Non è facile trovare una definizione chiara (e univoca) del concetto di famiglia, ma è evidente che parlare di "famiglia single" sia una contraddizione in termini. La notizia è tuttavia proprio l'aumento delle famiglie "mononucleari", così come rivelato dal rapporto Istat del 2019:
Le famiglie, 25 milioni e 700 mila, sono sempre piu' numerose e sempre piu' piccole. Il numero medio di componenti e' passato da 2,7 (media 1997-1998) a 2,3 (media 2017-2018), soprattutto per l'aumento delle famiglie unipersonali che in venti anni sono cresciute di oltre 10 punti: dal 21,5% nel 1997-98 al 33,0% nel 2017-2018, ovvero un terzo del totale delle famiglie.
Non è ovviamente un fatto limitato al nostro paese: Giaccardi e Magatti nel loro recente saggio, "La scommessa cattolica" (Il Mulino, 2019) riportano i seguenti dati:
la percentuale di famiglie costituite da una sola persona è raddoppiata negli ultimi cinquant'anni. Con problemi particolarmente evidenti nelle grandi città: a Parigi siamo al 50% degli abitanti, a Stoccolma addirittura al 60%: il caso più estremo è il centro di Manhattan dove il 90% dei nuclei è composto da una sola persona!
Ecco un commento pubblicato su Agenzia Sir:
Siamo passati dall’esercito dei selfie a quello dei single. Il primo (il selfie o autoscatto) ricorda una canzonetta del 2017, il secondo (il single o chi vive da solo) è l’immagine che esce dall’indagine Istat resa nota il 31 dicembre scorso. Logica conseguenza di un processo iniziato da tempo.
Diceva la canzonetta: “Siamo l’esercito del selfie…. non abbiamo più contatti, soltanto like a un altro post” che è come dire che una bella fetta di popolazione si relaziona principalmente con, e attraverso, il suo smartphone. Abitudini che sembrano essersi fatte stile di vita, disabituando alla relazione.
L’immagine dell’Italia è proprio questa: una famiglia su tre è unipersonale, ossia costituita da una sola persona. Pensiamolo, camminando per strada: una casa su tre di quelle che vediamo è abitata da single.
Secondo l’Istat le famiglie italiane sono 25 milioni e 700 mila e “sono sempre più numerose e sempre più piccole”. Ben 8 milioni e mezzo sono infatti i nuclei costituiti e dichiarati all’anagrafe come unipersonali.
Un altro terzo delle famiglie italiane è formato da due persone: sono o una coppia senza figli o un genitore con un figlio a carico.
Solo due famiglie su dieci costituiscono la classica famiglia di quattro persone: il che la dice un romantico retaggio del passato, oggi limitato a un quinto dei nuclei familiari (5.140.000).
Questi dati fanno da contraltare all’altra caratteristica italiana: il continuo diminuire della natalità. Nel 2018 i nati si sono fermati a 439 mila e 747: il nostro minimo storico dall’Unità ad oggi. E non può che essere così dato che i single non vivono in coppia e, tendenzialmente, non fanno figli. E se lavorano, non hanno tempo e modo di prendersi cura dei genitori quando invecchiano o si ammalano.
Perché, se i giovani diminuiscono e i nati colano a picco, le persone anziane, invece, sono cresciute a tal punto d’aver fatto dell’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo. Ogni cento persone con meno di 15 anni ce ne sono 173 con 65 anni e più.
La longevità è una gran bella notizia in sé. Dice che la speranza di vita alla nascita, ossia la vita media, è risalita e si attesta ora sugli 80,8 anni per i maschi e 85,2 per le femmine. Anche il numero dei decessi è diminuito, fermandosi a 633.133 (193.386 morti più delle nascite).
Famiglie più piccole con una o due persone, vita più lunga, posti di lavoro risaliti ai livelli precrisi (2008), ma con la differenza di essere soprattutto a tempo determinato, scattano la fotografia di un’Italia con famiglie più libere dai legami familiari rispetto al passato, ma anche più povere. Tanto è vero che le famiglie in povertà assoluta sfiorano i due milioni (il 7%), comprendendo 5 milioni di persone. Molte di queste famiglie sono formate da un adulto con un minore a carico.
Non si tratta solo di curiosità: questi numeri delineano il nostro oggi e tratteggiano il futuro che ci aspetta. E’ un disegno credibile, fondato sulla forza dei dati e non sull’astrattezza di tante previsioni che ad ogni inizio anno imperversano su riviste e tv.
Ebbene, questi numeri ci fanno intravedere un domani in cui non solo il lavoro delle fasce giovanili ma soprattutto l’anzianità sola e la salute saranno, per i gli amministratori di tutti i livelli, le voci di primaria urgenza ed emergenza.
Anfossi, su Famiglia Cristiana, afferma che un paese con un terzo di famiglie single è un paese che muore:
La famiglia italiana si sta restringendo, ci informa l’ Istat nell’ Annuario statistico 2019: “Sono sempre più numerose e sempre più piccole”. In una parola, frammentate. Un pulviscolo di anime sempre più indifese alle prese con le gioie e le difficoltà quotidiane, con i frangenti della vita. Venticinque milioni e settecentomila nuclei la cui media dei componenti è passata da 2,7 (media 1997-1998) a 2,3 (media 2017-2018), soprattutto per l'aumento delle famiglie uni personali – i “single” - che in venti anni sono arrivate al 33,0% nel 2017-2018. Ovvero un terzo del totale delle famiglie.
Il boom delle famiglie “single” (che in verità non dovrebbero nemmeno definirsi famiglie, a ben vedere è una contraddizione di termini) è dovuto a fattori diversi e concomitanti: l’ allungamento della vita media, in primis, con una quota crescente di persone anziane che perdono il marito o la moglie e vivono necessariamente sole, ma anche la rottura di precedenti legami coniugali, ad esempio i padri separati single per necessità (spesso con non poche difficoltà economiche). Ma c’ è anche – ed è forse il dato più preoccupante - la difficoltà o la non volontà ad allacciare relazioni stabili e durature da parte di tanti giovani e meno giovani.
Una società di single è una società destinata a morire, perché è sinonimo di denatalità. Negli altri Paesi stanno correndo ai ripari. Noi siamo immobili, con il nostro primato di Stato dell’ Unione più vecchio e meno prolifico, mentre sprofondiamo nelle sabbie mobili. Che ha fatto la politica di fronte a tutto questo? Ha riconosciuto il problema, ha parlato all’ unisono in Parlamento di assegno unico per la famiglie (250 euro al mese per figlio fino a 18 anni), è ed è già un passo avanti, in questo inverno demografico che si fa sempre più cupo. Poi però in questa manovra non se n’ è fatto niente. Mancano i soldi, un conto è enunciare i principi un altro trovare risorse. Eppure chi fa un figlio in Italia oggi va premiato per diversi motivi: perché fornisce linfa al Paese, perché pagherà le pensioni, il Welfare. Perché contribuisce a rafforzare un tessuto in cui si trasmettono dei valori autentici, come la fratellanza, l’ affetto, il sostegno reciproco, la solidarietà, la capacità di “stare al mondo”. Senza famiglia non c’ è niente, i padri costituenti lo sapevano bene e lo hanno scritto a chiare lettere (all’ articolo 29 della nostra Carta), c’ è solo uno scenario freddo, orwelliano, totalitario e privo di futuro.
Naturalmente il problema non è solo economico, ma anche culturale. Il combinato disposto (lo aveva già intuito Pasolini) è micidiale. Quante sono le agenzie educative, gli scrittori, gli intellettuali, i filosofi, i politici, gli opinion maker, i giornalisti, i registi disposti a mettersi in gioco per raccontare la bellezza della famiglia, che non è una palla al piede ma un’ avventura meravigliosa? “Ogni anno di ritardo nella promozione di autentiche politiche pro-famiglia che accumuliamo rende sempre più vicino il punto di non ritorno”, ha scritto con parole acute il sociologo Pietro Boffi.
L’ Italia sta diventando un grande cimitero. Nel decennio, 2008-2018, i nuovi nati sono diminuiti di circa 137.000 unità, passando da quasi 577.000 a 440.000; nel 2018 in numero dei morti ha superato i nati di ben 193.386 unità. A rinfoltire le fila potrebbero essere gli stranieri (anche se i dati ci dicono che gli immigrati tendono ad allinearsi al modello italiano e a divenire meno prolifici in una generazione). Ma in termini assoluti da almeno un decennio i nati con almeno un genitore straniero sono uno su cinque. Ma noi continuiamo a tenere chiusi i porti e a sentirci minacciati dall’ invasore. Non si tratta di buttarla in politica, bensì di guardare in faccia la realtà. La seconda causa di povertà in Italia, dopo la perdita del lavoro è la nascita di un figlio. Eccole, le due priorità di questo Paese. La diminuzione dei matrimoni e delle nascite inciderà profondamente sul futuro. Ci vuole lungimiranza. Perché a furia di non essere lungimiranti ci stiamo ritrovando in mezzo all’ emergenza, il futuro è diventato presente.