6 dicembre: san Nicola, il caso Rupnik, la crisi della Chiesa
Oggi, 6 dicembre, il Vangelo ci propone la parabola della pecorella smarrita (che ci ricorda come siamo tutti cercati e amati personalmente). Ricordiamo san Nicola, vescovo, colui che ha ispirato la figura di Babbo Natale.
Tra i fatti del giorno è esploso il "caso Rupnik", celebre gesuita artista e teologo, accusato di aver "abusato", negli anni 90, di alcune suore. La bussola quotidiana, fra gli altri, gli dedica un ampio articolo dal titolo: "Il caso Rupnik ferisce anche la credibilità della Chiesa". Questo l'inizio dell'articolo:
Che succede quando ad essere adombrato dall'accusa di abusi è uno dei religiosi più famosi al mondo? Nel caso che sta tenendo banco nel mondo ecclesiastico in questi giorni non c'entrano minorenni, ma le denunce di presunte violenze psicologiche e forse sessuali ai danni di alcune suore.
I fatti risalirebbero ai primi anni Novanta e sarebbero avvenuti nella Comunità Loyola di Lubiana in cui era confessore il teologo ed artista sloveno padre Marko Ivan Rupnik. Quest'ultimo, nel frattempo divenuto una celebrità dell'arte sacra per i suoi mosaici neobizantini nonché membro e consultore di vari Pontifici Consigli, è l'uomo accusato da tre religiose di «abusi di coscienza ma anche affettivi e presumibilmente sessuali». Accuse messe nero su bianco in una lettera pubblicata dalla rivista Left e che, secondo l'autrice, sarebbe stata inviata nell'estate del 2021 al Papa senza però ottenere risposta.
Interessante e inquietante anche l'ultimo articolo di Enzo Bianchi pubblicato su La Repubblica: "L'implosione del cattolicesimo". Anche qui mi limito a riportarne poche righe:
...come cristiano devo confessare che ciò che mi turba di più nella vicenda della fede è questo affondamento, che si potrebbe chiamare “implosione”, del cattolicesimo, questo declino vistoso del cristianesimo, almeno nel nostro mondo, l’Europa.
Per un cattolico che si è affacciato alla maturità della vita con l’orizzonte di una promettente primavera, annunciata soprattutto dall’avvento di Papa Giovanni e del concilio da lui voluto, non è facile assistere oggi a questo tramonto che non è solo fine della cristianità, ma è anche spoliazione di una Chiesa attualmente visibile solo più sotto forma di minoranza e in cammino verso la diaspora.
Non credo che quanti hanno nutrito una grande speranza di riforma della Chiesa e del suo stare nella Storia, volessero una Chiesa trionfante e più grande: il desiderio era di vivere in una Chiesa capace di ascolto dell’umanità, e talmente convinta del primato del Vangelo da assumerne lo stile, la prassi e lo spirito. Ma non è stato così.
Oggi memoria liturgica di san Nicola di Bari, nato a Patara di Licia, una regione che corrisponde all'attuale Turchia, il 15 marzo dell'anno 270 e morto, forse, nel Monastero di Sion a Myra, sita nella stessa regione, il 6 dicembre 343, anche se questa data non è mai stata accertata, ma la tradizione ha voluto che si festeggiasse proprio in questo giorno.
Il culto di San Nicola è presente nella religione cattolica, nella Chiesa ortodossa e in altre confessioni facenti capo al Cristianesimo. La sua figura è legata al mito di Santa Claus (o Klaus) che in Italia è Babbo Natale, l'uomo barbuto che porta i doni ai bimbi sotto l'albero di Natale.
La sua fama è universale, a lui sono dedicate in tutto il mondo opere d'arte, monumenti e chiese. Probabilmente è il santo che vanta il maggior numero di patronati in Italia; è noto anche come san Nicola di Myra, san Nicola Magno, o san Nicola dei Lorenesi, san Niccolò e san Nicolò.
Si narra che abbia resuscitato tre giovani morti, placato una terribile tempesta di mare, regalato una dote a tre fanciulle povere perché potessero sposarsi invece di prostituirsi e, in un’altra occasione, salvato tre fanciulli che non avevano da mangiare, donando loro delle mele..
Perseguitato per la fede, imprigionato ed esiliato sotto l'imperatore Diocleziano, riprese l'attività apostolica nel 313, quando viene liberato da Costantino. Secondo le fonti del periodo, nel 325 partecipò al Concilio di Nicea. Durante l'assemblea, pronunciò dure parole contro l'Arianesimo a difesa della religione cattolica.
Dopo la morte le reliquie rimasero fino al 1087 nella Cattedrale di Myra. Poi, quando Myra viene assediata dai musulmani, Venezia e Bari entrarono in competizione per impossessarsene e portarle in Occidente. Sessantadue marinai di Bari organizzarono una spedizione marittima, riuscirono a trafugare una parte dello scheletro e la portarono nella loro città, l'8 maggio del 1087.
Le reliquie vennero poste provvisoriamente in una chiesa, in seguito fu costruita la Basilica in onore del Santo. Il Papa Urbano II depose i resti sotto l'altare. Ben presto la Basilica diventò un punto di incontro tra la Chiesa d'Oriente e la Chiesa d'Occidente. Nella cripta, ancora oggi, si celebrano riti orientali ed ortodossi.
Da allora il 6 dicembre (data della morte di San Nicola) e il 9 maggio (data dell'arrivo delle reliquie in città) diventano giorni festivi per la città di Bari. Nicola di Myra diventa quindi "Nicola di Bari".
Anche Venezia custodisce alcuni frammenti appartenenti a San Nicola che i baresi non sono riusciti a portarsi via. Nel 1099-1100 i Veneziani arrivano a Myra con l'intento di portar via le reliquie del Santo contese con Bari. I pochi resti rinvenuti sono custoditi all'interno della Abbazia di San Nicolò del Lido.