IL COMANDAMENTO NUOVO (Gv 13,34-35; 15,12.17)
Un estratto dal mio libro, "Il Vangelo dell'amore" pubblicato nel 2015, per prepararci al Vangelo di domenica (" Il comandamento nuovo").
Se il primo dei comandamento è presente nell’antico testamento, quello che Gesù definisce come proprio e nuovo (e dunque anche ultimo e definitivo), è il comandamento dell’amore reciproco espresso per tre volte nel Vangelo di Giovanni. La prima volta avviene nel contesto della lavanda dei piedi: Gesù non offre solo un gesto di umiltà e di purificazione, ma di amore fraterno reciproco (“Anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché facciate come io ho fatto a voi”, Gv 13,14-15). Il comandamento nuovo, dice Gesù in questa occasione, deve essere il distintivo dei discepoli, la vostra unica e vera divisa: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri” (v.35).Nelle altre due occasioni Gesù sta descrivendo il vero discepolo: è colui che “rimane” in me come un tralcio alla vite. Solo così la sua vita può fruttificare e il suo frutto divenire motivo di gioia e di vita piena per coloro che lo gusteranno. “Rimanete nel mio amore” (v.9) così come “io rimango” nell’amore del Padre mio. E si rimane nell’amore del Figlio osservando i comandamenti del Padre (“amerai il Signore Dio” tuo con tutto te stesso e “ama il prossimo tuo come te stesso”) e del Figlio: “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (v.12).Il termine greco corrispondente all’avverbio “come” (kathos) assume, nella testimonianza evangelica, un’importante sfumatura di causalità; non significa soltanto “Prendete il mio amore come esempio”; ma più profondamente: “Amatevi a motivo dell’amore che vi ho manifestato e dell’amore posto in voi in forza dell’evento della mia pasqua”, in corrispondenza a quanto Gesù afferma nella preghiera sacerdotale: “Perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17,26)[1].E chiarisce: come io ho amato voi? Dando la mia vita per i miei amici, per tutti voi che considero amici (cfr. 15,13). A motivo della sua vita donata per noi, noi ora possiamo amarci reciprocamente. Non solo: ma amatevi gli uni gli altri “come” io ho amato voi, cioè disposti a darvi la vita gli uni gli altri, fino alla fine, fino al dono della vita stessa.Impressionati da queste parole, i primi Focolarini con Chiara Lubich loro fondatrice, avevano da subito sentito l’esigenza di fare tra loro un patto solenne di amore reciproco: “sono disposto/a a dare la vita per te”! Un patto di unità che, a causa della fragile natura umana, andava rinnovato ogni giorno e ogni volta che l’unità tra loro rischiava di affievolirsi o un evento significativo richiedeva una “unità” piena, garanzia della presenza di “Gesù in mezzo”, secondo la promessa di Gesù: “Dove sono due o tre sono riuniti – o meglio “uniti” – nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20).Non siamo solo chiamati ad amare tutti (nemici compresi), ma ad amarci gli uni gli altri: Dio vuole questa fraternità, perché sa che non abbiamo solo bisogno di amare gli altri, ma di condividere con gli altri tale amore, di sentirci riamati dagli altri. C’è come un flusso di amore, la “linfa” della vite, che siamo chiamati ad accogliere rimanendo uniti a Gesù così come Lui è unito al Padre. Ma questo flusso, questa linfa, deve raggiungere le persone che ci sono vicine (e a cui noi, come spiega con la parabola del buon Samaritano, ci facciamo prossimi), deve continuare a defluire per non diventare stagni putridi e deve sperare di trovare amici discepoli che siano disposti a condividere tale amore, perché questo diventi motivo di gioia piena. Gesù infattinon ci raccomanda di amare Dio, ma di amarci l’un l’altro. Questo ci fa comprendere l’importanza fondamentale degli altri nella nostra vita. Come possiamo infatti fare l’esperienza della comunione trinitaria, cioè di quell’Amore bello che è Dio, se non amiamo e siamo riamati?[2].La famiglia è la realtà dove tale amore reciproco può maggiormente manifestarsi, ma questo può realmente avvenire (e le statistiche continuano a mostrarci una realtà negativa, ferita e in crisi) solo se si “rimane” uniti a Dio imparando a pregare insieme, aperti agli altri – altrimenti si diventa chiusi, stagnanti, morti – e tesi ad un amore reciproco che pone il bene dell’altro prima del mio stesso bene. GesùNon ci chiede innanzitutto che amiamo lui, che ricambiamo il suo amore, amandolo a nostra volta. No, la risposta al suo amore è l’amare gli altri come lui ci ha amati e li ha amati. La restituzione dell’amore, il contro-dono, che è la legge dell’amore umano, deve essere amore rivolto verso gli altri. Allora questo amore fraterno è compiere la volontà di Dio, dunque amarlo in modo vero, come Dio desidera essere amato. Gesù ha risposto all’amore del Padre amando noi, e noi rispondiamo all’amore di Gesù amando l’altro, gli altri. Per questo tutta la Legge, tutti i comandamenti sono ridotti a uno solo, l’ultimo e il definitivo, che relativizza tutti gli altri: l’amore del prossimo[3].