Patriciello: sul quindicenne rapinatore ucciso, sulla Quaresima e sul coronavirus
È mancanza di fede chiudere le chiese per coronavirus? No. Con l’incarnazione Dio si è sottomesso a tutti i limiti della nostra povera umanità. È bello, giusto, doveroso per la Chiesa dare il proprio contributo e l’esempio per uscire da questa situazione. Io posso anche decidere di andare a curare gli appestati e morire poi di peste. Non posso mai chiederlo agli altri. Soprattutto ai vecchi e ai bambini. Padre Maurizio Patriciello.Mentre sulla devastazione del Pronto Soccorso (in seguito alla morte del quindicenne) scrive: "Devastare il Pronto Soccorso di un ospedale è come profanare l’ Altare di una chiesa. Forse peggio".
Chi e cosa ha ucciso Ugo, per davvero? (Avvenire, 2 marzo 2020)
Breve come il tuo nome è stata la tua vita, Ugo. Quindici anni per sempre, un leggero battito d’ali, un sussurro appena. Quasi la stessa età del venerabile Carlo Acutis. Sono certo che in paradiso Carlo ti sarà venuto incontro, magari ti avrà spiegato che nessun uomo ha il diritto di fare male a un altro uomo, ma solo il dovere di amarlo.
Che ti è successo, Ugo? Dov’è che si è inceppato il processo educativo cui avevi diritto? Per favore aiutaci a capire, da soli rischiamo di girare a vuoto, di ripetere le solite, insopportabili, frasi a effetto, a fare e farci inutilmente male. Vogliamo andare a fondo, scavare nei meandri del mondo giovanile, della camorra napoletana, della delinquenza minorile, perché la tua morte non sia vana. Per poter tendere una mano ai tanti ragazzini di Napoli e dintorni che domani notte usciranno di casa con la pistola in tasca per commettere lo stesso inaudito errore che hai commesso tu. Credimi se ti dico che in tante case della nostra città si sta piangendo la tua scomparsa.
Domenica, in chiesa, abbiamo pregato per te, per la tua famiglia, per il giovane carabiniere che ti ha colpito, anch’egli vittima di questa vicenda assurda. La tua morte, purtroppo, non ha niente di eroico e questo ci fa male. Tu non hai dato la vita per salvarne un’altra. Tu avevi intenzione di derubare un giovane e quest’ultimo si è difeso. La magistratura dirà se in modo legittimo o esagerato. La tua è stata una morte tragica sotto ogni punto di vista. Chi ti aveva messo in mano quell’orribile pistola, Ugo? Avevate, tu e chi era con te, agganci con “amici” più grandi di età? Nessuno ti aveva detto, Ugo, che rapinare, oltre a essere un peccato grave, è un reato che può costare caro?
Nessuno ti aveva mai parlato del carcere minorile dove finiscono i ragazzi che come te cadono nella trappola della delinquenza? Qualcuno ti aveva avvertito dei pericoli nascosti in ogni azione disonesta? A quindici anni la vita è tutta da scoprire. È bella, unica, preziosa, ma anche tanto fragile, la vita che, purtroppo, tu hai potuto assaporare appena. La tua famiglia, alla notizia che eri volato via, ha sfasciato il Pronto Soccorso dell’ospedale dove medici e infermieri avevano fatto di tutto per salvarti. Atti illogici, violenti, inutili, stupidi, dannosi.
Risultato: strumenti indispensabili per diagnosticare e curare malattie rovinati, personale ospedaliero impaurito, pazienti terrorizzati. Queste cose non si fanno. Per queste azioni blasfeme non ci sono né ci potranno essere giustificazioni.
Una doppia orribile pagina di cronaca è stata scritta quella notte. Credo che anche tu, Ugo, da lassù, sei rimasto orripilato da tanta gratuita brutalità. I napoletani sono stanchi di queste sceneggiate oscene. I napoletani non sono camorristi, anche se tanti camorristi sono napoletani. E sono stufi di essere associati a loro. I napoletani sono le prime vittime di questo cancro maligno che continua a rovinare e insanguinare la città. Come sarebbe bello, Ugo, se tutti insieme ci dessimo da fare per tornare alla normalità. Come sarà bello il giorno in cui la gente potrà passeggiare per la città senza correre il rischio di essere rapinata, o addirittura uccisa per errore, durante una sparatoria tra clan rivali, come accadde alla tua coetanea, Annalisa Durante.
Abbiamo bisogno di sognare il giorno in cui i ragazzini si comporteranno da ragazzini senza scimmiottare i gesti e gli atteggiamenti del boss del suo quartiere. Dobbiamo affrettare il giorno in cui sottoscrivere un’alleanza vera tra genitori, scuola, chiesa, adulti responsabili, società civile e politica. Per il bene dei ragazzi come te.
Con le lacrime agli occhi e il cuore a lutto, mi domando: chi ha ucciso Ugo? A sparare, è vero, è stato il carabiniere che avrebbe voluto derubare. Ma la vita di questo quindicenne cresciuto troppo in fretta è stata falciata da chi aveva precisi doveri verso di lui e non li ha adempiuti. Ognuno, allora, abbia il coraggio di fare l’esame di coscienza. A cominciare da chi scrive, passando per la sua famiglia, il suo quartiere, la sua scuola, la sua città. Ugo, sia questo ragazzino l’ultima vittima che Napoli è costretta a piangere. Addio, Ugo. Addio, piccolo uomo.
Fermarsi e dire che siamo cenere
(Avvenire, 27 febbraio 2020)
L’inizio della Quaresima, passato il Mercoledì delle Ceneri, pone di fronte Dio e la sua creatura. Uomo miserabile e immenso. Polvere e mistero. Quanta fretta! Si corre, ci si affanna, tante volte si fanno sgambetti, si creano trabocchetti, si saltano le file. Occorre a tutti i costi arrivare prima. Per andare dove, non sempre è dato sapere. Frenesie. Paura di fermarsi, riflettere, pensare? Non lo so. «Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma passano presto e noi ci dileguiamo», ammonisce la Bibbia. Che fare? «Insegnaci a contare i nostri giorni e arriveremo alla sapienza del cuore», risponde la stessa Bibbia. Sottrazione, forse l’operazione più difficile da fare. La Santa Chiesa, a rischio di apparire vecchia, macabra, fuori moda, ci tende la mano. Ci richiama alla nostra verità. Fermati, uomo. Polvere sei, cioè poco più di niente.
Sento già l’angoscia e le vertigini che avanzano. In questi giorni siamo tutti preoccupati e impauriti. Avvertiamo di essere in pericolo e vogliamo difenderci. Fosse stato un gigante, il nemico contro cui combattere, lo avremmo già debellato. Di fronte a un virus, un esserino invisibile, invece l’umanità, con tutta la sua scienza, si è scoperta vulnerabile. Umiltà. Il pensiero corre ai nostri antenati, che nei secoli passati, furono decimati dalle tante epidemie. Leggo e rileggo il Vangelo. Sono un credente, è vero; sono di parte, è vero; ma penso che le parole di Gesù potrebbero essere condivise anche da un ateo o un agnostico. «Amate i vostri nemici» ci ha comandato, o almeno consigliato. E noi a recalcitrare, a porre ostacoli, a cercare giustificazioni. Perché, Signore, metti sulle nostre spalle un giogo così pesante? Perché ci chiedi di amare chi ci ha fatto male? Lo sai che non è facile prendere il mio e condividerlo. Perché ci metti a dura prova? No, poiché questo parlare è duro, lo metto da parte e faccio come meglio credo. A prima vista sembra andare bene, è più comodo, costa meno fatica, ma è solo una pura illusione ottica. Amare vuol dire avanzare nella vita senza inutili e pericolosi orpelli. Vuol dire non affaticarsi a sotterrare mine antiuomo in un campo nel quale prima o poi dovrete passare tu e coloro che ami. Vuol dire costruire ponti su dirupi paurosi e misteriosi.
A che serve difenderti da malattie contagiose se i tuoi fratelli poveri non hanno potuto farlo e rischiano di infettare anche te? Meglio sarebbe stato farlo insieme. Il momento che stiamo vivendo, oltre ai problemi che ci porta, potrebbe – se sappiamo far tesoro di questa esperienza – richiamare la nostra attenzione sulla bellezza e la necessità della fraternità. Per troppo tempo i ricchi hanno umiliato e sfruttato i poveri. Stolti, non conviene. Ci siamo accorti, che non conviene? Se non vogliamo farlo per amore, facciamolo almeno per egoismo. Non conviene inquinare i mari, sradicare le foreste, affamare il prossimo e fingere di non sentire il suo grido di dolore perché, prima o poi, esasperato e disperato, potrebbe rivoltarsi contro di te o, peggio, rivalersi su tuo figlio che ami e senza il quale vivere è un tormento. Allarga lo sguardo, allora; allarga l’intelligenza; se puoi, se ci riesci, fa uno sforzo e cerca di allargare il cuore. Scoprirai un mondo sconosciuto e bello. Prenditi cura. Promuovi. Custodisci. Impara a godere del bene altrui e vivrai sempre nella gioia. Allora, solo allora, si avvererà il miracolo. Non avrai bisogno che qualcuno te lo racconti, non dovrai crederci per fede. No, il miracolo lo vedrai con i tuoi occhi, si concretizzerà sotto le tue mani. Amici, avrai solo amici sparsi per il mondo. Nessuna patria ti sarà straniera, nessuna lingua sconosciuta, nessun uomo nemico.
Ovunque troverai fratelli con cui dialogare, giocare, riflettere, studiare. Pregare. Fratelli che come te portano il peso e la grandezza di questa unica, misteriosa vita. Stupenda e irripetibile. Vita che attraversi senza possederla mai del tutto. Fratelli insieme ai quali alzare lo sguardo al cielo per tentare di rispondere alle domande che da sempre ti scorticano il cuore: chi sono? da dove vengo? dove vado? E unire le forze, le volontà, le risorse, le conquiste per lasciare ai posteri un mondo più bello di come lo abbiamo trovato.
Buona Quaresima, allora. A tutti, credenti e non credenti; cristiani e fratelli di fede diversa dalla nostra. Buona Quaresima nel segno delle ceneri appena ricevute (ma in molte diocesi il rito è posticipato per motivi di salute pubblica). Che siamo cenere è cosa certa e risaputa; che siamo destinati alla risurrezione è la nostra fede. Questo è il patrimonio immenso che ci rasserena e ci tormenta, e che sentiamo di poter condividere con tutti, anche con chi il dono della fede non ha o crede di non avere.