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Il Giornale Rino Camilleri presenta l'ultima fatica del sociologo americano Rodney Stark, "Il trionfo della fede. Perchè il mondo non è mai stato così religioso". Questo il suo articolo:
Dice Rodney Stark, forse il più autorevole sociologo delle religioni, che «il mondo non è mai stato così religioso» come adesso (Il trionfo della fede, Lindau, pagg.336, euro 26, traduzione di Franca Genta Bonelli). Contrariamente a quel che si può pensare guardando l'Europa. La cifre dicono che l'81% della popolazione mondiale appartiene a una religione organizzata e il 50% partecipa ai riti della propria confessione. Gli unici Paesi in cui i non credenti superano il 20% sono tre: Vietnam, Cina e Corea del Sud.
Insomma, quattro persone su cinque professano una delle grandi religioni mondiali, e questo non era mai accaduto prima. L'induismo non è mai stato così forte e seguito, l'islam è in pieno revival, l'Africa sub-sahariana conta un numero maggiore di cristiani praticanti di qualsiasi altro luogo. Soltanto in alcune parti dell'Europa le chiese restano vuote, ma non si tratta di secolarizzazione in senso stretto. Gli europei non sono atei o agnostici, bensì «credenti non appartenenti». Per Stark, il problema è un clero impigrito dall'ombrello statale. Nei Paesi europei le Chiese storiche possono contare sull'appoggio, soprattutto finanziario, dello Stato. Quando non si tratta di «chiese di stato», come in Germania e nei Paesi nordici, si ha, come nel caso italiano, il vantaggio dell'8 per mille. Così, le Chiese non hanno bisogno di competere tra loro e di rendersi, perciò, «attraenti». A spiegazione del basso livello di religiosità (tradizionale) in Europa si cita, appunto, la secolarizzazione: la modernità sarebbe incompatibile con la religione.
Ma la scarsa frequenza alle chiese istituzionali la si ritrova anche dove meno ce la si aspetta: nei secoli «cristianissimi» del Medioevo. «La società medievale era composta in gran parte da non praticanti». Sant'Antonio di Padova scriveva che i contadini andavano raramente a messa e che «moltissimi di loro non si confessano neppure una volta l'anno, e ancor meno sono quelli che fanno la comunione». Nel secolo successivo, san Bernardino da Siena riferiva che i pochi parrocchiani che andavano a messa di solito arrivavano in ritardo e all'Elevazione uscivano. Né le cose andavano meglio ai protestanti: i pochi che andavano alla funzione uscivano appena il pastore attaccava il sermone. A Weilburg (1604) «l'assenteismo domenicale dalla chiesa era così diffuso che il sinodo discusse se fosse opportuno chiudere le porte della città la domenica mattina per bloccare tutti entro le mura». Nel Cambridgeshire (1598) i membri della congregazione si spintonavano, si raschiavano la gola e sputavano, sferruzzavano, facevano commenti volgari, raccontavano barzellette, si addormentavano. A Lipsia (1579-1580) «mentre il pastore predica, giocano a carte e spesso lo scherniscono crudelmente o in faccia gli fanno il verso»; durante la funzione, «imprecazioni e bestemmie, teppismo e risse sono abituali». Ma due secoli prima, quando erano cattolici tutti, la situazione non era dissimile, «dal momento che ecclesiastici di alto rango continuarono a inveire contro l'uso di chiese, persino di cattedrali, come magazzini per i raccolti, ripari per il bestiame e mercati coperti». Un vescovo inglese lamentava che non solo i fedeli non sapevano nulla delle Sacre Scritture, ma che addirittura «non sapevano neppure che esistono le Sacre Scritture». Tuttavia, questi bassi livelli di partecipazione e preparazione religiosa non indicavano mancanza di religiosità. Al contrario, tutti erano religiosi. Solo che la loro era una religione non istituzionalizzata: cioè, «professavano il loro personale modello di religione, vale a dire un ricco miscuglio di antichi rituali e di usanze dell'epoca, una sorta di cattolicesimo popolare non ricostruibile, e una grossa fetta di magia che li aiutasse nella loro quotidiana lotta per la sopravvivenza».
Per venire all'oggi, in Europa le chiese saranno pure vuote, ma il soprannaturalismo non convenzionale è in pieno boom: indovini, astrologi e venditori di amuleti possono guadagnarsi da vivere più che bene. Prendiamo la Svezia, che passa per il Paese più secolarizzato: oltre il 20% della popolazione crede nella reincarnazione, la metà nella telepatia, uno su cinque al potere degli amuleti, un terzo nella medicina New Age e i «cristalli curativi», il 20% nell'oroscopo, il 10% nei medium, due su cinque nei fantasmi. In Svezia non si crede più nelle chiese istituzionali, ma si pratica «una sorta di religione privata e invisibile». Insomma, la Svezia tutto è tranne che un Paese secolarizzato.
Aggiungo un articolo più recente, pubblicato sul settimanale
Credere:
TOH! IL MONDO È ANCORA PIENO DI CREDENTI
Una recente indagine mostra che Dio non è affatto morto. Ma questa coscienza non deve spingere i credenti al trionfalismo
«Dio non è morto. Ci crediate o no, il mondo è più religioso che mai». Così ha scritto il Wall Street Journalpresentando un sondaggio analizzato da Rodney Stark, sociologo della religione della Baylor University, Texas. Il campione è vastissimo: più di un milione di persone, appartenenti a 163 nazioni. Contro ogni previsione, i dati rilevano la crescita dei fedeli, soprattutto tra i millennials, particolare importante in vista del Sinodo sui giovani. Altre notizie, ora raccolte ne Il trionfo della fede(Lindau): l’islam non supera affatto il cristianesimo (i cristiani sono pari al 39% della popolazione mondiale, i musulmani si fermano al 31%) e il numero dei non credenti rimane ridotto, nonostante il cosiddetto «nuovo ateismo».
Ovviamente, tra chi si dichiara religioso ci sono molti non praticanti. Troviamo europei «cristiani» che non hanno mai messo piede in chiesa o che ci sono stati soltanto in occasione del loro Battesimo. D’altra parte, non praticare i riti di una religione non significa mancanza di fede religiosa. Il 56% degli intervistati crede che «Dio è direttamente coinvolto in ciò che accade».
Sebbene già nell’edizione originale americana sia presentata come The Triumph of Faith, l’indagine del professor Stark non deve spingere il credente al trionfalismo. Il dato di fatto è che le chiese da noi rimangono malinconicamente vuote. Va bene prendere atto che l’interesse religioso non è sparito dalla nostra società, ma questo deve sollecitare un surplus di responsabilità. L’annuncio è un diritto-dovere di ogni cristiano, senza la preoccupazione di essere i primi. Si tratta di un impulso interiore, scevro da computi e statistiche. È trasmettere la gioia del Vangelo, che «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù», come leggiamo nell’incipit di Evangelii gaudium. Papa Francesco ricorda che la Chiesa è missionaria per attrazione, non per proselitismo, e che i suoi figli sono chiamati ad avviare processi, più che a occupare spazi.