“Chi sono io per giudicare?” “NUOVI” CRITERI MORALI (III parte)
Trentunesima puntata delle mie riflessioni sulla "vita sessuale tra Chiesa e società"
"Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma
chi sono io per giudicarla?"[1]. Questa frase di papa Francesco scatenò grandi entusiasmi e feroci
polemiche, tanto da costringerlo a chiarire il senso di quell’affermazione:
Durante il volo di ritorno da
Rio de Janeiro ho detto che, se una
persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono
nessuno per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quel che dice
il Catechismo. La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a
servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza
spirituale nella vita personale non è possibile. Una volta una persona, in
maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le
risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona
omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”.
Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo.
Nella vita Dio accompagna le persone e noi dobbiamo accompagnarle a partire
dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia[2].
In un’altra occasione ha inoltre affermato:
Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato ma
non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità
nel loro cuore. È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando
la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti, al fine di liberare le
vittime e sollevare chi è caduto. Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che «la
verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Questa verità è, in definitiva, Cristo
stesso, la cui mite misericordia è la misura della
nostra maniera di annunciare la verità e di condannare l’ingiustizia. Solo
parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i
cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di
alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla
libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa[3].
L’affermazione del papa è a rischio di
ambiguità e incomprensioni ma è un’ambiguità che ritroviamo nelle stesse
affermazioni di Gesù il quale ammonisce di non giudicare (“Non giudicate per non essere giudicati”[4]), ma allo stesso tempo raccomanda la correzione fraterna ed
esorta al giudizio: “Non giudicate secondo
le apparenze; giudicate con giusto giudizio!”[5].
Non solo, ma rimproverando i farisei, domanda loro: “Come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da
voi stessi ciò che è giusto?”[6].
Pure san Paolo, rivolgendosi ai cristiani di Corinto, li ammonisce: “Non sapete voi che giudicheremo gli angeli?
Quanto più possiamo giudicare delle cose di questa vita!”[7]. Una cosa è condannare, altra è correggere fraternamente! Nel primo caso
si vuol salvaguardare la norma senza preoccuparsi della persona che l’ha
infranta, nel secondo caso si ha a cuore la persona e la si aiuta a
correggersi. Commenta E. Bianchi:
Ammorbati come siamo da una vera e propria patologia quale è
l’indifferenza gli uni verso gli altri, la mancanza di prossimità, non sappiamo
neppure più che la correzione fraterna è uno degli atteggiamenti cristiani più
decisivi per la salvezza del singolo e per la stessa comunità cristiana, la
chiesa. Se non ci si sente custodi, responsabili del fratello, della sorella,
dell’altro (cf. Gen 4,9: «Sono forse io
il custode di mio fratello?»), allora si vive nel proprio autismo, senza
guardare agli altri, senza avvicinarsi all’altro, senza praticare il volto
contro volto. In questo modo non nasce mai l’occasione per la correzione
reciproca, e di fatto si incoraggia la crescita del male, che sarà sempre più
dilagante in quanto non viene mai giudicato: e così, lo si voglia o no, si
autorizza chi compie il male a commetterlo senza essere frenato, richiamato.
Tra le opere di misericordia che avevamo imparato al catechismo vi era anche «Ammonire i peccatori», espressione forse
poco felice, perché sembra presupporre che il cristiano non peccatore debba
ammonire chi lo è[8].
[1] Papa Francesco, Conferenza
Stampa durante il volo di ritorno dal viaggio apostolico a Rio De Janeiro,
28 luglio 2013.
[2] Intervista di Antonio Spadaro, direttore di Civiltà
Cattolica – pubblicata il 19.09.2013.
[3] Papa Francesco, Messaggio
per la 50esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali ( 24 gennaio
2016).
[4] Mt 7,1
[5] Gv 7,24
[6] Lc 12,56-57
[7] 1 Cor 6,3