Il Papa ai preti di ogni età (a ciascuno il suo)
Il tradizionale incontro del giovedì dopo le ceneri con il clero romano è stato un'occasione penitenziale per ricordare a noi preti innanzitutto il bisogno di rinnovare il centro della nostra vita: Dio e non le sue opere e poi il bisogno di riconciliarci con Lui e di avere anche noi un direttore spirituale.
Prima del Papa è intervenuto il suo vicario, Mons. Angelo De Donatis a ricordarci che "l'elemosina più bella è ascoltare le persone", "l'elemosina dell'ascolto":
un colloquio apre il cuore, può rigenerare l'anima. Quando ascolto nella pace, la pace entra nell'intimo di chi mi parla. E' un bene fatto bene: nessuno diventa famoso perchè ascolta qualcuno in silenzio per mezz'ora, un'ora. Che grande elemosina! Che esercizio di gratuità! Ascoltare senza pensare a cosa dovrò fare dopo, come se tutto si giocasse lì, con quel fratello, in quel momento.Nell’omelia l’arcivescovo ha definito i tre pilastri della Quaresima indicati dal Vangelo come
tre medicine da prendere contemporaneamente. L’elemosina guarisce il nostro rapporto con gli altri, la preghiera il nostro rapporto con Dio, il digiuno la relazione con le cose create.«bisogna fare il bene e farlo di nascosto, dimenticando i riconoscimenti. Quanti ministri della Chiesa oggi sanno vivere una santità a riflettori spenti? L’invito di Gesù è scegliere tra l’ammirazione degli uomini e lo sguardo paterno di Dio».
Quanto al secondo pilastro della Quaresima, per De Donatis «la preghiera rivela lo stato di salute della nostra figliolanza. Chi si sente figlio prega, chi trascura la preghiera è un credente con il cuore di servo non con il cuore di figlio, e noi preti – ha sottolineato il presule – non possiamo permettercelo». La preghiera autentica, però, include «l’amore per la realtà». E qui il vicario mette in guardia i sacerdoti da un pericolo: «Stiamo attenti alla retorica clericale dello spendersi senza sosta e senza orari, che non ha nulla a che fare con il donarsi».
Infine, il digiuno. «Perché Dio – afferma De Donatis – vuole risvegliare la fame di ascoltarlo». E va attuato «con il capo profumato e il volto pulito, segni della gioia nell’antico Israele». Un digiuno che è anche «dalla tv, da internet e dalle chiacchiere».
E poi l'intervento del Papa, al termine della celebrazione penitenziale. Ha risposto a delle domande poste da sacerdoti di tre fascie d'età: quelli giovani (30-40 anni), quelli di mezza età (40-50) e quelli anziani (60 anni in poi).
Ai più giovani ha consigliato di:
Cercare un uomo saggio che guidi, aiuti, dialoghi e aiuti nel discernimento. Perché il sacerdote è un uomo celibe, “ma non può vivere solo, senza un compagno di cammino, una guida spirituale”. Una cosa che aiuta tanto, dice ancora Francesco, sono i “piccoli gruppi di sacerdoti che si accompagnano: la fraternità sacerdotale. Si incontrano, parlano e questo è importante, perché la solitudine non fa bene. Non fa bene”.A quelli dell'età matura ha ricordato il rischio della crisi della mezza età, come in tanti matrimoni, le tentazioni del "demonio del mezzogiorno":
un’età in cui tanti ideali apostolici si ridimensionano, l’appoggio della famiglia di origine si affievolisce, anche la salute inizia a dare qualche problema. C’è poi il super-lavoro che ha disabituato i sacerdoti a prendersi cura di se stessi adesso che ne avrebbero bisogno.Francesco parla di una seconda chiamata del Signore (e consiglia di leggere un classico del cardinal Vanhoye, "La seconda chiamata" che, al momento, non è possibile trovare in commercio):
E’ un momento di molte tentazioni, è un momento nel quale ci vuole una necessaria trasformazione. Non si può continuare senza questa necessaria trasformazione, perché se tu continui così, senza maturare, dare il passo in questa crisi, finirai male. Finirai nella doppia vita, forse, o lasciando tutto … Ci vuole questa necessaria trasformazione. Non ci sono più quei primi sentimenti e succede come nel matrimonio: non ci sono più innamoramento, entrare in amore, quello … nella emozione giovanile … no … Le cose si sono calmate, vanno in un altro modo. Ma sì, rimane una cosa che dobbiamo cercarla dentro: il gusto dell’appartenenza.Appartenenza ad un corpo – spiega – il piacere di condividere, di camminare insieme. Appartenenza alla diocesi, al presbiterio…e anche qui il consiglio: cercare aiuto , subito, “perché è pericoloso andare avanti da soli in questa età”. Un’età in cui la preghiera diventa donazione al Signore e donazione agli altri che devono crescere mentre tu diminuisci, dice il Papa, perché è il tempo della fecondità, tempo della potatura e anche delle tentazioni. Infine tempo per cominciare a imparare “a congedarsi”, perché “questo non si improvvisa”.
Ai sacerdoti con 35, 40 e più anni di ministero.
Siamo passati attraverso fasi di cambiamenti rapidi, dicono al Papa nella loro domanda, “non di rado ora sentiamo la fatica e l’inadeguatezza e non sempre possiamo attingere all’esperienza per corrispondere alle nuove domande e alle esigenze del ministero”. E chiedono di sapere come il Papa ha vissuto il passaggio alla stagione matura del suo ministero sacerdotale, quali “i punti fermi della sua vita spirituale” . Una difficoltà vera, conferma il Papa, quella di non riuscire a trovare il linguaggio di oggi, delle nuove tecnologie, ad esempio, ma “la cosa più importante a questa età è quello che si può fare: quello di cui oggi ha bisogno la gente”.
Questa età è l’età del sorriso, afferma Francesco, offrire uno sguardo amabile. E questo si può fare. E’ il tempo “di offrire un perdono senza condizioni nel Sacramento della Riconciliazione, ma non solo: si può avere una nuova disponibilità:
Si può avere vicinanza, la compassione di un padre. I padri anziani, che conoscono la vita, sono vicini alle miserie umane, vicini ai dolori. Non parlano troppo, ma forse, con lo sguardo, con una carezza, con il sorriso, con una parola, fanno tanto bene. Si può ascoltare tanto, tanta gente che ha bisogno di parlare della propria vita, di dire. Ascoltare nel tempo di fare i ministero dell’ascolto. La pastorale dell’orecchio.Importante è il dialogo tra gli anziani e i giovani, il rapporto dei sacerdoti anziani con i giovani, importante, dice, “perché è dare radici ai giovani.
I giovani hanno bisogno di radici, oggi che questo mondo tanto virtuale, di una cultura virtuale senza sostanza, strappa loro le radici o non li fa crescere, le fa perdere loro. E questa è un’urgenza del tempo, che i sacerdoti anziani possono fare: aiutare i giovani a trovare le radici, a ritrovare le radici. E’ una speciale vocazione per i sacerdoti che stiamo in questa età. Con i giovani per essere sognatori con i giovani.L'esperienza personale di Francesco
Il Papa poi confida qualcosa della sua esperienza, di quando terminato un incarico importante di governo si è sentito senza nulla da fare e lì è cominciato “un tempo di grande desolazione, un tempo oscuro. Io credevo che fosse già la fine della vita, perché io credevo che la pienezza della mia vocazione era nel fare le cose”. E dice che ciò che l’ha aiutato è stata la preghiera davanti al tabernacolo.