Don Tonino Bello e gli altri profeti scomodi di papa Francesco
Venerdì 20 aprile il papa sarà nei luoghi dove è vissuto don Tonino Bello, il vescovo di Molfetta morto 25 anni fa, celebre per i suoi scritti e per le lotte a favore dei poveri e della pace. Non è il primo "profeta scomodo" che il papa celebra e un articolo pubblicato dal settimanale Panorama (vedi in fondo al post) unisce le figure di don Tonino con quelle di don Milani e don Mazzolari, con San Pio da Pietralcina e Romero e con i fondatori dei movimenti di Normadelfia e dei Focolarini. Papa Francesco ha mostrato in questi anni di prediligere figure prima condannate dalla Chiesa (o su cui c'è stato un profondo sospetto), ma capaci di guidare la Chiesa stessa verso nuovi orizzonti, superando gli angusti spazi del "si è sempre fatto così".
Don Tonino Bello è un profeta capace di cogliere il potere dei segni e di contrapporlo ai segni del potere, di scrivere con parole di vita che sono ancora oggi citatissime. Qumran propone quasi 100 suoi testi. La Civiltà Cattolica (7 aprile 2018) gli ha dedicato un lungo e articolato articolo: «UN VESCOVO FATTO VANGELO» riassunto da Vaticanews. Questo l'abstract:
Sono passati 25 anni dalla sua morte, causata da un tumore e sono già stati messi in luce gli aspetti più significativi della biografia di don Tonino. Ma qual è oggi la sua eredità spirituale?
«La Chiesa del grembiule» (che è l’unico «paramento» indossato da Gesù nell’Ultima Cena) è l’espressione coniata da don Tonino per indicare il servizio ai fratelli, l’amore per gli ultimi, il coraggio di denunciare le ingiustizie sociali, la scelta della nonviolenza e della pace. «Sì, perché – egli diceva – di solito, la stola richiama l’armadio della sacrestia, dove, con tutti gli altri paramenti sacri, profumata d’incenso, fa bella mostra di sé con la sua seta e i suoi colori, con i suoi simboli e i suoi ricami. […] Il grembiule, invece, ben che vada, se non proprio gli accessori di un lavatoio, richiama la credenza della cucina, dove, intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è sempre a portata di mano della buona massaia. […] Il Vangelo, per la Messa solenne celebrata da Gesù nella notte del Giovedì Santo non parla né di casule né di amitti, né di stole né di piviali. Parla solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi con un gesto squisitamente sacerdotale». «La Chiesa del grembiule» per don Tonino è semplicemente «la Chiesa», una Chiesa che deve abbandonare i segni del potere per abbracciare il potere dei segni, per essere volto credibile del Vangelo nel mondo.Dall’espressione «Chiesa del grembiule» emergono due aspetti fondamentali del pastore: don Tonino è l’uomo di Dio – un uomo di preghiera, un contemplativo – e il servo degli uomini. Disse una volta che «la logica della lavanda dei piedi è eversiva» e parlava della necessità di una Chiesa «estroversa», cioè non autoreferenziale, «in uscita» (come direbbe oggi papa Francesco). E lui è stato il primo a darne un esempio: ha aperto il palazzo vescovile agli sfrattati; ha accolto quanti bussavano alla sua porta; è stato vicino agli operai che lottavano per una più umana giustizia, ma soprattutto ai malati di AIDS e alle prostitute; ha difeso la causa dei disabili, dei disoccupati, dei primi immigrati dall’Albania.
L'articolo di Panorama (19 marzo 2018): "Da Padre Pio a Don Mazzolari: i profeti scomodi di Papa Francesco. Bergoglio sceglie di commemorare figure condannate dalla Chiesa e che ora doventano esempi per tutti, credenti e non credenti":
I tribunali ecclesiastici nel secolo scorso li condannarono al silenzio, li misero all'indice, accusandoli persino di essere cattivi maestri. Sono i testimoni scomodi della Chiesa cattolica del nostro tempo, che papa Francesco sta riabilitando andando in pellegrinaggio sulle loro tombe, incurante delle critiche che gli arrivano da componenti ecclesiali conservatrici e tradizionaliste. Persino da qualche cardinale.Figure che, pur avendo servito la Chiesa magari con impostazioni pastorali nuove e anticipatrici, in vita sono stati oggetto di provvedimenti disciplinari, di “castighi” giudiziari, persino di allontanamento dai sacramenti e dalla pubblica predicazione, per poi essere riabilitati post mortem e additati ad esempio di santità cristiana.Parliamo di figure come Padre Pio – sabato scorso 17 marzo venerato dal pontefice a Pietrelcina e a San Giovanni Rotondo – don Tonino Bello, don Zeno Saltini (a cui Bergoglio farà visita il mese prossimo), dopo che lo scorso anno fece, a sorpresa, un analogo pellegrinaggio per due popolari sacerdoti come don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari.Come dire, continua il pellegrinaggio bergogliano lungo la simbolica Via Crucis costellata da figure emblematiche che nel secolo passato hanno reso la Chiesa più vicina alla gente lungo la strada tracciata dal Concilio Vaticano II, quella Chiesa “in uscita, ospedale da campo dopo una battaglia” auspicata da Francesco appena asceso al Soglio di Pietro 5 anni fa.I PROFETI SCOMODI
Sabato 17 marzo è stata la seconda volta che papa Francesco ha “incontrato” Padre Pio asceso agli onori degli altari come beato e santo dopo un lungo processo canonico, malgrado le precedenti condanne pontificie. La prima volta, il 6 febbraio 2016, in piazza San Pietro in pieno Giubileo della Misericordia, quando le spoglie del santo accolte da Bergoglio furono esposte a milioni di pellegrini.E sempre con parole ed apprezzamenti lontani anni luce dai provvedimenti disciplinari a cui le autorità ecclesiastiche sottoposero Padre Pio, proibendogli per anni di celebrare Messa in pubblico, di confessare e di dispensare i sacramenti. Vera e propria “reclusione” che il frate accettò in piena obbedienza fino alla completa liberalizzazione, che culminò con la canonizzazione proclamata da Giovanni Paolo II. Papa Francesco non è stato da meno, indicando S.Padre Pio come “modello di santità del nostro tempo”.Analoghi apprezzamenti papa Bergoglio esternò lo scorso anno, agli inizi di gennaio, quando andò a pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, contro i quali i vertici ecclesiali non furono per niente teneri. Don Milani “esiliato” nella sperduta chiesetta di Barbiana, dove ebbe la profetica lungimiranza di fondare una scuola per i figli delle famiglie povere del posto, diventata modello inimitabile di formazione ed educazione.Don Mazzolari, costretto anche lui al silenzio e all'isolamento per aver “osato” difendere ad alta voce i diritti di lavoratori e disoccupati. Ferite che i due sacerdoti accettarono in piena obbedienza, e sempre al servizio della Chiesa. Papa Francesco, invece, con quella visita chiese loro pubblicamente “scusa”, elevandoli ad esempio per tutto l'universo cattolico e l'intera società civile.LE PROSSIME VISITE
Il pellegrinaggio “espiativo” di Francesco continuerà ad aprile e maggio prossimi visitando altre tre figure-simbolo che, anche a tanti anni di distanza dalla loro morte e pur avendo subito forme di isolamento e di emarginazione, hanno lasciato tracce indelebili nella Chiesa e nella società.
- Monsignor Bello, a 25 anni dalla morte, una vita spesa tutta al servizio del dialogo e dell'incontro delle genti sia da sacerdote che da vescovo e, in particolare, da presidente di Pax Christi, istituzione ecclesiale notoriamente dedita alla promozione della pace universale senza compromessi, in particolare in materia di condanna di corsa agli armamenti e di tutte le guerre di ieri e di oggi;
- don Zeno Saltini, padre fondatore della Comunità di Nomadelfia presso Grosseto, che a 37 anni dalla scomparsa (morì nel 1981 all'età di 81 anni) continua ad essere una sicura guida morale e spirituale per quanti (uomini, donne, bambini...) hanno trovato nella sua istituzione ragione di vivere, aiuto concreto, forza di andare avanti.
Papa Francesco lo ha sempre ammirato, ancor prima della elezione pontificia, pienamente consapevole della grande forza d'animo con cui don Zeno si mise al servizio dei più bisognosi, affrontando anche le avversità che tentarono di ostacolare il suo cammino.- All'apparenza meno travagliata la vita di Chiara Lubich(scomparsa nel 2008 all'età di 88 anni), fondatrice del Movimento dei Focolarini, ferma sostenitrice della promozione della famiglia e del dialogo ecumenico, incurante, anch'essa, di diffidenze e incomprensioni – anche tra quelle componenti ecclesiali diffidenti di ecumenismo e dialogo interreligioso - che tentarono di ostacolare il suo cammino, ma senza fermarla.
Chiara Lubich, don Lorenzo Milani, don Mazzolari, don Tonino Bello, don Zeno Saltini, S.Padre Pio figure popolarissime benchè assai diverse tra loro per carismi, caratteri e scelte pastorali che Bergoglio ha sempre tenuto in grandissima considerazione perchè modelli emblematici di quella Chiesa “ in uscita” a lui tanto cara. Profeti che pur avendo sofferto, ora – per volontà di papa Bergoglio – sono esempi per tutti, credenti e non credenti.