghe, sfruttamento...
- L'importanza della ministerialità di tutta la Chiesa.
- L'importanza del catecumenato e dell'iniziazione cristiana.
- Una Evangelizzazione integrale.
- La formazione del clero e dei laici per la missione.
- La pietà popolare.
- Sulla missionarietà della Chiesa.
- È apparso chiaro che vari "pastori indigeni o altri pastori" non possono andare avanti in modo autosufficiente senza un collegamento con le Chiese locali.
- Si è data più importanza alla pastorale urbana ed - al suo interno - alla pastorale indigena.
10. Mi sono piaciuti molto i tre interventi spontanei del Papa: sì alla cultura (pietà popolare, inculturazione), no a un aboriginalismo; sì alla formazione del clero in modo più pastorale, meno rigido, e ai laici.  Ma no alla clericalizzazione dei laici. Attenzione alle congregazioni religiose che si ritirano in cerca di garanzie, e alla mancanza di passione dei più giovani per la missione. Prestare attenzione al clero latino americano che emigra nel Primo Mondo invece di optare per l'Amazzonia. Ha parlato della necessità di una sovrabbondanza nel Sinodo, che non intende disciplinare il conflitto, né risolvere le cose mettendoci delle pezze. C'è bisogno di una sovrabbondanza missionaria.
I 9 “non mi piace”
1. Energie eccessive dedicate a problemi intra-ecclesiali, in particolare quello dei "viri probati" e delle "diaconesse”. Sarebbe stata un'occasione senza pari per offrire un contributo qualificato e più profondo alla cura della casa comune attraverso un'ecologia integrale basata sull'etica cristiana. Invece il tema dell’ecologia umana è rimasto solo al capitolo V (su 6 capitoli del documento). Il tema dei “viri probati” e del diaconato femminile, in cui non vi era pieno consenso, ha consumato molte forze, sottraendo qualità a tutti gli altri aspetti consensuali. 
2Auto-referenzialità regionale: Il concetto di sinodalità è una questione che si è rivelata molto adattabile secondo le convenienze: sinodalità con coloro che la pensano come me; autonomia e pluralismo con chi la pensa diversamente, come nel caso delle Chiese sorelle di Asia, Europa e Africa. Penso che il tema della sinodalità della Chiesa universale avrebbe dovuto essere più presente per quanto riguarda i ministeri ordinati, perché esso è un tema sensibile ed esistenziale in tutta la Chiesa universale.
3. È mancato un più profondo senso di autocritica ecclesiale. Naturalmente, vi è stato il consueto "mea culpa" sulla colonizzazione e sui limiti della Chiesa, la sua visione antropologica eurocentrica, la limitata coscienza sociale del passato. Ma io mi riferisco alla scarsa incidenza pastorale di questi ultimi 50 anni nelle diverse realtà ecclesiali amazzoniche. Quali sono le cause della sua povertà pastorale e della sua infertilità? A mio avviso, il tema della secolarizzazione, dell’antropologismo culturale, dell’ideologizzazione sociale del ministero pastorale, della mancanza di una testimonianza credibile, coerente e splendente di santità dei ministri (fenomeno di tanti abbandoni di vita religiosa e sacerdotale, o di vita ambigua) non sono stati sufficientemente toccati.
4. Toppe nuove a un vestito vecchio. A mio avviso, i problemi più profondi dell’evangelizzazione non sono stati focalizzati: le cause dell'infertilità vocazionale; la scarsa cura pastorale in generale; la mancanza di una migliore cura pastorale della famiglia; un catecumenato che fondi la fede e la vita; l'assoluta assenza di pastorale giovanile (l'espressione non compare nel documento): di conseguenza la cura pastorale delle vocazioni è nulla, e vi è una mancanza di vitalità delle piccole comunità cristiane. I movimenti ecclesiali, le nuove comunità non si menzionano. Come mai? Non esistono davvero in Amazzonia? Mi sembra che ci sia stata una mancanza di quel dinamismo che ha portato la Chiesa a considerare il tema della "nuova evangelizzazione": nuovi metodi, nuovo fervore. Quali sono le nuove vie proposte dal Sinodo? Solo nuove strutture e le ordinazioni di viri probati..... Mi sembra che questa novità sia enormemente povera: si tratta di toppe nuove su un vecchio abito. A mio modo di vedere, la nuova veste in cui dobbiamo rivestirci con nuovo fervore è un problema di "fede": indossare Cristo.
5. Si parla del "rito amazzonico" per la liturgia. Si rischia di cadere in un esperimento teorico di laboratorio pastorale. Le culture amazzoniche sono varie, la grande ricchezza e varietà della cultura pan-amazzonica non può essere omologata (fra le 390 lingue presenti, pensiamo solo alle grandi famiglie: Tupi-Guarani; Arawak, Tukano, Pano, Je', Jíbara, Yanomami, ecc). Non c'è dubbio che l'inculturazione del Vangelo nella liturgia e nella vita delle comunità cristiane amazzoniche sia indispensabile, ma questo deve essere fatto nella vita reale e a poco a poco, con un ragionevole adattamento e decantazione di ciò che è veramente autentico della cultura e riesce a trasmettere veramente il mistero cristiano con simboli ed espressioni originali, evitando una “folklorizzazione” superficiale e generica.
6. Clericalizzazione laica. Sarebbe stato possibile risolvere il problema di eventuali ordinazioni al sacerdozio di uomini sposati con le vie ordinarie già possibili e praticabili nella Chiesa: la dispensa dal celibato (CCC 1047): la possibilità di dispensa data dalla Santa Sede, con le opportune giustificazioni, come sapientemente proposto dal card. Gracias dall'India, essendo molto più semplice di una generalizzazione del viri probati. Sono state presentate esperienze da altre latitudini con gli stessi problemi e con la soluzione di ricchi ministeri laici, ma la proposta non è stata apprezzata. Purtroppo, il "tema" del Sinodo è stato l'ordinazione degli uomini sposati, mentre gli altri temi sono rimasti all'ombra. Mediaticamente e popolarmente questo Sinodo sarà proprio questo: il Sinodo dei viri probati.
7. Visione secolare dei ministeri, in particolare quella delle donne come "diaconesse ordinate". Quando questo tema viene toccato ovunque, compaiono motivazioni molto civili, ma non del tutto evangeliche: "Questo è il momento di ordinare le donne", "Abbiamo il diritto", "Le donne devono avere il potere” …. Questi sono discorsi validi in qualsiasi parlamento, ma non li vedo tanto in un sinodo di vescovi dove si vuole discernere alla luce del Vangelo, della Tradizione, del Magistero ecclesiale e delle sfide attuali; e non tanto sotto la forte pressione della cultura dominante. Mi è sembrato che fosse abbastanza presente un senso parlamentare e non tanto lo spirito sinodale che cerca il discernimento ("Siamo rappresentanti dei popoli amazzonici e dobbiamo portare avanti le proposte da loro avanzate").
8. Pericolo della “onganizzazione" della Chiesa (trasformata in ong). È molto bello che la Chiesa sia ben organizzata al servizio della carità, ma che non sia "onganizzata", cioè governata dai criteri pragmatici, laici e organizzativi di una Ong. Si riduce mistero, la vita e l'azione della Chiesa a varie attività di advocacy e di servizio sociale. Questa riduzione mi sembra molto presente nella sensibilità di diversi partecipanti al Sinodo. Insisto: solo con un'evangelizzazione integrale, dove il kerigma, la discepolanza, la diaconia, la koinonia e la liturgia si fondono in un progetto pastorale armonioso ed equilibrato, potremo avere una pastorale feconda.
9. L'atmosfera del Sinodo è stata abbastanza serena, fraterna e rispettosa, anche se alla fine, alcuni hanno presentato le cose in modo piuttosto dialettico: da una parte, il club fariseo che sarebbe legato alla dottrina, spaventato dal nuovo, quindi chiuso allo Spirito Santo; dall'altra, coloro che ascoltano il popolo (sensus fidei), senza paura, aperti al nuovo e quindi docili allo Spirito Santo…. C’è da ammirare uno Spirito Santo venuto così ben preparato e organizzato…
Interessanti sono anche le riflessioni di Mons. Spreafico vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e partecipante al Sinodo sull'Amazzonia concluso oggi, spiega come sono nate le domande della Chiesa sull'Amazzonia, quando questa regione non era al centro di una drammatica attualità. Interrogativi che si pongono su un piano particolare, come la situazione delle popolazioni indigene vittime dello sfruttamento delle risorse, ma anche su un piano universale, su come ascoltare il grido dei poveri, insieme al grido del creato.
È (stato) un sinodo importante, voluto da papa Francesco due anni fa. Si vede qui come la Chiesa e come papa Francesco vivano il senso della profezia della Chiesa, perché due anni fa dell'Amazzonia non parlava nessuno. Oggi se ne parla finalmente perché purtroppo assistiamo a un territorio in difficoltà, che è grande circa 20 volte l'Italia. Un grande territorio che si trova per la maggior parte in Brasile, ma sono in realtà 9 i paesi che afferiscono al bacino amazzonico, fatto non solo del Rio delle Amazzoni ma anche di altri grandi fiumi. È chiamato il “polmone della terra” ma è anche un polmone di grandi sofferenze. Il fatto che fa papa Francesco abbia voluto un sinodo significa volere che questa riflessione, che è molto collegata alla Laudato si’, sia una riflessione non solo di coloro della Chiesa che vive nel territorio dell’Amazzonia, ma anche per tutta la Chiesa. È una particolarità che diventa universalità: in questo è anche la bellezza della nostra Chiesa. Roma è il segno dell'universalità della Chiesa e queste domande che vengono dal sinodo dell'Amazzonia sono domande che riguardano il creato, quindi il creato nella sua complessità: la terra, i fiumi, le acque, l'inquinamento, l’estrattivismo, la violenza contro la Terra, ma anche la violenza contro i popoli. In Amazzonia ci sono tanti popoli indigeni, si parlano 100 lingue e tanti dialetti. È un popolo di popoli. Si potrebbe dire che è un'armonia di differenze, così come io amo chiamare ogni tanto il creato: un'armonia di differenze.
Il grido dei poveri è nel grido del creato: il legame tra il sinodo e la Laudato si'
Emerge quello che Papa Francesco nella Laudato si chiama il grido della terra e il grido dei poveri sono due grida che sono molto collegate. Il linguaggio di papa Francesco è un linguaggio profondamente biblico. Leggendo la Bibbia, soprattutto i Salmi ma non solo, dall'Esodo si dice del lamento, del grido di Israele, di Dio che ascolta del grido del suo popolo dalla schiavitù dell'Egitto. Questo grido arriva attraverso l'Amazzonia a noi perché in Amazzonia ci sono tante sofferenze. Sono le sofferenze di uomini e donne che vivono nella povertà, tante volte privati del luogo in cui vivono, privati della terra per via delle grandi coltivazioni, della deforestazione, privati dei minerali preziosi che ci sono in quella terra, le multinazionali, l’estrattivismo, quindi anche la violenza sulle persone. Ci sono martiri dell'Amazzonia, uomini e donne che hanno difeso i popoli indigeni, che hanno difeso la terra e che per questo sono morti. In questo senso direi che il grido della Terra, il grido dei poveri viene rivolto anche a noi come una domanda che ci apre l'orizzonte, perché io credo che uno dei grandi problemi della nostra Chiesa che vedo in Italia, forse anche in Europa, è che la Laudato si’ non è stata tanto recepita. Noi siamo una Chiesa che come chiesa universale si è molto interessata e battuta per i diritti, per la pace, contro l'ingiustizia e la violenza, ma che ha poco accolto il messaggio della Laudato si’ che ha voluto inserire questo grido dei poveri all'interno del grido del creato. La Laudato si’ è stata considerata un po' come nel Concilio la Gaudium et Spes: come una cosa che non riguardava tanto la nostra vita di fede. In realtà riguarda la nostra vita di fede e stando al Sinodo si vede come è vero quello che Papa Francesco ha scritto nella Laudato si’: il grido della terra insieme al grido dei poveri è una domanda alla nostra fede, anche al modo in cui viviamo l'annuncio del Vangelo e la comunicazione del Vangelo nel mondo di oggi, quindi non solo in Amazzonia ma anche in Europa.

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