I MAGI, "CERCATORI DI DIO" (Mt 2,1-12)
I magi sono personaggi enigmatici introdotti per
indicare come Dio si riveli a coloro che amano la verità e la ricercano in un
cammino che li spinge lontano dalle loro mura e sicurezze. A loro si
contrappongono coloro che, apparentemente saggi e religiosi, rimangono
arroccati nella città di Gerusalemme: “I
capi dei sacerdoti, gli scribi del popolo” (v.4) e il re Erode che ordisce
inganni per paura di perdere il proprio potere.
Dei magi Matteo non dice quanti siano, come si
chiamino, non dice che sono re. Dice solo che provengono da oriente e che sono
in un cammino di ricerca che li spinge di notte (la loro prima guida è una
stella).
Il viaggio di ogni cercatore di Dio va dal
proprio oriente - e dunque dagli abissi del proprio cuore, dalle domande più
profonde che ci abitano - verso la “città
di Davide” (v.11), luogo della rivelazione divina. (…)
La via verso la fede non è un itinerario
luminoso. Occorre avanzare nell’oscurità, pellegrini verso la luce, di cui la
stella è annuncio e promessa. Che cos’è la stella? Nell’immaginario biblico
essa sta a dire un segno che viene dal cielo, raggiungendo gli uomini
nell’oscurità della loro esperienza per condurli dove il Signore li chiama[1].
Essi, commenta Papa Francesco, seguivano una luce e hanno trovato la luce. E prosegue:
Guidati dallo Spirito, arrivano a riconoscere
che i criteri di Dio sono molto diversi da quelli degli uomini, che Dio non si
manifesta nella potenza di questo mondo, ma si rivolge a noi nell’umiltà del
suo amore. L’amore di Dio è grande, sì. L’amore di Dio è potente, sì. Ma
l’amore di Dio è umile, tanto umile! I Magi sono così modelli di conversione
alla vera fede perché hanno creduto più nella bontà di Dio che non
nell’apparente splendore del potere[2].
L’incontro con il Signore è fonte
di gioia profonda: è il momento di “prostrarsi” e “adorare” il Signore
incontrato, senza timore di aver sbagliato obiettivo solo perché egli si
manifesta a noi come un bambino, realtà iniziale che deve essere accolta, crescere
e realizzarsi in pienezza.
Incontrare l’Amato, desiderato e cercato, è
fonte di grandissima gioia, perché vuol dire sentirsi raggiunti da un amore
infinito, da un’indicibile bellezza. Niente dà al nostro cuore tanta gioia
quanto il riconoscerci amati e l’amare[3].
“Lo adorarono”
(v.11). Adorare è una parola che deriva da ad-oras:
portare alla bocca, baciare. Il gesto compiuto da questi saggi è dunque un segno
di affetto a cui tutti i discepoli sono chiamati. Chiarisce Papa Francesco:
Che cosa vuol dire adorare Dio? Significa imparare a stare con
Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che la sua presenza è la più
vera, la più buona, la più importante di tutte. (…) Adorare il Signore vuol
dire dare a Lui il posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire
affermare, credere, non però semplicemente a parole, che Lui solo guida
veramente la nostra vita; adorare il Signore vuol dire che siamo convinti
davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, il Dio della nostra
storia[4].