LA LAVANDA DEI PIEDI (Gv 13,1-20)
Giovanni non racconta l’istituzione
dell’eucaristia, ma – solo lui – il gesto che, durante l’ultima cena, Gesù
compie per spiegare il significato dell’eucaristia e della sua imminente morte.
Il gesto è quello di lavare i piedi dei suoi discepoli, e l’evangelista lo
introduce con questa frase importantissima: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (v.
1). É un gesto che rivela come Dio sia amore incondizionato, un amore che si fa
servizio, che si fa dono della stessa vita.
“Li amò fino alla fine”: fine traduce il greco telos che significa anche compimento, perfezione, termine. Richiama
le ultime parole di Gesù in croce: “Tutto
è compiuto” (Gv 19,30). Il compimento della sua vita, la sua missione è
quella di amare senza limiti, donandosi completamente alla sposa amata.
Tutta l'esistenza di Gesù si può
raccogliere nella categoria dell'amore. L'espressione «fino alla fine» indica la caratteristica di questo amore: la
totalità, fino al massimo della perfezione. Gesù ama oltre ogni misura. Il
gesto della lavanda dei piedi viene raccontato nei suoi minimi particolari (cf.
vv. 4-5) per mettere in evidenza che non è soltanto un atto di umiltà. In
realtà, come il testo lascia intuire, si tratta di un gesto di rivelazione per
mostrare un significato più profondo e autentico. È un gesto rivoluzionario che
rovescia i rapporti abituali tra maestro e discepoli, tra padrone e servi. Gesù
stesso dice che ordinariamente il maestro è onorato, servito e tuttavia qui lui
fa un gesto da schiavo. Con il suo gesto Gesù rende visibile la logica – di
amore, di servizio, di dono – che ha guidato tutta la sua esistenza e che
esprime la sua dignità e la sua filiazione divina. La lavanda dei piedi svela
chi è Gesù o, per meglio dire, rivela la figura di Dio che egli è venuto a mostrare.
È servendo e donandosi che il Cristo si rende disponibile nelle mani del Padre,
divenendone l'immagine e la trasparenza: Dio è amore. È un gesto sconvolgente
sul piano religioso perché ci comunica qualcosa del volto di Dio impensabile
per i ragionamenti umani: Dio serve l'uomo. E la lavanda dei piedi mostra che
il servire, non il potere né il comandare, è azione divina.
Gesù ha chiara consapevolezza del
senso di ciò che sta compiendo; non così i suoi discepoli. La reazione di
Pietro denota una vera e propria incomprensione del gesto di Gesù (cf. vv.
6.8). Non è semplicemente il rifiuto di un gesto di umiltà da parte di Gesù, ma
più profondamente della scelta del Messia e Signore di abbassarsi e di farsi
servitore. È un'incomprensione della via della croce, in linea con altri passi
evangelici (cf. Mt 16,22; Mc 8,32). Pietro non comprende la croce, non comprende
il modo di Gesù di rivelare se stesso. Lo riconosce come Messia e Signore, ma
proprio per questo vorrebbe che Gesù percorresse una strada differente. Di
fronte alla resistenza del discepolo, Gesù invita Pietro alla fiducia: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci,
lo capirai dopo» (v. 7)[1].
La lavanda dei piedi ha molteplici letture: ogni
simbolo – in particolare nel Vangelo di Giovanni - è ricco di significati e
troverà sempre nuove interpretazioni. Le principali parlano di umiltà,
servizio, amore reciproco, eucaristia, battesimo e penitenza. Il dialogo con
Pietro sta proprio ad indicare il bisogno di lasciarci purificare da Cristo, di
superare le resistenze, di lasciarci amare da Lui. Solo così avremo parte con
lui.
Cristo lava i piedi ai suoi per avere con sé e
accanto a sé una Sposa, una comunità totalmente pura. (…) Ormai la cena era
avanzata e non contemplava al proprio interno la lavanda dei piedi; questa,
eventualmente, andava fatta all’inizio, avanti la cena, quando gli apostoli
venivano da fuori. Interrompendo la cena, è evidente che Cristo vuole compiere
intenzionalmente una particolare azione simbolica, e cioè un singolare gesto di
purificazione: scende ai piedi degli apostoli, come per scendere alla pianta
dei piedi, alla radice del loro stesso essere. Cristo va a lavare i piedi
esattamente là dove il serpente sempre insidia nel tentativo di mordere ancora
(cfr. Gn 3,15)[2].