II domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia)
- II domenica DI Pasqua e non DOPO Pasqua:
siamo ancora immersi nel mistero centrale della nostra fede da cui scaturisce
ogni realtà: l’EUCARISTIA, la PACE , lo SPIRITO, la COMUNITA ’, i SACRAMENTI…
- Domenica della Divina Misericordia
- Domenica della Divina Misericordia
Il brano del Vangelo contiene tutti gli
elementi per approfondire il significato e le conseguenze che la Resurrezione
di Cristo ha nella nostra vita:
- è il primo
giorno della settimana, la DOMENICA, giorno del Signore Risorto;
- la COMUNITA’
è riunita, ma chiusa, ancora impaurita (meglio una Chiesa aperta, fiduciosa, in
uscita);
- Gesù APPARE
in mezzo alla comunità riunita (rompe le chiusure, irrompe)
- DONA la PACE;
- mostra le
FERITE;
- DONA la GIOIA;
- MANDATO
MISSIONARIO;
- DONA lo SPIRITO;
- MANDATO di
PERDONARE;
- TOMMASO non
era presente e non riesce a credere a ciò che non vede (è “didimo”, gemello a
noi, nell’incredulità);
- 8 giorni dopo
Tommaso vede e crede: “Mio Signore e mio Dio”
- BEATITUDINE
della FEDE (non cieca: chiede una adesione anche razionale, che si basi su
motivi di credibilità, ma che non si ferma davanti all’invisibile, che non
pretende di com-prendere tutto, ma sa che la propria ragione è limitata[1]).
- L’INCONTRO col Dio vivo avviene in
COMUNITA’: è questa la chiave di lettura della
liturgia odierna, il passo in avanti nel mistero centrale della nostra fede.
- Luca, nella
1L, ci descrive i caratteri distintivi della prima comunità cristiana, quella
di Gerusalemme, attraverso dei sommari che presentano caratteristiche di alta
idealità, anche se poi ci mostra i problemi e i limiti di quell’ambiente
apparentemente idilliaco. Rimane valido tuttavia l’enunciato di base: “La
moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima
sola”. L’esperienza cristiana è sempre vissuta in modo comunitario; la scelta
di fede è personale, ma poi essa si vive “naturalmente” in comunità.
- Un secondo
elemento è la CONDIVISIONE che caratterizza la vita comunitaria: condivisione
prima di tutto spirituale, affettiva, ma anche materiale, concreta. In
quest’ultima accezione è da notare come non veniva stabilita una quota fissa,
da distribuire a tutti in maniera indifferenziata, ma l’importo variava a
secondo delle possibilità e del bisogno individuale. Non è difficile immaginare
quanto questa scelta potesse dar luogo ad invidie, risentimenti, sospetti.
- TOMMASO, figura del discepolo che fatica
a credere (e quindi figura di tutti noi), fa questa esperienza: si trova
lontano dalla comunità riunita (e ancora impaurita) nel cenacolo quando questa
viene visitata (otto giorni dopo la Pasqua ) dal Risorto. Non avendo visto e
partecipato non crede. La volta successiva, ancora otto giorni dopo, si trova
anche lui in comunità e il Risorto compare come presenza spirituale (le porte
sono chiuse) ma molto concreta, percepibile a tal punto da mostrare e render
tangibili all’incredulo Tommaso le ferite della sua crocifissione e a invitarlo
a toccarle. A quel punto Tommaso fa quella che è una delle più belle
professioni di fede presenti nel Vangelo: “Mio Signore e mio Dio!”.
Per arrivare alla fede si può passare
anche attraverso un itinerario tormentato o incerto ma accessibile a tutti,
come quello di Tommaso che ha bisogno dei segni per credere.
Proprio per questo lo sentiamo vicino,
affine alla nostra sensibilità, conforto per quanti procedono a fatica nella
galleria, spesso oscura, che conduce alla ricerca di Dio.
Il vedere è il modo più semplice per
conoscere, ed anche il modo più semplice per credere. Anche il discepolo che si
era recato al sepolcro vide e credette, Maria Maddalena vide il Signore e poi
lo riconobbe. Persino il cieco nato prima vide il Signore e poi credette in
lui. La fede nasce da un'esperienza, come la conoscenza. Si può parlare solo di
quello che si è visto e sentito. Perciò il desiderio di vedere è naturale,
ovvio, un'esigenza che può essere considerata quasi alla stregua di un diritto.
Il problema si pone perché, per qualche motivo
che non sappiamo, la sera di quel memorabile primo giorno dopo il sabato, in
quello stesso luogo dove erano riuniti tutti gli altri, lui non c'era e
l'assenza impedisce l'esperienza. Tommaso non ha potuto credere non perché
fosse duro e testardo, incredulo e poco sensibile, come a volte è dipinto, ma
semplicemente perché, a differenza dei suoi amici più fortunati, non c'era.
Tutti gli altri credono perché hanno
visto; prima di aver visto erano esattamente come lui. Quando Gesù gli
appare, in realtà non lo rimprovera per aver desiderato vedere, ma lo
invita a fare un salto di qualità che agli altri non era stato chiesto: "Metti
qua il tuo dito guarda…".
Il problema di Tommaso ed eventualmente
nostro, agli occhi del Signore, non è di aver desiderato vedere, ma di non aver
creduto prima di vedere. Gesù non mette il credere
contro il vedere, non mette la fede contro l'esperienza, non invita ad una fede
cieca. Invita, piuttosto, a credere per riacquistare la vista, esattamente come
aveva fatto con il cieco nato. In altre parole Tommaso ragionava
dicendo: bisogna vedere per credere. Gesù contesta questa logica
contraddicendolo: bisogna credere per vedere. Gesù
non disapprova il desiderio di vedere, ma rifiuta la pretesa di farlo senza
fede.
Nel tempo della Chiesa, credente è chi, superata la pretesa di vedere, accetta la testimonianza
autorevole di chi ha veduto.
- L’OTTAVO GIORNO, il primo dopo il
sabato, giorno del riposo e del compimento, diviene l’inizio di una nuova
settimana, ma anche di una nuova era segnata dal crocifisso risorto, giorno del
suo incontro all’interno della comunità.
- L’OTTAVO GIORNO diventa così per i
cristiani il giorno dell’INCONTRO con il Risorto che continua a donarci la PACE
e il suo SPIRITO e ci invia nel mondo come suoi ambasciatori chiamati a
renderlo ovunque presente e operante. La Domenica diventa così il giorno in cui
ritrovarsi con i fratelli di fede per fare memoria della sua Resurrezione e
diventare sempre più suo corpo, una sola realtà. E’ in seno alla comunità che
si incontra e si sperimenta la presenza del Risorto: vivendo fuori, isolati,
rimaniamo nel dubbio. Non possiamo dirci cristiani se non viviamo all’interno
di una comunità e in questa PERSEVERANDO nei fondamenti del nostro cammino di
fede: la LITURGIA EUCARISTICA , la CARITA ’ FRATERNA fino alla comunione dei
beni materiali e spirituali, la PREGHIERA , la CATECHESI.
- Nessuno può vivere da solo, isolato, la
sua fede: solo la comunità è garanzia di un vero cammino di fede. Come Tommaso,
grazie alla comunione con i nostri fratelli, oggi possiamo dire a Gesù: “Mio
Signore e mio Dio!” e lì dove, nella solitudine, c’era il dubbio e smarrimento,
si sprigionerà la luce della speranza in seno alla Chiesa.
- Oggi è il giorno per sperimentare la
gioia di incontrare il Signore risorto, e di incontrarlo all’interno di una
comunità di fratelli e sorelle. Perché allora ci troviamo spesso a uscire da
queste mura uguali a prima, a volte tristi e chiusi nelle nostre paure e nel
nostro egoismo? Perché incontrando coloro che non sono qui presenti non ci
viene spontaneo prorompere gioiosamente dicendo: “Ho incontrato il Signore! E’
veramente risorto!”. Perché abbiamo paura che ci prendano per dei fanatici con
disturbi mentali?
- Credo che la risposta possa essere
questa: l’incontro, per essere reale, autentico, pieno, richiede che vada
desiderato, preparato. Necessita di una comunità che sia realmente una comunità
di fratelli e sorelle e non di semisconosciuti che provano un po’ di vergogna
nel darsi un segno di pace e che si mettono in fondo alla Chiesa scappando
appena la Messa sembra conclusa. Dobbiamo inserirci sempre più pienamente in
una comunità e costruirla insieme!
- La domenica deve essere per noi il
giorno del Signore e della comunità, il giorno per sentirsi liberi, non perché
si fa quello che si vuole, ma perché finalmente si ha il coraggio di scegliere
ciò che vale per la vita e riempie la vita. Quanti cristiani con troppa
leggerezza trovano mille scuse per saltare la Messa , quanti bambini del
catechismo sono assenti, quante famiglie! Quanti di noi si limitano a quest’ora
ed evitano accuratamente ogni impegno e ogni occasione per costruire e sentirsi
comunità!
- Questo lo dico non certo per sminuire
l’impegno di tanti o non riconoscendo i tentativi riusciti per costruire uno
spirito autenticamente comunitario, ma per stimolarci, me compreso, e
impegnarci ancora di più: dobbiamo metterci davanti all’ideale della prima
comunità cristiana ascoltato nella prima lettura e chiederci come avvicinarci a
tale ideale.
Pace a
voi. Non si tratta di un semplice augurio, ma di una affermazione: c'è pace per
voi, è pace dentro di voi, pace crescente. Shalom, ha detto, ed è parola
biblica che contiene molto di più della semplice fine delle guerre o delle
violenze, porta la forza dei retti di cuore dentro le persecuzioni, la serenità
dei giusti dentro e contro le ingiustizie, una vita appassionata dentro vite
spente, pienezza e fioritura.(E. Ronchi)
- Pace a voi! Dice più volte il Risorto
apparendo in mezzo ai suoi: ci dona la sua pace, il suo Spirito, la forza di
riconciliarci con coloro con cui siamo in conflitto. Abbiamo tutto il
necessario per realizzare il grande sogno d’amore di Dio. Per questo motivo ha
mandato il Figlio ed ora il Figlio manda noi. “La nostra fede ha vinto il
mondo!”. Amen.
[1] Così Benedetto XVI: “ci sono tante cose che non vediamo e che esistono e sono essenziali. Per
esempio, non vediamo la nostra ragione, tuttavia abbiamo la ragione. Non
vediamo la nostra intelligenza e l'abbiamo. Non vediamo, in una parola, la
nostra anima e tuttavia esiste e ne vediamo gli effetti, perché possiamo
parlare, pensare, decidere, ecc... Così pure non vediamo, per esempio, la
corrente elettrica, e tuttavia vediamo che esiste, vediamo questo microfono
come funziona; vediamo le luci. In una parola, proprio le cose più profonde,
che sostengono realmente la vita e il mondo, non le vediamo, ma possiamo
vedere, sentire gli effetti. L'elettricità, la corrente non le vediamo, ma la
luce la vediamo. E così via. E così anche il Signore risorto non lo vediamo con
i nostri occhi, ma vediamo che dove è Gesù, gli uomini cambiano, diventano
migliori. Si crea una maggiore capacità di pace, di riconciliazione, ecc...
Quindi, non vediamo il Signore stesso, ma vediamo gli effetti: così possiamo
capire che Gesù è presente. Come ho detto, proprio le cose invisibili sono le
più profonde e importanti. Andiamo dunque incontro a questo Signore invisibile,
ma forte, che ci aiuta a vivere bene”.