Le polemiche per un baciamano mancato



Ha fatto il giro del mondo il video in cui Papa Francesco si ritrae dal baciamano di molti fedeli a Loreto il 26 marzo scorso. Ha dovuto spiegarne il motivo: «Quando ci sono lunghe file di fedeli il Santo Padre vuole che si eviti il rischio di contagio. Non per sé, ma per i fedeli stessi», ha detto Gisotti ai giornalisti in Sala Stampa vaticana. Nel viaggio di ieri, 30 marzo, che portava il Papa in Marocco, un giornalista ha voluto scherzare sull'argomento ritirando al Papa la sua mano e il Papa stesso ha ribadito di evitare il baciamano per motivi di igiene, non volendo farsi veicolo di germi e di eventuali contagi tra i fedeli.

Questione chiusa? Nient'affatto: polemiche a non finire sono piovute dagli ambienti conservatori. Così, ad esempio, tuona La Nuova Bussola Quotidiana

Baciare l'anello non è galateo, ma segno di fedeltà

Non si sa se si sia trattato di un problema di detergente o di crema per le mani, fatto sta che quando gli sventurati fedeli presenti a Loreto hanno provato a baciare l’anello a papa Francesco, la sua mano si è defilata come un’anguilla. Il video sta girando un po’ dappertutto e, sinceramente, non è un bel vedere. Fanno pure pena queste persone che cercano di manifestare il loro attaccamento alla Sede di Pietro, attraverso questo gesto tanto semplice quanto espressivo, e che si ritrovano invece a inseguire la mano del papa o a baciare l’aria. 
Che il video stia facendo così tanto notizia, significa che fino ad ora o nessuno se ne era accorto, o che il Papa ha deciso senza preavviso di cambiare il cerimoniale in uso. In quest’ultimo caso, forse sarebbe stato meglio avvisare prima le persone, che si sarebbero risparmiate certe figure barbine.
I cerimoniali possono cambiare, ci mancherebbe. E di fatto sono stati cambiati. Però occorre prestare attenzione al tipo di cambiamento, perché abolire il bacio dell’anello episcopale – come de facto ha fatto l’attuale Arcivescovo di Bologna – o dell’anello pontificale, non è la stessa cosa che abolire i flabelli o i caudatari o ancora, per restare alle mani, le chiroteche. Cancellato questo gesto, quel che resta è una bella stretta di mano o magari una pacca sulla spalla; gesti che non esprimono più quello che il bacio all’anello è capace di comunicare.
Da sempre l’uomo ha avuto bisogno di esprimere qualcosa di interiore tramite gesti esteriori, perché l’uomo è fatto così: di materia e di spirito, di interno ed esterno. Segno esterno ed interiorità sono profondamente legati e si influenzano reciprocamente: il segno esterno richiama, esorta, corregge la nostra interiorità e quest’ultima dà sostanza al segno e lo richiede, come esigenza di straripare all’esterno la propria pienezza.
Nel suo ultimo libro Alzatevi, andiamo! (2004), San Giovanni Paolo II rifletteva sul simbolismo dell’anello episcopale: “L’anello, posto al dito del vescovo, significa che egli ha contratto un sacro sposalizio con la Chiesa: «Ricevi l’anello, segno di fedeltà, e nell’integrità della fede e nella purezza della vita custodisci la santa Chiesa, sposa di Cristo». Quest’anello, simbolo nuziale, è espressione del particolare legame del vescovo con la Chiesa”. L’anello episcopale esprime dunque innanzitutto lo sposalizio tra il Vescovo e la Chiesa, nella porzione di gregge che gli viene affidata. Esso indica anche il suo inserimento nella catena dei suoi predecessori: “L’anello mi ricorda anche la necessità di essere una robusta «maglia» nella catena di successione che mi unisce agli apostoli”. In entrambi i casi l’anello esprime un legame, una fedeltà: anello sponsale per “custodire illibata la santa Chiesa”, come afferma il Pontificale; anello che congiunge ai Dodici Apostoli e ai loro legittimi successori. Ecco: quando un fedele bacia l’anello episcopale, esprime comunione con la Chiesa (perché il bacio indica comunione), comunione con la catena ininterrotta dei successori degli Apostoli. Quando poi si tratta dell’anello del Sommo Pontefice, si capisce che si intende sottolineare la propria adesione alla Roccia su cui Cristo ha edificato la Chiesa. 
Non si tratta di esprimere deferenza alla persona in sé, né di fare i baciapile e nemmeno - come hanno titolato ridicolmente alcuni giornali - di fare il baciamano galante, come se il Papa fosse una signora dell'alta nobiltà da omaggiare a un pranzo di gala. Si bacia l'anello, non la mano.
Si tratta piuttosto di esprimere la propria adesione alla Chiesa, alla sua fede, alla sua tradizione. Ecco perché questo gesto fa bene al fedele che lo compie, ma anche al Vescovo che lo riceve, perché si ricorda ad entrambi che la loro ragion d’essere cristiani e vescovi non sta nelle loro doti personali, ma nella fedeltà a quanto ricevuto. E quanto bisogno c’è oggi di ricordare che la Chiesa non è un’allegra brigata che si basa su simpatie particolari o addirittura su complicità!
Baciare l’anello indica non un riguardo umano, ma una volontà di comunione con quello che il Vescovo ed il Papa sono nel mistero della Chiesa. Ecco perché una disposizione del 1909 del Sant’Uffizio concedeva un’indulgenza parziale a quanti baciano l’anello episcopale. Ottimo antidoto al narcisismo: non è per quello che sei in quanto Tizio o Caio, ma per l’onere, prima che onore, che hai ricevuto senza alcun merito. Ed ottimo antidoto anche alla mania dei piani pastorali: la Chiesa concede la remissione delle pene solo per un gesto che esprime una convinzione di fede, e non per quello che tu, vescovo o papa, ti sei ingegnato a fare. Ci vuole tanta umiltà ad accettare che una, dieci, cento persone ricordino che non a te è data riverenza, ma a Dio che ha posto te, vaso di creta, a servizio del suo popolo. 
“Va bè, è solo un segno”, penserà qualcuno. E’ vero. Ma attenzione: l’eccessiva rimozione di segni, lascia il re nudo; e chi ha letto la storia di Andersen sa che a volere il re nudo è la disonestà di qualche farabutto e a permetterla è la pavidità e cortigianeria di molti.
Il filmato, pubblicato da diversi media, in cui Bergoglio sottraeva la mano a ripetizione - all’ultimo con un ritmo sempre più veloce - creando un effetto quasi esilarante, è divenuto virale nel giro di un’ora finendo nelle più prestigiose home page oppure oggetto di “meme” e parodie. Tutti alla fine si sono scervellati sul motivo di questa ritrosia del Pontefice argentino da sempre avvezzo a grandi abbracci, selfie e gesti anti-protocollo.
Da una parte, chi tuonava contro un atteggiamento irriverente - o addirittura «inquietante», come titolava un sito americano - di un Papa nei confronti del ruolo rivestito. Dall’altra, quelli che si sono infervorati per questa ennesima “svolta” (da aggiungere al filone delle scarpe nere, della residenza a Santa Marta e dei pranzi con i poveri) che finalmente ridimensiona l’immagine del Pontefice, Vescovo di Roma e non imperatore romano. 
Qualcuno, in mezzo, ha provato anche ricordare che lo stesso Benedetto XVI in più occasioni aveva manifestato di non gradire il bacio dei fedeli sulle mani, almeno non da lunghe code di persone. E, andando ancora più indietro, lo stesso Giovanni Paolo II - hanno ricordato alcuni utenti - aveva chiesto ai suoi collaboratori, in occasione di un’udienza con un gruppi di cinquanta pellegrini, di evitare baciamano e genuflessione.
A svelare l’arcano del «kiss-gate» (come qualcuno l’ha definito, ironizzando sul grande risalto dato soprattutto dai media Usa), che ha monopolizzato l’informazione sul Vaticano negli ultimi tre giorni rischiando di oscurare pure la breve ma intensa visita del Papa nel santuario mariano di Loreto, ci ha pensato oggi il direttore ad interim della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti.
Al termine di una udienza della mattinata, il portavoce ha domandato direttamente a Francesco le motivazioni del suo gesto, dopo aver letto e sentito «interpretazioni di tutti i tipi». E la risposta è stata disarmante proprio per la sua semplicità: «Igiene».
Sì, proprio igiene: «Quando ci sono lunghe file di fedeli il Santo Padre vuole che si eviti il rischio di contagio. Non per sé, ma per i fedeli stessi», ha detto Gisotti ai giornalisti in Sala Stampa vaticana. Nessun problema per i gruppi ristretti o per le singole persone: «Quanta gente bacia la mano al Papa! Lo sappiamo e non da oggi… Lo abbiamo visto proprio ieri con suor Maria Concetta Esu (la religiosa italiana da sessant’anni missionaria in Africa, ndr) che ha baciato la mano al Papa con grande tenerezza. Il Santo Padre ha gioia nell’abbracciare e farsi abbracciare dalla gente».
Una scelta plausibile - peraltro adottata dal Papa già in altre occasioni - dinanzi ad una fila di quasi una sessantina di persone, tutte pronte a buttarsi in ginocchio e poggiare le labbra sullo stesso punto. Il filmato diffuso sui media ne mostra solo 22, ma guardando la registrazione integrale erano molti di più i fedeli in fila per salutare il Papa. Che, va ricordato, subito dopo doveva anche recarsi in un salone vicino a salutare i malati, tra cui diversi bambini.
Non tutti la pensano così. C’è già chi grida al «tutte scuse» dalle bacheche facebookiane o chi rimane affezionato alla logica del «gesto di umiltà» e di rottura con pratiche vetuste e bigotte. Il dibattito probabilmente proseguirà ancora per qualche giorno: è più facile che il Papa ritiri la mano per la buona salute dei suoi fedeli, e non che i naviganti del web ritirino la loro dalle tastiere.

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