SULLA FAMIGLIA E SUL MATRIMONIO (II parte: Gesù e il matrimonio)
Ventiduesima puntata delle mie riflessioni sulla "vita sessuale tra Chiesa e società"
Gesù e il matrimonio
Cosa ha detto Gesù sul matrimonio? Poco, e quel poco lo
rintracciamo lì dove viene interpellato se sia lecito ripudiare la propria
moglie[1]. Egli
risponde invitando a considerare la sorgente, la meta e l’ideale, il progetto
che Dio ha sul matrimonio, per poi esortare a non rovinare tale progetto con il
ripudio umano[2].
Gesù si riferisce a quanto indicato
nel libro della Genesi, dove si riscontra che:
L’immagine di Dio è la coppia
matrimoniale: l’uomo e la donna (…). Questa è
l’immagine di Dio: l’amore, l’alleanza di Dio con noi è rappresentata in
quell’alleanza fra l’uomo e la donna. Siamo creati per amare, come riflesso di
Dio e del suo amore. E nell’unione coniugale l’uomo e la donna realizzano
questa vocazione nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e
definitiva. Quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del Matrimonio,
Dio, per così dire, si “rispecchia” in essi, imprime in loro i propri
lineamenti e il carattere indelebile del suo amore[3].
Gesù, che non era sposato, mostra di apprezzare
il
matrimonio che intende riportare al “principio”, alla sua bellezza originaria,
e proclama al pari tempo la possibilità dell’eunuchìa, del farsi celibi, non
per motivi di impossibilità umana, di disprezzo della sessualità o per ragioni
di ordine sociale o di settarismo religioso, ma solo per una chiamata
particolare rivolta da Dio ad alcuni, come un dono, a motivo e a testimonianza
speciale del suo Regno veniente[4].
Dio stesso – ci ricorda Gesù -, è il principio della vita della
coppia, l’origine dell’amore nuziale.
In
qualche modo Dio ha pensato l’uomo e la donna come una realtà distinta, vedendo
in questa realtà distinta la possibilità dell’unione. Ma questa unione tra i
due veicola, e lo è, un’unione molto più in profondità, quella con Dio stesso. (…)
Proprio la realtà creaturale, la spinta dell’andare l’uno verso l’altro, e il
desiderio di essere uniti, veicola ciò che Dio aveva prospettato loro, cioè una
piena unità, una piena armonia e una piena realizzazione delle persone[5].
Gesù ci invita a guardare alle potenzialità dell’amore umano così
come Dio lo ha pensato, all’ideale proposto. Ma se le cose non funzionano? Ecco
la questione centrale, la più dibattuta anche ai nostri giorni: è lecito il
divorzio? É lecito tentare un’altra storia? La risposta di Gesù è netta (“l’uomo non divida ciò che Dio ha unito”[6]), ma non priva di
distinguo e ambiguità. Più che un divieto egli esprime una esortazione, un
desiderio. Ci invita a guardare all’ideale, anziché fermarci alle difficoltà
umane, ai possibili fallimenti, alla ricerca di una via d’uscita che renda la
nostra promessa meno vincolante.
Ciò che risulta chiaro nella testimonianza evangelica è che
Gesù non ammette che si interpreti il divorzio previsto da Mosè come un
“diritto”: Gesù lo giudica, invece, come una “concessione” dovuta alla nostra
incapacità di amare come esige il disegno creatore di Dio[7].
Gesù - commenta ancora Tettamanzi - “vieta la
contrattazione dell’amore che, proprio perché proviene da Dio creatore, è amore
indissolubile”[8]. E prosegue:
La «durezza di cuore» (sclerocardìa), di cui parla Gesù, è scomparsa a seguito della sua
venuta e della sua grazia? Coloro che credono in Cristo ne sono esenti? Pare di
dover rispondere: se si ammette che la durezza di cuore colpisce anche i
cristiani – e il fatto che essi pecchino lo comprova – non si dovrebbe in
qualche modo tenerne realisticamente conto? E il «compimento» della legge, che
la grazia di Cristo rende possibile e reale, è abrogativo o no della legge di
Mosè circa il divorzio? Per la verità non abbiamo dai Vangeli una precisa
risposta all’interrogativo posto[9].
L’esegeta ebreo P. Lapide commenta in modo simile le
affermazioni di Gesù sul divorzio:
“Ciò che Dio ha
unito l’uomo non deve separare”, dice
Gesù in stile rabbinico; ma l’uomo può
dividerlo, come hanno dimostrato a partire dal peccato originale l’abuso della
creazione, l’allontanamento da Dio e non ultimo lo scioglimento del vincolo
coniugale. Questo potere del peccato ha trasformato anche l’armonia che deve
regnare quando un uomo e una donna diventano una sola carne, facendola
degenerare in una lotta dei sessi con vinti e vincitori, con dominatori e
dominati. L’ordine che dovrebbe reggere la creazione si trasforma così nella
sua distruzione. “Ma da principio non fu
così”. In queste parole di Gesù non solo si coglie la tristezza per tutto
il male compiuto dopo il diluvio universale, ma anche lo struggimento
inappagabile per quel regno di Dio che restaurerà nuovamente la condizione
delle origini: amore puro, libertà dal peccato, presenza di Dio e cessazione di
ogni azione malvagia sulla terra[10].
Gesù,
anche in questo caso, vuole aiutare a tendere verso l’ideale, ma rispettando la
fragilità delle persone concrete che ha davanti; condanna il peccato, non il
peccatore; propone la misura alta, l’ideale, il sogno di Dio senza rinnegare la
possibilità drammatica di fallire: “Chi
di voi è senza peccato, getti per primo la pietra…”[11].
In nessun modo –
ribadisce papa Francesco - la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno
del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza. (…) La
tiepidezza, qualsiasi forma di relativismo, o un eccessivo rispetto al momento
di proporlo, sarebbero una mancanza di fedeltà al Vangelo e anche una mancanza
di amore della Chiesa verso i giovani stessi. Comprendere le situazioni
eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né
proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di
una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni
e così prevenire le rotture[12].
[1] Il ripudio era una sorta di divorzio riservato agli
uomini i quali, a seconda delle scuole di pensiero del tempo, potevano
rimandare la propria moglie alla
famiglia di origine per un qualsiasi motivo banale che il marito avesse
trovato contro di lei, o, secondo altri, per dei motivi gravi che dovevano
essere autorizzati.
[2] Cfr. Mc
10,2-12; Mt 5,31-32; 19,3-9 e Lc 16,18.
[3] Papa Francesco, udienza
del 2 aprile 2014
[4] C. Rocchetta, Teologia
della tenerezza, p.170.
[5] G. Mazzanti, Uomo
donna. Mistero grande, p.37
[6] Mc 10,9
[7] D. Tettamanzi, Il
vangelo della misericordia, p.129
[8] D. Tettamanzi, op.
cit., p.135
[9] Idem, p.136-138. Corsivo dell’autore.
[10] P. Lapide, Il
discorso della montagna, p.82-83
[11] Gv 8,7
[12] Papa Francesco, Amoris
laetitia, n.308