Il decalogo di papa Francesco
di Giuliano
Vigini
Al
termine del primo anno di pontificato, si possono sinteticamente raccogliere in
dieci punti le parole-guida del magistero di papa Francesco. In ciascuno di
questi punti si coglie un aspetto del modo di «essere Chiesa» che papa
Francesco vorrebbe, per ridare slancio, purezza e vigore alla testimonianza del
Vangelo, in questo secondo millennio dove aumentano nel mondo le sfide e i
problemi, che la Chiesa vuol affrontare con apertura e audacia nuova.
1. Cercare
l'essenziale. L'essenziale
è ciò che costituisce il nucleo fondamentale delle cose, sfrondato di tutto ciò
che è secondario o addirittura inutile orpello o che, nel corso del tempo, è
risultato superato. Per i cristiani l'essenziale è l'incontro con l'amore di
Dio: l'amore che bisogna continuamente cercare e tradurre nell'esperienza,
nella testimonianza e nell'annuncio, facendo conoscere e incontrare Cristo
nell'oggi dell'uomo[1]. L'essenziale è anche
la semplicità evangelica con cui si porta Cristo agli altri, avendo soprattutto
la consapevolezza che non siamo noi ad agire, ma che «è Lui che opera, è Lui
che trasforma, è Lui che salva la vita dell'uomo»[2]. L'essenziale è tutto
ciò che resta dopo che ci si è spogliati di sé, delle proprie ambizioni o mire
personali, ossia liberati di quello spirito del mondo che allontana dalla
purezza della propria chiamata e della propria missione. Essere consapevoli di
tutto questo è aver capito ciò che conta per essere fedeli al Vangelo.
2. Imparare il
discernimento. Discernimento è una
parola-chiave nella formazione e nella spiritualità gesuitica. Anche papa
Francesco la usa spesso, per indicare il lavorio interiore attraverso il quale
si impara a distinguere e a valutare, tra i tanti possibili atteggiamenti
umani, quelli che provengono dallo Spirito, per essere illuminati sulle
decisioni idonee da prendere per progredire nella vita spirituale e per
camminare bene nella vita. «Il discernimento non è cieco, né improvvisato: si
realizza sulla base di criteri etici e spirituali, implica l'interrogarsi su
ciò che è buono, il riferimento ai valori propri di una visione dell'uomo e del
mondo, una visione della persona in tutte le sue dimensioni, soprattutto in
quella spirituale, trascendente [...]. Fare discernimento significa non
fuggire, ma leggere seriamente, senza pregiudizi, la realtà»[3].
3. Camminare. È uno dei verbi più
frequenti nel lessico di papa Francesco, e questo perché in esso egli intravede
l'immagine stessa della Chiesa, che nel ministero della strada riconosce
la propria autentica missione. Camminare vuol dire non aspettare, ma rendersi
disponibili e accoglienti nell'andare incontro; vuol dire essere presenti e
rimanere in mezzo al popolo: «Pastori con l'odore delle pecore», per usare la
sua felice immagine[4]. Vuol dire non avere
paura della strada, delle sue difficoltà e dei suoi ostacoli; anzi, essere
sempre coraggiosi e creativi nel rinnovarsi, nell'impegnarsi e nell'osare di
più, perché si sa dove si va e chi ci accompagna lungo il cammino.
4. Fare
comunità. La
Chiesa non è una casa dove ciascuno si muove per proprio conto, senza
preoccuparsi di ascoltare, dialogare, confrontarsi con gli altri che vi
abitano. La Chiesa vive come famiglia dei figli di Dio nella misura in cui ogni
membro che la costituisce, al di là di ruoli e responsabilità, contribuisce a
farla crescere come comunità d'amore e di servizio, collaborando e sostenendo
le fatiche e le gioie di tutti. Così il Papa incontra, interviene e risponde,
sollecitando vescovi, sacerdoti e tutto il popolo di Dio a camminare insieme a
lui nella stessa direzione. Cioè a essere uniti e solleciti tra tutti, a
condividere e darsi reciprocamente la mano, per essere tutti spiritualmente più
pronti e generosi nel servire Dio e l'uomo.
5. Vivere in
frontiera. Siccome
la fede cristiana «non è una fede-laboratorio, ma una fede-cammino, una fede
storica», né è «un compendio di verità astratte»[5], bensì un'esperienza di
vita, questa fede non è vissuta nel chiuso di una stanza, stando comodi a
tavolino, ma viene sperimentata sul campo, in mezzo alla gente, nelle loro
realtà e prove quotidiane. Questa fede che esce e cammina si allontana dal
centro di ogni potere e procede, povera ma ricca della carità di Cristo che
la sorregge
e la spinge, verso le frontiere e le periferie dell'esistenza.
6. Usare misericordia. Già si è visto che il
Vangelo di papa Francesco è, prima di tutto, il Vangelo della misericordia.
Questo comporta che tutti, a cominciare dai sacerdoti, guardino di più alle
persone, facendo loro sentire che nella casa del Padre non conta ciò che si è
fatto, ma quello che si vuol fare oggi con il cuore pentito per vivere nello
spirito del Signore.
7. Accendere il cuore. Non basta enunciare dei
princìpi o formulare dei programmi, se poi non si arriva a dare calore al cuore
della gente[6]. Per questo papa
Francesco ricorda che prioritariamente «c'è bisogno di saper indicare e portare
Cristo, condividendo queste gioie e speranze, come Maria che ha portato Cristo
al cuore dell'uomo; c'è bisogno di saper entrare nella nebbia dell'indifferenza
senza perdersi; c'è bisogno di scendere anche nella notte più buia senza
essere invasi dal buio e smarrirsi; c'è bisogno di ascoltare le illusioni di
tanti, senza lasciarsi sedurre; c'è bisogno di accogliere le delusioni, senza
cadere nell'amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi
sciogliere e scomporsi nella propria identità (cfr. Discorso all'episcopato del
Brasile, 27 luglio 2013, 4). Questo è il cammino. Questa è la sfida»[7].
8. Seminare
speranza. Per
costruire il futuro, non basta l'ottimismo: ci vuole la speranza. Non, però,
una speranza ingannatrice, come spesso accade nelle fuggevoli promesse umane
dei «tanti parolai che promettono illusioni»[8], ma la grande e
durevole speranza di Cristo: quella che il Papa ha ripetutamente detto a tutti,
ma specialmente ai giovani, di «non lasciarsi rubare». Ma non è solo una
speranza che si riceve; è anche una speranza che va donata, attraverso gesti
concreti difraternità e solidarietà[9]. Per questo i
cristiani, lungi dal farsi abbattere o lasciarsi coinvolgere in una visione pessimistica
della realtà e della storia, continuano ad arare il campo per seminare nel
mondo questa speranza che illumina il presente e il futuro.
9. Costruire
ponti. Dal
Papa ai vescovi ai cristiani, l'imperativo comune è quello di costruire tra gli
uomini ponti di dialogo e di pace. Questo vuol dire innanzitutto «abbassare le
difese e aprire le porte»[10], creare spazi reali di
incontro e confronto sul piano religioso, etico e sociale, in uno
spirito autentico di fraternità per il quale nessuno è nemico o avversario o
concorrente, ma interlocutore con cui si confrontano ragioni e vie comuni per
la ricerca della verità, il perseguimento della dignità di ogni persona,
l'edificazione di una società a misura d'uomo, fondata sul rispetto reciproco,
il senso della giustizia, il vincolo della solidarietà, l'obiettivo del bene
comune.
10. Pregare. Tutto quello che si fa
come strumenti nelle mani di Dio è possibile se si è uomini di preghiera.
L'azione feconda nasce dalla luce e dalla forza che si riceve ascoltando,
invocando, lodando il Signore, e imparando da Gesù stesso come si prega e come
si vive pregando. In modo semplice, confidenziale, perseverante, abbandonati con
fiducia a Lui che «non si dimentica»[11]. L'ultimo punto del decalogo
di papa Francesco è dunque anche il primo, perché tutto comincia e si conclude
con un atto di preghiera.
(da PAPA FRANCESCO. La
Chiesa incontra il mondo, Paoline 2014, pp.83-91)
[1] «Tutto
questo, però, nella Chiesa non è lasciato al caso, all'improvvisazione. Esige
l'impegno comune per un progetto pastorale che richiami l'essenziale e che
sia ben centrato sull'essenziale, cioè su Gesù Cristo. Non
serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue, ma concentrarsi sulla
realtà fondamentale, che è l'incontro con Cristo, con la sua misericordia, con
il suo amore e l'amare i fratelli come Lui ci ha amato. Un incontro con Cristo
che è anche adorazione, parola poco usata: adorare Cristo. Un progetto animato
dalla creatività e dalla fantasia dello Spirito Santo, che ci spinge anche a
percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci! Ci potremmo chiedere:
com'è la pastorale delle nostre diocesi e parrocchie? Rende visibile
l'essenziale, cioè Gesù Cristo?»:
[2] Discorso
al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, 14
ottobre 2013.
[4] «Accogliere
con magnanimità, camminare. Accogliere tutti per camminare con tutti. Il
vescovo è in cammino con e nel suo gregge. Questo vuol dire
mettersi in cammino con i propri fedeli econ tutti coloro che si
rivolgeranno a voi, condividendone gioie e speranze, difficoltà e sofferenze,
come fratelli e amici, ma ancora di più come padri, che sono capaci di
ascoltare, comprendere, aiutare, orientare [...I. Siate pastori con l'odore
delle pecore, presenti in mezzo al vostro popolo come Gesù Buon Pastore «:
Discorso al Convegno promosso dalla Congregazione per i vescovi e dalla
Congregazione per le Chiese orientali, 19 settembre 2013.
[6] Discorso
all'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, 21
settembre 2013: ‹«Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che
riesca a portare calore, ad accendere il cuore»
[9] «Come Chiesa abbiamo tutti una responsabilità forte, che
è quella di seminare la speranza con opere di solidarietà, sempre cercando di
collaborare nel modo migliore con le pubbliche istituzioni, nel rispetto delle
rispettive competenze»: Discorso all'incontro con i poveri e i detenuti,
Cagliari, 22 settembre 2013.
Sempre sul tema della
solidarietà, molto schiette e dirette le parole di papa Francesco nel suo
discorso all'incontro di Cagliari con il mondo del lavoro: «Devo dirvi
"coraggio". Ma anche sono cosciente che devo fare tutto da parte mia,
perché questa parola "coraggio" non sia una bella parola di
passaggio! Non sia soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato
della Chiesa che viene e vi dice: "Coraggio". No! Questo non lo
voglio! Io vorrei che questo coraggio venga da dentro e mi spinga a fare di
tutto come Pastore, come uomo. Dobbiamo affrontare con solidarietà, fra voi -
anche fra noi -, tutti con solidarietà e intelligenza questa sfida storica».
[11] «Ma
soprattutto io so anche che il Signore ha memoria di me. Io posso dimenticarmi
di Lui, ma io so che Lui mai, mai si dimentica di me»: A. Spadaro, Intervista
a papa Francesco, p. 477.