DIO o CESARE? Omelia per la XXIX domenica del T.O.
Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi.Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». (Matteo 22,15-21)
Se vi parlassi della Lazio o della Roma,
della Juventus o del Milan, già inizieremo a dividerci secondo la squadra del
cuore, facendo partire sfottò e discussioni. Se vi parlassi di Renzi o Berlusconi,
di Grillo o di Salvini o di qualunque altro politico, dopo poco tempo saremo
divisi e ci sentiremo offesi dalle opinioni altrui.
Se vuoi mettere in cattiva luce una
persona, buttala in politica! Ci sarà sicuramente chi si schiera dall’altra
parte e contesta le sue opinioni.
Così avviene con Gesù: erodiani e farisei
si alleano per mettere in difficoltà il comune nemico, colui che attenta al
loro prestigio/potere. Gli erodiani sono filoromani, i farisei antiromani, eppure
si accordano insieme e vanno a tendere un tranello a Gesù.
Prima di tutto cercano di adularlo:
lusingate una persona dicendogli quanto è bella, brava, intelligente e l’avrete
in vostro possesso, potrete manovrarla a piacimento. Così si rivolgono a Gesù
chiamandolo Maestro, persona vera, franca, onesta e coraggiosa. E poi
obbligandolo a prendere una posizione: “E’ giusto pagare le tasse ai romani?”
Se rispondeva di si, avrebbe avuto contro
la gente che tanto lo amava (ma odiava i romani che avevano occupato il loro
paese e li opprimevano) e gli zeloti che lottavano anche con le armi per
liberare il loro paese. Se rispondeva che non è giusto sarebbe stato accusato
di sedizione ai romani che lo avrebbero arrestato e magari messo in prigione.
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, la
loro cattiveria (sa guardare le intenzioni reali delle persone, ci conosce in
profondità), ne esce in modo brillante e illuminante: smaschera la loro ipocrisia,
la loro falsità chiedendogli di mostrare una moneta:
siamo all’interno del Tempio ed era vietato
avere con sé monete straniere (per questo c’erano i cambiavalute). Eppure hanno
con loro la moneta romana, perché attaccati al denaro, compromessi con l’oppressore.
Affermano di essere molto religiosi, eppure trasgrediscono la Legge.
E afferma: “Rendete a Cesare ciò che è di
Cesare”. A chi chiedeva se è giusto pagare, Gesù risponde di rendere, cioè di
restituire: hanno ricevuto dai romani dei servizi (strade, sicurezza, mercati…),
devono restituire ciò che hanno ricevuto.
“Ma date a Dio ciò che è di Dio”: tutto è
di Dio: la nostra stessa vita, quella di chi amiamo.
Allo Stato appartengono le cose materiali
ed è giusto dare la nostra parte per il bene comune. Ma rubano, chiedono
troppo, sono ingiusti! Possiamo contestare, protestare, impegnarci per
migliorare le cose, ma non possiamo sottrarci ai nostri doveri: ci ritroveremo
a rubare con la scusa che lo fanno tutti!
Ma date a Dio: c’è un primato che dobbiamo
riconoscere: noi apparteniamo a Dio, non allo Stato. Siamo nel mondo, non del
mondo.
Dobbiamo lottare contro i due estremi:
- trasformare il potere religioso in potere politico (con il Papa Re che regnava politicamente fino a metà del 1800)
- trasformare il potere politico in potere religioso (con Cesare – o chi per lui – che si fa passare per un dio, che chiede di essere adorato: inchinatevi solo davanti a Dio, mai davanti ad una persona: voi appartenete solo a Dio!).
- Allora rimane la “libera Chiesa nel libero Stato?”, ciò separare nettamente le due autorità?
In nome della “libera Chiesa nel libero
Stato” si è arrivati a vietare il crocifisso nei luoghi pubblici, il presepe o
ogni altro segno religioso nelle scuole… perdendo così il nostro patrimonio
culturale, la nostra storia. Non si può comprendere l’arte, l’architettura, la
letteratura o ogni altro ambito culturale senza conoscere la Bibbia e la storia
del cristianesimo.
Vi lascio con un fatto di cronaca molto
recente: una insegnante universitaria di Macerata ha chiesto, in un giorno per
lei molto significativo, di interrompere per pochi istanti la lezione per pregare
con lei (chi voleva!) un’Ave Maria per
invocare il dono della pace.
E’ insorto un comitato studentesco che l’ha
accusata di limitare la libertà degli studenti. Il rettore si è scusato: «Si tratta di un atteggiamento assolutamente improprio
e censurabile, mi scuso a nome dell’ateneo». Anche il vescovo del luogo
con ironia ha chiesto scusa, come credente, per «aver destabilizzato la
serenità di un'Università».
«La storia dei 25 secondi di interruzione di una
lezione, per dire un’Ave Maria per la pace, con la reazione che ha scatenato ci
interroga profondamente come credenti. Gli stessi 25 secondi usati per dire una
battuta, cosa che molti docenti fanno spesso, non avrebbero creato problemi».
Il problema, prosegue il vescovo, «è la nostra poca
fede». Perché chi prega molto, ad esempio chi recita il Rosario potrebbe
pensare che le Ave Maria «valgano poco, che di fatto siano innocue. Che non
creino problemi». E invece no: l'agitazione suscitata all'Università da una
sola Ave Maria, le proteste hanno ricordato «che la preghiera è una forza, una
potenza che può mettere paura a qualcuno. Grazie a chi crede più di noi
credenti che quelle poche parole smuovano i monti e i cuori tanto da
sconvolgere la loro vita. Grazie a chi ci ricorda che dire Ave Maria è salutare
una donna morta 2000 anni fa credendo che è viva, in grado di pregare per noi e
di operare per rendere la nostra vita più buona e vicina a Dio, tanto da
aiutarci ad affrontare serenamente la morte»
E conclude: «Grazie fratelli non credenti e
anticlericali perché ci avete ricordato quali tesori possediamo senza
apprezzarne adeguatamente il valore e l’importanza».