Catacombe di San Gennaro: informazione manipolata?
Ho la fortuna di conoscere personalmente il responsabile per il Vaticano delle Catacombe d'Italia e ho dunque seguito lo "scandalo" scoppiato agli inizi del mese riguardo alle catacombe napoletane di San Gennaro: ha iniziato l'edizione locale de La Repubblica a parlare di 700 milioni di euro di arretrati pretesi alla cooperativa "La Paranza" che gestisce, su concessione dell'Arcidiocesi, il celebre luogo e la notizia si è poi diffusa a livello nazionale anche sugli altri mezzi di informazione. Così, ad esempio, scriveva Il Messaggero:
Il Rione si mobilita e fa quadrato attorno ai ragazzi de La Paranza. Così, da stamani, a cominciare dal Borgo Vergini nel rione Sanità, a Napoli, sono comparsi cartelli a difesa dell'esperienza dei ragazzi delle Catacombe di San Gennaro. Sono 'messaggi' indirizzati alla Commissione Pontificia. La stessa venuta a battere cassa per gli incassi provenienti dai biglietti per visitare le Catacombe di San Gennaro, gestite dalla cooperativa La Paranza. Un ammontare che, secondo alcune stime, si aggira attorno ai 700mila euro (relativi a 10 anni di attività).
Secondo una convenzione, infatti, al Vaticano sarebbe dovuto andare il 50% degli incassi dei biglietti. Cosa che non è avvenuta. La convenzione quinquennale è in scadenza il prossimo luglio e la speranza è che si arrivi a una soluzione per gli arretrati: dover versare una simile somma comporterebbe il rischio chiusura del sito archeologico e la fine del 'modello Sanità'. Tutto il quartiere, che ha trovato riscatto nel progetto iniziato 10 anni fa, si mobilita e lo fa come può e sa fare. Affidandosi anche a San Gennaro, patrono di Napoli, i cui resti mortali, in passato sono stati custoditi, e dove nel '69 fu ritrovata la tomba.
Solo da qualche giorno si è faticosamente fatta avanti anche la versione del Vaticano che nega di aver mai parlato di soldi da risarcire, ma di regolarizzare un contratto in scadenza che preveda, come per tutte le altre Catacombe d'Italia, di versare in futuro la metà degli incassi al Vaticano che ne è proprietario e responsabile dei lavori di manutenzione. Così scrive Avvenire:
La domanda è: come hanno fatto tutti i principali quotidiani a pubblicare i fatti senza chiedere la versione dell'altra parte? Come mai si è mobilitata con tanta forza l'opinione pubblica arrivando a raccogliere in pochi giorni 30.000 firme? Come mai si è arrivati a minacce e lettere denigratorie? Come mai il silenzio assoluto del Cardinale Sepe che è responsabile dell'accordo, ma è in attesa di essere sostituito per raggiunti limiti d'età? Che ci sia dietro anche la mano della camorra?La richiesta di denaro (esattamente il 50% degli introiti) vale semmai per il futuro e si basa sulle regole del concordato tra Italia e Vaticano, dove si stabilisce che sia la Santa Sede ad occuparsi della gestione di tutte le catacombe presenti sul territorio nazionale (circa 120, di cui una ventina aperte al pubblico). È dunque per far fronte alle spese di tutela, conservazione, restauro e recupero di tali strutture – per le quali non esiste contributo governativo – che la Commissione di Archeologia sacra chiede alle catacombe visitabili metà degli incassi; e finora solo quella di Napoli non aveva mai corrisposto nulla, anzi non aveva nemmeno mai inviato in Vaticano alcun rendiconto dettagliato dei suoi bilanci.Ora si vuole cambiare registro: senza disconoscere l’opera di grande rilievo sociale compiuta da «La Paranza», occorre rivedere i metodi di gestione compiuta finora in totale autonomia, emettendo biglietti in proprio e non fornendo bilanci, per rilanciare l’attività su una base nuova di trasparenza e legalità. E senza creare disparità di trattamento con le altre catacombe aperte al pubblico e gestite da altri soggetti, che hanno sempre rispettato gli accordi con la Commissione anche in zone problematiche come Palermo, Siracusa o Tor Pignattara a Roma.
Vedi anche:
- Cosa nasconde il brutto attacco ai giovani della “Paranza” (Il sussidiario)
- Catacombe, la coop al Papa: «Ravasi riveda le richieste» (Il Mattino)
- «Santo Padre...», l’appello di Napoli per la «tassa» della Chiesa sulle catacombe (Corriere della Sera)