XXV domenica del tempo ordinario: "Se uno vuole essere il primo..."
TRA VOI NON SIA COSI'
Domenica scorsa abbiamo lasciato i discepoli che, per bocca di Pietro, riconoscono l'identità di Gesù come il Messia, ma già questa comprensione non era priva di ambiguità e di incomprensioni tanto che Pietro prende da parte Gesù e lo rimprovera, pretende di dargli istruzioni su come fare il Messia, si attende gloria, potere, successo.
Gesù cerca tempo e occasioni per istruirli, per far loro capire il senso del suo essere Messia e dei grandi avvenimenti (la passione, morte e resurrezione) che stanno per coinvolgerli. No, non è il Messia glorioso e trionfante che essi si attendono, ma il Messia annunciato in alcuni brani oscuri della Bibbia che trovano in lui comprensione.
Ecco allora la 1° lettura tratta dal libro della Sapienza che presenta lo scontro quasi inevitabile tra bene e male, tra il Giusto e gli empi che si sentono scoperti nella loro malvagità dalla luce e dalla bontà del giusto. Vogliono eliminarlo per tornare a nascondere la loro iniquità, per non sentirsi rimproverati. Pensiamo inoltre alla misteriosa figura del servo di Dio delineata dal profeta Isaia (Is 53): la figura del Messia inviato a tutta Israele e a tutti i popoli, obbediente a Dio, umiliato e perseguitato a motivo della sua fedeltà. Egli è solidale con i peccatori e mite come un agnello condotto al macello; è schiacciato dalle nostre iniquità; porta il peccato di tutti e intercede per i malvagi; ma dopo il suo intimo tormento "vedrà la luce", "vivrà a lungo", riceverà "in premio le moltitudini", e realizzerà il progetto del Signore.
Gesù è consapevole che dovrà affrontare questo scontro durissimo. Già più volte è stato messo alla prova, tentato, criticato. E il secondo annuncio del suo destino di passione, morte e resurrezione vuole preparare i suoi a questo momento.
Eppure, come a seguito del primo annuncio, anche in questo caso la reazione dei discepoli è di incomprensione e di paura isolandosi da lui e discutendo di cose opposte a quelle da lui pensate e vissute. Ragionano secondo il mondo, secondo la mentalità del secolo presente (e, come si vede, di ogni tempo): competere, primeggiare, imporsi. La questione che si pongono come prioritaria è "chi sia il più grande".
Nella 2° lettura San Giacomo sembra proprio far riferimento a questo desiderio insito in tutti mostrando come sia un principio di distruzione della convivenza umana. La "gelosia e lo spirito di contesa" crea "disordine e ogni sorta di cattive azioni"...fino alle guerre stesse, alle liti. "Non vengono forse dalle vostre passioni?" Dal desiderio di possedere, dall'invidia?
Nelle nostre chiese non siamo esenti da questi atteggiamenti. Quante contese, divisioni, invidie, gelosie albergano anche nelle nostre comunità parrocchiali! Quanto desiderio di emergere, di affermarsi, di mettersi in mostra, di primeggiare!
A questa voglia di potere Gesù contrappone il suo mondo nuovo: "Se uno vuol essere il primo sia il servitore di tutti". Non condanna il nostro desiderio di emergere, ma ci indica la direzione e il prezzo perchè questo desiderio sia purificato e realmente appagato: mettersi al servizio di tutti!
Il nostro istinto è quello di prendere, accumulare, comandare, non certo essere servi, tantomeno di tutti, cioè senza limiti di gruppo, di famiglia, di etnia, di chi lo meriti o non lo meriti, senza porre condizioni. Forse possiamo accettare l'idea di metterci a servizio di Dio, di essere suoi servitori. Ma in fondo, pensiamoci, se fossimo realmente alle dipendenze di un tale padrone, quale servizio ci chiederebbe di svolgere? Non forse quello di servire i suoi figli più cari, ovvero i bambini, gli emarginati, i sofferenti?
Ed ecco il segno che stigmatizza tutto questo discorso: prende un bambino, l'essere più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole tra gli ultimi!
Domenica scorsa abbiamo lasciato i discepoli che, per bocca di Pietro, riconoscono l'identità di Gesù come il Messia, ma già questa comprensione non era priva di ambiguità e di incomprensioni tanto che Pietro prende da parte Gesù e lo rimprovera, pretende di dargli istruzioni su come fare il Messia, si attende gloria, potere, successo.
Gesù cerca tempo e occasioni per istruirli, per far loro capire il senso del suo essere Messia e dei grandi avvenimenti (la passione, morte e resurrezione) che stanno per coinvolgerli. No, non è il Messia glorioso e trionfante che essi si attendono, ma il Messia annunciato in alcuni brani oscuri della Bibbia che trovano in lui comprensione.
Ecco allora la 1° lettura tratta dal libro della Sapienza che presenta lo scontro quasi inevitabile tra bene e male, tra il Giusto e gli empi che si sentono scoperti nella loro malvagità dalla luce e dalla bontà del giusto. Vogliono eliminarlo per tornare a nascondere la loro iniquità, per non sentirsi rimproverati. Pensiamo inoltre alla misteriosa figura del servo di Dio delineata dal profeta Isaia (Is 53): la figura del Messia inviato a tutta Israele e a tutti i popoli, obbediente a Dio, umiliato e perseguitato a motivo della sua fedeltà. Egli è solidale con i peccatori e mite come un agnello condotto al macello; è schiacciato dalle nostre iniquità; porta il peccato di tutti e intercede per i malvagi; ma dopo il suo intimo tormento "vedrà la luce", "vivrà a lungo", riceverà "in premio le moltitudini", e realizzerà il progetto del Signore.
Gesù è consapevole che dovrà affrontare questo scontro durissimo. Già più volte è stato messo alla prova, tentato, criticato. E il secondo annuncio del suo destino di passione, morte e resurrezione vuole preparare i suoi a questo momento.
Eppure, come a seguito del primo annuncio, anche in questo caso la reazione dei discepoli è di incomprensione e di paura isolandosi da lui e discutendo di cose opposte a quelle da lui pensate e vissute. Ragionano secondo il mondo, secondo la mentalità del secolo presente (e, come si vede, di ogni tempo): competere, primeggiare, imporsi. La questione che si pongono come prioritaria è "chi sia il più grande".
Nella 2° lettura San Giacomo sembra proprio far riferimento a questo desiderio insito in tutti mostrando come sia un principio di distruzione della convivenza umana. La "gelosia e lo spirito di contesa" crea "disordine e ogni sorta di cattive azioni"...fino alle guerre stesse, alle liti. "Non vengono forse dalle vostre passioni?" Dal desiderio di possedere, dall'invidia?
Nelle nostre chiese non siamo esenti da questi atteggiamenti. Quante contese, divisioni, invidie, gelosie albergano anche nelle nostre comunità parrocchiali! Quanto desiderio di emergere, di affermarsi, di mettersi in mostra, di primeggiare!
A questa voglia di potere Gesù contrappone il suo mondo nuovo: "Se uno vuol essere il primo sia il servitore di tutti". Non condanna il nostro desiderio di emergere, ma ci indica la direzione e il prezzo perchè questo desiderio sia purificato e realmente appagato: mettersi al servizio di tutti!
Il nostro istinto è quello di prendere, accumulare, comandare, non certo essere servi, tantomeno di tutti, cioè senza limiti di gruppo, di famiglia, di etnia, di chi lo meriti o non lo meriti, senza porre condizioni. Forse possiamo accettare l'idea di metterci a servizio di Dio, di essere suoi servitori. Ma in fondo, pensiamoci, se fossimo realmente alle dipendenze di un tale padrone, quale servizio ci chiederebbe di svolgere? Non forse quello di servire i suoi figli più cari, ovvero i bambini, gli emarginati, i sofferenti?
Ed ecco il segno che stigmatizza tutto questo discorso: prende un bambino, l'essere più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole tra gli ultimi!