Cannes 2019: segnalazioni "cattoliche"
Aleteia segnala un film di cui si è parlato poco, ma che è stato premiato dalla Giuria Ecumenica: "l'ultimo film di Terrence Malick, A Hidden Life, che narra la storia di un obiettore di coscienza austriaco durante la II Guerra Mondiale"
Il nuovo lungometraggio di Terrence Malick ha suscitato reazioni entusiaste domenica 19 maggio alla 72ma edizione del Festival di Cannes. Proiettato al Grand Théâtre Lumière, A Hidden Life (Una vita nascosta) ha scatenato una standing ovation da parte di un pubblico entusiasta, che ha acclamato quello che alcuni già considerano un capolavoro.Famiglia Cristiana segnala invece The specials: "racconta la vicenda di Bruno, interpretato da Vincent Cassel, che si occupa con dolente umanità dei ragazzi affetti da autismo":Molto discreto e poco incline alle manifestazioni pubbliche, il regista non ha potuto nascondere la sua soddisfazione e si è alzato per ringraziare i presenti. È lo stesso Malick che per umiltà nel 2011 non aveva voluto salire sul palco per ricevere la Palma d’Oro per The Tree of Life.Il tema del film non è uno di quelli più alla moda. A Hidden Life racconta infatti la storia del beato Franz Jägerstätter, contadino austriaco cattolico e figura di spicco della resistenza contro il nazismo. Al momento dell’ascesa di Hitler al potere nel 1938 si oppose all’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania, sapendo bene che rischiava di finire in prigione e di essere ucciso per questo.Decapitato nell’agosto 1943 ad appena 36 anni, quest’uomo dalla fede incrollabile è stato beatificato da Papa Benedetto XVI il 26 ottobre 2007.Gli spettatori hanno sottolineato l’estetica impeccabile del film e la cura della scenografia. Con la II Guerra Mondiale come sfondo, la pellicola di quasi tre ore illustra in modo ammirevole il senso del sacrificio e l’eroismo di un uomo che è riuscito a rimanere fedele alle sue convinzioni nonostante gli ostacoli.
Nel 2018 la Francia è stata denunciata dalle Nazioni Unite per il (mal)trattamento riservato ai bambini autistici. Violazioni dei diritti, impossibilità di andare a scuola, abuso nell’utilizzo degli psicofarmaci, addirittura minacce ai genitori che non vogliono “internare” i loro figli. La condanna è arrivata anche dal Consiglio d’Europa. Per far fronte all’assenza dello Stato, sono nate delle associazioni create da privati, senza alcuna qualifica. Sono persone comuni, volontari non professionisti. Mettono la loro vita al servizio di chi ha bisogno. Ed è proprio da qui che parte la nuova commedia agrodolce dei registi Olivier Nakache ed Eric Toledano The Specials, film di chiusura della settantaduesima edizione del Festival di Cannes.Città Nuova presenta il Festival n.72:
Bruno regala ogni momento della sua giornata ai giovani che soffrono di gravi forme di autismo. Sono la sua famiglia. Cerca di placarli nei momenti più difficili, prova a farli diventare indipendenti, li spinge a integrarsi. Non ha una compagna, il telefono non smette mai di squillare, deve far fronte a mille emergenze. Attorno a lui prende forma una comunità, un gruppo che impara a crescere, a confrontarsi, a superare insieme “l’impossibile”.
The Specials ha un cuore grande, racconta una realtà forse poco conosciuta, dà voce a chi sfida la tempesta in silenzio. Eroi contemporanei, guerrieri che non cedono davanti alle imposizioni del sistema. Nakache e Toledano puntano a sensibilizzare, mettono in scena esistenze complesse, al limite. Si torna ai tempi di Quasi amici, quando la periferia incontrava le classi più agiate, la malattia si trasformava in un nuovo inizio. Siamo vicini allo spirito di Samba. In fondo The Specials è una storia d’amore, tra un uomo e la sua vocazione, è un ritratto di profonda umanità. C’est la vie, si potrebbe dire citando l’ultimo geniale lavoro della coppia francese.
Ma qui non ci sono funambolici ricevimenti, feste di matrimonio che si concludono con lo sposo che “vola via”. I due si concentrano sui sorrisi a denti stretti, sul trionfo dei buoni sentimenti. Alternano la tenerezza agli allarmi, condannano anche il Ministero della Sanità, che manda i suoi funzionari a ostacolare il volenteroso Bruno. Il protagonista ha il volto di un Vincent Cassel scavato, vittima ma mai carnefice. È come un padre putativo che non smette di lottare, piegato (forse) solo dall’andare degli anni. Il film non ha ancora una data di uscita in Italia, ma sarà distribuito da Videa. Una degna conclusione per il Festival che, dopo la Palma d’Oro alle differenze di classe di Parasite e il Premio della Giuria alle banlieu di Les Misérables, non smette di interrogarsi sul destino degli ultimi.
La miseria e il dolore del mondo sembrano il soggetto dei premi. Ha vinto il sud-coreano Bong John-ho con il suo ParasiteMolti si aspettavano un premio, se non la Palma d’oro ad Almodòvar o a Tarantino. Qualcosa anche al nostro Bellocchio. Invece, sono tutti rimasti, o quasi, a bocca asciutta. Non si direbbe proprio giustamente, perché sia il film di Pedro Dolor y gloria – nonostante Banderas miglior attore –, sia Il Traditore, con un magnifico Favino, meritavano qualcosa in più.Ma la giuria è la giuria e va rispettata. Così in modo unanime – si dice – ha vinto il sud-coreano Bong John-ho con il suo Parasite, «storia di ricchi contro poveri, di sottoscala, tra umori grotteschi e splatter», come è stato definito da collega Cappelli sul Corsera.Vanno molto ormai gli emarginati, visto che il Gran Premio della giuria lo ha preso Mati Diopcon Atlantique che racconta l’emarginazione in Senegal e poi anche Les Misérables di Lady Ly, ambientato nella banlieue parigina dove il regista è cresciuto tra gitani, islamici, prostitute e ladri.In effetti la miseria e il dolore del mondo sembrano il soggetto dei premi, a riprova di una sensibilità per il sociale molto cresciuta ed attuale da parte del cinema. Tant’è vero che il parossistico, citazionista film di Tarantino su Hollywood di una volta, anche se zeppo di star – primo di tutti Leo DiCaprio sempre fenomenale – non ha preso nulla. Che il mondo del cinema sia stanco di eccessi o perlomeno dei soliti acclamati registi? Chissà.Del resto a Cannes numero 72 – a parte gli omaggi, dalla nostra Lina Wertmuller ad Alain Delon –, l’occhio pare appostato sul tema della giustizia sociale e dell’integrazione, visto che i l film dei fratelli Dardenne ha ottenuto la Miglior regia. Si tratta di Le jehune Ahmed sul radicalismo islamico di un adolescente, un appello all’apertura in quest’età di populismi.Congedati gli ultimi eroi, da Stallone a Brad Pitt, omaggiato l’ultimo film di Lelouch, rimane in campo l’icona francese Catherine Deneuve in una edizione non sgargiante, ma comunque interessante. Cannes ha snobbato Tarantino, ridimensionato il “prodigio” canadese Xavier Dolan (che si è ripetuto) e, purtroppo, dimenticato l’Italia. Che si sta però rifacendo al botteghino con il giovane Favino, 50 anni, diretto dal vecchio-giovane Bellocchio, 80 anni. Il buon cinema non ha età.