“Per amore del mio popolo non tacerò”: 24 marzo, Giornata in memoria dei missionari martiri
Il versetto biblico “Per amore del mio popolo non tacerò” (cfr. Is 62,1), scelto come tema della 27.ma Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri che si celebra annualmente il 24 marzo, si ispira alla testimonianza di Mons. Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador. La data del 24 marzo venne scelta in quanto giorno dell’assassinio dell’Arcivescovo, avvenuto nel 1980, mentre celebrava la Messa, beatificato il 23 maggio 2015 e canonizzato da Papa Francesco il 14 ottobre 2018.
“Amare Dio significa amare i propri fratelli, significa difenderne i diritti, assumerne le paure e le difficoltà – è scritto nel sussidio preparato da Missio Italia per l’animazione della Giornata -. Per amore del mio popolo non tacerò significa agire coerentemente alla propria fede. In quanto cristiani, discepoli missionari, portatori della Buona Notizia di Gesù, non possiamo tacere di fronte al male. Farlo significherebbe tradire il mandato che ci è stato affidato”.
Nata nel 1993 per iniziativa dell’allora Movimento Giovanile Missionario delle Pontificie Opere Missionarie italiane, con l’intento di ricordare tutti i testimoni del Vangelo uccisi in varie parti del mondo, l’iniziativa si è diffusa in tante nazioni, anche in date e circostanze diverse: molte diocesi, istituti religiosi, movimenti ecclesiali dedicano particolari iniziative per ricordare i propri missionari e tutti coloro che hanno versato il sangue per Gesù Cristo e il suo Vangelo. Papa Francesco ricorda continuamente che “oggi ci sono più martiri dei primi secoli”.
Nel corso dell’anno 2018, secondo il rapporto curato annualmente dall’Agenzia Fides, sono stati uccisi nel mondo 40 missionari, quasi il doppio rispetto ai 23 dell’anno precedente, e si tratta per la maggior parte di sacerdoti: 35. Dopo otto anni consecutivi in cui il numero più elevato di missionari uccisi era stato registrato in America, nel 2018 è l’Africa ad essere al primo posto di questa tragica classifica.
“La violenza che si è scatenata e continua ad imperversare nelle periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo non si limita ai sanguinosi fatti, già di per sé gravissimi, che riguardano spesso i nostri missionari/e” scrive padre Giulio Albanese, missionario comboniano e direttore delle riviste Missio, nella riflessione tematica sulla Giornata. “La loro uccisione, infatti, si fa sempre più dolore per la diffusione, le motivazioni e le conseguenze dei fenomeni che generano morte e distruzione, dall’Africa, all’America Latina, dal Medio all’Estremo Oriente. Basti pensare all’arruolamento forzato dei baby soldier o baby kamikaze, giovani attirati nelle spire dell’inganno; tante famiglie gettate nella disperazione; tante attività produttive soffocate dalle estorsioni; tante vite stroncate; e una diffusa rassegnazione tra le popolazioni, quasi si trattasse di una calamità ineluttabile! Come battezzati, avendo ricevuto il mandato di annunciare il Vangelo liberatore di Cristo, non possiamo tacere di fronte al dilagare di tanto male, facendo tesoro dell’insegnamento del profeta: Per amore del mio popolo, non tacerò.”
Il sussidio realizzato da Missio Italia presenta diversi suggerimenti per l’animazione: una breve riflessione per ogni domenica, dalla Quaresima a Pentecoste; lo schema per la Via crucis, per una Adorazione eucaristica, per la Veglia di preghiera in prossimità del 24 marzo, per una Liturgia penitenziale comunitaria. Vengono anche indicati cinque film per un cineforum sul tema e offerte alcune proposte per realizzare una “Animazione di strada”. Il gesto di solidarietà che tradizionalmente accompagna la celebrazione della Giornata riguarda quest’anno un progetto a favore dei giovani della parrocchia Sainte Marie di Mwenga, nella diocesi di Uvira, Repubblica democratica del Congo. In occasione della Giornata, Missio ha proposto anche una Campagna di sensibilizzazione attraverso i social network, in particolare Facebook e Instagram. (SL) (Agenzia Fides 22/3/2019)
Il sussidio di Missio per l’animazione della Giornata ->> http://www.missioitalia.it
***
Romero, modello d’impegno
A questo proposito, non possiamo fare a meno di ricordare la straordinaria figura di sant’Oscar Arnulfo Romero, recentemente elevato all’onore degli altari, a quasi 40 anni dalla sua cruenta scomparsa. Egli, infatti, come pastore della Chiesa salvadoregna, diede la propria vita per la causa del Regno. I suoi gesti e il suo spirito costituiscono uno straordinario modello di impegno per la fede e per la giustizia. Ebbe il merito di esprimersi sempre con libertà e franchezza evangelica, affermando la parresia, il coraggio di osare, come attestano le sue prediche domenicali alla Santa Messa delle otto di mattina, omelie nelle quali, dopo aver commentato le letture proposte dalla liturgia della Parola, ne confrontava gli insegnamenti con la situazione del suo Paese. Un metodo missionario in linea con il Concilio Vaticano II e il magistero di papa Francesco oggi, che sollecitava i fedeli a scrutare i segni dei tempi, nella cristiana certezza che la Storia, con la “S” maiuscola, nella fede, è sempre e comunque “Storia di Salvezza”. Il suo impegno pastorale, specialmente per i più poveri, non faceva assolutamente riferimento, come dissero e scrissero i suoi detrattori, a categorie ideologiche, ma al Vangelo di nostro Signore. Proprio per questa ragione, l’azione e la predicazione di Romero vennero percepite come una minaccia dall’oligarchia salvadoregna allora dominante, quella che armò la mano di chi lo uccise. Monsignor Alvaro Ramazzini, vescovo guatemalteco, grande estimatore di Romero, racconta che alcuni sacerdoti del Salvador gli riferirono che spesso, dopo l’omelia che teneva durante l’eucarestia domenicale, il santo martire diceva: «Che cosa ho detto oggi che vi ha fatto spaventare?». «Ah, monsignore, ha detto questo e questo». E lui rispondeva: «Ma io non pensavo di dirlo. Credo che sia stato lo Spirito Santo che mi ha spinto a dire queste cose». Poi aggiungeva: «Adesso ho paura di quello che ho detto, ma quando l’ho detto non ho avuto paura».
Uomo di grande umanità e dal cuore aperto per le vittime di qualsiasi schieramento (guerriglieri, poliziotti, sacerdoti, politici e civili inermi), Romero accettò la morte in un atteggiamento di totale abbandono a Dio. E il suo sacrificio, il cosiddetto dies natalis dei martiri, si compì di fronte all’altare eucaristico, in mistica unione con il Cristo crocifisso e risorto. La sua Chiesa fu davvero una Chiesa dei poveri che egli servì fedelmente nei tre anni in cui svolse il ministero episcopale come arcivescovo di San Salvador, sempre attento alle grida e ai lamenti del suo popolo. Da questo punto di vista, come scrisse di lui il compianto cardinale Carlo Maria Martini, Romero è stato «un vescovo educato dal suo popolo».