L'albero e Babbo Natale? Cristiani come il Presepe (difeso dalla Meloni e da Michele Serra)
Di fronte alle polemiche sullo svuotamento di significato del Natale (o sul fatto che venga rubato ai cristiani dal mondo consumista) ecco le riflessioni di don Mauro Leonardi e non solo (vedi, in fondo al post, il video di Giorgia Meloni e altro):
Nell'abete la presenza di Cristo che porta nuova vita. Il vescovo di Bari "prototipo" di santa KlausNatale arriva e si accendono le polemiche sul presepe con le relative strumentalizzazioni da parte dei politici. Mi vengono in mente Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Vittorio Sgarbi ma di certo non saranno i soli.
Lo strumento retorico che si utilizza in questi casi è, in genere, contrapporre il Presepe a Babbo Natale ed albero di Natale, dove il primo sarebbe l'unico segno cristiano del Natale: peccato che, invece, lo siano anche i secondi.
Per essere sicuri che anche l'albero di Natale è cristiano basterebbe osservare che troneggia in piazza san Pietro sin dai primi di dicembre ma coi tempi che corrono è necessario ricordare che Joseph Ratzinger nel 1978 scriveva: "Gli alberi adorni del tempo di Natale non sono altro che il tentativo di tradurre in atto queste parole: il Signore è presente, così sapevano e credevano i nostri antenati; perciò gli alberi gli devono andare incontro, inchinarsi davanti a lui, diventare una lode per il loro Signore". Poi, da Papa aveva ribadito lo stesso concetto in diverse occasioni come quando aveva definito l'albero di Natale un evidente "simbolo del Natale di Cristo, perché con le sue foglie sempre verdi richiama la vita che non muore". E oltre alle foglie ci sono anche i frutti, cioè le palle di Natale. Perché, come ci ricorda da sempre la liturgia, l’albero di Natale richiama anche il nuovo albero della vita, che è Cristo, contrapposto all’albero “della morte” che è l’albero della conoscenza del bene e del male da cui Eva colse il frutto proibito: il frutto dell’albero del paradiso terrestre portò la morte all’uomo mentre il frutto dell’albero della Croce porta Cristo, nuova vita.
San Nicola l'ispiratore
Meno conosciuto forse è invece che Babbo Natale, nella sua radice, altri non è che san Nicola di Bari: quindi non solo è "cristiano" ma è pure santo. Lo sappiamo da diversi dati storici. Ci sono le raffigurazioni in cui Nicola, vescovo di Myri in Turchia è rivestito di paramenti sacri rossi, ha la barba bianca che si porta in Oriente e, con il capo coperto dalla mitra, è identico a Babbo Natale.
Ancora più delle immagini è chiara la sua storia. Essa narra di come un disperato, non avendo la dote da dare alle proprie tre figlie per maritarle, avesse deciso di farle prostituire. Saputa la cosa il vescovo Nicola, ricco di famiglia, aveva deciso di gettare di nascosto di notte - per non umiliarlo - delle borse piene di monete d'oro denaro nella casa del padre. L’operazione si ripeté per tutte e tre le figlie e per questo motivo spesso nelle raffigurazioni del santo si vedono tre “palle” (o “bocce”) che altro non sono se non le tre borse colme di denaro.
L’episodio avvenne nel terzo secolo. Da allora moltitudini di donne che non riuscivano a sposarsi, e più in generale le persone bisognose di denaro, cominciarono a rivolgersi a lui. Questa devozione, che portò con sé anche l’abitudine di comportarsi come il santo, cioè di fare regali notturni “a sorpresa”, si diffuse moltissimo: l’anno scorso le reliquie di san Nicola, in Russia, vennero visitate da due milioni e mezzo di persone, tanto che anche Putin andò a venerarle a Bari in un suo viaggio italiano.
E così Babbo Natale, cioè santa Klaus – che è come si chiama san Nicola in molti paesi – è amato nel nord Europa: dove d’inverno fa freddo e c’è la neve, per cui san Nicola cioè santa Klaus cioè Babbo Natale gira con la slitta e le renne.
Presepe, Babbo Natale e albero di Natale quindi, vanno uniti, non separati. Come bisogna fare sempre, d'altra parte, con le cose che riguardano Cristo.
L'amaca di Michele Serra (16/12/2017):
Gramellini per Il Corriere della Sera (14 dicembre 2017):
Trovo illuminante la decisione della scuola milanese «Italo Calvino» di chiamare la festa di Natale «grande festa delle Buone Feste» per non urtare la sensibilità di chi non festeggia il Natale. Ispirandomi a questo fulgido esempio di apertura, smetterò di festeggiare il mio compleanno perché mangiare una fetta della mia torta preferita in presenza di altre persone sarebbe un’ingiuria nei confronti di quelle che non sono nate il mio stesso giorno: la maggioranza, temo. «Grande festa delle Buone Feste» è un primo passo, ma ancora non basta. Intanto la parola «grande» discrimina con ogni evidenza le altre feste. Si è calcolato quale enorme danno può produrre nella psiche di un bambino la decisione arrogante, tipica della mentalità competitiva occidentale, di stabilire una gerarchia tra feste presunte «grandi» e feste medie, medio-piccole, festicciole e, non sia mai, festini? Ma è la parola «festa» in sé a suonare irrispettosa verso chi non ha niente da festeggiare. Si pretende di imporre anche a costui una festa, anzi «la grande festa», anzi «la grande festa delle Buone Feste». E perché mai dovrebbero essere «buone», di grazia? Se uno volesse delle feste «cattive» dovrebbe sentirsi escluso, magari additato come un diverso?Esiste un modo infallibile di non offendere la sensibilità degli altri ed è smettere di averne una propria. Ci stiamo arrivando. Nel mondo slavato dei non luoghi e delle non identità, l’unica soluzione possibile è la negazione perpetua. Non auguri di non buone feste di non Natale a tutti (e non).Vedi anche: