“NUOVI” CRITERI MORALI (II parte): "La gerarchia delle verità"
Trentesima puntata delle mie riflessioni sulla "vita sessuale tra Chiesa e società"
Uno
degli aspetti della morale evidenziati da papa Francesco riguarda la “gerarchia
delle verità”, ossia il bisogno che l’annuncio si concentri “sull’essenziale,
su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più
necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e
verità, e così diventa più convincente e radiosa”[1].
Il papa ci ricorda che occorre partire dalla visione complessiva del Vangelo,
dal concetto di vita e di amore, prima ancora che dai precetti e dalle
indicazioni su ciò che è lecito e ciò che è illecito.
A chi
chiedeva a Gesù se c’era una gerarchia tra le molteplici leggi e precetti
presenti nella Scrittura, egli non esitava a rispondere: “Amare Dio e amare il
prossimo”[2]
è il primo dei comandamenti, quello a cui tutti gli altri fanno riferimento.
Ritiene dunque lecito indicare una gerarchia tra le leggi, in quanto c’è una
gerarchia della verità e la prima verità è che Dio è amore, Dio ci ama, Dio ci
chiede di lasciarci amare da Lui per poter riamare il prossimo. Ne consegue che
anche nella pastorale, nelle omelie, nelle indicazioni magisteriali debba
esserci una proporzione corrispondente a tale gerarchia. Se il fedele
percepisce che la Chiesa parla soprattutto di morale sessuale e raramente di
amore, di perdono, di misericordia… c’è una sproporzione inadeguata e
fuorviante. La stessa cosa accade se si parla spesso contro il matrimonio fra
omosessuali e poco della bellezza del matrimonio; più della legge che della
grazia; più della Chiesa che di Gesù Cristo; più del papa che della parola di
Dio…
La
“rivoluzione” di papa Francesco va’ in questa direzione: mettere in primo piano
la misericordia di Dio e lasciare che questa illumini tutto il messaggio
cristiano e aiuti a comprendere le posizioni più dibattute e critiche. Il papa
ci insegna anche uno stile per fare ciò: esprimere l’essenziale in modo pacato,
chiaro e con segni esplicativi che entrino nel cuore della gente e rimangano
nella memoria. L’insegnamento della Chiesa, specie
sulla morale sessuale, sembra invece spesso ridursi ad un discorso precettistico
che riguarda ciò che è permesso e ciò che è proibito, ciò che è lecito e ciò
che è illecito. Ovviamente la Chiesa offre ben più di questo, ma tale discorso
è ciò che, unicamente, giunge ai fedeli.
La
morale è anche morale delle norme, ma queste vengono dopo. Prima ci sono i
valori (le direzioni, il progetto) ai quali le norme sono funzionali e
strumentali. Così, prima della normativa in ambito sessuale, viene il
significato (il senso) della sessualità; prima del divieto dell’aborto, viene
il significato (valore) della vita; prima dei mezzi regolativi della natività,
viene il senso dell’apertura alla vita[3].
Gesù,
e di conseguenza la Chiesa, indica delle regole di vita, ma soprattutto offre
un senso-significato e, insieme, un ideale di vita verso cui indirizzarci.
L’importante, (ed è il motivo di discernimento tra il bene e il male, tra ciò
che ci fa bene e ciò che ci fa male), è che si abbia come obiettivo quell’ideale,
che ci si incammini verso quella direzione. Per quanto lontani possiamo essere dalla
mèta, l’importante è non camminare in senso contrario o rimanere perennemente
fermi.
Torniamo al principio della gerarchia
delle verità per cercare di approfondirlo e chiarirlo. Esso è rintracciabile
nel documento sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio[4] del Concilio
Vaticano II e risponde al bisogno di evidenziare ciò che unisce le chiese
cristiane prima ancora di ciò che le divide: abbiamo in comune la Scrittura, la
fede nel Cristo nato, morto e Risorto… Ciò che ci unisce è il fondamento della
nostra fede: concentrarci sull’essenziale aiuta a unirci e a discutere più
serenamente su ciò che crediamo in maniera differente e che ha costituito
motivo di divisione con tanto di violenze, guerre e reciproche scomuniche.
“Questo
(principio) – commenta papa Francesco – vale tanto per i dogmi di fede quanto
per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento
morale”[5].
Questo principio – aggiungo più banalmente io – vale anche per i rapporti
quotidiani che intratteniamo con le persone, a partire da coloro con cui
condividiamo la stessa vita e la stessa vocazione, sia essa matrimoniale o
religiosa: ricordarci di ciò che ci unisce prima di affrontare le questioni
particolari che ci stanno dividendo; ricordarci dei motivi e della storia che
ci ha uniti nel passato prima di rischiare di dividerci per la visione
differente che abbiamo nell’affrontare un problema contingente; ripartire da
quella promessa di amore, di unità, di comunione che ci siamo fatti unendoci in
matrimonio o entrando in una comunità religiosa, prima di affrontare i problemi
che la convivenza ci pone davanti.
Il 19 settembre 2013 è stata pubblicata
su La Civiltà Cattolica un’intervista a papa Francesco in
cui, fra l’altro, si legge:
Io vedo con chiarezza che la
cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite
e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la
prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È
inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si
devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. (…) La
Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in
piccoli precetti. La cosa più importante è invece
il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. E i ministri
della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia. (…) Dico
questo anche pensando alla predicazione e ai contenuti della nostra
predicazione. Una bella omelia deve cominciare con il primo annuncio, con
l’annuncio della salvezza. Non c’è niente di più solido, profondo e sicuro di
questo annuncio. Poi si deve fare una catechesi. Infine si può tirare anche una
conseguenza morale. Ma l’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo
all’obbligazione morale e religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l’ordine
inverso.
Un’applicazione concreta di tale principio possono individuarla
all’interno di un episodio emblematico: dopo il clamore mediatico suscitato
dalle parole del papa ora emerito, Benedetto XVI, sull’uso del profilattico per
combattere la piaga dell’aids[6], un giornalista ha sperato
di ripetere tale clamore riproponendo la domanda anche a papa Francesco,
durante il viaggio di ritorno da una visita apostolica in Africa[7]. Ma papa Francesco così
risponde:
La domanda mi sembra troppo piccola e parziale.
Sì, è uno dei metodi; la morale della Chiesa si trova – penso – su questo punto
davanti a una perplessità: è il quinto o è il sesto comandamento? Difendere la
vita, o che il rapporto sessuale sia aperto alla vita? Ma questo non è il
problema. Il problema è più grande. Questa domanda mi fa pensare a quella che
hanno fatto a Gesù, una volta: “Dimmi,
Maestro, è lecito guarire di sabato?”. E’ obbligatorio guarire! … Ma la
malnutrizione, lo sfruttamento delle persone, il lavoro schiavo, la mancanza di
acqua potabile: questi sono i problemi. Non chiediamoci se si può usare tale
cerotto o tale altro per una piccola ferita. La grande ferita è l’ingiustizia
sociale, l’ingiustizia dell’ambiente, l’ingiustizia dello sfruttamento, e la
malnutrizione. (…) Quando tutti saranno guariti, quando non ci sarà ingiustizia
in questo mondo, possiamo parlare del sabato[8].
[1] Papa Francesco, Evangelii
gaudium, 35
[2] Cfr. Mc 12,28-34; Lc 10,25-28; Mt 22,34-40. Vedi anche
il mio commento in Il Vangelo dell’amore,
pp.91-107.
[3] L. Lorenzetti, op. cit., p.341
[4] UR, 11: “esiste
un ordine o piuttosto una “gerarchia” delle verità nella dottrina cattolica,
essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana”.
[5] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 36. Prosegue, nello
stesso capitolo: «Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte
divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti
per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo
fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio
manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. In questo senso, il Concilio
Vaticano II ha affermato che “esiste un ordine o piuttosto una gerarchia
delle verità nella dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col
fondamento della fede cristiana”. Questo vale tanto per i dogmi di fede quanto
per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento
morale».
7 La controversia
sulle dichiarazioni di papa Benedetto XVI in materia di lotta all'AIDS è
scoppiata il 17 marzo 2009 in
occasione del suo viaggio in Camerun
ed Angola. Interrogato da una
giornalista a proposito delle posizioni
della Chiesa cattolica sul tema della lotta all'AIDS, ha dichiarato che la
distribuzione dei preservativi
non permetterebbe di superare il problema, ma anzi lo aggraverebbe: “direi che non si può
superare questo problema dell'Aids solo con i soldi, che sono necessari, ma se
non c'è l'anima che sa applicarli, non aiutano; non si può superare con la
distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema”.
[7] Questa è la domanda: “Santità, l’AIDS sta devastando l’Africa. (…)Noi
sappiamo che la prevenzione è fondamentale. Sappiamo anche che il profilattico
non è l’unico mezzo per fermare l’epidemia. Sappiamo che però è una parte
importante della risposta. Non è forse tempo di cambiare la posizione della
Chiesa a questo proposito? Di consentire l’uso del profilattico al fine di
prevenire ulteriori contagi?”
[8] Papa Francesco, Intervista
aerea di ritorno dal Centrafrica, 30 novembre 2015