L'amore liquido (il mio piccolissimo omaggio a Bauman)
Vedi anche: "Perchè dovremmo ascoltare Bauman sui rischi di un amore liquido" (riflessione e video)
L’espressione “amore liquido”, divenuta presto
famosa, è del grande sociologo polacco Bauman[i]. Nei suoi ultimi lavori egli descrive la postmodernità usando le metafore di modernità liquida e solida, categorie che traducono la perdita di
certezze e punti di riferimento stabili dell’uomo odierno (da cui l’essere
liquido) rispetto all’uomo del passato che viveva in una sostanziale solidità
di rapporti e punti di riferimento.
La nozione di Bauman di «società liquida» -
ricorda il sociologo Introvigne- fu citata anche da Benedetto XVI. È una
società dove non ci sono più relazioni solide, stabili, ma tutto è effimero e
tutto si cambia. La maggioranza cambia lavoro, casa, città più e più volte
nella vita, e perfino nel calcio i giocatori «bandiera» che passano tutta la
carriera nella stessa squadra sono una specie in via di estinzione. Le
statistiche ci dicono che in Occidente più della metà delle persone cambia
anche marito o moglie, non perché resta vedovo ma perché divorzia. Quanto ai
molti che non si sposano - la maggioranza in diversi Paesi - cambiano compagno
e compagna ancora più spesso. Anche l'amore è diventato «liquido», sostiene
Bauman: «perché dovrei continuare a tenermi lo stesso partner quando ho già
cambiato tre telefonini?». «Ciò che prima era considerata eresia del
libertinismo, piuttosto che disturbo sessuale o perversione, ora diventa la
norma culturale con l'autosufficienza dell'erotismo, ovvero con la libertà di
cercare il piacere sessuale fine a se stesso»[ii].
Nei suoi libri Bauman sostiene
che l'incertezza che attanaglia la società moderna
deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori. L'amore liquido è proprio questo: un amore diviso
tra il desiderio di emozioni e la paura del legame, tra il desiderio di cambiare
e il bisogno di un amore autentico[iii].
Mentre
fino a poco tempo fa le relazioni a lungo termine erano considerate “istinti
naturali”, oggi vengono percepite come oppressive: «L’impegno verso un’altra
persona [...] in particolare un impegno incondizionato e di certo un tipo di
impegno “finché morte non ci separi”, nella buona e nella cattiva sorte, in
ricchezza e in povertà, assomiglia sempre più a una trappola da scansare a ogni
costo»[iv].
Il mercato ha fiutato nel
nostro bisogno disperato di amore l'opportunità di enormi profitti. E ci
alletta con la promessa di poter avere tutto senza fatica: soddisfazione senza
lavoro, guadagno senza sacrificio, risultati senza sforzo, conoscenza senza un
processo di apprendimento. L'amore richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare
chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l'altro nei momenti difficili,
andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato
superfluo: comprare regali in un negozio è più che sufficiente a ricompensare
la nostra mancanza di compassione, amicizia e attenzione. Ma possiamo comprare
tutto, non l'amore. Non troveremo l'amore in un negozio. L'amore è una fabbrica
che lavora senza sosta, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla
settimana…
Quando ciò che ci circonda
diventa incerto, l'illusione di avere tante "seconde scelte", che ci
ricompensino dalla sofferenza della precarietà, è invitante… "L'amore
esclusivo" non è quasi mai esente da dolori e problemi - ma la
gioia è nello sforzo comune per superarli[v].
Ma
l’amore non è liquido: lo ammette lo stesso Bauman in una intervista rilasciata
al giornalista Pierangelo Giovanetti,
apparsa su Avvenire del 2 febbraio 2006, con il titolo “L’amore non è
liquido”:
(…)
quando pensa all’amore vero, con la A maiuscola, volge lo sguardo a lei,
Janina, la moglie che da sessant’anni gli è al fianco. «Io e Janina – racconta
Zygmunt Bauman - sappiamo che stare insieme significa anche sacrificio e
accettazione dell’altro, pure quando è faticoso. Ma per noi lo stare insieme, il volerci bene e l’essere uniti "finché morte non ci separi" è
una prospettiva molto più bella, che l’essere separati e vivere la libertà
dello stare da soli. Per questo credo che il Papa abbia centrato l’obiettivo,
decidendo di richiamare la società di oggi, che per definizione evita legami
duraturi ed esclusivi, alla totalità dell’amore[vi].
È sicuramente un richiamo controcorrente. Ma è tanto più necessario in un’epoca di dittatura del consumismo, dove la "sindrome
del consumo" penetra ogni fessura della nostra esistenza, fagocitando in
essa anche ciò che c’è di più grande: l’amore». (…)
[i] Z. Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, 2006
[ii] M. Introvigne, L’amore? Si è liquefatto, in La nuova bussola quotidiana,
16.7.2013.
[iii] “Secondo
Bauman, ormai ci si limiterebbe a vivere nell’immediato, senza progetti a lungo
termine, incapaci di costruire qualcosa di duraturo. Da un lato, continuiamo
tutti a desiderare relazioni stabili e durature per paura della solitudine. Da
un altro, abbiamo paura di restare invischiati all’interno di legami soffocanti
che fuggiamo non appena abbiamo la sensazione che una storia si stia
consolidando”. (M. Marzano, op.cit., p.106)… “Nell’ “usa e getta” che denuncia Bauman c’è sicuramente
l’incapacità di costruire relazioni durature e di sacrificarsi per l’altro,
passando da un’avventura alla successiva non appena una persona ci delude. Ma
c’è anche e soprattutto la paura di abbandonarsi all’altro. Perché ci può
tradire e lasciare soli. Può utilizzare le nostre fragilità e farci soffrire.
Può prometterci tante cose e poi non darci niente” (idem, p.116).
[iv] Z. Bauman, Amore liquido, cit. p.125
[v] Da una intervista a Bauman di Raffaella De
Santis, in La Repubblica del 20.11.2012
[vi] Il riferimento è all’enciclica di Benedetto
XVI, Deus Caritas est.