Sulle statuette amazzoniche rubate e gettate sul Tevere: intolleranza o idolatria?
Il significato del gesto è tuttavia chiaro: si vuole condannare un atto di presunta idolatria (mostrare oggetti pagani in una Chiesa cattolica) per salvaguardare la "retta fede". E criticare un Sinodo "pericolo" per le derive che può prendere.
Seguono i commenti pubblicati su Famiglia Cristiana, Vatican news e Avvenire.
Famiglia Cristiana, Pino Lorizio: Due o tre cose che gli integralisti fanatici non sanno dell'idolatria e del cristianesimo. Quello vero
La celebrazione del Sinodo speciale per l’Amazzonia ha generato atteggiamenti contrastanti, alcuni dei quali di contrapposizione integralistica, come le preghiere perché la Chiesa si salvi dal paganesimo e, da ultimo, il furto delle statuette nella chiesa di Santa Maria della Traspontina, una delle quali raffigurante la Pachamama (madre terra). Le raffigurazioni indigene sono state gettate nel Tevere, mentre il tentativo di trafugare una statua più grande non è riuscito. Certamente, come ha notato qualche commentatore, non si può considerare il gesto alla stregua di una “pasquinata”, da archiviare magari con un sorriso di compassione per chi lo ha compiuto. A mio avviso in esso si nasconde qualcosa di preoccupante: ovvero l’ignoranza colpevole e ostinata di chi ritiene che si debba distruggere tutto quanto non è cristiano per rivendicare la propria identità di credenti in Cristo, impiantando la croce sulle macerie della storia e dell’umano che le culture e le religioni rappresentano.La fede non distrugge la cultura autentica, ma si innesta su di essa, mentre al tempo stesso converte e purifica gli elementi spuri e antiumani presenti nelle altre appartenenze. Nel corso del dibattito sinodale, ad esempio, si è discusso degli infanticidi, perpetrati in alcune tribù amazzoniche, nei confronti di bimbi nati con malformazioni fisiche. Alcuni interventi hanno fatto notare come al momento si tratti di comportamenti decisamente minoritari e di come il Cristianesimo, grazie ai missionari, abbia contribuito a sradicare questa prassi antiumana e per questo moralmente inaccettabile. Accanto a questa attitudine alla conversione/purificazione, va sottolineata la prassi cristiana, fin dalle origini, di non sradicare le culture, ma innestare su di esse la buona notizia del Vangelo. Così il cristianesimo non solo non ha distrutto la cultura, e il pensiero greco e il diritto romano, ma ha custodito queste profonde e autentiche espressioni dell’umanità. Senza il lavoro degli amanuensi, quanti tesori dell’antica sapienza ci sarebbero del tutto sconosciuti? Istruttivo può essere anche considerare come la fede cristiana nella Madre di Dio (Theotokos) abbia trovato spunto nel culto di Iside, che veniva così denominata e lo abbia saputo trasformare, applicando il titolo, attribuito ad una dea, a una donna come Maria di Nazareth (il che doveva sembrare inaudito e improponibile per molti).Questo innesto/purificazione/connessione non vale solo per il paganesimo antico e storico, così come lo abbiamo appreso dai libri di scuola, ma anche per quelle culture pagane, che rinveniamo in terre lontane dalla vecchia Europa, quali quella africana e quella originariamente latino-americana. Nulla quindi vieta di interpretare la raffigurazione della madre terra in senso mariano e come espressione di profondo rispetto per la natura, che, in quanto creata, porta la traccia del Creatore. Una prospettiva metodologica che dovrebbe farci riflettere ho avuto modo di leggerla recentemente nel bel libro del provinciale dei gesuiti nigeriani Agbonkhiannmeghe E. Orobator, Confessioni di un animista. Fede e religione in Africa: “Invece di sostituire il modo di vivere africano, il cristianesimo ha costruito su di esso; per questo, ed è ciò che io sostengo, il cristianesimo è radicato nel suolo della religione africana”. Quando invece si è preteso di sostituire e distruggere l’umano, invece dell’evangelizzazione, si è instaurato il colonialismo, col conseguente rifiuto della fede, confusa con la cultura dei colonizzatori.
Direi quindi che siamo noi a dover pregare per chi intende in maniera fanatica la propria identità e perché l’azione ecclesiale riesca sempre più a innestare il Vangelo nelle diverse culture e forme di religiosità.Vatican newe, Andrea Tornielli: Newman e le statuette gettate nel Tevere
Avvenire, don Andrea Leonardi: Statuetta e polemica. La vita sacra e l’odore delle pecoreIl furto e il successivo lancio nel Tevere delle tre statuette di legno della tradizione amazzonica raffiguranti una giovane donna incinta, costituiscono un episodio triste, che si commenta da sé. Colpiscono alcune delle reazioni a un gesto violento e intollerante: “giustizia è fatta” ha titolato entusiasticamente un sito web italiano, dopo che le immagini della “bravata” erano state divulgate nel circuito dei social media. In nome della tradizione e della dottrina si è buttata via, con disprezzo, un’effigie della maternità e della sacralità della vita. Un simbolo tradizionale per i popoli indigeni che rappresenta il legame con la nostra “madre terra”, definita così da san Francesco d’Assisi nel suo Cantico delle Creature.Ai nuovi iconoclasti, passati dall’odio attraverso i social media all’azione, potrebbe essere utile rileggere quanto affermato da uno dei nuovi santi canonizzati pochi giorni fa, il cardinale John Henry Newman. Nel suo Essay on the Development of Christian Doctrine, pubblicato nel 1878, a proposito dell’adozione da parte della Chiesa di elementi pagani, Newman scriveva: “L'uso dei templi, e di quelli dedicati a santi particolari, e decorati a volte con rami di alberi, incenso, lampade e candele; le offerte ex voto in caso di guarigione dalle malattie; l’acqua santa, l’asilo; le festività e le stagioni liturgiche, l'uso dei calendari, le processioni, le benedizioni sui campi, i paramenti sacerdotali, la tonsura, l'anello usato nel matrimonio, il rivolgersi ad est, e in un momento successivo anche le immagini, forse pure il canto ecclesiastico e il Kyrie Eleison: tutti sono di origine pagana, e sono stati santificati dalla loro adozione nella Chiesa”.
Credo che il geniale aforisma inventato da papa Francesco dell’essere «pastori con l’odore delle pecore» ( Evangelii gaudium, punto 24) sia una delle espressioni più citate da quando Jorge Mario Bergoglio è asceso al soglio pontificio. Alla prova del dunque, però, l’odore che vogliamo entri nelle nostre 'case', soprattutto se le riduciamo a sagrestie, è quella dell’incenso (meglio se con l’aggiunta di un po’ d’acqua di colonia). Ne sono una prova le recenti polemiche, pretestuose e artatamente gonfiate, a proposito della statuetta lignea femminile che raffigura, fortemente stilizzata, una donna nuda e incinta che rappresenta la vita. Poiché la statuina è stata presente in diversi eventi collegati con il Sinodo c’è stato chi ha gridato alla cerimonia pagana e al culto blasfemo, tanto da costringere padre Giacomo Costa, durante la conferenza stampa per il Sinodo dell’Amazzonia del 16 ottobre, a precisare che «non è la Vergine Maria, chi ha detto la che è la Vergine Maria?».Aggiungendo poi che «è una donna indigena che rappresenta la vita, una figura femminile che non è né pagana né sacra». Al suo fianco è dovuto scendere perfino il prefetto del dicastero delle comunicazioni vaticane, Paolo Ruffini, confermando che «fondamentalmente, essa rappresenta la vita attraverso una donna» e ha equiparato l’immagine a quella di un albero, dicendo che anche «un albero è un simbolo sacro». Il cristiano che crede in Maria non sente minacciata la propria fede da un’immagine che, sostengono i missionari, è molto importante e con una forte carica simbolica per i cattolici indigeni del Perù. Può non piacerci, può anche darci fastidio, ma se siamo cristiani dovrebbe prevalere nel nostro cuore il desiderio di comunione e di apertura, così come avviene – o dovrebbe avvenire – con un pastore che, venendo a Messa dal campo dove ha lasciato le proprie pecore, vesta abiti impregnati della puzza, di certo non gradevole, di ovino.Quando celebro a Rebibbia, spesso, durante la Messa, qualche detenuto si alza in piedi e va a toccare una povera statuina, rovinata, della Madonna che c’è in un angolo, mentre un altro carezza poi una scrostata immagine di Padre Pio. Dovrei richiamarli all’ordine? Dovrei ricordare loro la precedenza dell’Eucarestia e la necessità di non distrarsi? Hanno poco tempo: quello che tolgono ai pochi minuti quotidiani nei quali possono uscire dalla cella.E con la vecchina che nella parrocchia di periferia dove altre volte celebro la Messa, come mi dovrei comportare quando si arrabbia con me perché, non avendo sentito nominare il defunto per il quale ha dato l’offerta, si offende perché «non l’ho chiamato?», e dice proprio così «non l’ha chiamato!», quasi la Messa fosse un rito superstizioso in cui si 'chiamano' le anime dei cari defunti. Cerco di comportarmi secondo il cuore del Vangelo che è un cuore missionario, non rimprovero e non richiamo né gli uni né gli altri. Al catechismo spiego la retta dottrina, ma lascio in quei momenti che il cuore della gente, soprattutto se povera, semplice, sofferente, si esprima come riesce. Come sa e come può.Il cristianesimo non esisterebbe se non si facesse contaminare da cose come questa. Chi osservando la statuina della donna incinta di legno discetta di supposto paganesimo irriverente, in realtà non vuole che i missionari vadano al Sinodo, non vuole che i missionari vengano a san Pietro, vuole che rimangano in Amazzonia a ricevere quei quattro soldi che noi, generosamente, elargiamo loro purché rimangano là con le loro puzze d’umanità. È un sospetto che si rafforza di fronte a iniziative come la sottrazione di queste statuette dalla chiesa di Santa Maria in Traspontina e per gettarle nel Tevere, 'azione' dimostrativa ripresa e pubblicata su Youtube, rivendicata da diversi siti di cattolici tradizionalisti.Però, se diciamo a quelli che si scandalizzano di queste cose che non dovrebbero scandalizzarsi, ci rispondono che loro vogliono gli indios e i missionari al Sinodo, ma prima si devono lavare e devono lasciare in Amazzonia ciò che ricorda l’Amazzonia. Altrimenti, se non lo fanno, scherzano sui loro copricapi e li prendono in giro. Per poi lamentarsi se papa Francesco li rimprovera e dice loro: «Che differenza c’è tra le piume sulla testa e i copricapi che usano gli officiali dei nostri dicasteri?».