Cristiani emergenti: Giovanni Scifoni (e la sua passione "irriverente" per i Santi)



Nato a Roma nel 1976, Giovanni Scifoni è un attore, scrittore e regista teatrale. Padre di tre figli, in ambito ecclesiale è noto soprattutto per la conduzione televisiva del programma "Beati voi" andato in onda su TV2000 e per i suoi ironici, ma anche rispettosi video sui Santi.
Ha una pagina facebook seguita da più di 43.000 followers e una pagina wikipedia. Credere, il settimanale paolino, gli ha recentemente dedicato la copertina e un interessante articolo: "Più prego, più mi rallegro":
Se non suonasse troppo ardito, bisognerebbe aggiungere la qualifica influencer dei santi al curriculum vitae di Giovanni Scifoni. Da questa estate, l’attore e conduttore tv è infatti diventato virale su Facebook: i suoi video che narrano vita, gioie e dolori dei santi macinano like e condivisioni, attirando l’attenzione di credenti e non. A conquistare è il taglio acuto e spassoso delle sue brevi agiografie, mai banali e aperte perfino alla provocazione. Pare addirittura che svariati fan, soprattutto uomini e donne consacrati, gli scrivano per sottoporre alla sua attenzione il santo della propria congregazione o del tale santuario, la cui memoria magari si è appannata nel tempo. Dal canto suo Scifoni non si tira mai indietro, dando vita a uno spericolato, ma virtuoso, circolo di battute, aneddoti e nomi strappati alla polvere del passato. A dispetto dell’argomento, che sembra quanto di più lontano possa esistere dai trend che spopolano online, l’attore avrebbe catalizzato l’attenzione soprattutto dei giovani. Non a caso papa Francesco ha scelto proprio Scifoni per presentare la serata inaugurale del Sinodo dei giovani…
Com’è nata l’idea delle agiografie per Facebook? Ammetterà che lo spunto è davvero singolare…
«L’idea non è stata mia: l’ha avuta, per primo, l’allora direttore di Tv2000 Paolo Ruffini. Mi propose di fare Il santo del giorno per la pagina Facebook del programma Beati voi, che ho condotto l’anno scorso. La cosa, però, ha finito per prendermi la mano: mi divertivo molto e così, una volta terminata la messa in onda del programma, ho deciso di andare avanti sulla mia pagina Facebook. Per le storie non seguo mai uno schema fisso di racconto. Solo l’approccio è il medesimo: ogni volta mi domando “come faccio a parlare di quel santo a un bambino ateo?”. Il mio interlocutore immaginario è una persona che non ha i rudimenti della teologia e non è nemmeno credente».
Pur essendo i suoi video corretti dal punto di vista dell’ortodossia, la loro cifra distintiva è l’ironia: sono divertenti e questo sorprende, visto i temi affrontati. Crede che l’ironia possa promuovere un dialogo più libero, e forse persino più concreto, sui temi della fede?
«Sa come si dice? Un triste cristiano è un cristiano triste. Già san Filippo Neri, don Bosco e molti altri prima di me avevano introdotto prepotentemente la risata nella fede. Le due cose sono legate. Non a caso l’aggettivo spiritoso è simile a spirituale: lo spirito necessita di ridere, ha bisogno di ridere perché nella risata c’è coinvolgimento, immedesimazione. Si ride quando ci si riconosce in qualcosa, quando si pensa “è proprio così!”. Non solo. Si può credere o meno, ma  le grandi domande legate all’aldilà e al senso della vita, nonché  l’effetto che ha su di noi la figura di Cristo, sono tutte questioni talmente viscerali che non possono non indurci a fare ragionamenti complessi su noi stessi. Ritengo che più si entra nella profondità della complessità e più, inevitabilmente, ci si avvicina anche alla risata».
Cosa l’affascina dei santi?
«Mi appassiona (e consola!) la loro natura di antieroi: l’eroe è una persona superdotata che compie imprese impossibili agli altri; il santo è un individuo solitamente ipodotato che fa azioni che chiunque potrebbe realizzare se semplicemente dicesse “sì” a Dio. Leggere le loro vite è consolatorio, mi spinge a pensare che c’è speranza per tutti: non a caso mi ispiro molto a san Giovanni di Dio, un malato di mente, bipolare, che fino a 40 anni non aveva combinato nulla. Poi, dal manicomio, diede vita nientemeno che all’ospedale Fatebenefratelli».
Sbaglio o lei è affascinato soprattutto dal lato politicamente scorretto dei santi? Nei video pone l’accento sulle loro debolezze, racconta come incalzano Dio e sollevano domande scomode.
«Sì, per almeno due motivi. Il primo è che la grazia di Dio agisce attraverso i nostri limiti, prima ancora che attraverso i talenti. Il secondo è che il punto non è l’irriverenza, ma la fede. Pasolini diceva: “Ci scandalizziamo nella misura in cui non siamo convinti di quello che stiamo difendendo”. È vero: chi si scandalizza è un incerto, che si sente minacciato da chi osa scardinare le sue, già deboli, certezze. Il problema non è dunque lo scandalo ma la fede: quanto crediamo; quanto siamo saldi. Non a caso Gesù scandalizzava, tantissimo, la gente che lo circondava».
Crede che anche noi dovremmo essere meno per bene nel dialogo con Dio? Papa Francesco ha invitato a essere «invadenti nella preghiera»...
«Anni fa, un mio padre spirituale mi invitò ad arrabbiarmi con Dio. Usò proprio questo verbo: arrabbiarsi. Sì, la preghiera deve essere invadente, sincera, genuina e, al tempo stesso, deve invadere la tua vita, rubare più spazio possibile. Lo sto capendo sulla mia stessa pelle: più prego e meglio sto. Per me, infatti, la preghiera è quel momento di sospensione dalla fretta e dall’urgenza della vita, dove mi fermo un attimo e interrompo il processo ineluttabile delle emergenze. Quest’ultime infatti mi distolgono dal senso della vita, mentre la preghiera me lo restituisce. Faccio un esempio: ho l’urgenza di dover lavorare e quindi mi dimentico il senso del lavoro. Il senso del lavoro è: dare da mangiare ai miei figli (e quindi anche stare con loro e godere della loro compagnia) e fare delle cose belle per gli altri. L’emergenza invece cambia le carte in tavola, ci rende frenetici, allontanandoci da quello che conta. Anche per questo, credo che non esista altro modo di credere se non attraverso la preghiera».
È sempre stato credente?
«Sì: sono nato in una famiglia cattolica. Certo, come tutti  ho attraversato e attraverso tuttora dei momenti di crisi. I dubbi non mi mancano...».
Come ha superato i momenti di difficoltà?
«Da solo, non ce l’avrei mai fatta. Seguo il Cammino neocatecumenale, insieme a mia moglie. Inoltre ho avuto degli straordinari padri spirituali: don Fabio Rosini, al quale mi ispiro anche per i miei spettacoli (gli rubo tutto quello che dice!), e Pino Manzari, un regista e attore, nonché catechista e missionario, che mi ha insegnato moltissimo. Credo molto nella figura dei maestri: ci guidano nel cammino, indirizzano i nostri passi. Chi non li ha, o chi è convinto di non averne bisogno, è una persona che non esito a definire pericolosa».
Il Papa l’ha chiamata a presentare il Sinodo dei giovani. Che idea si è fatto delle nuove generazioni?
«È difficile fare un discorso generale: ci sono giovani che si interrogano molto, altri che sono allo sbando. Quello che mi preoccupa è che quasi tutti credono di non aver bisogno di maestri e il mondo dello show business dà loro corda. Quando ero piccolo, guardavo Bim bum bam: un programma per bambini pensato da adulti. Oggi i ragazzi si intrattengono con i contenuti caricati su YouTube dai loro coetanei. È un intrattenimento sicuramente a loro affine, ma meno aspirazionale e, sicuramente, taglia via la figura del modello. Se già da bambino intuisci di non aver bisogno degli adulti, figuriamoci cosa potrà accadere quando sei grande».
Durante il Sinodo, il Pontefice ha invitato gli adulti a dare «risposte ai giovani senza paura». Da padre, vive anche lei questo timore?
«I miei figli mi pongono domande continuamente. Non mi spaventa tanto rispondere quanto non avere la risposta giusta: mia moglie, in questo, è molto più brava di me! Mi conforta però aver capito che i ragazzi hanno bisogno, prima di tutto, di sentirsi accolti nella domanda. Forse la risposta giusta è quella che apre, il più possibile, alla verità che conosci, per come l’hai capita».
LA BIOGRAFIA. FRA TEATRO, TV E FAMIGLIA
Classe 1976, Giovanni Scifoni è nato a Roma, dove vive con sua moglie Elisabetta e i tre figli di 12, 9 e 5 anni: Marco, Cecilia e Tommaso. Reduce dal successo della serie Una pallottola nel cuore3, in onda a ottobre su Rai Uno, Scifoni ha deciso di allargarsi anche al mondo dell’intrattenimento: l’anno scorso ha presentato Beati voi su Tv2000 e, prossimamente, sarà il nuovo volto di un programma di punta di Italia 1. A teatro lo rivedremo invece a dicembre: debutterà il 26 dicembre al Brancaccino di Roma con lo spettacolo Santo piacere – Dio è contento quando godo, che racconta la storia di formazione di un giovane cattolico e il suo tormentato percorso di avvicinamento alla sessualità.
Anche il sito UCRR gli ha recentemente dedicato un post, ricordando il suo ingresso nel programma "Le Iene": "E se la nuova "Iena" fosse un cattolico appassionato della vita dei Santi?":
Cosa potrà mai venire di buono da Le Iene Show? Fino a ieri non molto: un programma televisivo banale e stereotipato, attivissimo influencer di illeciti legali e morali come l’utero in affitto, l’eutanasia, la droga libera, che fa il dito medio in diretta televisiva a chi difende la famiglia naturale, costituzionalmente intesa.
Senza contare che le Iene mentono su quasi tutto: dai vaccini che provocano l’autismo ai falsi video di Matteo Viviani sul caso Blue Whale, dal sostegno per anni del “metodo Stamina”, terapia dimostratasi priva di qualsiasi validità scientifica, alla propaganda delle “cure naturali” contro il cancro (quella cubana e quella della dieta vegana suggerita nel libro farlocco The China study). Ricordiamo ancora il servizio diffamatore ai danni di Radio Maria, quando Mauro Casciari finse di aver subito un’aggressione nella sede in provincia di Como, incollando e tagliando il video nei momenti opportuni salvo poi essere smentiti dalla registrazione integrale. Dei ciarlatani di professione, insomma, ma con un’esposizione mediatica enorme.
Dicevamo, quindi. Cosa può venire di buono da Nadia Toffa e da Le IeneForse c’è speranza, la nuova Iena si chiama Giovanni Scifoni, è un attore, è cattolico ed è appassionato della vita dei Santi. Probabilmente il suo approdo alle Iene è stato favorito da Alessandro Sciortino, l’ex iena che oggi è vicedirettore e direttore creativo di TV2000, la rete televisiva della Conferenza Episcopale Italiana. Un’ottima emittente nella quale Scifoni lavora da tempo, oltre ad aver partecipato come attore in alcuni film e serie TV (come Squadra antimafia 7Un medico in famiglia ecc.).
Il primo servizio di Scifoni per il programma di Davide Parenti, andato in onda il 21 ottobre scorso, ha già creato qualche polemica, anche tra alcuni cattolici. L’attore ha provocatoriamente intervistato alcuni politici della Lega, tra cui il ministro Matteo Salvini, chiedendo loro quale coerenza vi siatra il dirsi cattolici, l’aver giurato su Vangelo e rosario e la loro posizione sul tema immigratorio. Salvini se l’è cercata, il suo giuramento sacro è stato meramente strumentale a favorire un consenso politico e ideologico (lui stesso ha ammesso che preferisce esibirlo il rosario, piuttosto che pregarlo) e in molti simpatizzanti leghisti effettivamente emerge un feroce razzismo, ma i critici di Scifoni non hanno tutti i torti: oltre al fatto che la questione immigratoria e la posizione politica della Lega è molto più sfumata e complessa di quanto è ridotta sui media (così come andrebbe meglio conosciuta quella di Papa Francesco), ci si chiede perché Le Iene non rincorrano anche quei politici cattolici esplicitamente contrari alla Chiesa e del Papa sui temi morali o di bioetica (su molti dei quali la Lega sembra essere invece ben sintonizzata, al contrario delle altre principali forze politiche).
Scifoni ha risposto ai critici scrivendo:
«Sapevo di scontentare molte persone con questo servizio, ma ho pensato ugualmente di farlo, perché credo che stiamo correndo un pericolo: stiamo perdendo la nostra capacità di immedesimazione, e senza immedesimazione non c’è carità. È in atto un’inversione di percezione della realtà, respingere i migranti è agire con buon senso e ragionevolezza, accoglierli o preoccuparsi per gente disperata o semplicemente immedesimarsi in loro è moralismo buonista. Il buon samaritano è percepito come un buonista. Ritengo che in democrazia i partiti politici abbiano la libertà di proporre qualunque visione della realtà, la lega ha tutto il diritto di dire ciò che vuole, ma non nel nome di Cristo, se lo fai io ti contesto. Non posso fare altrimenti. Perché se togliamo la compassione dal cuore dei cristiani, che cristiani diventeremo? Vi prego, rifletteteci. E se vogliamo entrare nello specifico, non ha senso combattere i trafficanti chiudendo le frontiere, i trafficanti esistono perché esistono le frontiere, perché non ci sono canali alternativi per fuggire da fame o persecuzione, se io mi trovassi in Eritrea mi affiderei ad uno scafista, non avrei dubbi. Ma il punto è un altro. La parola razzismo non significa più nulla, è come i bambini che usano “coso” o “cosa” per esprimere qualunque concetto, ma noi siamo grandi, dobbiamo sforzarci di usare parole più specifiche. La parola che voglio usare è “peccato”. Questo tipo di politica ha successo perché ha capito che il peccato ha più forza aggregante della virtù. Ha capito che il libertino da sempre è più simpatico del moralista. Ha capito che i bisogni urlano più forte dei sogni. I sogni vanno spiegati, i bisogni si sentono a pelle. Questa politica parla al nostro egoismo, quello che c’è in ogni uomo, lo risveglia, gli dice: tu hai diritto di esistere, tu sei l’espressione più sincera della libertà, che si fottano quelli che vogliono convincerti che sei un peccato, sono dei moralisti. Più o meno quello che ha fatto l’industria del porno con la lussuria. Più o meno quello che ha fatto l’Islanda con l’aborto dei bambini con sindrome di down».
Più che il servizio delle Iene, è interessante la sua pagina Facebook, nella quale da diverso tempo compaiono dei brevi video in cui racconta la vita dei Santi nel giorno a loro dedicato. La qualità è alta, il montaggio è pregevole, la recitazione è gradevole, spesso Scifoni si sofferma su un particolare della vita di un Santo per proporre una riflessione sulla modernità, il tutto in una divertente chiave è comica e talvolta coinvolge anche la moglie e i suoi tre figli. A volte fa capolino un pizzico di irriverenza.
Forse con Giovanni Scifoni c’è ora una possibilità per le Ienemagari quella di parlare di temi più alti, proponendo uno sguardo differente su quelli più sensibili e che non sia banalmente prevedibile e conformato al pensiero del mondo. O, forse, sarà Scifoni ad adeguarsi all’aria che tira in redazione. E’ un’occasione, vedremo. Per ora proponiamo qui sotto un pregevole video dell’attore su Maria Maddalena e sulla leggenda che la vuole a tutti i costi una prostituta e, più in basso, uno spezzone su Madre Teresa di Calcutta andato in onda su TV2000.

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