I BABY FIDANZATINI: UNA NUOVA MODA?
Proseguo con le mie riflessioni sulla "vita sessuale tra Chiesa e società"
Permettetemi un’altra riflessione. Fino a pochi decenni fa era comune, per lo meno nei paesi occidentali, che i bambini delle scuole elementari vivessero una fase di disinteresse e di distacco nei confronti dei coetanei di sesso opposto e una tendenza a fare amicizia e a giocare solo con i coetanei dello stesso sesso. C’era tra loro una sorta di competizione e di rifiuto reciproco: “che schifo i maschi!” poteva dire una bambina e “io non gioco con le femmine”, dire un bambino. E’ (o forse era) la “fase di latenza” sessuale che gli psicologi notavano tra i bambini in fase prepuberale. Da qualche decennio si assiste invece ad una nuova moda: quella di misurare il proprio valore in base all’interesse che viene suscitato nei confronti dei compagni di sesso opposto. Più sono desiderato, più valgo. Gli amici funzionano come tramite per comunicare le preferenze e far sapere se sono corrisposte o a chi io possa piacere. Per i più intraprendenti c’è anche la possibilità di chattare con il cellulare e combinare fidanzamenti attraverso messaggini e, con gli stessi strumenti, lasciarsi presto per buttarsi in una nuova avventura. Perché questo repentino cambiamento di comportamenti? Si tratta solo un innocua moda dei millenials o “nativi digitali”, cioè delle ultime generazioni cresciute con le tecnologie digitali e con programmi televisivi che inneggiano all’amore “liquido” e ludico? Una moda che gli adulti approvano e favoriscono chiedendo ai bambini dell’asilo se hanno la “fidanzatina” e riconoscendo in loro un particolare valore nel caso di una risposta affermativa? Non avanzo risposte, ma solo alcune riflessioni. Innanzitutto il fatto che ci si immetta in un sistema di relazioni basate sul mercanteggiare, dominate dalla mentalità consumistica: io valgo un tot e con quel tot devo acquistare il miglior oggetto che ci sia in commercio, pronto a lasciarlo per acquistarne uno nuovo che mi attira di più e promette di corrispondere meglio alle mie aspettative (spesso indotte).
[1] I dati statistici affermano che un bambino su
cinque ha disturbi mentali e che negli ultimi quindici anni sono aumentati i
casi di depressione giovanile del 15% e i casi di suicidi del 200%. Cfr. https://it.aleteia.org/2017/08/31/la-tragedia-silenziosa-che-sta-colpendo-i-nostri-bambini-oggi/
Permettetemi un’altra riflessione. Fino a pochi decenni fa era comune, per lo meno nei paesi occidentali, che i bambini delle scuole elementari vivessero una fase di disinteresse e di distacco nei confronti dei coetanei di sesso opposto e una tendenza a fare amicizia e a giocare solo con i coetanei dello stesso sesso. C’era tra loro una sorta di competizione e di rifiuto reciproco: “che schifo i maschi!” poteva dire una bambina e “io non gioco con le femmine”, dire un bambino. E’ (o forse era) la “fase di latenza” sessuale che gli psicologi notavano tra i bambini in fase prepuberale. Da qualche decennio si assiste invece ad una nuova moda: quella di misurare il proprio valore in base all’interesse che viene suscitato nei confronti dei compagni di sesso opposto. Più sono desiderato, più valgo. Gli amici funzionano come tramite per comunicare le preferenze e far sapere se sono corrisposte o a chi io possa piacere. Per i più intraprendenti c’è anche la possibilità di chattare con il cellulare e combinare fidanzamenti attraverso messaggini e, con gli stessi strumenti, lasciarsi presto per buttarsi in una nuova avventura. Perché questo repentino cambiamento di comportamenti? Si tratta solo un innocua moda dei millenials o “nativi digitali”, cioè delle ultime generazioni cresciute con le tecnologie digitali e con programmi televisivi che inneggiano all’amore “liquido” e ludico? Una moda che gli adulti approvano e favoriscono chiedendo ai bambini dell’asilo se hanno la “fidanzatina” e riconoscendo in loro un particolare valore nel caso di una risposta affermativa? Non avanzo risposte, ma solo alcune riflessioni. Innanzitutto il fatto che ci si immetta in un sistema di relazioni basate sul mercanteggiare, dominate dalla mentalità consumistica: io valgo un tot e con quel tot devo acquistare il miglior oggetto che ci sia in commercio, pronto a lasciarlo per acquistarne uno nuovo che mi attira di più e promette di corrispondere meglio alle mie aspettative (spesso indotte).
C’è
sempre chi rimane fuori da questo mercato, chi viene considerato uno “sfigato”
in base ad un aspetto non corrispondente ai canoni estetici del momento; chi
non ha autostima ed intraprendenza; chi per timidezza rimane all’angolo e si
sente fuori gioco, senza valore, incapace di competere in un mercato così
impegnativo ed esigente, un mercato che mette al primo posto la bellezza, ma
non disdegna neanche un carattere forte o la capacità di far ridere gli altri
(spesso a spese dei deboli che facilmente diventano vittime di bullismo).
Quante frustrazioni e complessi di inferiorità nascono in tali contesti e
influenzano il bambino con forti strascichi che si ripercuoteranno in futuro.
Si tratta solo di un gioco che ci prepara a diventare adulti? Non dimentichiamo
che questo “gioco” coinvolge emozioni e sentimenti: il bambino è impreparato a gestire
situazioni che lo coinvolgono così profondamente e spesso vive veri drammi
sentimentali per essere stato rifiutato, per non riuscire a gestire le proprie
emozioni, le paure, i desideri. E’ un caso che siano in forte aumento le
“depressioni giovanili” (fino al suicidio), le crisi da panico, i disturbi
alimentari spesso gravi, a volte mortali, gli abbandoni scolastici (per lo meno
per tempi più o meno prolungati) i problemi psichiatrici[1]?. In questo
“gioco” inoltre non si hanno regole chiare da rispettare, controllo e limiti da
parte della società e della famiglia: a che età è giusto garantire la privacy di mio figlio che si apparta con
la sua amica? Che controllo ho delle attività che mio figlio ha con gli altri,
dell’uso che fa dei mezzi di comunicazione? Quanti fatti di cronaca mostrano
genitori ignari del fatto che il proprio figlio sia arrivato a prostituirsi o a
mostrarsi nudo in foto che vende per pochi soldi? Che abbia abusato
sessualmente, magari in gruppo, di un’altra persona? Che sia un piccolo bullo o
un violento teppista?
Non
si vuole terrorizzare ulteriormente i genitori: quante ansie e paure già vivono
nei confronti dei propri figli che, in età pre-adolescenziale, diventano spesso
e improvvisamente degli sconosciuti che rifiutano ogni contatto e ogni dialogo
con i propri familiari. Domandiamoci però che dialogo è stato costruito con
loro nei periodi in cui questo era ancora possibile, quanto li si è aiutati a
maturare lasciando che affrontassero piccole difficoltà e fallimenti.
Domandiamoci se non ci si è piuttosto impegnati ad evitargli qualsiasi
delusione e ostacolo che potesse turbarli, trasformandoci in una sorta di
genitori “amuchina” che “sterilizzano e detraumatizzano tutti gli ambienti
destinati alla crescita dei loro pargoli”[2] o “genitori
spazzaneve” che tolgono ogni ostacolo sul cammino del proprio figlio, gli
prendono lo zaino di scuola perché non porti pesi, si arrabbiano con la maestra
che non lo ha compreso e valorizzato adeguatamente, anzi si è permessa di
mettergli una nota che, ai loro occhi, appare chiaramente ingiusta e
ingiustificata. Quanti piccoli tiranni e bamboccioni abbiamo fatto crescere, o
meglio, gli abbiamo impedito di crescere?
[1] I dati statistici affermano che un bambino su
cinque ha disturbi mentali e che negli ultimi quindici anni sono aumentati i
casi di depressione giovanile del 15% e i casi di suicidi del 200%. Cfr. https://it.aleteia.org/2017/08/31/la-tragedia-silenziosa-che-sta-colpendo-i-nostri-bambini-oggi/
[2] A. Matteo, Tutti
muoiono troppo giovani, Rubettino 2016, p.51.