V domenica di Quaresima: "Se il chicco di grano non muore..."
Siamo vicini alla meta di tutto l’itinerario
quaresimale: la passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. La liturgia ci
offre dunque delle chiavi di lettura per comprendere sempre di più questo
evento e dopo aver paragonato la Croce al serpente di bronzo
innalzato nel deserto per liberare il popolo dal veleno dei serpenti ecco ora
l’immagine del CHICCO di GRANO chiamato a morire per poter sprigionare tutta la
sua potenzialità di vita racchiusa in quel piccolissimo guscio apparentemente
inerte.
Il brano del Vangelo si
apre però con altre indicazioni preziose: siamo a Gerusalemme, Gesù ha appena
fatto il suo ingresso messianico (che celebreremo domenica prossima)
e un gruppo di GRECI esprimono il desiderio di “vedere Gesù”.
“vedere” nel
linguaggio di Giovanni significa “conoscere intimamente”, entrare in relazione,
non solo soddisfare una curiosità momentanea. E’ la domanda che attraversa i
secoli e i popoli ed è il desiderio anche nostro: poter vedere, conoscere e
credere realmente e pienamente Gesù. Come fare?
La prima indicazione è data
dalla MEDIAZIONE di alcuni apostoli: i greci si rivolgono a
Filippo, Filippo ad Andrea ed insieme i due si
rivolgono a Gesù. Per mezzo degli apostoli, della CHIESA e dei suoi mediatori è
dunque possibile arrivare a conoscere e credere in Gesù.
Come spesso capita Gesù non
sembra voler rispondere direttamente a questa richiesta, ma usa immagini più
complesse per invitarci ad andare in profondità, a non rimanere alla dimensione
superficiale. Risponde Gesù: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo
sia glorificato”. L’ORA
è quella del compimento della sua missione, dell’incarico datogli dal Padre:
ricondurre tutti a Lui, realizzare quell’ALLEANZA NUOVA annunciata
dal profeta Geremia nella 1° lettura. L’ORA della sua MORTE e RESURREZIONE,
evento unico e inscindibile: la VITA richiede la MORTE.
GLORIFICAZIONE significa manifestazione della propria realtà divina: volete vedermi? Guardate la Croce e vedrete Dio che si dona, che ama da morire.
Ed ecco la spiegazione per immagini:
“Se il chicco di
grano non muore…”: volete veramente entrare nel mistero del Figlio di
Dio, nel mistero dell’amore? Guardate cosa succede ad un CHICCO DI GRANO: è
piccolissimo, sembra inerte, statico, quasi inutile, eppure se quella pellicola
che lo ricopre e protegge si rompe, marcisce a contatto con l’umidità del
terreno (in questo senso MUORE) sprigiona la sua potenza vitale germinando,
dilatandosi fino a dar vita ad una pianta e questa a dar vita alla spiga del
grano che moltiplica il chicco iniziale.
Così Gesù, come
ogni uomo, possiede una potenza straordinaria, una ricchezza di vita, di amore,
di bontà che immette nella storia solo a condizione di rinunciare alla difesa
della sua vita, facendo della sua vita un dono gratuito di amore che porta
frutto.
E’ questa la legge
dell’amore: Chi ama
la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la
conserverà per la vita eterna. Amare e odiare in questo
caso indicano attaccamento morboso e, odiare, disponibilità a rinunciare a
qualcosa della propria vita: arriva sempre il momento che per amare gli altri
siamo chiamati a donare qualcosa di noi, che qualcosa del nostro orgoglio, dei
nostri sogni, di quel che possediamo MUOIA e non per il gusto di morire o di
soffrire, ma perché quella ricchezza di vita che possediamo (in potenza) possa
diventare sorgente di vita, di gioia per qualcuno.
Due esempi: ricordo
la mia giovinezza: ero continuamente combattuto tra un desiderio di
consacrazione per il Signore che sentivo dentro e i miei sogni, i miei
progetti, le mie paure: paura di rinunciare alla mia libertà, alla mia
indipendenza, sogni anche belli di vivere in una comunità di famiglie, di
costruire con le mie mani una comunità cristiana perfetta che non trovavo
realizzata da nessuna parte. Solo quando ho rinunciato a tutto questo (non per
niente sono diventato prete quando ero già adulto) ho superato quel turbamento,
quella insoddisfazione che, nel profondo, sentivo continuamente dentro di me e
ho scoperto potenzialità di amare e di servire che ignoravo, ho iniziato a
vivere contento di quel che avevo. L’altro esempio, ad indicare che non solo i
preti sono chiamati a morire: un mio amico fidanzato da anni era completamente
bloccato dalla paura di sposarsi, di rendere definitiva un’esperienza di vita
che voleva, ma che non poteva garantirgli il futuro: e se mi dovessi ritrovare
a non amare più quella ragazza? Se dovessi trovare una ancora migliore? Gli
anni passavano e lui non si decideva. Si sentiva bloccato, angosciato. Solo
dopo essersi finalmente sposato ha ritrovato una gioia e una libertà che non
sperimentava da tempo, ed ora sono genitori felici di due bellissime bambine.
Amare la propria vita
significa dunque potenziare quel bisogno di autodifesa che è importante, ma che
ci rende chiusi, egoisti, individualisti. Odiare la propria vita
significa rischiare un po’, pagare anche il prezzo dell’amore. Chi tiene
stretta gelosamente la sua vita per sé, finisce per perdere la vita. Chi in
questo mondo diventa capace di staccarsi da se stesso, chi è capace di
rimettersi nel rapporto con gli altri, attraverso un dono generoso di sé,
questo conserverà la sua vita per la vita eterna.
Il Padre lo conferma: “l’ho GLORIFICATO e lo glorificherò ancora”
e il Figlio conosce l’importanza di quanto sta per accadere: “E io, quando
sarò innalzato da terra (quando sarò messo in croce), attirerò tutti a me”.
I greci sono parte del mondo attratto già da lui.
Vogliamo VEDERE Gesù?
Entrare in relazione con lui?
“Vogliamo vedere Gesù!” Dovrebbe essere la preghiera e l’anelito di ogni cristiano:
entrare in intimità con Gesù, per coglierne i sentimenti, i valori, le
sfumature nei pensieri… E allora, a quaresima inoltrata, pongo a me
e a te questo interrogativo semplice, ma graffiante: “Davvero vuoi vedere Gesù?
Davvero vuoi conoscere l’intimo di questa Persona? Quanto sei disposto a
investire perché questa “visione” di Gesù si realizzi nella tua vita, per la
tua gioia?”
Dobbiamo amare come il chicco di grano, donare la
nostra vita per gli altri, seguirlo mettendoci al servizio, cioè rinunciare
alla nostra auto-affermazione, obbedire al Padre, alla sua volontà. E qual è la
volontà del Padre? Che ci lasciamo amare da Lui, che impariamo ad amare come
Lui, come il Figlio, che viviamo felici, realizzati, liberi. Liberi non per
fare quello che l’istinto di sopravvivenza ci impone (mangia, godi, divertiti
anche a prezzo di sacrificare gli altri), ma liberi di amare, liberi di vivere
in pienezza, capaci di gestire i nostri istinti per far entrare gli altri nella
nostra vita, per costruire un mondo più umano e fraterno dove è per tutti, e
noi per primi, bello vivere.
Vive solo
chi spende la propria vita, chi la fa fruttificare. Chi la sotterra per paura
ha rinunciato a vivere.