Personaggi: don Maurizio Patriciello
Don Maurizio Patriciello è nato a Frattaminone, in provincia di Napoli, nel 1955.
E' Parroco, giornalista, scrittore ed è particolarmente impegnato nella lotta contro la camorra. Nadia Toffa ha collaborato con lui e lo ha scelto perché celebrasse il suo funerale.
Ecco alcuni dati biografici (nel video racconta proprio la sua vocazione):
Dopo anni in assenza dalla chiesa cattolica, incontra un frate francescano. Grazie a quest’ultimo che lo avvicina alla fede, lascia il suo lavoro di paramedico ed entra in seminario. Viene poi ordinato sacerdote e diventa parroco nel quartiere ‘Parco Verde’ di Caivano, sempre nel napoletano. Da allora è impegnato in prima linea nella lotta alla tutela del territorio inquinato dalle discariche industriali inquinanti e radioattive, la cosiddetta ‘Terra dei Fuochi’. Ha visto, nel corso di questi anni, morire adulti, ragazzi ed addirittura bambini anche di 4 anni, oltre che il fratello Franco, per il cancro.
Continua integerrimo a mettere a repentaglio la propria vita nel tentativo di scoperchiare anche quanto c’è dietro il traffico dei rifiuti nella terra a confine con Caserta. Ma a lui non importa e, quando il ministro per l’ambiente Andrea Orlando è venuto per rendersi conto dello stato in cui versava Caivano, schiettamente gli ha detto: “Anche se questa è terra del clan dei Casalesi, qui non c’è da temere. È la gente che ha paura. Paura di perdere un figlio, se non ne ha già perso uno. Di vederlo morire, se è morto quello dei suoi amici. Paura che non si salvi se è in ospedale”. Non è rimasto però confinato nel piccolo quartiere dove svolge la sua funzione istituzionale. E’ infatti andato in tutti quei paesi campani dove esiste questo gravoso problema. E’ considerato un eroe da molte persone per le battaglie che quotidianamente e con amore porta avanti.
Il primo marzo del 2015 ha visto morire il pm Federico Bisceglia che, con e come Patriciello, indagava sul problema dei rifiuti e sui loschi affari dei Casalesi. Il magistrato è stato vittima di un incidente che all’inizio sembrava essere accidentale, ma dietro il quale sembra esserci, secondo le indagini, un omicidio architettato proprio dal clan camorristico.
Con l’aiuto di Nadia Toffa e de Le Iene, ha realizzato servizi che hanno dato ancor più voce e risalto al problema della ‘Terra dei Fuochi’, grazie alla messa in onda su un canale di ampia portata come Italia 1. Con la conduttrice è nato inoltre un sincero legame di amicizia. Lo dimostra la volontà della donna, prima di morire, che i funerali venissero celebrati da lui.
Ha scritto due libri: “Vangelo dalla terra dei fuochi” (Imprimatur editore, 2013) e “Non aspettiamo l’ Apocalisse”, scritto con Marco De Marco (Rizzoli editore, 2014).
Ha una pagina facebook e(con quasi 30.000 followes) e un blogTestimonianza. Don Patriciello: «Il Rosario mi ha cambiato la vita»
Nella commovente testimonianza di don Maurizio Patriciello sulla preghiera mariana all’origine della sua vocazione sacerdotale l’importanza della narrazione per avvicinare a una devozione antica
Il Rosario è una devozione «fuori moda»? Chi lo pratica, sgranando la corona in tasca in ogni momento buono della giornata, ovviamente è convinto del contrario. Ma se si pensa di proporlo a chi non ha dimestichezza con le Ave Marie (non con tante tutte insieme, almeno) la musica cambia: difficile far capire la bellezza e il valore di una pratica di pietà cristiana tanto antica e importante per la fede personale e comunitaria. Che sia un problema di comunicazione? Forse occorrono modi nuovi per far intendere un linguaggio dell’anima che sa parlare anche al cuore dei nostri contemporanei. Un buon esempio in questo senso è la testimonianza personalissima che don Maurizio Patriciello ha scritto come introduzione al libro di don Giovanni Battista Gandolfo e Luisa Vassallo "20 misteri per dire ti amo" (edito da Ancora), una meditazione sul Rosario tra "figure, risonanze, preghiere, teatro" con i disegni originali di Delly Potente. Eccone i passi principali.
«Ave Maria gratia plena, Dominus tecum...». Nei pochi ricordi che mi accompagnano da sempre, la mamma mi appare così, in piedi, mentre prega con le mani giunte, in camera da letto, davanti al comò più alto sul quale troneggiava l’immagine della Madonna del Rosario di Pompei. Una cantilena dolce, struggente, una nenia appena sussurrata. La rivedo poi mentre viene a rimboccarci le coperte e ad accertarsi se i figlioli hanno detto le preghiere: «E voi, ragazzi? Avete recitato la preghiera alla Madonna?».
Se ne andò all’improvviso, la mamma, in un afoso pomeriggio di giugno. Non ebbe il tempo nemmeno di dirci addio. Rimanemmo soli, giovanissimi, poco più che bambini. Gli anni che seguirono mi videro alla ricerca sincera del senso della vita. Iniziai a frequentare una piccola comunità di fratelli evangelici. A loro, a questi angeli che trovai sul mio cammino, devo tanto. (...)
Col tempo la mia riflessione teologica si andava intensificando. Con la Bibbia avevo acquisito grande confidenza, una confidenza, però, da autodidatta. Sentivo il bisogno di approfondire.
Col tempo la mia riflessione teologica si andava intensificando. Con la Bibbia avevo acquisito grande confidenza, una confidenza, però, da autodidatta. Sentivo il bisogno di approfondire.
Lo scritto di Patriciello è l’introduzione – che qui proponiamo quasi integralmente – a una originale novità editoriale che si rivolge alla nostra anima: «Come bambini, procediamo "lallando" su strade impolverate, in piazze asfaltate, verso case amiche e in giardini in fiore; viaggiamo verso orizzonti più grandi di noi, di cui quasi nulla sappiamo. Come bimbi felici, non siamo orfani: abbiamo una Mamma attenta e paziente maestra, pronta a insegnare il Verbo. Il suo nome è Maria». È la penna di un prete non più giovane ma con l’anima di un bimbo quella di don Giovanni Battista Gandolfo, sacerdote della diocesi di Albenga-Imperia, noto anche come storico assistente spirituale degli artisti cattolici nell’Ucai. In «20 misteri per dire ti amo» (Ancora, 96 pagine, 15 euro) medita gli episodi evangelici che accompagnano ogni decina ricorrendo alla letteratura, alla poesia e all’arte, grazie alla collaborazione di Luisa Vassallo e alle opere originali di Delly Potente. Il Rosario è come un contenitore: della nostra vita, della vita di Gesù, della presenza di Maria in entrambe, delle intenzioni che portiamo nel cuore, e si presta per essere arricchita con «figure, risonanze, preghiere, teatro». Per ritrovare la corona, e non lasciarla più
Tra le poche cose che non mi erano chiare, c’era il timore di questi cari amici e fratelli che la preghiera rivolta a Maria potesse, in qualche modo, offuscare la figura di Gesù. Ogni volta che se ne discuteva a me ritornava in mente la mia mamma con la corona in mano e il volto luminoso. La rivedevo, stanca, dopo una giornata di dedizione al marito e ai cinque figli maschi, riposare, finalmente, ai suoi piedi. Risentivo la sua voce salmeggiare le parole tanto antiche e tanto semplici. Senza timori, senza imbarazzi, senza il minimo dubbio che la sua preghiera fosse gradita a Dio ed esaudita. (...) Ho sempre avuto un grande rispetto per i fratelli cristiani non cattolici, ho sempre compreso la "gelosia" che nutrono per la divinità del Figlio di Dio, la responsabilità che avvertono nel rimanere fedeli alla Parola. Ma dentro di me sentivo, così, per intuito, che aveva ragione la mia mamma.
Un giorno sul mio cammino apparve un frate. Scalzo, la tonsura che gli incorniciava il capo, l’abito cencioso e tutto rappezzato, il dito pollice in alto, in orizzontale, a chiedere la carità di un passaggio in macchina. Dall’aspetto strano e trasandato pensai che fosse un seguace di qualche setta orientale. Una cosa, però, attrasse la mia attenzione. Dal suo fianco pendeva un oggetto che mi ricordava tanto quello usato dalla mamma quando pregava. Era la corona del Rosario. Quindi, quel giovane barbuto doveva essere un cristiano cattolico. Un frate? Un uomo che aveva donato a Gesù la sua vita? Mi fermai. Saltò in auto. Entrammo subito in confidenza. «Chi sei?», gli chiesi, sorridendo. «Mi chiamo fra Riccardo, sono un frate francescano». Giunto a destinazione scese. Lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava saltellando, come andando a una festa. Nei giorni seguenti andai a cercarlo. Diventammo amici. Nel giardino del suo "convento" si respirava la pace a pieni polmoni, i confini geografici e ideologici sbiadivano. (...)
Viveva, Riccardo, con la sua comunità in alcuni vecchi vagoni ferroviari alle porte di Napoli. Povertà assoluta. Autenticità evangelica. Gioia vera. Fiducia nella Provvidenza. Francesco redivivo? Il ritorno alla Chiesa cattolica e il desiderio di appartenere completamente al Signore furono tutt’uno.
In estate andai in pellegrinaggio a Lourdes. Lourdes. La grotta. Le piscine. La presenza viva di Maria. Ai suoi piedi rimanevo per ore. La fissavo, la contemplavo, me ne innamoravo mentre farfugliavo mille volte le parole che sconvolsero la storia. «Ave Maria, piena di grazia...». Le chiedevo luce, avevo paura di fare un passo falso. Sacerdote! Possibile? Lei sorrideva. A Lourdes compresi che la strada era proprio quella. (...) Un giorno da un rigattiere ambulante intravidi un quadro antico, sbiadito, malandato. Un’immagine della Madonna del Rosario di Pompei, identica a quella, andata perduta, della mia infanzia.
Mi precipitai a riscattarla. La portai a casa. Ritrovai il vecchio comò. Ricomposi l’altarino davanti al quale la mamma, con semplicità, infinita confidenza e mai dubitando della bontà, della comprensione, dell’amore della Madonna del Rosario, ogni sera le apriva il cuore e le chiedeva di accompagnare e benedire i suoi figli. E lei, Maria, da vera signora, ha mantenuto la parola data.