Cosa è il Regno di Dio annunziato da Gesù (C. M. Martini)
In ogni
Eucaristia noi citiamo il Regno, per esempio recitando il Padre nostro: Padre
nostro, venga il tuo Regno! E al termine della
preghiera eucaristica proclamiamo: “Tuo
è il Regno, tua la potenza e la gloria nei secoli!”. E questo Regno è il tema fondamentale
della predicazione di Gesù fin dall’inizio. Da quando, cioè, Gesù, dopo che
Giovanni fu arrestato, fu trasferito da Nazaret a Cafarnao. Dicono i vangeli
che Gesù cominciò allora a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il Regno dei
cieli è vicino!” (Mt 4,17). Questa è il tema fondamentale
della predicazione di Gesù. In Mt 4,23 troviamo questa frase sintetica: “Gesù percorreva tutta la Galilea,
insegnando nelle loro sinagoghe, predicando la buona novella del Regno e curando
ogni sorta di malattia e di infermità nel popolo”. Notiamo anche la
differenza tra i verbi: insegnando
(didàschein); predicando, proclamando il Regno (Kerissèin) e curando i malati.
Le tre cose fanno come una unità.
Gesù, dunque, parla molto spesso del Regno di Dio, soprattutto nei
sinottici; l’espressione non ricorre quasi mai in Giovanni; mentre nei
sinottici è l’espressione corrente. Tuttavia sappiamo anche che
non è facile definire il Regno, perché Gesù non conchiude mai in una
definizione teorica che cosa è il Regno. Si contenta di alludervi con paragoni e con parabole. Il
Regno è come un seme, è simile ad una rete, è simile ad una perla preziosa, è
simile a un tesoro nascosto in un campo… Sono paragoni che
descrivono alcuni aspetti del Regno, senza che mai se ne dia una definizione
precisa e completa.
E qui c’è qualcosa di misterioso, tanto è vero che lo stesso Gesù
in Mc 4,11, parla
di “mistero del Regno”. Non dice ai discepoli: “A voi è stato dato il Regno!”,
ma “A
voi è stato dato il mistero del Regno!”. C’è quindi un mistero
in questa parola “Regno”, almeno come è pronunciata agli inizi del ministero di
Gesù, che lo rende necessariamente, da una parte affascinante e dall’altra un
po’ enigmatico. E non
poteva che essere enigmatico fino allo svelamento che avverrà appunto con la
morte e la risurrezione di Gesù.
Ma noi possiamo cercare di domandarci: che cosa potevano intendere
i primi uditori di Gesù in Galilea, quando sentivano che parlava del Regno di
Dio? Una tale espressione era ben nota ai lettori della Bibbia ebraica. Essi sapevano perfettamente che Dio
è Re da sempre; per esempio il salmo 29, dice: Il Signore siede re per sempre! Quindi era un termine
acquisito. Salmo 96: Dite
tra i popoli: il Signore regna! Ancora Salmo 97: Il Signore regna; esulti la terra!… Non era di per sé neanche necessaria
la proclamazione di Gesù per far imparare alla gente che il Signore regna. Per
esempio un inno molto antico, come il cantico di Mosè, diceva, alla fine,
concludendo: Il
Signore regna in eterno e per sempre! Da secoli, da
millenni si tramandava l’idea della regalità di Dio. E un altro inno
successivo, che si trova nel primo libro delle Cronache (cap. 29),
cantava: Tuo è il
Regno, Signore, tu ti innalzi sovrano su ogni cosa! (1 Cr
29,11). Quindi Gesù
apparentemente non parla per dire una cosa nuova, dicendo che Dio è Re e suo è
il Regno!
Però i
lettori della Bibbia ebraica sapevano pure che il peccato oppone resistenza al
Regno, sia il peccato individuale, sia il peccato sociale; per cui Dio regna di
diritto, ma di fatto si ha spesso l’impressione che a condurre il gioco siano i
malvagi, quelli che non si sottomettono a Dio. La Bibbia è
piena di tali amare constatazioni e in particolare la disobbedienza a Dio che
pure è re eterno sfocia in particolare nell’oppressione del popolo e, ad un
certo punto, nella dipendenza del popolo dallo straniero, adoratore degli idoli
e nemico del Dio di Israele. In tale contesto, dunque, il Regno c’è, ma non si vede.
E allora il
venire del Regno significa che Dio viene a mettere le cose a posto, viene a
mettere ordine, a sconfiggere i nemici, a punire i peccatori, a instaurare di
fatto quel potere sulla storia che era da sempre suo di diritto.
Ed era questa anche l’attesa degli ebrei devoti, che credevano e speravano in
Dio, attesa che si trova in molti salmi e in molte altre pagine della Bibbia,
per esempio il salmo 9, 18: Tornino
gli empi negli inferi, tutti i popoli che dimenticano Dio. Cioè, la regalità di Dio spazzi via i
nemici! Ancora salmo 9: Hai
minacciato le nazioni, hai sterminato l’empio! Quindi ti
dimostri veramente re! Il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre! Hanno
sfidato la tua regalità e sono stati schiacciati. E termina dicendo,
presentando la regalità di Dio: Il
Signore sta assiso in giudizio; erige per il giudizio il suo trono e da questo
trono come re giudica il mondo. Ancora un altro salmo, il
salmo 102, dice così: Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra e che cosa ha ascoltato? Il gemito del prigioniero,
del suo popolo prigioniero. Quindi ha guardato la terra per ascoltare il gemito
del prigioniero, per liberare i condannati a morti, perché sia annunziato in
Sion il nome del Signore, la sua lode in Gerusalemme.
Segno di questa liberazione è appunto la libera proclamazione
della gloria di Dio in Sion e in Gerusalemme. Si attendeva, perciò, che Dio
regnasse, condannando tutti i nemici, distruggendo tutti i peccatori,
eliminando tutti i malvagi, così che il popolo potesse
vivere tranquillo nella sua casa, nella sua terra, nella sua città di
Gerusalemme. Ma noi sappiamo che le
cose non sono così semplici. Gesù nella sua rivelazione progressiva del Regno,
non rivela come un semplice giudizio di condanna e di distruzione dei malvagi;
anzi, a poco a poco, fa capire, in maniera anche un po’ enigmatica, che il
regnare di Dio non significa che Dio voglia schiacciare i peccatori, ma che Dio
intende piuttosto perdonarli e salvarli. Questo è certamente un
fatto nuovo e perciò Gesù comincia con il prendere su di sé il male del mondo:
questa è la novità assoluta della rivelazione di Gesù. Già lo faceva
intuire Matteo,
al capitolo ottavo, citando Isaia 53, là dove dice: Egli ha preso su di sé le nostre
infermità, s’è addossato le nostre malattie. Di per sé
immediatamente il brano si riferisce alle guarigioni di Gesù, però con questa
frase misteriosa – “se le è prese su di sé, se le è addossate” - Gesù si rivela sempre più
chiaramente come colui che assume su di sé il peccato del mondo. E questo
diventa sempre più chiaro nel percorso di Gesù verso Gerusalemme, soprattutto
come previsione della passione o con espressioni come quelle che troviamo in
Marco 10,45: Il
Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la
propria vita in riscatto per molti. Così egli chiarisce a poco
a poco il senso di come egli intende l’esercizio della regalità di Dio: non
schiacciare i nemici, ma dare la sua vita per il perdono dei nemici, per il
riscatto di molti. E anche poi nella passione, con parole come quelle del Getsemani: “Padre, non ciò che voglio io, ma
ciò che vuoi tu! E anche con l’affermazione dopo la cattura
nell’orto degli ulivi: Tutto
questo è avvenuto, perché si adempissero le Scritture dei profeti.
Gesù fa capire che questo - il suo prendere su di sé il male del
mondo - è il disegno nel quale si rivela la regalità di Dio. Gesù attua dunque
il Regno, anzitutto nella prima parte della sua vita, sconfiggendo le malattie,
le infermità, ma facendo intuire misteriosamente che egli vuole a un certo
punto assumersele. Le infermità e le malattie sono conseguenze e immagine del
peccato; Gesù perdona i peccati, ma soprattutto offre in debolezza, in povertà,
in infermità la sua vita per noi, nella morte in croce e risorge per darci la
certezza del perdono di Dio. Ecco dunque come il Regno si
svela a poco a poco. Per cui il Regno non è come una macchina già fatta che
viene dall’alto e si instaura sulla terra; il Regno è qualcosa che si manifesta
progressivamente nella vita di Gesù. Possiamo dire: è Gesù il Regno che viene, è lui! E in
noi il Regno si attua qui attraverso un processo, un processo di rigenerazione
che parte dal cuore dell’uomo, dall’interno dell’uomo, che ha inizio con la
nascita - il Battesimo - che va verso la crescita, verso la pienezza della
manifestazione definitiva di Gesù nella nostra umanità salvata. Dunque, il
Regno lo incontriamo anzitutto in Gesù che è il Regno per eccellenza.
Il regno si attua nella sua vita, morte e risurrezione. Il Regno si attua in
tutta la sua vita, dall’annunciazione all’ascensione, si attua nella sua morte,
si attua nella sua risurrezione. E poi il Regno si attua gradualmente in tutti
noi, in tutti coloro che entrano negli atteggiamenti e nelle relazioni di Gesù,
vivendo come lui ha vissuto, offrendo la propria vita come lui l’ha offerta.
Perciò il
Regno viene, non in astratto, ma nella misura in cui ciascuno di noi entra nel
progetto di Gesù e si fa in qualche modo uno con Gesù e instaura nella sua vita
le relazioni con i fratelli e le cose del mondo, secondo il mandato e l’esempio
di Gesù. E questo avviene non solo individualmente, ma
collettivamente, anzitutto nella chiesa visibile e poi in tutte quelle
situazioni nelle quali si rivive e si mette in pratica l’insegnamento e il modo
di vivere di Gesù. L’insieme di coloro che vivono così e che attuano il Regno
diviene, secondo la parola di Gesù, sale della terra, luce del mondo. E porta
gli uomini a lodare il Padre che è nei cieli.
A questo punto possiamo anche comprendere perché il Regno nel
Nuovo Testamento, al di là dei sinottici, non viene più espresso con la sola
formula, un po’ enigmatica “il Regno di Dio”, ma con molte altre formule, anche
se queste formule non citano espressamente il vocabolo “Regno”. Così formule
come “Cristo è risorto!”, “il Crocifisso è risorto”, “Gesù è stato crocifisso
per i nostri peccati ed è risorto per la nostra giustificazione”, o formule
come: “Io sono la via, la verità e la vita”, oppure formule come quelle
paoline: “Vivo io, ma non più io, Cristo vive in me!”, sono formule brevi che
esprimono la realtà del Regno. E di queste formule è pieno
il Nuovo Testamento! Sappiamo poi che vi sono formule anche più lunghe, come –
per esempio – l’inizio della lettera agli Efesini, ai Colossesi, il capitolo 2
della lettera ai Filippesi, che descrivono i vari momenti della venuta del
Regno, esprimendo appunto la “carriera” di Gesù, il suo venire dal Padre,
nell’umiltà della passione, della morte, del suo risorgere, della gloria, del
riversare il suo Spirito nella chiesa. Tutto questo è il Regno di Dio che sta venendo
in pienezza.