Lotte faziose e fratricide nella Chiesa
Tutte queste categorie che si oppongono con violenza verbale (vedi in particolare l'uso che si fa dei social) sono contro la comunione e la fraternità che Gesù è venuto a inaugurare, ma sono la triste realtà di cristiani che non cercano prima Dio e poi i valori che Lui ci insegna, ma cercano quei valori che ritengono fondamentali prima ancora di Dio.
La lezione del cammino ecumenico è quella di chi ricostruisce una comunione rotta da secoli di lotta (anche sanguinaria) a partire da ciò che ci unisce e lasciano in secondo piano ciò che ci divide. Crediamo nello stesso Dio? Nel suo Figlio Gesù Cristo? Nello Spirito Santo? Nella Scrittura attraverso cui Dio ci parla? Basterebbe questo per abbracciarci con gratitudine e per chiedere scusa per le offese che ci siamo lanciati.
Solo dopo esserci riconciliati, riconosciuti come fratelli, possiamo cercare di confrontarci su quegli argomenti che ci dividono. Solo se ci dichiariamo un amore reciproco - per lo meno come intenzione, come sforzo - possiamo accogliere le idee contrastanti senza sentirci violati o offesi per queste.
Se io ho in famiglia un fratello che esprime opinioni che non condivido e che anzi ritengo offensive e lesive dei valori in cui fermamente credo, cercherò di discutere con lui, lo inviterò a maggiore ragionevolezza, ma non smetterò - se gli voglio bene o se voglio volergli bene - a frequentarlo. Magari non gli affiderò i miei figli, ma con loro ci troveremo ancora per condividere dei pasti o delle uscite. Cercheremo di non toccare certi argomenti per rispetto ai miei genitori che ci vogliono vedere uniti, ma anche per ripartire ogni volta dall'affetto reciproco, dall'invariabile certezza di essere parte della stessa famiglia.
Questa lunga premessa è per commentare le lotte che continuo a riscontrare sul web fra fazioni opposte, per cercare di dare risposta alle divisioni che anche nella nostra comunità si riscontrano tra adulti che si riconoscono su piani diversi e contrapposti.
Un esempio è il dibattito scaturito sul ritiro per coppie omosessuali nella Diocesi di Torino di cui ho già parlato. Nel frattempo però sono apparse sul web altre riflessioni che ritengo utili e degne di attenzioni.
In particolare riporto la riflessione di don Piero Vavassori - ospitata nel blog di don Mauro Leonardi - che scrive su "le frequenti mancanze di carità nelle discussioni fra cristiani":
Vedi anche:con queste righe desidero farti avere alcune mie riflessioni riguardo alle discussioni che ruotano intorno ai temi sulla famiglia e sulla sessualità, che suscitano molto interesse e un confronto di idee e opinioni, in alcuni casi anche molto accesso.Sono temi delicati e difficili da giudicare. Se mi permetti l’approssimazione, direi che la discussione ruota intorno alle opinioni e iniziative di alcune persone, spesso sacerdoti, che desiderano includere nella Chiesa persone che vivono situazioni che, con un certo grado di stabilità, non sono concordi con i dettami della legge naturale (divorziati risposati, omosessuali, ecc.) e coloro che vedono in alcune di queste iniziative una ferita ai permanenti valori difesi e promossi dalla Chiesa.Dicevo che queste situazioni sono difficili da giudicare. Ma allo stesso tempo non ho difficoltà nell’affermare (mi sembra quasi una ovvietà) che, fra le molte iniziative finalizzate ad accogliere queste persone, ve ne siano alcune veramente buone, che aiutano a intraprendere percorsi di maturazione, di guarigione dalle proprie ferite, di crescita spirituale e di unione con il Signore, e altre invece che sono dettate da lassismo o buonismo che tutto permette e che non aiuta a scoprire la misericordia di Dio perché non muove al pentimento dei propri peccati.Analogamente, non ho difficoltà nell’affermare che le critiche rivolte a queste iniziative siano talvolta dettate da un sincero desiderio di opporsi a qualcosa che ferisce le verità morali inscritte nel cuore dell’uomo e insegnate dalla Chiesa. Ma, allo stesso tempo, non ho difficoltà nell’affermare che altre volte queste critiche sembrano essere mosse dalla visione di una Chiesa fatta da “puri” che si contrappongono ai “cattivi” che devono rimanerne fuori, almeno fino a quando non ritorneranno ad essere “puri”.(...)In realtà, ti scrivo queste righe soprattutto per sottolineare un aspetto che può sembrare “collaterale” alle discussioni che riguardano questi temi, ma che invece si pone proprio nel loro cuore. Ovvero, le dolorosamente frequenti mancanze di carità, talvolta anche gravi, che si leggono negli articoli e nei commenti.Spesso, troppo spesso, leggo giudizi offensivi rivolti a persone che la pensano diversamente. Si parte dalla condanna dell’iniziativa o delle idee per arrivare a un giudizio di condanna della persona. Detto con altre parole, si parte con il dire “questa iniziativa è cattiva” oppure “queste idee sono sbagliate” per arrivare a dire “questa persona è cattiva”.Non è infrequente, purtroppo, leggere frasi del tipo “hai queste idee sugli omosessuali perché tu stesso sei omosessuale”, oppure “lo fai perché vuoi metterti in mostra, perché cerchi l’applauso e la notorietà”, “perché vuoi fare carriera ecclesiastica”.Solo per fare un esempio, in un recente articolo di critica al ritiro per persone omosessuali promosso dalla diocesi di Torino viene riportato il giudizio di una persona al sacerdote che ha organizzato l’iniziativa: “Lei è uno zitellone. Lei non è innamorato di Cristo. Il suo cuore non è pieno di Lui”.Il problema, in questo e in altri casi, è che ci troviamo di fronte a offese alla reputazione altrui (si veda al riguardo il Catechismo della Chiesa Cattolica, numeri 2477-2479), che non si danno solo in caso di calunnia (ovvero, affermazioni contrarie alla verità che danneggiano la reputazione degli altri), ma anche in caso di giudizio temerario (ammettere come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale del prossimo) e di maldicenza (rivelare i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano).La vera questione, quindi, non è solamente se questi giudizi siano veri oppure no (maldicenza o calunnia), ma soprattutto che non è mai moralmente lecito offendere la reputazione delle persone, anche se il fine che ci si propone è la difesa della verità.(...)
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