Articoli recenti di Enzo Bianchi
16 dicembre, La Repubblica: "La libertà di credere"
Nel nostro mondo occidentale regna sempre più l’indifferenza nei confronti di Dio, nel quale credono minoranze cristiane o di appartenenti alle altre religioni monoteistiche, al punto che si parla ormai di epoca non solo secolarizzata ma post-cristiana...21 dicembre, L'Osservatore Romano: "Consapevoli di un giudizio"
All’interno della riflessione sui novissimi, le realtà ultime e definitive, il tema dell’inferno resta quello che scatena le discussioni più accese. Su di esso si arriva addirittura a voler misurare la fede di alcuni cristiani da parte di altri e a voler polarizzare le posizioni, distinguendo tra “buonisti” e “intransigenti”, infedeli alla tradizione o ossessionati da antiche formulazioni...23 dicembre, La Repubblica: "Accogliamo chi è solo a Natale"
Siamo alla vigilia di Natale, una festa ormai “tradizionale”, celebrata non solo dai cristiani, i quali fanno memoria della nascita di Gesù a Betlemme, del suo venire al mondo da una donna, Maria di Nazaret, di un evento umanissimo ma capace di grandi significati: una nascita nella povertà, una speranza messa in questo bambino da parte di poveri pastori e sapienti giunti dall’oriente, una persecuzione ad opera del potere tirannico di Erode...23 dicembre, La Stampa: "La fraternità , unico modo di fare festa insieme"
Siamo alla vigilia del Natale, una festa che ancora oggi in occidente coinvolge tutti, anche se in modi diversi. La nostra è una società post-cristiana, segnata da molta indifferenza verso la religione, e tuttavia in occasione del Natale si sente il bisogno di fare festa insieme, di segnare questi giorni come festivi, giorni non ordinari. Quindi ecco avvenire lo scambio dei doni, il cercare di rendere la tavola un banchetto per incontrarsi e stare insieme, lo strappare qualche ora a quella solitudine che per molti è quotidiana. Soprattutto i bambini sono coinvolti in questa festa, che si cerca ancora di vivere in famiglia, sforzandosi di superare insieme molte difficoltà causate dalla frammentazione dei legami familiari e affettivi. Natale deve essere buono, in tutti i sensi, come esprime anche l’augurio che ci si scambia...30 dicembre, La Repubblica: "Si può sperare solo insieme"
Il tempo scorre inesorabilmente, un altro anno è passato, ed ecco ne inizia uno nuovo, al quale quasi sempre leghiamo attese, speranze; ma soprattutto, rimandiamo all’anno che inizia ciò che dovevamo fare e non abbiamo ancora fatto...Vita Pastorale, gennaio 2020: "Un serio ritorno dei cattolici in politica"
Viviamo in un tempo contrassegnato dalla “crisi”, nella quale io leggo soprattutto una situazione di “aporia”. Aporia come incertezza, come non comprendere e non sapere, come non saper dire né decidere, fare delle scelte… E questo proprio perché manca l’operazione faticosa e paziente del discernimento, della lettura dei segni dei tempi e delle urgenze emergenti oggi nel nostro mondo globalizzato, certo, ma un mondo che va innanzitutto letto e compreso come mondo occidentale ed europeo, il nostro mondo...Jesus, gennaio 2020: "Attentati alla spiritualità cristiana"
Risuona ormai come un adagio frequente la denuncia della fine delle religioni tradizionali, e dell’idea stessa di religione, e il parallelo imporsi, soprattutto nelle nostre terre dell’Occidente, della spiritualità o delle spiritualità, al plurale.Non è difficile constatare che, mentre si svuotano le chiese e vengono meno le appartenenze a un’istituzione religiosa, cresce ovunque e in modo trasversale, dalle generazioni più anziane a quelle più giovani, l’interesse per cammini di interiorità ispirati a diverse tradizioni spirituali. Anche la stessa editoria testimonia questa tendenza: i bestseller religiosi non sono generalmente né biblici né teologici, e tanto meno ispirati alla grande tradizione patristica occidentale o orientale, ma sono i cosiddetti “libri di spiritualità”, che intercettano un bisogno psichico di spiritualità, cosa ben diversa dalla fede.Da sempre seguo con molta attenzione la produzione di questi libri e constato come sia difficile trovarvi una vera ispirazione, un primato, un’egemonia della parola di Dio e, soprattutto, del Vangelo. In pochi decenni i sentieri della tradizione spirituale cristiana sono stati tralasciati, mentre i nuovi percorsi mi appaiono quasi tutti finalizzati a una spiritualità del benessere individuale, nella quale magari si nomina ancora Dio, ridotto però a energia cosmica, a un’impersonale rappresentazione dell’oltre… È una spiritualità senza dimensione comunitaria né tantomeno ecclesiale, senza esigenze di concrete relazioni e impegni fraterni, che si nutre invece di esperienze soggettive prive di volto, privilegiando una ricerca interiore narcisistica. Anche papa Francesco nell’Evangelii gaudium ha sentito il bisogno di denunciare questa deriva, da lui descritta come ricerca di “energie armonizzanti” (n. 90).È significativo che il comando rivolto da Dio ad Abramo, quello da cui ha origine la storia di salvezza: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1) – il famoso Lekh lekha, in ebraico –, oggi sia compreso e predicato come: “Va’ verso te stesso”, secondo l’interpretazione di alcuni rabbini. Si dimentica però che la parola di Dio rivolta ad Abramo gli chiede di uscire, di andare, di lasciare tutto ciò che sta intorno a sé, per muoversi verso altre terre, altri orizzonti; e in questa uscita anche da se stesso, egli è chiamato ad andare tra le genti della terra, per portare a tutti la benedizione. Il movimento centripeto del viaggio interiore ha invece finito per assorbire e neutralizzare il messaggio decisivo: “Va’, esci da te stesso!”.Ecco perché questa interiorità, pur necessaria, se è fine a se stessa e si ferma a una conoscenza di sé, è narcisistica, individualistica, contraddicendo in tal modo tutto il messaggio biblico, secondo il quale si cerca Dio se si cerca l’uomo, si crede in Dio se si crede anche negli altri, si ama quel Dio che non si vede se si amano anche gli altri che si vedono (cf. 1Gv 4,20). Questa spiritualità – devo confessarlo con molta tristezza – è ormai quella presente nella stessa predicazione, addirittura nell’omelia domenicale. Per molti aspetti, si è tornati al vecchio vizio preconciliare: quello della “predica”, di uno stile oratorio che vuole impartire lezioni agli ascoltatori. Certo, una predica oggi rinnovata con molti apporti delle scienze umane, specialmente dell’antropologia o della psicologia, ma essenzialmente moralistica. Un parlare che non contiene nessuna profondità teologica, nessuna rivelazione, nessun mistero, nessuna buona notizia, ma solo una chiamata ai valori, alla vita perfetta.Così la vita cristiana è ridotta a un comportamento morale che, invece di annunciare, denuncia; invece di dare la buona notizia, offre una cattiva comunicazione. Il Vangelo è nuovamente ridotto a legge e non è più vita. Anche Gesù, in questa visione, è ridotto a qualcuno che insegna come vivere in questo mondo, mentre non si ha più la forza né la fede di dire che Gesù Cristo è la vita (cf. Gv 14,6): non è un maestro di spiritualità in concorrenza con altri cammini, ma è la vita! Occorre dunque il coraggio di ribadirlo: se è vero che Gesù Cristo è il Vangelo e il Vangelo è Gesù Cristo (cf. Mc 8,35; 10,29), allora il Vangelo non ci insegna a vivere ma ci fa vivere. Gesù Cristo, il Vangelo, è la vita!