La settimana santa
Famiglia cristiana: DOMENICA DELLE PALME, CHE COSA SI CELEBRA E PERCHÉ SI USANO RAMI D'ULIVO
13/04/2019 Con questa festa si ricorda l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme accolto dalla folla che lo acclama come re agitando fronde e rami presi dai campi. Una tradizione legata alla ricorrenza ebraica di Sukkot durante la quale i fedeli salivano in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme portando un mazzetto intrecciato di palme, mirto e salice.
Con la Domenica delle Palme, con cui si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme per andare incontro alla morte, inizia la Settimana Santa durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Risurrezione.
Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli, ma con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione mentre solo Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv 12,12-16).
L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro, l’etrog (il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo).
Il cammino era ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenuta una celebrazione corale della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne; secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa.
Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli, ma con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione mentre solo Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv 12,12-16).
L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro, l’etrog (il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo).
Il cammino era ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenuta una celebrazione corale della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne; secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa.
LA SCELTA DELL'ASINA AL POSTO DEL CAVALLO
Gesù, quindi, fa il suo ingresso a Gerusalemme, sede del potere civile e religioso della Palestina, acclamato come si faceva solo con i re però a cavalcioni di un’asina, in segno di umiltà e mitezza. La cavalcatura dei re, solitamente guerrieri, era infatti il cavallo.
I Vangeli narrano che Gesù arrivato con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito. Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) «Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma».
I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.
Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!».
I Vangeli narrano che Gesù arrivato con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito. Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) «Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma».
I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.
Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!».
LA LITURGIA CON LA LETTURA DELLA PASSIONE
La liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo adatto al di fuori della chiesa; i fedeli si radunano e il sacerdote benedice i rami di ulivo o di palma, che dopo la lettura di un brano evangelico, vengono distribuiti ai fedeli, quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. Qui giunti continua la celebrazione della Messa, che si distingue per la lunga lettura della Passione di Gesù, tratta dai Vangeli di Marco, Luca, Matteo, secondo il ciclico calendario liturgico; il testo della Passione non è lo stesso che si legge nella celebrazione del Venerdì Santo, che è il testo del Vangelo di San Giovanni.
Il racconto della Passione viene letto alternativamente da tre lettori rappresentanti: il cronista, i personaggi delle vicenda e Cristo stesso. Esso è articolato in quattro parti: l’arresto di Gesù; il processo giudaico; il processo romano; la condanna, l’esecuzione, morte e sepoltura.
Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
Il racconto della Passione viene letto alternativamente da tre lettori rappresentanti: il cronista, i personaggi delle vicenda e Cristo stesso. Esso è articolato in quattro parti: l’arresto di Gesù; il processo giudaico; il processo romano; la condanna, l’esecuzione, morte e sepoltura.
Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
LA DATA È MOBILE E LEGATA ALLA PASQUA
La Domenica delle Palme è celebrata dai cattolici, dagli ortodossi e dai protestanti, e cade durante la Quaresima, che termina il Giovedì Santo, primo giorno del cosiddetto “Triduo Pasquale”.
Questa festa non cade sempre nello stesso giorno perché è legata direttamente alla Pasqua, la cui data cambia ogni anno. La festa è mobile e viene fissata in base alla prima luna piena successiva all’equinozio di primavera del 21 marzo. La data della Pasqua per i cattolici oscilla quindi tra il 22 marzo e il 25 aprile. Se, per esempio, la luna piena si verifica un sabato 21 marzo, la Pasqua cade il 22 marzo, ovvero la domenica immediatamente successiva all’equinozio.
Per gli ortodossi la data oscilla tra il 4 aprile e l’8 maggio perché utilizzano il calendario giuliano e non quello gregoriano come i protestanti e i cattolici.
Questa festa non cade sempre nello stesso giorno perché è legata direttamente alla Pasqua, la cui data cambia ogni anno. La festa è mobile e viene fissata in base alla prima luna piena successiva all’equinozio di primavera del 21 marzo. La data della Pasqua per i cattolici oscilla quindi tra il 22 marzo e il 25 aprile. Se, per esempio, la luna piena si verifica un sabato 21 marzo, la Pasqua cade il 22 marzo, ovvero la domenica immediatamente successiva all’equinozio.
Per gli ortodossi la data oscilla tra il 4 aprile e l’8 maggio perché utilizzano il calendario giuliano e non quello gregoriano come i protestanti e i cattolici.
ALETEIA: 8 suggerimenti di Papa Francesco utili nella Settimana Santa
Avviciniamoci alla Pasqua con questi "consigli" che vogliono trasmetterci speranza e ottimismo sull'esempio di Gesù
Messaggi e consigli di Papa Francesco da seguire durante la Settimana Santa, che ci conduce verso la Pasqua di Risurrezione.
Ne parla Mariangela Tassielli in “A ritmo di Vangelo – Vivere il tempo di Quaresima e di Pasqua” (edizioni Paoline). Un viaggio che inizia nel giorno della Domenica delle Palme, con una frase tratta da un passo del Vangelo, affiancata dalla breve riflessione del Papa.
1) Guardiamo il Crocifisso
Domenica delle Palme“Chiese Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato il Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!»” (Mt 27,22).
Inizia la grande settimana. La vivremo a tu per tu con il più sconvolgente e destabilizzante mistero di Dio: il suo dono totale, la sua morte, il suo silenzio, la sua risurrezione.
«Può sembrarci tanto distante il modo di agire di Dio – dice il Papa – che si è annientato per noi, mentre a noi pare difficile persino dimenticarci un poco di noi. Egli viene a salvarci; siamo chiamati a scegliere la sua via: la via del servizio, del dono, della dimenticanza di sé.Possiamo incamminarci su questa via soffermandoci in questi giorni a guardare il Crocifisso, è la “cattedra di Dio”».
2) Il profumo del dono
Lunedì santo“Tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo [di puro nardo]” (Gv 12,3).
Lasciamolo entrare nella nostra casa. Lasciamo che la nostra vita sia invasa dall’irrefrenabile profumo del dono. L’amore immenso e gratuito di Dio si fa carne, si lascia contemplare sulla croce in tutta la sua sconvolgente e folle radicalità.
3) Abbandoniamoci a Gesù
Martedì santo“Uno di voi mi tradirà” (Gv 13,21).
Prima o poi capita a tutti. Crediamo di essere pronti a dare la vita, ma poi la paura di perdere qualcosa di importante ci blocca… Oggi, accontentiamoci di chinare il capo sul petto di Gesù, di mangiare con lui lo stesso pane, di vivere tempi di preziosa intimità.
Questo, e solo questo, ci renderà forti e liberi nel momento del dono.
4) Quanto vale Dio per me?
Mercoledì santo“Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?” (Mt 26,15).
Siamo alla vigilia del Triduo pasquale. Prima di celebrare la Pasqua dobbiamo, con coraggio, fermarci e chiederci: Quanto vale Dio per me? Che posto e che valore occupa nella mia vita? Solo così potremo scoprire se siamo davvero capaci di stare sotto la croce, se preferiamo guardare tutto da lontano o se scegliamo di sostituire il Vangelo con il migliore offerente.
5) Un amore senza limiti: diciamo “grazie”
Giovedì santo“Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,13.15).
Sostiamo in silenzio alcuni istanti, all’altare della reposizione. Ringraziamo il Signore per la sua presenza nella nostra vita, per i doni che gratuitamente ci fa. Ripetiamo nel cuore: «Grazie, Signore, per…».
«Gesù ci ha amato. Gesù ci ama – afferma Papa Francesco – Senza limiti, sempre, sino alla fine. L’amore di Gesù per noi non ha limiti: sempre di più, sempre di più. Non si stanca di amare. Ama tutti noi, al punto da dare la vita per noi».
6) La croce che “cambia” la preghiera
Venerdì santo“E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
La croce che Gesù ha vissuto ci raggiunge e ci interpella con il suo carico scomodo di povertà, gratuità e radicalità. Dalla croce Dio non si è liberato, non è sceso da quel legno di morte. Questo sovverte la nostra fede assetata di onnipotenza e chiede alla nostra preghiera – fatta di richieste continue di salute, di benessere, di quiete, di sicurezza – una profonda conversione.
«Gesù proprio qui, all’apice dell’annientamento – evidenzia Bergoglio – rivela il volto vero di Dio, che è misericordia. (…) Se è abissale il mistero del male, infinita è la realtà dell’Amore che lo ha attraversato».
7) Scoprire la semplicità di Dio
Sabato santo“Resero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura” (Gv 19,40).
Dov’è Dio? Ce lo chiediamo tutte le volte in cui le cose sembrano ingiuste, in cui il dolore colpisce gli innocenti. Dov’è Dio? La vita sembra essere stata sconfitta dalla morte e il male sembra aver avuto l’ultima parola. Per questo dobbiamo, con coraggio, fermarci davanti al sepolcro. Perché lì c’è la risposta alle nostre domande. Dio abita la morte, il dolore, il non-senso, il silenzio, affinché tutto, in lui e con lui, possa risorgere.
«Lo stile di Dio è la semplicità – sentenzia il Papa – inutile cercarlo nello spettacolo mondano. Anche nella nostra vita egli agisce sempre nell’umiltà, nel silenzio, nelle cose piccole».
8) A chi ha perso la speranza
Domenica di Pasqua“Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro” (Gv 20,1).
Ci lasciamo con queste parole bene augurali di Francesco: «A quanti nelle nostre società hanno perso ogni speranza e gusto di vivere, agli anziani sopraffatti che nella solitudine sentono venire meno le forze, ai giovani a cui sembra mancare il futuro, a tutti rivolgo ancora una volta le parole del Risorto: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose… A colui che ha sete darò gratuitamente acqua dalla fonte della vita” (Ap 21,5-6)».
***
LA PREPARAZIONE E LA
CELEBRAZIONE
DELLE FESTE PASQUALI
DOMENICA
DELLE PALME
«La processione sia una soltanto
e fatta sempre prima della Messa con maggiore concorso di popolo, anche nelle
ore vespertine, sia del sabato che della domenica. Per compierla si raccolgano
i fedeli in qualche chiesa minore o in altro luogo adatto fuori della chiesa,
verso la quale la processione è diretta. I fedeli partecipano a questa
processione portando rami di palma o di altri alberi. Il sacerdote e i ministri
precedono il popolo portando anch’essi le palme» (PS 29).
Si potrebbe prevedere una breve
spiegazione ai fedeli sul senso della processione e dei rami benedetti che, se
portati a casa, hanno valore di testimonianza e richiamo all’atteggiamento
spirituale di adesione a Cristo che la celebrazione ha nutrito.
Possibilmente non si rinunci alla
forma lunga della Passione. La forma breve è proposta dal Lezionario per
celebrazioni e contesti particolari (con i bambini, negli ospedali, etc.). Il
Vangelo, come sempre, si ascolta in piedi. Naturalmente, chi ha bisogno potrà
sedersi, tuttavia è più opportuno non formulare inviti generalizzati a stare
seduti, con il pretesto di un ascolto più favorevole.
«Il “Passio” viene cantato o
letto dai diaconi o dai sacerdoti o, in loro mancanza, dai lettori, nel qual
caso la parte di Cristo deve essere riservata al sacerdote.
La proclamazione della Passione
si fa senza candelieri, senza incenso, senza il saluto al popolo e senza
segnare il libro; solo i diaconi domandano la benedizione del sacerdote, come
le altre volte prima del Vangelo». (PS 33)
Al ricordo della morte del
Signore si fa una pausa e tutti si inginocchiano, stando rivolti all’altare.
FERIE DELLA SETTIMANA
SANTA
Sono giorni particolarmente
favorevoli per le celebrazioni comunitarie della Penitenza, per la formazione
liturgica attraverso incontri per gli operatori pastorali (anche con l’aiuto
dell’ufficio liturgico diocesano) e la preparazione prossima dei riti.
GIOVEDÌ SANTO - MESSA
NELLA CENA DEL SIGNORE
Per tutto il giorno non è
consentita la celebrazione di messe esequiali. Si può celebrare il solo rito
esequiale con la Liturgia della Parola (il sacerdote indossa il piviale di
colore violaceo).
«La Messa nella Cena del Signore
si celebra nelle ore vespertine, nel tempo più opportuno per una piena
partecipazione di tutta la comunità locale. Tutti i presbiteri possono
concelebrarla, anche se hanno già concelebrato in questo giorno la Messa del
crisma, oppure se sono tenuti a celebrare un’altra messa per il bene dei
fedeli». (PS 46)
«Prima della celebrazione il
tabernacolo deve essere vuoto. Le ostie per la comunione dei fedeli vengano
consacrate nella stessa celebrazione della Messa. Si consacri in questa Messa
pane in quantità sufficiente per oggi e per il giorno seguente.
Si riservi una cappella per la
custodia del Santissimo Sacramento e si orni in modo conveniente, perché possa
facilitare l’orazione e la meditazione: si raccomanda il rispetto di quella
sobrietà che conviene alla Liturgia di questi giorni, evitando o rimuovendo
ogni abuso contrario. Se il tabernacolo è collocato in una cappella separata
dalla navata centrale, conviene che in essa venga allestito il luogo per la reposizione
e l’adorazione». (PS 48-49)
Questa norma chiede di essere
rettamente intesa e puntualmente applicata, anche rimuovendo alcune situazioni
di vero e proprio abuso. Si chiede di riservare una cappella e un tabernacolo,
ovvero il luogo della custodia abituale del SS. Sacramento, per quella che è
una custodia con adorazione solenne protratta nella notte e finalizzata alla
comunione nel giorno seguente. Non è prevista la possibilità di realizzare
scenari sul modello del presepio che propongono allegorizzazioni di episodi
della passione, del sacerdozio, dell’Eucaristia, della fedeltà dei discepoli o
del tradimento di Giuda. Non si deve ricostruire l’ambiente del Cenacolo, né
tentarne la trasposizione nell’oggi del quartiere.
Durante il canto dell’Inno “Gloria
a Dio” si suonano le campane. Terminato il canto, non si suoneranno più fino
alla Veglia pasquale […] Durante questo tempo l'organo e gli altri strumenti
musicali possono usarsi soltanto per sostenere il canto. (PS 50)
La lavanda dei piedi è un rito
facoltativo. Su richiesta di Papa Francesco, la Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti, nel gennaio 2016 ha mutato la rubrica
del Messale che riservava questo gesto agli uomini. Secondo il prudente giudizio
dei parroci si potranno quindi ammettere anche le donne. Si possono coinvolgere
anche bambine e bambini ma non in modo esclusivo: sarebbe opportuno che il
gruppo esprimesse opportunamente la variegata composizione di una comunità
cristiana, che comprende anche anziani, poveri, sofferenti… Si valuti la
collocazione, evitando ove possibile di utilizzare il presbiterio o di disporre
panche o sedie davanti l’altare: si creerebbe un effetto palcoscenico che
offusca la dignità dei luoghi liturgici e appiattisce il gesto, allontanando il
gruppo dei fedeli dalla comunità di cui invece sono parte e immagine.
«Durante la processione delle
offerte, mentre il popolo canta l'inno “Dov'è carità e amore”, possono essere
presentati i doni per i poveri, specialmente quelli raccolti nel tempo
quaresimale come frutti di penitenza» (PS 52). È l’unico caso in cui il Messale
indica il canto per l’offertorio: un canto che peraltro è conosciuto da tutti i
fedeli, è presente in tutti i repertori parrocchiali, in latino o in italiano,
con varie melodie. Non è il caso di cercare altri canti.
Si raccomanda la processione dei
doni portati dai fedeli: innanzitutto il pane e il vino per l’Eucaristia,
quindi, se ci sono, doni veri per la chiesa e i poveri. I doni non destinati
alla mensa eucaristica, come pure le offerte in denaro, non vanno mai deposti
davanti all’altare, ma su una apposita credenza ben distinta dai luoghi
liturgici. Si evitino monizioni esplicative dei doni (la processione è
accompagnata dal canto) e doni simbolici o allegorici.
Si consiglia l’uso del Canone
Romano, che il Messale riporta nel proprio del tempo con le varianti proprie
del giorno.
Si valuti la possibilità di
distribuire a tutti i fedeli la comunione sotto le due specie.
Terminata l’orazione dopo la
Comunione, si forma la processione che, attraverso la Chiesa, accompagna il
Santissimo Sacramento al luogo della reposizione. Apre la processione il
crocifero; si portano le candele accese e l’incenso. Intanto si canta l’Inno
“Pange lingua” o un altro canto eucaristico. La processione e la reposizione
del Santissimo Sacramento non si possono fare in quelle chiese in cui il
Venerdì santo non si celebra la Passione del Signore.
Il Sacramento venga custodito in
un tabernacolo chiuso. Non si può mai fare l’esposizione con l’ostensorio,
perché questa non è una esposizione del Santissimo Sacramento. Il tabernacolo o
custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di
“sepolcro”: infatti la cappella della reposizione viene allestita non per
rappresentare “la sepoltura del Signore”, ma per custodire il pane eucaristico
per la Comunione, che verrà distribuita il Venerdì nella Passione del Signore.
Si invitino i fedeli a
trattenersi in chiesa, dopo la Messa nella Cena del Signore, per un congruo
spazio di tempo nella notte, per la dovuta adorazione al Santissimo Sacramento
solennemente lì custodito in questo giorno. Durante l’adorazione eucaristica
protratta può essere letta qualche parte del Vangelo secondo Giovanni (Cap.
13-17). Dopo la mezzanotte si faccia l’adorazione senza solennità dal momento
che ha già avuto inizio il giorno della Passione del Signore.
Questa adorazione notturna deve
essere preparata con molta cura, predisponendo anche sussidi scritti per la
preghiera personale. Nel caso di una animazione con preghiere e canti si lasci
sempre uno spazio cospicuo di silenzio per la preghiera di adorazione
personale. Dopo la mezzanotte, alla chiusura della chiesa, si valuti la
possibilità di eliminare i segni della solennità, lasciando accanto alla
custodia del SS. Sacramento la lampada eucaristica e una sobria ornamentazione
floreale o verde (i germi di grano tradizionali, per esempio) e alcuni ceri.
Terminata la Messa viene
spogliato l’altare della celebrazione. È bene coprire le croci della chiesa con
un velo di colore rosso o violaceo, a meno che non siano state già coperte il
sabato prima della domenica V di Quaresima. Non possono accendersi le luci
davanti alle immagini dei Santi. (PS 54-57)
VENERDÌ SANTO -
PASSIONE DEL SIGNORE
Il Venerdì nella Passione del
Signore è giorno di penitenza obbligatoria in tutta la Chiesa, da osservarsi
con l’astinenza e il digiuno.
In questo giorno sono del tutto
proibite le celebrazioni dei sacramenti, eccetto quelli della Penitenza e
dell'Unzione degli infermi. Le esequie siano celebrate senza canto e senza il
suono dell'organo e delle campane.
Si raccomanda che l’Ufficio delle
letture e le Lodi mattutine di questo giorno siano celebrati con la
partecipazione del popolo.
Si faccia la celebrazione della
Passione del Signore nelle ore pomeridiane e specificamente circa le ore
quindici nel pomeriggio. Per motivi pastorali si consiglia di scegliere l’ora
più opportuna, in cui è più facile riunire i fedeli: per es. dal mezzogiorno o
in ore più tarde, non oltre però le ore ventuno.
Si rispetti religiosamente e
fedelmente la struttura dell’azione liturgica della Passione del Signore
(Liturgia della Parola, Adorazione della Croce e santa Comunione), che proviene
dall'antica tradizione della Chiesa. A nessuno è lecito apportarvi cambiamenti
di proprio arbitrio. (PS 60-64)
Non è consentito unire (per
fusione o giustapposizione) la celebrazione della Passione con i pii esercizi
(via crucis, quadri viventi, processioni).
Nella Diocesi di Roma la
celebrazione della Passione è normalmente posticipata al tardo pomeriggio, in
modo da favorire la partecipazione dei fedeli.
Non si tema, anzi si favorisca il
silenzio che scandisce i passaggi tra i vari momenti celebrativi: è lo sfondo
su cui si stagliano sia la Parola di Dio, sia la parola orante della Chiesa,
che rispettivamente annunciano e celebrano il grande mistero della croce.
«La Croce da mostrare al popolo
sia sufficientemente grande e di pregio. Per questo rito si scelga la prima o
la seconda formula indicata nel Messale. Non si ometta il silenzio riverente
dopo ciascuna prostrazione, mentre il sacerdote celebrante rimane in piedi
tenendo elevata la Croce.
Si presenti la Croce
all’adorazione di ciascun fedele, perché l’adorazione personale della Croce è
un
elemento molto importante in
questa celebrazione. Si adoperi il rito dell’adorazione fatta da tutti
contemporaneamente solo nel caso di un’assemblea molto numerosa.
Per l’adorazione si presenti
un’unica Croce, nel rispetto della verità del segno. Durante l’adorazione della
Croce si cantino le antifone, i “Lamenti del Signore” e l’Inno, che ricordano
la storia della salvezza, oppure altri canti adatti». (PS 68-69)
«Dopo la celebrazione si procede
alla spogliazione dell’altare, lasciando però la Croce con alcuni candelieri.
Si prepari in chiesa un luogo adatto (per es. la cappella di reposizione
dell'Eucaristia nel Giovedì Santo, rimuovendo i fiori), ove collocare la Croce
del Signore, che i fedeli possano adorare e baciare e dove ci si possa
trattenere in meditazione.
Per la loro importanza pastorale,
non siano trascurati i pii esercizi, come la “Via Crucis”, le processioni della
Passione e la memoria dei dolori della Beata Vergine Maria. I testi e i canti
di questi pii esercizi siano in armonia con lo spirito liturgico. L’orario dei
pii esercizi e quello della celebrazione liturgica siano composti in modo tale
che l’azione liturgica risulti di gran lunga superiore per sua natura a tutti
questi esercizi». (PS 71-72)
SABATO SANTO
«Il Sabato santo la Chiesa sosta
presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e morte, la discesa
agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione. È
molto raccomandata la celebrazione dell’Ufficio delle letture e delle Lodi
mattutine con la partecipazione del popolo. Dove ciò non è possibile, sia
prevista una celebrazione della Parola di Dio o un pio esercizio rispondente al
mistero di questo giorno.
Possono essere esposte nella
chiesa per la venerazione dei fedeli l’immagine del Cristo crocifisso o deposto
nel sepolcro o un’immagine della sua discesa agli inferi, che illustra il
mistero del Sabato santo; ovvero l’immagine della beata Maria Vergine
Addolorata.
Oggi la Chiesa si astiene del
tutto dal celebrare il sacrificio della Messa. La santa Comunione si può
dare solo in forma di Viatico. Si
rifiuti la celebrazione delle nozze e degli altri sacramenti, eccetto quelli
della Penitenza e dell’Unzione degli Infermi» (PS 73-75).
VEGLIA PASQUALE
L’intera celebrazione della
Veglia pasquale si svolge di notte; essa quindi deve o cominciare dopo l’inizio
della notte o terminare prima dell’alba della domenica (PS 78). Tale regola è
di stretta interpretazione e pertanto è bene rimuovere gli abusi e le consuetudini
contrarie, che talvolta si verificano, così da anticipare l’ora della
celebrazione della veglia pasquale nelle ore in cui di solito si celebrano le
Messe prefestive della domenica. (PS 78)
- IL
LUCERNARIO
«Per quanto possibile, si prepari
fuori della chiesa in luogo adatto il rogo per la benedizione del nuovo fuoco,
la cui fiamma deve essere tale da dissipare veramente le tenebre e illuminare
la notte.
Nel rispetto della verità del
segno, si prepari il cero pasquale fatto di cera, ogni anno nuovo, unico, di
grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è
la luce del mondo» (PS 82).
Va definitivamente abbandonata la
cattiva prassi del finto cero pasquale, ovvero un tubo di plastica che simula
forma e colore di un cero, ma che non lo è, non si consuma e non finisce:
questo è in aperto contrasto con le indicazioni liturgiche e contraddice ciò
che viene cantato nel preconio (si pensi al riferimento all’ape madre che ha
prodotto la cera che si consuma). Da evitarsi anche il ricorso ai vecchi ceri
monumentali con la sovrapposizione di un piccolo cero, che è l’unica parte
cambiata ogni anno.
- LA
LITURGIA DELLA PAROLA
L’attenzione pastorale consente
di limitare le letture dell’Antico Testamento fino a un minimo di tre, con
obbligo di non omettere la narrazione della prima pasqua (terza lettura), ma si
tratta di una concessione pastorale legata a situazioni particolari, non della
normalità, che prevede le nove letture, seguite dai salmi cantati e dalle
singole orazioni.
Il Gloria è un inno: come
tale, soprattutto in questa notte, richiede il canto.
È opportuno che sia il celebrante
stesso a intonare solennemente l’Alleluia pasquale. Il cantore prosegue con le
strofe del salmo 118 al quale fa seguito immediatamente la proclamazione del
Vangelo.
- LA
LITURGIA BATTESIMALE
La Pasqua è per eccellenza e fin
dall’antichità la notte battesimale. Occorre però distinguere tra l’iniziazione
cristiana degli adulti, che nella veglia trova il suo luogo proprio, e il
battesimo dei bambini. In quest’ultimo caso occorrerà individuare una famiglia
sensibile, che conosca, apprezzi e viva con fede la celebrazione della veglia.
Non è opportuno indicare alla famiglia un orario di massima (posteriore
all’inizio della veglia) in cui arrivare per il momento del Battesimo.
I battesimi si compiono
esclusivamente nel fonte battesimale, luogo liturgico fisso in ogni parrocchia.
Il fonte non può essere sostituito da allestimenti posticci o bacili,
approntati in presbiterio o nelle immediate vicinanze con il pretesto della
visibilità dei riti: con i battezzandi vanno presso il fonte i padrini e i
parenti più stretti. L’assemblea accompagna con la preghiera e il canto delle
litanie la processione al fonte; può accogliere poi con una acclamazione
festosa i neofiti che tornano al loro posto.
Il modo di inserire l’iniziazione
cristiana degli adulti nella Veglia è indicato nel Messale Romano e nel
RICA. Concretamente si può fare in questo modo: si seguono le indicazioni del
Messale fino al n. 43. Si continua con RICA n. 217 (rinuncia) e si procede fino
a RICA n. 213 (cresima dei neofiti). Quindi si riprende il Messale: il
sacerdote pronuncia l’orazione a fine di p. 181 («Dio onnipotente, Padre del
nostro Signore Gesù Cristo…»), e attraversa l’assemblea aspergendola con l’acqua
benedetta mentre la schola e l’assemblea cantano Vidi aquam o altro
canto adatto.
Per il battesimo dei bambini la
sequenza rituale è simile ma le formule vanno prese dal RIBA, con alcune
accortezze indicate nel medesimo rituale e nel messale:
-
introducendo la rinuncia il sacerdote si rivolge
a genitori e padrini (RIBA 64)
-
si omette l’assenso alla professione di fede (n.
68)
-
Al battesimo segue l’unzione postbattesimale con
il crisma (n. 72)
-
Non si fa la consegna del cero acceso
-
Si tralascia il rito dell’effeta.
Per celebrare nella stessa veglia
l’iniziazione degli adulti e il battesimo dei bambini occorrerà seguire
attentamente le indicazioni per i due riti, evitando doppioni e incongruenze
(soprattutto tra la cresima degli adulti e l’unzione postbattesimale dei
bambini). L’Ufficio liturgico è disponibile per la consulenza del caso.
Tornato alla sede, il sacerdote
introduce la preghiera universale, alla quale prendono parte i nuovi battezzati
adulti (o i genitori e padrini dei bambini). Si abbia cura però che
l’intenzione sui neofiti non sia letta da uno di loro.
I neofiti adulti porteranno i
doni all’altare. Si possono coinvolgere in questo gesto anche le famiglie dei
bambini battezzati.
Ove non ci siano battesimi, si
benedice comunque il fonte. La formula per la benedizione dell’acqua lustrale è
riservata alle chiese non parrocchiali (che non hanno il fonte).
- LA
LITURGIA EUCARISTICA
I neo battezzati portino i doni
all’altare.
Si valuti la possibilità di
distribuire a tutti i fedeli, oltre che ai neofiti, la comunione sotto le due
specie.
IL GIORNO DI PASQUA
Si suggerisce di sostituire
l’atto penitenziale con la memoria battesimale e l’aspersione con l’acqua
benedetta nella Veglia.
Il canto della sequenza è
obbligatorio il giorno di Pasqua, facoltativo dell’ottava. L’assemblea rimane
seduta. L’uso di alzarsi è retaggio del passato, quando la sequenza, che nasce
come tropo dell’Alleluia, seguiva l’acclamazione. Ora che la precede, non ha
senso alzarsi.
«Si raccomanda molto che
soprattutto nell'ottava di Pasqua la santa Comunione sia portata agli infermi»
(PS 104).
Ove possibile, è opportuno
concludere la giornata di Pasqua con la celebrazione in canto dei vespri. A
imitazione dell’antico uso lateranense, i vespri possono prevedere anche la processione
al fonte dei neofiti.
Commento al vangelo della Settimana Santa
Paolo Curtaz
Lunedì 15 Aprile > (Feria – Viola) | Lunedì della Settimana Santa Is 42,1-7 Sal 26 Gv 12,1-11: Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. |
Martedì 16 Aprile > (Feria – Viola) | Martedì della Settimana Santa Is 49,1-6 Sal 70 Gv 13,21-33.36-38: Uno di voi mi tradirà… Non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte. |
Mercoledì 17 Aprile > (Feria – Viola) | Mercoledì della Settimana Santa Is 50,4-9 Sal 68 Mt 26,14-25: Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! |
Giovedì 18 Aprile > ( – Bianco) | GIOVEDI SANTO (MESSA DEL CRISMA) Is 61,1-3.6.8-9 Sal 88 Ap 1,5-8 Lc 4,16-21: Lo Spirito del Signore è sopra di me. |
Giovedì 18 Aprile > ( – Bianco) | GIOVEDI SANTO (MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE) Es 12,1-8.11-14 Sal 115 1Cor 11,23-26 Gv 13,1-15: Li amò sino alla fine. |
Venerdì 19 Aprile > ( – Rosso) | VENERDI SANTO (PASSIONE DEL SIGNORE) Is 52,13- 53,12 Sal 30 Eb 4,14-16; 5,7-9 Gv 18,1- 19,42: Passione del Signore. |
Sabato 20 Aprile > ( – Bianco) | VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA (ANNO C) Es 14,15- 15,1 Es 15,1-7a.17-18 Rm 6,3-11 Lc 24,1-12: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? |
Domenica 21 Aprile > (SOLENNITA’ – Bianco) | DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO C) At 10,34.37-43 Sal 117 Col 3,1-4 Gv 20,1-9: Egli doveva risuscitare dai morti |
Lunedì della Settimana Santa
Gv 12,1-11: Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura.
Gli ultimi giorni, le ultime ore. È iniziata la più grande fra le settimane. Ora dopo ora seguiremo i passi del Signore, cercando di scrutare le sue emozioni, in punta di piedi. Si ripete, la grande settimana, ora e per sempre. Anche noi, andando al lavoro, preparandoci ad una lunga giornata da passare in casa, cercheremo di pensare spesso al Signore. Come staremmo se sapessimo di vivere le ultime giornate della nostra vita terrena? Quali emozioni, quali paure, quali delusioni, quali speranze colmerebbero i nostri cuori? Gesù inizia la settimana in casa di amici, un pranzo straordinario che vede Lazzaro fra i commensali. È durante quell’incontro che, secondo Giovanni, avviene l’unzione ad opera di Maria, sorella di Lazzaro. Tutti gli evangelisti raccontano questo episodio, anche se lo situano in momenti diversi. Poco importa: Giovanni lo pone qui per sottolineare il gesto gratuito e semplice della sua discepola. Ha ragione Giuda (ma anche gli altri apostoli pensano la stessa cosa!): il gesto di Maria è uno spreco. Visione utilitaristica e meschina della fede: i poveri li abbiamo con noi, li dobbiamo accogliere nella comunità. Gesù dimostra di gradire quel gesto ingenuo e pieno di speranza. Anche noi, oggi, facciamo qualcosa di bello per Dio!
Martedì della Settimana Santa
Gv 13,21-33.36-38: Uno di voi mi tradirà… Non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.
Leggiamo in questi ultimi giorni le diverse versioni della cena. Oggi tocca a Giovanni che, come sempre, vola alto. Gesù, nel momento più tragico della sua vita, radicalmente turbato, vuole ancora salvare due suoi discepoli. Deve salvare Giuda dal suo delirio, convinto com’è di forzare la mano per far incontrare Gesù e il sinedrio. E anche se tenta di farlo rinsavire, con la comunione che viene data a Giuda, anche a lui (!) ormai, è abitato dalle tenebre. È perso, certo, ma Gesù non è forse venuto per chi è perduto? Esulta, il Signore: ora è il momento della glorificazione, ora potrà dimostrare inequivocabilmente l’autentico volto di Dio. E deve salvare Pietro dalla sua supponenza, dal suo credersi migliore degli altri. È questo il cuore del vangelo: la volontà invincibile di Gesù di salvare chi gli è affidato. E anche noi. Non esiste tenebra che ci possa definitivamente allontanare da Dio. Non esiste orgoglio che ci impedisca di rinascere. Come arriviamo a questa Pasqua? Il Signore desidera ancora donarsi e ogni eucarestia che celebriamo diventa il luogo in cui ripercorriamo e rendiamo presente la sua intatta volontà di redenzione per ogni uomo.
Mercoledì della Settimana Santa
Mt 26,14-25: Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito!
Abbiamo ridicolizzato Giuda, facendolo diventare una specie di macchietta. La nostra è un’operazione scorretta e sospetta perché lascia intendere che, in fondo, noi siamo migliori di lui. Ci fa comodo dividere il mondo in buoni e cattivi. Noi, pur non essendo santi, siamo certamente migliori di uno come lui… Il vangelo, invece, è molto attento nel suo giudizio: Giuda è e resta un apostolo e ciò deve farci riflettere. Giuda non accetta la predicazione di Gesù: egli, scoraggiato dalla reazione negativa del sinedrio che non vuole nemmeno incontrare il Nazareno, pensa di forzare la mano. Vuole un messianismo politico, vuole obbligare Gesù a manifestarsi davanti al mondo. Il suo ruolo nella congiura contro Gesù, ci dicono gli storici, è molto ridimensionato: la sua opera consiste nell’indicare il luogo e il momento propizio per arrestare Gesù senza troppo clamore. Ma la scelta di Giuda ferisce il Signore che cerca ancora di recuperarlo, di spingerlo alla conversione. Gesù, alla domanda di Giuda, risponde: tu lo dici. Come a dire: scegli tu, Giuda, se continuare, sei tu che dici di essere un traditore. Io non credo che tu lo sia, non crederci nemmeno tu…
GIOVEDI SANTO (MESSA IN CENA DOMINI)
Gv 13,1-15: Li amò sino alla fine.
È finita. Lo sa bene, il Maestro. Ha fatto di tutto per convertire il cuore degli uomini, il cuore del suo popolo. cosa gli resta da fare? È finita. Gesù, come accade anche a noi, sperimenta il limite, misura la fragilità, pesa il rifiuto dell’uomo. Che ce ne facciamo di un Dio che dialoga? Che ci lascia liberi di scegliere? Che ce ne facciamo di un Dio che rifiuta le regole per chiedere di amare, e amare non può restringersi nell’alveo ristretto di un codice? Che ce ne facciamo di un Dio che ci chiama “amici”, costringendoci a schierarci? È finita. Lo sa bene Giuda, l’unico fra i dodici che ha davvero capito cosa stia succedendo, l’unico che cerca un’ultima, disperata soluzione. È finita. Gesù si ritrova, solo, a decidere sul da farsi. Andarsene? Mollare tutto? Arrendersi all’evidenza? No. In quella cena che diventa pasquale Gesù va oltre, si dona, si consegna alla nostra assordante indifferenza. Quella cena che rifacciamo, in obbedienza. Quella cena che è la prima, quella da cui tutto nasce. Quella cena che oggi rifaremo, con fede, silenzio, adoranti. Siamo qui a misurare l’amore di Dio e ne siamo travolti. Ecco, Dio si dona in un pezzo di pane.
VENERDI SANTO (PASSIONE DEL SIGNORE)
Gv 18,1- 19,42: Passione del Signore.
Ecco la grande notte che vede Gesù in preghiera andare incontro al suo destino. Tutto è pronto, ora, e il Signore sa che solo così potrà dimostrare che le parole che ha detto non sono solo i discorsi di un esaltato, ma la definitiva manifestazione del volto di Dio. Altro è parlare, altro pendere da una croce. Eppure quella notte è la madre di tutte le lotte, di tutte le tentazioni. Perché mai Gesù dovrebbe andare a farsi uccidere? Per gli apostoli che non hanno capito la gravità della situazione? Per la folla di Gerusalemme che sembra già averlo dimenticato? Per i capi religiosi del popolo e i farisei che lo vivono con esplicita insofferenza? Per quale misteriosa ragione il suo sacrificio dovrebbe cambiare qualcosa? La grande tentazione di Gesù. L’ultima tentazione di Cristo, è la consapevolezza che la croce può essere un sacrifico inutile, eccessivo… Tutti siamo disposti a sacrificarci per qualcuno, a patto che il nostro sacrificio serva! Gesù accoglie il rischio di essere il per sempre dimenticato. Si dona, si offre, si consegna. La Chiesa, oggi, smette le solenni vesti liturgiche e si fa silenziosa e penitente, partecipando allo spettacolo di un Dio che muore per amore.