LE REGOLE DELL'AMORE: 2- Eros, philia e agape
Seconda puntata di un percorso (sperimentato!) per adolescenti sul tema dell'affettività
Strumenti:
- ARTE: L’amor sacro e l’amor profano (Tiziano)
- ATTIVITA’ sull’AMICIZIA (da definire)
- CONFRONTO: Rapporto eros/agape
L’amore è insieme eros, philia e agape, termini greci che descrivono l’amore secondo caratteristiche che prevalgono sulle altre: l’attrazione, il bisogno, la condivisione e la donazione. L’amore non è solo quello coniugale o genitale, ma anche – con le dovute differenze – materno e paterno, filiale, fraterno, amicale, filantropico….
Per approfondire:
La prima parola per parlare d’amore è la porneia, che indica l’istinto del lattante ad attaccarsi al seno della madre. È una pulsione bella, naturale, forte, ma esclusivamente basata sulla soddisfazione di un proprio bisogno. È normale in un neonato, sconcertante in un cinquantenne che ama per consumare, per usare. La seconda parola per parlare d’amore è “eros”, la passione, la pulsione, l’unirsi all’altro, il fondersi, l’attrarsi. Alla “porneia” si aggiunge un’anima, si mettono le ali (il dio eros è rappresentato come un putto alato), in noi c’è l’animale e l’angelo, e questo crea qualche guaio.
L’eros (da cui amore erotico) indica dunque l’amore passionale, l’attrazione erotica tra un uomo e una donna, il desiderio di possedere l’altro/a. L’amore erotico è l’amore che nasce dall’indigenza e dal bisogno, da una incompiutezza che ricerca il suo completamento e ne desidera il possesso.
L’agape è l’amore divino, limpido e puro. Porta a desiderare il bene dell’altro (la sua felicità) prima ancora del nostro. E’ un amore cosmico, che spinge ad amare ogni persona aldilà che essa risulti amabile o che “meriti” il nostro amore. Questo è l’amore che Dio ha per noi, la sua stessa essenza, il suo naturale modo di operare: ama tutti e ciascuno come fosse unico; ama sempre, in ogni situazione; ama gratuitamente, senza attendere di essere riamato. Un amore simile è quello espresso, con i limiti umani, da un padre o una madre nei confronti dei figli (amati in maniera gratuita). In sintesi: l’agape è amore gratuito, generoso, universale ed assoluto, misericordioso, che si fa dono (ossia di una gratuità totale) che non va meritato, ma accolto, per poi farlo fiorire in gesti d'amore verso gli altri.
L’eros e l’agape sono termini greci che verranno tradotti in latino con amor e caritas, spesso contrapposti in amor concupiscientiae e amor benevolentiae.
Piccolo intermezzo d’arte
Un esempio emblematico di tale contrapposizione è il celebre quadro “Amor sacro e amor profano” del Tiziano (1515 circa).
Conservato nella Galleria Borghese di Roma, è un dipinto che deve la sua fama non solo alla sua bellezza ma anche alla particolarità del soggetto, più volte esaminato dagli studiosi: in esso compaiono due misteriose donne, estremamente somiglianti, l'una riccamente vestita l'altra nuda, sedute sul bordo di un sarcofago, trasformato in una vasca piena d'acqua.
Un errore ricorrente è quello di identificare nella tela l’amore carnale con la donna nuda e l’amore spirituale con la donna vestita. Secondo e più grave errore: vedere le due donne della tela come due antagoniste, quasi che Tiziano e la sua epoca volessero contrapporre un amore carnale ad uno spirituale.
Tutto conduce invece nella direzione opposta. Le donne, con lo stesso volto, sono la Venere spirituale ignuda e la Venere terrena vestita. Ma, soprattutto, l’una a fianco dell’altra, con Amore che miscela le acque: vogliono significare che mai si darà vero amore che non sia anche spirituale.
Ne l’Amor sacro e amor profano di Tiziano – il titolo è tardivo ed è indice del fraintendimento a cui fu sottoposta l’opera già nel 1693 quando è attestato tale titolo per la prima volta – si manifestano allora i due volti dell’amore fra l’uomo e la donna che, per essere tale, deve non solo toccare i sensi passionali, ma anche i sensi spirituali. Anzi esiste un piacere spirituale che solo conferisce significato al piacere dei corpi.
L’eros senza agape e l’agape senza eros (ovvero il corpo senza anima e l’anima senza corpo)
Molti teologi del passato distinguono nettamente l’amore in due estremi: da una parte l’amore puramente umano, terreno, volto al bene personale e caratterizzato da perversioni, egoismo, cupidigia o libidine, disordine morale, perversioni, impurità, turbolenze, litigiosità, invidie, violenze, possesso. Dall’altra parte abbiamo l’amore divino o spirituale, volto al bene dell’altro e al bene comune e caratterizzato da oblatività, purezza, pacatezza, rispetto. L’uomo è chiamato da Dio ad arrivare al secondo amore attraverso la disciplina, la purificazione, la carità, la fede.
Ma - ci ricorda Cantalamessa - dividendo l’eros dall’agape rimane solo
…un amore romantico, più spesso passionale, fino alla violenza. Un amore di conquista che riduce fatalmente l’altro a oggetto del proprio piacere e ignora ogni dimensione di sacrificio, di fedeltà e di donazione di sé. Non occorre insistere nella descrizione di questo amore perché si tratta di una realtà che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, propagandata com’è in maniera martellante da romanzi, film, fiction televisive, internet, riviste cosiddette “rosa”. È quello che il linguaggio comune intende, ormai, con la parola “amore”.
Freud ha dato una spinta notevole a questa linea, riducendo l’amore a eros e l’eros a libido, a pura pulsione sessuale. Da qui deriva anche la connessione classica tra eros e thanatos, tra amore e morte[1]. L’amore che per sua natura dovrebbe portare alla vita, porta invece ormai alla morte[2].
I credenti al contrario - prosegue Cantalamessa -sperimentano spesso un’agape senza eros, cioè un amore freddo, cerebrale, virtuosistico, fatto più di buona volontà che di slancio, di dovere più che di piacere.
Il cristianesimo, secondo Friedrich Nietzsche, avrebbe dato da bere del veleno all'eros, che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio. Con ciò il filosofo tedesco esprimeva una percezione molto diffusa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?[3]
Ma - prosegue Papa Benedetto XVI - “è veramente così? Il cristianesimo ha davvero distrutto l’eros?”.
Benedetto XVI invita a ritrovare una sintesi tra eros e agape e ciò è possibile non dimenticando che:
l'eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all'uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell'esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende.
L’uomo, in quanto essere psico-fisico, dell’amore non può vivere soltanto il momento dell’agape; ha bisogno dell’eros, perché «non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono». Commenta Cantalamessa: “Se eros significa slancio, desiderio, attrazione, non dobbiamo avere paura dei sentimenti, né tanto meno disprezzarli e reprimerli”. Dobbiamo però educarli, gestirli, purificarli perché essi non divengano nostri feroci padroni pronti a renderci schiavi.
[1] Si arriva alla stessa costatazione leggendo la raccolta di poesie “I fiori del male” di Baudelaire” o “Una stagione all’inferno” di Rimbaud.
[2] Una etimologia suggestiva, ma non attestata, fa derivare la parola amore da a-mors, senza morte, ciò che non ci fa morire o che ci fa sentire vivi.
[3] Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 2