SULLA FAMIGLIA E SUL MATRIMONIO (IV parte: "Il matrimonio è un sacramento?")
Ventiquattresima puntata delle mie riflessioni sulla "vita sessuale tra Chiesa e società"
Il
matrimonio è un sacramento?
È una domanda che ad un cattolico può
sembrare ovvia, ma che tale non è. La sacramentalità del matrimonio fu chiarita
in maniera definitiva relativamente tardi, cioè nel XII secolo. Solamente da
allora vi sono delle esplicite prese di posizione del magistero[1].
Secondo Lutero il matrimonio non
appartiene all’ordine della salvezza, ma all’ordine della creazione. Per questo
nella tradizione protestante il matrimonio è celebrato come un fatto privato,
anche se benedetto da un pastore della Chiesa. Nel cattolicesimo si è insistito
invece sulla dimensione ecclesiale e dunque pubblica del matrimonio. Di
conseguenza, perché sia riconosciuto valido, deve essere celebrato davanti ad
un sacerdote “autorizzato”. Tuttavia non è il sacerdote che amministra il
sacramento del matrimonio, ma sono gli sposi stessi i ministri del sacramento:
è il loro sì che li unisce in matrimonio.
Il catechismo pone il matrimonio tra i
sacramenti del servizio:
L'Ordine e il
Matrimonio sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla
salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi
conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione
del popolo di Dio. (CCC 1534)
Con
il sacramento del matrimonio “gli sposi sono come consacrati e, mediante una
grazia propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa
domestica”[2].
Per
la validità del sacramento è richiesto solamente che “i protagonisti dell'alleanza matrimoniale” siano “un
uomo e una donna battezzati, liberi di contrarre il matrimonio e che esprimono
liberamente il loro consenso”, cioè senza costrizioni e “impedimenti in base ad
una legge naturale o ecclesiastica”[3].
L’elemento “indispensabile che costituisce il matrimonio” è lo scambio
reciproco (e libero) del consenso, cioè di un “atto umano col quale i coniugi
si danno e si ricevono”[4]
e intendono vivere un’alleanza d’amore definitiva, fedele e feconda. Ne
consegue che “l’unità, l’indissolubilità e l’apertura alla fecondità sono
essenziali al matrimonio”[5]
e che dunque siano ad esso incompatibili la poligamia, il divorzio e il rifiuto
di avere figli. E la fede? E’ necessaria perché il matrimonio sia
sacramentalmente valido? Stando al Codice di Diritto Canonico no: la si dà per
scontata in una coppia di battezzati, anche se sappiamo bene che scontata non
lo è mai, soprattutto nel nostro tempo caratterizzato da “pagani battezzati”
che necessitano di una nuova evangelizzazione che non dia nulla per acquisito,
ma riproponga da zero l’annuncio evangelico. Il rischio evidente è quello di
celebrare un “sacramento per non credenti”. Già Benedetto XVI, sul finire del
suo mandato, aveva chiesto un approfondimento della questione e in particolare
del fatto che la mancanza di fede possa essere un motivo invalidante il
matrimonio.
La
sacramentalità del matrimonio indica anche che esso non si basa solo su una
promessa umana e sull’amore dei coniugi, ma viene sostenuto, purificato e
guidato dall’amore di Dio che ha benedetto e unito per sempre i due.
“Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno
più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare
l’intero futuro alla persona amata”[6].
Ma è anche vero che “colui che non si decide ad amare per sempre, è difficile
che possa amare sinceramente un solo giorno”[7].
Così
Bonhoeffer parlava del matrimonio a due giovani sposi:
Il matrimonio è più del vostro amore reciproco, ha maggiore dignità e
maggior potere. Finché siete solo voi ad amarvi, il vostro sguardo si limita
nel riquadro isolato della vostra coppia. Entrando nel matrimonio siete invece
un anello della catena di generazioni che Dio fa andare e venire e chiama al
suo regno. Nel vostro sentimento godete solo il cielo privato della vostra
felicità. Nel matrimonio, invece, venite collocati attivamente nel mondo e ne
divenite responsabili.
Il sentimento del vostro amore appartiene a voi soli. Il matrimonio, invece, è un’investitura e un ufficio. Per fare un re non basta che lui ne abbia voglia, occorre che gli riconoscano l’incarico di regnare. Così (…) è il matrimonio che ve ne rende atti. Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio: è il matrimonio che d’ora in poi, porta sulle spalle il vostro amore. Dio vi unisce in matrimonio: non lo fate voi, è Dio che lo fa. Dio protegge la vostra unità indissolubile di fronte ad ogni pericolo che la minaccia dall’interno e dall’ esterno. Dio è il garante dell’indissolubilità. E’ una gioiosa certezza sapere che nessuna potenza terrena, nessuna tentazione, nessuna debolezza potranno sciogliere ciò che Dio ha unito[8].
Il sentimento del vostro amore appartiene a voi soli. Il matrimonio, invece, è un’investitura e un ufficio. Per fare un re non basta che lui ne abbia voglia, occorre che gli riconoscano l’incarico di regnare. Così (…) è il matrimonio che ve ne rende atti. Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio: è il matrimonio che d’ora in poi, porta sulle spalle il vostro amore. Dio vi unisce in matrimonio: non lo fate voi, è Dio che lo fa. Dio protegge la vostra unità indissolubile di fronte ad ogni pericolo che la minaccia dall’interno e dall’ esterno. Dio è il garante dell’indissolubilità. E’ una gioiosa certezza sapere che nessuna potenza terrena, nessuna tentazione, nessuna debolezza potranno sciogliere ciò che Dio ha unito[8].
Aggiunge papa Francesco: “E’ necessario che il
cammino spirituale di ciascuno lo aiuti a “disilludersi” dell’altro, a smettere
di attendere da quella persona ciò che è proprio soltanto dell’amor di Dio”[9]. Non dobbiamo attenderci
un amore perfetto, ma tendere insieme alla perfezione che è Dio e viene da Dio.
Occorre
smettere di pretendere dalle relazioni
interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che
potremo trovare solo nel Regno definitivo. (…) Tutti siamo chiamati a tenere
viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e
ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. (…) Non perdiamo la
speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza
di amore e di comunione che ci è stata promessa[10].
Papa Francesco ha anche denunciato il rischio
di ridurre il sacramento del matrimonio ad un rito, ad un fatto sociale che
dimentica la cosa fondamentale, che è l’unione con Dio. Di fronte all’assenza
di valide alternative, anche senza una pratica di fede, molti non rinunciano
alla celebrazione del proprio matrimonio in Chiesa, semplicemente perché
attratti dal rito solenne e suggestivo con cui viene celebrato. Ma la
sacramentalità del matrimonio richiede che ci sia un ulteriore – e a mio avviso
fondamentale – elemento:
Il matrimonio è una
vocazione, in quanto è una risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore
coniugale come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa. Pertanto, la
decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev’essere frutto di un
discernimento vocazionale[11].
La
famiglia ha una missione importantissima: “E’ posta al servizio
dell’edificazione del Regno di Dio nella storia, mediante la partecipazione
alla vita e alla missione della Chiesa”[12].
Non ci si può accontentare di un breve percorso di preparazione al matrimonio.
Per divenire sacerdoti è giustamente richiesta una preparazione di anni, un
cammino di discernimento impegnativo e lungo, il riconoscimento della vocazione
da parte di sacerdoti deputati a questo compito. Il matrimonio non richiede
tutto ciò?
Giovanni
Paolo II nel 1981 esortava le famiglie scrivendo: “Famiglia, diventa ciò che
sei!” e, vent’anni dopo le sollecitava con grande urgenza: “Famiglia, credi in
ciò che sei!”[13].
Sulla stessa scia, ma con maggiore speranza, papa Francesco termina la sua
esortazione dedicata all’amore nella famiglia scrivendo: “Camminiamo, famiglie,
continuiamo a camminare!”.
[1] Cfr. W. Kasper,
Il matrimonio cristiano, Queriniana 2014, p.40.
[2] Relatio finalis
2015, n.42. “Da Cristo,
attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia dello
Spirito Santo, per testimoniare il Vangelo dell’amore di Dio” (EG, n.38).
[3] CCC n.1625. Per individuare quali siano gli impedimenti si rimanda al
CDC cc.1083-1108.
[4] CCC n.1626-1627. Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
48; cf CDC, 1057, 2
[5] CCC n.1664
[6] Papa Francesco, Lumen
fidei, 52
[7] Papa Francesco, Amoris
laetitia, 319.
[9] Papa Francesco, Amoris
laetitia, n.320
[10] Id., 325
[11] Papa Francesco, Amoris
laetitia, n.72. In un incontro con i giovani dell’Umbria aveva detto: “Che cos’è il matrimonio? E’ una
vera e propria vocazione, come lo sono il sacerdozio e la vita
religiosa. Due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia di
amore la chiamata del Signore, la vocazione a formare di due, maschio e
femmina, una sola carne, una sola vita. E il Sacramento del matrimonio avvolge
questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono,
con la certezza di questa chiamata, si può partire sicuri, non si ha paura di
nulla, si può affrontare tutto, insieme!” (4 ottobre 2013)
[12] Giovanni Paolo II, Familiaris
consortio, 49. “Gli sposi, in forza
del Sacramento, vengono investiti di una vera e propria missione, perché
possano rendere visibile, a partire dalle cose semplici, ordinarie, l’amore con
cui Cristo ama la sua Chiesa, continuando a donare la vita per lei” Papa
Francesco, Catechesi (2 aprile 2014).
[13] Giovanni Paolo II, Discorso
per l’incontro con le famiglie, 20 ottobre 2001, n.3.
Vedi anche: IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO