GIUDA E L’AMORE TRADITO


Questi sono i giorni in cui si ricorda il tradimento dell'amico Giuda. Su questo drammatico episodio riporto quanto ho scritto su "Il Vangelo dell'amore" e, in fondo, la polemica su quanto, in diverse occasioni, papa Francesco disse riguardo a lui:
A Giuda Gesù offre il “boccone” dell’ultima cena, segno del suo amore irrevocabile, e lava anche i suoi piedi. Nell'orto degli ulivi, Gesù va incontro a Giuda, il traditore, e lo chiama “Amico!” (Mt 26,50). È la rivelazione che Dio non può odiare, anche quando l'uomo lo colpisce con le più ripugnanti cattiverie e con le più orribili nefandezze. Dio continua ad amare il peccatore, perché Dio non può non amare per il fatto che è Amore. Noi possiamo colpire Dio, bestemmiarlo, sputargli addosso, odiarlo, crocifiggerlo… e Dio continua a dirci: ti amo!
Di Giuda si è scritto molto. Anche diversi romanzieri sono rimasti affascinati dalla sua figura[1]. Propongo quasi per intero un bell’articolo di Andrea Lonardo:
Giuda è inutile. Se Giuda non avesse tradito il suo Maestro, Gesù sarebbe stato comunque catturato e ucciso, perché il Sinedrio così aveva già deciso. Giuda è servito solo per un lavoro appena un po’ più “pulito”: una cattura lontano dal clamore della folla, senza il rischio che qualcuno potesse creare problemi all’arresto…
Perché allora tanto inchiostro e tante sequenze cinematografiche, tante speculazioni e dietrologie, per affermare che egli fosse predestinato, che egli avesse un motivo, che egli fosse inconsapevole e pur sempre amico e non vero traditore? La risposta è semplice, evidente. Perché giustificando Giuda ognuno cerca di giustificare se stesso. (…)
E invece l’assoluta inutilità di Giuda è lì a ricordare che il male è il nostro nemico e che ci dobbiamo liberamente opporre al peccato. Giuda è lì, soprattutto, come la tragica, storica, reale testimonianza che il peccato più triste è tradire chi ci ama. Dante l’ha ben chiaro. Al fondo dell’inferno stanno i traditori dell’amore, coloro che hanno colpito alle spalle chi li amava.
È certamente grave l’uccisione di un nemico, è certamente colpevole il tradimento di un avversario, ma che dire se il nostro male colpisce chi per noi e per il nostro bene ha sacrificato tutto? Il mondo intero è sconvolto se il male dell’uomo colpisce liberamente e coscientemente l’amico
La triste verità sull’esistenza di Giuda appare anche se immaginiamo cosa sarebbe successo se egli non avesse tradito. Gesù sarebbe stato comunque ucciso e forse Giuda avrebbe nel suo nome evangelizzato uno dei popoli dell’antichità, come Tommaso si è recato in India e Giovanni in Asia. Giuda avrebbe potuto donarci un quinto Vangelo, non come quello “finto” che gli è stato attribuito e che gli gnostici hanno redatto almeno 80 anni dopo i Vangeli canonici. Avremmo potuto così conoscere qualche altro fatto o parabola di Gesù se anche il dodicesimo apostolo fosse rimasto fedele e avesse raccontato alle generazioni future dell’amore che Gesù aveva per lui: suoi veri ricordi del Signore sarebbero divenuti gioia nelle nostre orecchie. Il suo martirio ci avrebbe incoraggiato ad essere fedeli al bene ed a sperare.
Ogni uomo, al fine di evitare il peccato, potrebbe immaginare come sarebbe la vita senza il male che sta per compiere: evitare la menzogna consentirebbe all’amico di continuare a credere alla mia parola, eseguire un lavoro ben fatto vorrebbe dire aiutare una persona che me lo ha commissionato ad essere più lieta, rimanere fedeli alla propria famiglia significherebbe guardare a testa alta i proprio familiari ed evitare loro la tristezza del sospetto e, peggio ancora, il dramma della scoperta del tradimento, amandoli con quella promessa così vera e grande pronunciata dinanzi al Signore “nella gioia e nel dolore”. (…)
Giuda ha smesso di amare. Ha volto le spalle al suo Signore. Lo cerca solo per condurlo alla fine, per consegnarlo. Proprio lui che è stato amato come gli altri, che è stato scelto, che è stato benedetto, che ha mangiato nella comunione con il Maestro alla sua stessa mensa: «uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto» (Mc 14,20). È il dolore di ogni uomo quando si vede tradito proprio da colui di cui si era per tanto tempo fidato, è lo sgomento dell’amicizia tradita.
Dante con grande acutezza, ancora una volta, coglie nel segno: Lucifero e Giuda sono nel ghiaccio, sono agghiacciati ed agghiaccianti. Non sono avviluppati dal fuoco infernale, perché il fuoco, a suo modo, ancora richiama il calore e la vita. Sono attanagliati dal freddo, perché gelido è il loro cuore. Il male produce questo: il rigido rigore di un cuore che non si scalda più. C.S. Lewis ha ripreso la potente immagine della Divina Commedia nelle Cronache di Narnia con il personaggio della strega bianca: dove essa giunge tutto ghiaccia e la primavera, apportatrice di fecondità, scompare, dove Aslan giunge, tutto torna a fiorire e a germogliare. (…)
Proprio nel traviare i gesti dell’amore per ferire sta la depravazione più grande dell’essere persona. Giuda arriva ad utilizzare il bacio come segno del tradimento, come quando un uomo che tradisce la moglie che lo ama, pure le viene incontro dicendole tenerezze che cercano di nascondere l’abisso del cuore: «Con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?» (Lc 22,48).
Ma l’onnipotenza di Dio non si arresta nemmeno dinanzi all’odio diabolico, non arretra nemmeno dinanzi al tradimento di Giuda. Proprio dinanzi all’odio, ecco che l’amore del Signore si rivela come amore che non si spegne, come amore che arde e non si consuma. Mentre l’uomo, scopertosi tradito, impreca e giura vendetta, Gesù liberamente si consegna all’amore per prendere su di sé il peccato del mondo.
L’amore divino rifiutato si manifesta come l’amore più grande mai apparso sulla terra, come l’amore stesso di Dio in terra, come il vero amore misura e nutrimento di ogni amore. Perché questo è il grande mistero del mondo. Come possa non essere amato l’amore. Eppure dinanzi al suo rifiuto, l’amore di Cristo spezza il cerchio infernale del tradimento, con la vendetta e l'odio, o anche solo il disprezzo e l'indifferenza che ne potrebbero conseguire. Per la prima volta nel mondo appare l'amore[2].


[1] Basti citare due recentissimi romanzi: “Giuda” dell’israeliano Amos Oz (2014, Feltrinelli) e “Fa che questa strada non finisca mai” di Luca Doninelli (2014, Bompiani) e il saggio “Giuda. Il tradimento fedele” di G. Zagrebelsky (2011, Einaudi).
In diverse occasioni papa Francesco ha parlato di Giuda, come di una personalità incompresa e che “la fine della sua storia” non è forse l’Inferno. Commenta la Virgili:

Le parole del Papa. Il destino di Giuda e il nostro bacio sciupato (R. Virgili, Avvenire):
Perché mai dei cristiani si scandalizzano dinanzi a un Giuda passibile di perdono? Non dovrebbero sperare, piuttosto, nel riscatto misericordioso di Giuda, sino alla fine dei tempi? E perché nei cristiani si riproduce quella smania di giudicare e condannare tipica di quegli «scribi e farisei ipocriti» che tanto osteggiarono il nostro Signore, fino a desiderarne e a deciderne la morte? La ragione di queste domande, riaperte dal dialogo del Papa con un gruppo di giovanissimi appena rese note dalla Santa Sede, può stare nella fragilità di una fede che ha paura della Carità e della Grazia, o, più semplicemente, nell’ignoranza delle Scritture che sono inequivocabili a questo proposito. Giuda amava Gesù e l’aveva seguito dalla Galilea sino a Gerusalemme, ultima tappa del viaggio terreno del Figlio di Dio. Doveva essere un compagno fidato, visto che i Dodici gli avevano affidato la cassa; era, infatti, l’economo della Comunità, di quella nuova 'famiglia' di Gesù.
Quando si avvicina il tempo della sua passione e della sua morte, del rifiuto e dell’insulto, Gesù lo annuncia ripetutamente: «Il Figlio dell’Uomo sarà consegnato... lo flagelleranno, gli sputeranno addosso, lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Benché Egli concludesse la sua profezia con la Risurrezione, una morte tanto ignobile era troppo vergognosa per loro, inaccettabile.
Per tutti loro, non solo per Giuda. Quando, infatti, nell’Ultima Cena, Gesù suggerì, con voce spezzata, che «uno di voi mi tradirà» tutti si guardarono attorno, sospettando ognuno del proprio vicino. Pian piano, mentre la notte, l’ultima del figlio di Maria, saliva verso l’aurora, uno a uno se andarono lasciando solo il loro amico, il loro amato, il loro Dio. Nessuno dei Dodici si trovò sotto la Croce a piangere l’innocenza violata se non un anonimo discepolo per adottare la Madre smarrita.
Tutti erano fuggiti e Pietro per ultimo, attore di un gesto fors’anche più cinico del tradimento di Giuda: «Non conosco quell’uomo», aveva risposto il capo degli Apostoli, mentre Gesù veniva accusato ingiustamente di bestemmia. Il peccato di Giuda e quello di Pietro, l’ambizione al potere di Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo... «Chi è senza peccato scagli – davvero! – la prima pietra» tra i discepoli di Gesù, di ieri e di oggi. Gesù soffre per Giuda come soffre per tutti i suoi apostoli; il suo cuore non è ferito per qualcuno ma per una comunione infranta.
Pietro, però, capisce il fondo di quel cuore, lo sguardo del Maestro riesce ad aprire il suo e a vincerlo per un eccesso di amore irreparabile. Così Simone verserà lacrime di fede più grande e rinnovata nel suo Amico di sempre. Non così Giuda che si separa da tutti, si chiude in un furore di disperazione, senza ombra di luce, quando si accorge di aver venduto come reo un innocente e come carne da schiavo le membra immacolate di un fratello. Corpo santo, bacio di vita. Con un urlo nell’anima Giuda avrebbe voluto distruggere quel cibo di sangue che aveva rubato alle labbra di Gesù. Ma spense la speranza, non credette alla grazia del perdono, e questa fu la sua autocondanna. Se non credessimo che Giuda possa essere salvato diventeremmo come lui prigionieri del giudizio, inchiodati ai nostri tradimenti e col sapore amaro di un bacio di vita sciupato e perduto.
In termini polemici e "antipapisti" seguiamo anche questo articolo pubblicato su Unavox:
Un recente tentativo di riabilitare Giuda lo si trova nel libro Padre Nostro, un’intervista concessa a don Marco Pozza. In un estratto pubblicato da Il Corriere della Sera il 23 novembre 2017 rivela la negazione di Francesco del tradizionale insegnamento cattolico che Giuda è stato condannato. Delle tre persone coinvolte nella Passione di Cristo - San Pietro, il buon ladrone e Giuda - Papa Bergoglio afferma che “quella che mi commuove di più è la vergogna di Giuda”.

Egli prosegue nella storia, presentando Giuda come “un personaggio difficile da capire”: innanzitutto si pente sinceramente; secondo, i “giusti” - i sacerdoti - lo respingono; in terzoluogo, “lui se ne va con la colpa che lo soffoca. … il poveretto se ne va, non trova una via d’uscita e si impicca”
Un ritratto simpatico del traditore Giuda, che, secondo il Papa, è lui stesso tradito dalla mancanza di misericordia dei “giusti”, i sacerdoti ...



Il capitello che Francesco ammira e che tiene esposto dietro la sua scrivania

Poi, va avanti alla ricerca di una supposta  “prova” medievale per la sua teoria secondo cui Giuda potrebbe essere salvato: «Ma c’è una cosa che mi fa pensare che la storia di Giuda non finisca lì... Magari qualcuno penserà: “Questo Papa è un eretico...”. Invece no! Andate a vedere un capitello medievale nella basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, in Borgogna [Francia]. … In quel capitello, da una parte c’è Giuda impiccato, ma dall’altra c’è il Buon Pastore che se lo carica sulle spalle e lo porta via con sé.»

Francesco confessa di amare quella particolare scultura e la sua falsa interpretazione, così tanto che ne ha una foto dietro la sua scrivania in Vaticano per aiutarlo a meditare sulla grande misericordia di Dio. «Sulle labbra del Buon Pastore c’è un accenno di sorriso non dico ironico, ma un po’ complice.», spiega.

Per chiunque abbia una mediocre conoscenza dell’arte e della teologia medievali, questa interpretazione è un palese travisamento della Storia. Per prima cosa la colonna della Basilica di Vézelay che ospita le reliquie di Santa Maria Maddalena, presenta ovviamente Giuda come il traditore e un simbolo di orrore e lo offre al pubblico disprezzo: la sua lingua è grottescamente fuori dalla bocca e gli occhi saltano fuori follemente quando si stringe il cappio che ha modellato per se stesso nella disperazione.

Questo capitello fu scolpito tra il 1115 e il 1120, ci dicono i libri di Storia dell’Arte, ed al pari di altre rappresentazioni simili in altre chiese, serviva a portare graficamente alla mente dei fedeli il terribile destino dell’apostolo che tradì Cristo, che fu creduto e predicato essere tra i fuochi eterni dell’Inferno. Questo è infatti il luogo in cui Dante - seguendo il tradizionale insegnamento cattolico - pone Giuda, nella fossa più profonda, o il nono cerchio, nella giaccia del Cocito, riservato ai più grandi traditori.



L’uomo che porta via il cadavere, difficilmente potrebbe essere il “Buon Pastore” o Gesù Cristo, come pretende Papa Bergoglio. Nell’XI secolo Cristo è sempre stato rappresentato nelle pitture e nelle sculture con un alone divino, la barba e sempre vestito con una lunga tunica, l’abito senza cuciture che la Madonna aveva tessuto per lui.





Abiti medievali degli operai

Questo uomo rasato con la sua corta tunica da operaio e senza aureola, sta chiaramente svolgendo il lavoro spiacevole di portare via il corpo del suicida Giuda che, secondo l’usanza, ricevette una vergognosa sepoltura dopo il tramonto. Quindi, l'espressione “ironica” del lavoratore che Francesco preferisce interpretare come una sorta di “complicità” di Cristo con il crimine di Giuda, non ha niente a che fare con sentimenti di empatia; essa esprime invece semplicemente la ripugnanza di quell’operaio nel dover portare un carico così disgustoso.

Francesco, così ansioso di riabilitare Giuda e immaginando che possa essere salvato, falsifica palesemente non solo il simbolismo della colonna di Vézelay, ma anche la teologia medievale.

Altri esempi in cui Francesco mostra di voler salvare Giuda

Questa non è la prima volta che Francis ha cercato di salvare Giuda. Egli ha parlato di questa stessa colonna della Basilica di Vézelay in un’intervista con la rivista tedesca Zeit, dell’8 marzo 2017, utilizzandola sempre per una presunta lezione di insegnamento della teologia medievale sulla misericordia di Cristo e la possibile salvezza di Giuda.

«Non dico che Giuda sia in Paradiso e salvato, ma non sostengo il contrario», ha affermato Francesco. «Posso solo dire, guardate questo capitello e a quello che pensavano i monaci del Medioevo, che hanno insegnato il catechismo con le loro sculture. E guardate la Bibbia in cui è detto: Quando Giuda prende coscienza della sua azione, va dai sommi sacerdoti. La Bibbia usa la parola pentimento, forse non ha chiesto perdono, ma si è pentito.»



Un'altra raffigurazione medievale di Giuda impiccato
con i diavoli che lo aiutano

Niente potrebbe essere più lontano dall’insegnamento cattolico. Sin dai tempi dei primi Padri della Chiesa, la Chiesa ha giudicato il suicidio come un peccato mortale, come un atto di ingiustizia nei confronti di Dio Creatore e una grave offesa contro la carità che l’uomo deve a se stesso. Così, ha condannato questo atto di disperazione come un crimine atroce e ha negato la sepoltura cristiana alla persona che si è suicidata. A questo peccato mortale, Giuda aggiunse il crimine di aver tradito l’Uomo-Dio. Questo è stato l’insegnamento costante dei monaci del Medioevo, non l’assurdità di Francesco.

Infine, nell’omelia del 6 dicembre 2016 sulla tenerezza di Dio, Papa Bergoglio descrive Giuda simpaticamente come una “pecorella smarrita” che si era pentita. “Credo che il Signore prenderà quella parola [pentimento] e la porterà con Lui”, ha detto. Questo pentimento ci dice che fino alla fine “l’amore di Dio ha operato nell’anima di Giuda”.

Seguendo l’insegnamento di von Balthasar

Perché Francesco sta cercando di riabilitare Giuda? Diversi blog si fanno questa domanda, facendo finta che Francesco sia il primo Pontefice a sostenere tale cattiva dottrina.
In realtà, egli sta solo fornendo le parole all’insegnamento del prete teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, un mentore di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Entrambi questi pontefici hanno sostenuto in modo accorato l’insegnamento di von Balthasar, ed hanno avuto solo il massimo elogio per il teologo chiamato “il più importante del XX secolo”. Il card. Ratzinger ammirò così tanto i suoi insegnamenti che fondò a Roma la Casa Balthasar, per diffondere i suoi insegnamenti, specialmente tra i seminaristi.



Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger considerano von Balthasar un maestro
e seguono il suo insegnamento sull'Inferno

Come ha giustamente dimostrato Atila Guimarães, nel suo libro Animus Injuriandi I (Voglia di offendere), von Balthasar fu uno dei primi difensori del tradimento di Giuda. A differenza di Francesco, che ripete a pappagallo il pensiero di von Balthasar col suo normale incoerente e ridicolo modo di fare, il teologo svizzero mise su con cura una teologia del tutto nuova per salvare Giuda dalla condanna eterna.

Seguendo il ragionamento del teologo, sarebbe stato Dio Padre a tradire Cristo, abbandonandolo ad una morte crudele. Quindi, il Padre avrebbe fatto per primo quello che Giuda fece dopo. Come sottolinea Guimarães, il lettore si trova costretto a concordare con von Balthasar che o entrambi sarebbero traditori - Dio Padre e Giuda - o nessuno dei due è colpevole.
Guimarães continua: “Secondo von Balthasar, quindi, Giuda fu scelto da Dio per interpretare il ruolo di Suo rappresentante”. Con ciò, il teologo assolve Giuda, presentandolo come un ministro di Dio, che eseguì la sentenza del Padre (Animus Injuriandi I, pp. 48-50).

In un’altra opera, von Balthasar appoggia la teoria del poeta francese Charles Péguy, sulla base della quale egli immagina che l’amore di Cristo per Giuda, mentre si trovava appeso alla croce, fosse così grande che gridò come “un pazzo” per esprimere la Sua mancanza di condivisione sulla dannazione del traditore. Ora, è già abbastanza brutto presentare Nostro Signore come un pazzo, ma supporre che le ultime parole di Cristo al Padre, nella sua agonia, siano state ispirate dalla pietà per Giuda è blasfemo. Von Balthasar continua a dipingere un’immagine di Giuda che susciti la nostra simpatia allo scopo di diminuire il giusto orrore che dovremmo avere per il suo tradimento (ibid., Pp. 51-53).



Giovanni Paolo II abbraccia il suo mentore von Balthasar


Questo è l’insegnamento romanzesco di von Balthasar, elogiato e sostenuto da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Adesso Francesco sta solo ripetendo la stessa storia.

Per concludere, faccio notare che von Balthasar va oltre la semplice simpatia per Giuda. Animus Injuriandi I dimostra che egli propone una “Chiesa dei condannati”. La chiama “la Chiesa preferita da Nostro Signore. Cristo è unito sia al cattivo ladro sia a Giuda - i dannati e i più abbandonati, come Cristo stesso - e discende con loro nell’Inferno. Quindi, Egli redime tutti i dannati dell’inferno e ascende con loro in Cielo, lasciando l’Inferno vuoto (Ibid., pp. 161-162, 165-166).

Come sottolinea lo studio di Guimarães: “Se qualcuno che voleva distruggere la Fede e la Chiesa cattolica stava cercando una spiegazione teologica per questo scopo, difficilmente avrebbe potuto trovare una tesi più comoda di quella esposta da von Balthasar” (Ibid., P 176).

Vediamo che i confusi tentativi di Francesco di riabilitare Giuda si basano su una teologia molto più profonda e più offensiva di quella che potrebbe tirar fuori lui sa solo; ed è la teologia progressista che ha ispirato il Vaticano II e la Chiesa conciliare.



Una raffigurazione del XV secolo del sucidio di Giuda.
Il diavolo porta via la sua anima.

Vedi anche quanto scrive Vatican Insider 

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