Il fondatore dei Canonici Regolari I.C., dom Adrien Gréa
«Non abbiamo una spiritualità particolare, non abbiamo che la spiritualità della Chiesa. E a quella bisogna attenersi. Come la vita religiosa è la perfezione della vita della Chiesa, così la spiritualità dei religiosi deve essere la perfezione della spiritualità della Chiesa ».(Cfr. D. Gréa, Conf. VP, n.35, p.274)
« Noi dobbiamo amarci come si amano i santi in cielo; noi dobbiamo nutrire gli uni gli altri lo stesso amore che nutriamo per Cristo, che abita in ciascuno di noi. La carità che ci unisce deve essere la stessa carità che unisce il Padre e il Figlio, cioè lo Spirito Santo. L’affetto che ci unisce è lo Spirito Santo che è stato effuso nelle nostre anime ». (D. Gréa, Conf. 9.11.1894, in VP, p. 83.)
Dom Gréa vogliamo riviverlo ben oltre il fatto che è fondatore della Comunità dei Canonici Regolari dell’Immacolata, dell’Ordine dei Canonici di Sant’Agostino ma come un “dono” per tutti noi, per tutta la Chiesa nei suoi sacerdoti, quasi rivendicando per loro, come in un sogno, l’antica Regola di vita apostolica con i loro Vescovi ed impostando la vita pastorale più come centri d’irradiazione, di preghiera, di studio, di vita comune che l’inseguimento continuo di nuove tecniche. Il presbiterio, nella fraternità e nella preghiera con il suo vescovo, diventa il fulcro e il segno più importante della diffusione del Vangelo. (p. Lorenzo Rossi , Cric)
“Spesso ci domandano: ad quid venisti? Qual è il vostro specifico nel mondo? Quale lo scopo del vostro istituto. Ah! Noi non siamo nuovi, ma antichi. Noi pratichiamo la vita apostolica, noi viviamo quanto gli antichi concili hanno emanato.
L’opera che ci accingiamo ad intraprendere non è un’opera particolare, quale, per esempio il riscatto dei prigionieri, la cura dei malati, l’assistenza agli orfani. Sono delle opere buone, sante, lodevoli, necessarie. Ma, al di sopra di queste opere, c’è la penitenza e la preghiera. Questo è ciò che noi vogliamo fare, questo è il nostro spirito: è lo spirito degli Apostoli”.
CENNI BIOGRAFICI
Nasce a lons-le-Saulnier (Jura,
Francia) il 28 febbraio 1828 da nobile famiglia.
Il
padre lo destina allo studio del diritto civile a Parigi, dove però ottenne
anche un diploma di archivista in cui approfondisce le strutture ecclesiali del
medioevo, suo vero campo di interesse.
In
questi anni giovanili matura anche la sua vocazione al sacerdozio, fortemente
contrastata dal padre. Si forma come un autodidatta, con un percorso
intellettuale, teologico e spirituale rigoroso, ma personale e sganciato dalle
scuole ufficiali, piuttosto vicino alla spiritualità benedettina.
Ordinato
sacerdote a Roma nel 1856, incardinato nella diocesi di St.Claude,
vive i primi anni di sacerdozio come cappellano di una chiesa operaia di Baudin prima di essere chiamato nella Cattedrale come vicario generale del
vescovo per 18 anni (1863-1881).
A
Saint-Claude, aveva iniziato con due o tre seguaci a praticare le osservanze e
le penitenze della vita canonicale, a recitare in comune l’ufficio divino
secondo le ore liturgiche. La professione emessa, dopo i voti privati, nelle
mani del vescovo l’8 settembre 1871 segnò
l’inizio della comunità, alla quale Pio
IX, benedicendola, aveva imposto il nome di Canonici Regolari
dell’Immacolata Concezione.
Incontrò
il papa nel 1870, partecipando al Concilio Vaticano I come teologo del suo
vescovo e gli espose il suo progetto di restaurare in Francia i Canonici
Regolari secondo una osservanza molto stretta tratta dalle regole di
Sant’Agostino e San Benedetto.
La
vita proposta era particolarmente dura, ma non scoraggiò altri giovani che
presto si unirono a lui.
Si
intensifica intanto il suo impegno teologico con la pubblicazione de L’Eglise et sa divine costitution
(1885), scritto su cui lavorava da tutta una vita e altre opere e articoli
sempre di carattere ecclesiologico, liturgico (un’altra pubblicazione degna di
particolare nota è La Sainte Liturgie
del 1909) e storico.
L’Istituto
venne confermato dal papa Leone XIII nel 1887, rimandando ad un tempo più
opportuno l’approvazione delle Costituzioni ancora non ultimate. Nonostante le
tante dichiarazioni di stima, la nuova comunità fu anche motivo di critiche e
tensioni, in particolare con il clero diocesano. Il Gréa si vide così costretto
a trasferire la comunità, nel 1890, a St-Antoine
(diocesi di Grenoble), nella vecchia Abbazia semi abbandonata, ma resa illustre
dalla presenza dei resti di Sant’Antonio abate.
Qui visse con buona parte dei suoi,
mentre diverse altre comunità satelliti, più piccole di numero, sorsero oltre
che in Francia anche in Svizzera, in Italia e presto in Canada (dal 1889?) e in
Perù (dal 1905).
E’ quella che verrà ricordata come “l’epoca d’oro”, tempo di espansione ed
entusiasmo, in cui il fondatore poteva infondere la sua spiritualità con una
presenza viva ed una parola ricca e profonda, donata in modo costante in una
serie di conferenze (raccolte in La Voix
du Pére, 1947-1948), ed essere eletto, nel 1896, abate di St-Antoine.
Il nuovo secolo si aprì per lui con un periodo di grandi difficoltà e
crisi profonde. Nel 1903 le leggi anticlericali del governo francese
costrinsero la Congregazione all’esilio
in Italia (Andora, Liguria) mentre il Vaticano premeva perché venissero
presentate al più presto le Costituzioni definitive (cosa che dom Grèa
rimandava, in quanto consapevole delle resistenze che avrebbero incontrato
soprattutto dal punto di vista giuridico).
Anche all’interno della Comunità
iniziarono i problemi: alcuni confratelli esprimevano insofferenza nei riguardi
delle rigide osservanze richieste che mal si adattavano con gli impegni
pastorali. Il Vaticano decise di nominare, nel 1907, dopo una visita
apostolica, A.M. Delaroche quale
Vicario Generale dell’Istituto, al posto di dom Gréa, con l’incarico di
presentare al più presto le Costituzioni all’approvazione della Santa Sede,
cosa che riuscì a fare nel 1912.
In queste Costituzioni venivano
soppresse quasi tutte le osservanze monastiche e si instaurava una forte
centralizzazione come per tutte le altre congregazioni clericali. Dom Grèa non
vi riconobbe più la sua opera e chiese di potersi ritirare con un confratello
nella casa paterna di Rotalier. Qui morì, ormai quasi novant’enne, il 23 febbraio 1917, condividendo con
altri fondatori l’esperienza di dover, ancora in vita, abbandonare l’opera che
il Signore gli aveva affidato.
Al prefetto
della Congregazione per i vescovi e religiosi, card. Vivès, scrive:
“Vostra eminenza non può dubitare della mia sottomissione, ma non posso dissimularle che, poiché nella nuova costituzione è abilita nei suoi punti essenziali l’opera a cui io sono votato da 50 anni, io mi ritiro nella preghiera e nel silenzio”.
IL GREA, AMANTE DELLA STORIA DELLA CHIESA
(e dei Padri della Chiesa)
Dai suoi studi
giovanili e dal clima romantico in cui si trova immerso nacque in dom Gréa
l’ammirazione per il mondo cristiano antico e per l’epoca medioevale in
particolare. In anticipo con i tempi, aveva inoltre riscoperto e amato i Padri
della Chiesa e il ruolo avuto fino al XII secolo dai Canonici Regolari.
Dai Padri della Chiesa riprende la
concezione trinitaria della Chiesa (dimenticata e riscoperta “ufficialmente”
solo nel XX secolo)e il suo essere Mistero, Sposa e Madre.
Le fonti cui Gréa
attinge abbondantemente sono, per il suo tempo, abbastanza “inusitate”: la
Bibbia, San Tommaso e soprattutto i Padri (di cui cita in particolare Leone
Magno, Cipriano, Ignazio di Antiochia e
lo PseudoDionigi Areopagita).
Dei Canonici Regolari riscopre come essi
fossero stati l’espressione più autentica del clero ordinario al servizio delle
Cattedrali (e quindi del loro vescovo) e poi dei molti monasteri sparsi in
Europa. Era affascinato dalla loro vita comune, dall’amore per la liturgia,
dall’unire la vita religiosa con la vita pastorale.
Dal VI secolo
“canonico” è colui che conduce una vita in comune con il vescovo della città,
secondo l’esempio in particolare di quanto aveva vissuto sant’Agostino d’Ippona
(già dal IV secolo, il primo ad unire vita religiosa e sacerdozio) e
Sant’Eusebio da Vercelli (sempre nel IV secolo).
Sono “regolari” in
quanto seguono una regola comune, quella attribuita a sant’Agostino (introdotta
dall’VIII secolo).
Già
dal 1865 inizia a realizzare il suo sogno: restaurare in Francia l’istituto dei
Canonici Regolari scomparsi con la Rivoluzione Francese e così reintrodurre la
vita comune e religiosa nel clero diocesano, creando dei preti che siano i
religiosi del vescovo.
Ai suoi Canonici
proponeva di tornare alle antiche usanze: preghiera corale giorno e notte
insieme a prolungate forme di astinenza e stretto digiuno in molti periodi
dell’anno. Centrali erano l’azione liturgica, lo spirito di penitenza, lo
studio e le attività pastorali.
(T.
Goffi, Storia della spiritualità)
DOM
GREA, AMANTE DELLA CHIESA
“Dom Grèa è l’uomo di un libro, quello sulla Chiesa, intorno al quale lavorò per 30 anni, che solo alla fine della sua vita ristampò e completò; l’uomo di una sola idea, che questo libro inserisce in una luce al tempo stesso mistica e dogmatica; l’uomo della Chiesa, un grande contemplativo della Chiesa”. (p. T. Battisti, Cric)
“Quattro fiaccole risplendono nel buio panorama ecclesiologico del XIX secolo: J.A. Mohler in Germania, J.H. Newman in Inghilterra, A.Rosmini in Italia e A. Gréa in Francia” (T. Federici).
“L’opera
vostra sarà per molti una vera rivelazione, perché mentre si conoscono
abbastanza le caratteristiche esteriori della Chiesa, troppo generalmente
s’ignora ciò che vi ha di divino nella sua intima costituzione e nella sua
gerarchia”
(card. Langénieux, arcivescovo di
Reims, 1885).
Per
dom Grèa la Chiesa
non si risolve nella sua entità giuridica, ma è
-
Opera della Trinità
che alla Trinità è destinata;
-
Mistero, cioè realizzazione del piano
salvifico;
-
“La
Chiesa è Cristo stesso”; “la
pienezza”, “il compimento del Cristo, il suo corpo e il suo sviluppo reale e
mistico: è il Cristo totale e compiuto”
-
Sacramento, cioè mezzo e strumento con cui
Cristo rende presente perpetuamente la sua grazia salvifica;
-
Sposa di Cristo e nostra Madre;
Gerarchicamente costituita secondo una processione che parte dal Padre, capo del Figlio (prima
gerarchia) e dal Figlio, capo della Chiesa discende ai suoi Apostoli (seconda
gerarchia), i cui successori sono i vescovi, capi della Chiesa particolare
(terza e ultima gerarchia), secondo quanto il Cristo stesso afferma nel vangelo
di Giovanni: “Come il Padre mi ha
inviato, così anch’io mando voi” (Gv 17,18).
“Il Gréa apre la sua ecclesiologia in una prospettiva chiaramente teologica, poiché si chiede quale sia il posto della Chiesa nel disegno salvifico divino e nella sua realizzazione nell’economia concreta di salvezza. La Chiesa concepita nella sua preesistenza divina si realizza nella storia della salvezza e inizia già la sua preparazione nei progenitori dell’umanità. Concepisce il mistero gerarchico come strumento e rappresentazione della gerarchia invisibile della Chiesa (il Padre principio del Figlio – Cristo capo della Chiesa – il Vescovo capo della Chiesa particolare) e al servizio dei fedeli. (…) Grèa in pratica parte dalla realtà misterica della Chiesa come opera del Dio Trino per redimere l’uomo” (A. Anton)
“Così questo trattato (sulla Chiesa) avrà la sua naturale divisione. Dio è il capo di Cristo; il Cristo è il capo della Chiesa universale; il vescovo lo è della Chiesa particolare. Due grandi soggetti da studiare ed in cui sarà diviso questo lavoro: la Chiesa universale e la Chiesa particolare; e al di sopra, come tipo e origine che regola tutti i movimenti inferiori, l’eterna società del Padre e del Figlio, da cui la Chiesa procede, in cui ha la sua forma e il suo esemplare a cui è associata e verso cui risale sempre come a suo centro, sua beatitudine, suo compiacimento”(dom Gréa, De l’Eglise)L’IMPORTANZA della CHIESA PARTICOLARE
“Dopo il 1870, alla teologia delle Chiese locali sarà data poca attenzione, se si eccettua la pubblicazione di dom Gréa”(H. Legrand)
Dom Grèa è stato “antesignano della riscoperta dell’episcopato…pioniere della teologia della Chiesa particolare”(G. Canobbio)
«Come vi è una circuminsessione del Padre nel Figlio (“Io sono nel Padre ed egli è in me”, Gv 14,10), vi è allo stesso modo una circuminsessione di Gesù Cristo e della Chiesa universale (“Voi siete in me ed io in voi”, Gv 14,20); ciò fa dire allo stesso modo del Vicario di Gesù Cristo, poiché egli tiene il posto del capo: “Dove è Pietro, là è la Chiesa” (Ambrogio). Infine vi è una circuminsessione del vescovo e della sua Chiesa particolare, il che fa dire a san Cipriano: “Voi dovete comprendere che il vescovo è nella Chiesa e la Chiesa nel vescovo” »(dome Gréa, De l’Eglise) “Il vescovo porta a perfezionamento la sua chiesa formandosi una corona di cooperatori; in essa, per un’ultima comunicazione della missione sacerdotale, si costituirà un ordine di sacerdoti in tutto inferiore all’episcopato, i quali ne partecipano la virtù, ma senza poterla trasmettere (…) sono il senato della chiesa particolare e vi costituiscono quell’assemblea che nell’antichità veniva chiamata presbiterio”.(dom Gréa, De l’Eglise)
L’ECCLESIOLOGIA TRINITARIA del Gréa
“Gréa contempla tutto a partire dall’alto, dall’immutabile, dall’universale… La costituzione della Chiesa non è divina solamente nella sua fondazione: essa deriva, imitandolo, dal mistero trinitario, che ha la fonte della processione e della comunione a partire dal Principio monarchico”(Y.M. Congar)
“Dom Gréa afferma che per risalire al seno del Padre noi abbiamo bisogno delle missioni invisibili della ss.Trinità, le quali si comunicano a noi mediante le missioni visibili del Cristo e dello Spirito nella chiesa” (T. Goffi, Storia della spiritualità)
“C’è del mistero in questo e i ragionamenti tratti dalle analogie umane non possono arrivarci; i governi umani (…) non offrono nulla di simile, ma bisogna elevarsi più in alto e cercare nell’augusta Trinità la ragione e il tipo di tutta la Chiesa” (Dom Gréa, L’Eglise)
«Dom Gréa ci invita a una “contemplazione” della Chiesa, ci parla costantemente del suo “mistero”, del “mistero della sua vita”, ce la mostra nel suo rapporto con la Santa Trinità, Chiesa che proviene dal Padre e vi ritorna diretta dal Cristo e animata dallo Spirito Santo. Ma questa visione mistica è quella di un organismo molto ben strutturato che si sviluppa visibilmente nella storia». (H. de Lubac)
"Questo mistero è sublime! Il figlio è nel Padre come nel suo principio; il Padre è nel Figlio come nel suo splendore sostanziale. La Chiesa è anche nel Cristo come nel suo principio e il Cristo è nella Chiesa come nella sua pienezza. Infine, la Chiesa particolare è ancora nel suo vescovo come nel suo principio, e il vescovo è nella sua Chiesa come nella sua pienezza, lo splendore del suo sacerdozio e della sua fecondità." (Dom A.Grea; L'eglise)
DOM GREA, AMANTE DELLA LITURGIA
“Si semina molto e si raccoglie poco. Perché? Perché queste azioni non sono radicate nella penitenza. La chiesa soffre di un male e questo male non è la mancanza di attività, ma l’affievolirsi dello spirito di penitenza e di preghiera.Ecco chi sono i Canonici Regolari: sono uomini che nel mondo vogliono innalzare e sostenere lo stendardo della preghiera e della penitenza”(Dom Gréa)
“Come si può esprimere l'eccellenza della preghiera liturgica ? Iddio ha creato il cuore dell'uomo per riempirlo del suo amore. Egli parla e questi l'ascolta.In questa divina relazione vi sono tre gradi.Talvolta l'uomo è solo : ecco la preghiera individuale di cui è detto : «Entra nel segreto della tua stanza, chiudi la porta, parla a tuo Padre, e il Padre tuo che vede nel segreto, intenderà la tua voce»;Talvolta si ha la preghiera in compagnia : «quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo ad essi». Assai diffuse infatti sono nel mondo cristiano le pie associazioni e confraternite della preghiera.Ma se la preghiera d'una sola anima è così potente, «se la preghiera di due o tre riuniti insieme», dice S. Ignazio di Antiochia, e quella di qualunque aggregazione di fedeli formata dalla loro semplice volontà e l'attrattiva della loro pietà «ha sì grande forza, che sarà della preghiera di tutta la Chiesa» cioè dell'atto supplichevole della stessa Sposa di Gesù Cristo ? Orbene la preghiera liturgica è questa preghiera della Chiesa: è la voce della Sposa che parla allo Sposo, e riveste un carattere mistico che ne fa sulla terra il principio dell'unica occupazione degli eletti.”
(A. Gréa, introduzione a La Sainte Liturgie)
“Chi non ha la devozione per Maria, non l’ha per Gesù…perché Maria è la Madre del bell’amore…la madre della pietà".“L’ufficio canonico, nella sua cadenza in ore liturgiche, è il nutrimento preparato dallo Spirito Santo per tutto il genere umano” scriveva il Gréa al primo gruppo dei suoi figli che si apprestavano a partire per il Perù. “A voi spetta il compito di far risuonare la santa salmodia in quei luoghi fino ora condannati al silenzio dello Sposo e della Sposa”.Dom Gréa desiderò che tutto il popolo partecipasse pienamente alla liturgia. Sente che questa partecipazione è “necessaria” affinchè la celebrazione liturgica abbia pienezza di significato.L’Ufficio divino, come ogni Parola di Dio proclamata nella Liturgia, è per il popolo e in vista del popolo. Esso non è fatto per essere letto nel segreto di una stanza, “ma per essere pubblicamente celebrato in chiesa, alla presenza dei fedeli, tenuto conto della loro devozione o della libertà che le occupazioni della vita loro concedono”.A MARIA (e alla CHIESA) nostra Madre
Gesù vuole che abitiamo
con Lui
nella gloria di sua Madre.
Rallegriamoci di essere i figli,
i Canonici dell’Immacolata
Concezione.
Onoriamo e facciamo onorare
questo mistero.
Conosciamolo, meditiamolo,
facciamolo l’oggetto
delle nostre gioie,
glorifichiamolo con la nostra
condotta
e principalmente con la nostra
umiltà.
(Dom Gréa, Saint Antoine 8.12.1894)
Dom Gréa non
dimentica la profonda connessione che c’è tra Maria e la Chiesa:
"La Chiesa è la sposa; Maria è la madre”.
“Gesù nel suo
sacrificio presenta al Padre quanto ha di più caro: sua Madre e la sua Sposa.
..la vita di Maria è un insieme misterioso ed ineffabile di dolori e di
gioie…Maria è madre della Chiesa”.
IL
CARISMA DI DOM GREA: le sue consegne
Non è facile cambiare, ridare il giusto posto alla “chiamata” e alla “missione CRIC”, in una “crisi epocale” che impone di trovare lo slancio per rispondere con “un cambiamento altrettanto epocale”, che investa il “modello di vita” proposto da Don Gréa, il quale non è stato un fondatore; Lui stesso ha sempre rifiutato questo modo di considerare la sua opera, e neppure un restauratore, come spesso si sente dire, ma un precursore (Broutin) o come qualcun altro ha scritto: “colui che con sguardo profetico ha proposto una nuova utopia”(De Peretti)
“Dom Gréa ha avuto intuizioni profetiche sia per la vita spirituale liturgica che per la formazione spirituale di chierici e religiosi” (T. Goffi, Storia della spiritualità)
“Sappiate che la restaurazione canonicale
non rientra tra gli Ordini Religiosi che, come tali, fanno riferimento alla
Chiesa universale e sono disgiunti dalle gerarchie locali, ma è un santificarsi
nella vita liturgica e di penitenza, con la pratica dei consigli evangelici,
offerto e aperto al clero delle chiese dipendenti dall’episcopato.
Sappiate che questa nobile opera è voluta
da Dio, quale risposta alle necessità del popolo e alle aspirazioni consce e
inconsce di molti sacerdoti.
Questa è stata e sarà sempre la nostra
vocazione, non se ne discute!”. (dom Gréa, da una lettera del 1912)
“L’io deve essere mortificato, umiliato, deve lavorare. Vorrebbe riposarsi:
è pigro, scuotiamolo! L’amor proprio è il mondo in noi che lotta contro l’amore
di Gesù. In noi coabitano due amori: l’amor proprio e l’amore a Gesù. Il libero
arbitrio si trova continuamente tirato da una parte e dall’altro. Chi seguirà?
Questi due amori non possono convivere. Perché uno viva è necessario che
l’altro muoia. Quanto a noi, tutto è deciso: noi abbiamo deciso, meglio, Dio ha
deciso per noi. Il nostro libero arbitrio si è deciso per l’amore di Dio”
(D. Gréa)
“Conservatevi in un chiostro
invisibile in unione con Gesù, unione continuamente ravvivata con la santa comunione della messa e il continuo commercio con
l'ospite divino, commercio di colloquio, di
adorazione,
d'amore. E' per amor suo che voi fate tutto ciò che riempie i vostri giorni,
per amor suo che soltanto vivete”
(dom Gréa, 31
Dicembre 1910)
« Facciamo in modo che la
nostra povertà non sia una povertà
puramente affettiva, ma effettiva. Sarebbe veramente troppo comodo, che pur non
possedendo niente personalmente, senza lavorare noi ci trovassimo in quel
benessere, che la gente normalmente non si può concedere».
(D. Gréa)
« L’obbedienza non è nient’altro che l’esercizio della fede; colui
che obbedisce compie un atto di fede; una vita di obbedienza è
una vita di fede; l’obbedienza non è che la fede messa in pratica». D. Gréa
« Tutti i cristiani sono
chiamati alla santità ».
D. Gréa
“Ricordiamoci che la nostra famiglia non è
solamente terrena, ma celeste a
somiglianza della Chiesa che è
trionfante nel cielo e peregrinante sulla terra e tuttavia
forma una sola Chiesa. I
fratelli defunti appartengono sempre alla nostra comunità”.
(D. Gréa)
Siate in pace con Dio, amatevi teneramente gli uni gli altri e
gareggiate nel progredire tutti sulla via della perfezione. Non vi sia tra voi né emulazione né
sentimenti di disprezzo o di collera, ma solo rendimento di grazie a Dio; le vostre bocche,
santificate dalla lode, siano pure come quelle degli angeli; non formulino mormorazioni, né parlino per
vana gloria, ma solo facciano risuonare parole di pace, di carità e di gioia […]
(dom Gréa, Lettera alla comunità nascente
di St. Claude,
Roma aprile 1869)
“Una sola cosa è necessaria ed è richiesta a voi figli
miei: che voi amiate Gesù che vi ama tanto. A questo dedicatevi completamente… Soprattutto
preservate i vostri cuori dai peccati… Proteggete e accrescete in voi l’umiltà,
l’obbedienza, l’amore fraterno, l’osservanza regolare del silenzio e della
serietà religiosa!...
Che giorno felice per me e per gli angeli di Dio
quando di nuovo vi abbraccerò,..
quando mi sarà donato di benedirvi di viva voce
con la mia tenerezza paterna”.
Dom Grea (4 Giugno 1894)