Cristiani emergenti: Monica Mondo (contro Lucetta Scaraffia, dimissionaria)
Il passo indietro della storica e di altre 11 redattrici è stato annunciato con un editoriale pubblicato sul numero di aprile e rilanciato anche dal blog Settimo Cielo. Nell'articolo - dai toni tutt'altro che concilianti - Scaraffia ha spiegato che "non ci sono più le condizioni per continuare la (...) collaborazione con L’Osservatore Romano" perchè la linea autonoma del mensile non avrebbe "trovato l'appoggio della nuova direzione (...), indirizzata piuttosto a depotenziare Donne Chiesa Mondo, avviando collaborazioni e iniziative che appaiono concorrenziali, con l'effetto di mettere le donne l'una contro l'altra invece di sollecitare confronti aperti, e dimostra così di non considerare i membri della redazione interlocutori sufficientemente 'affidabili"'. (da La Nuova Bussola Quotidiana)
Lo scontro è con Monica Mondo che così viene presentata su Tv2000:
Torinese, laureata in Lettere classiche, Monica Mondovive a Roma, dove lavora come autore e conduttore a TV2000.La diatriba all'interno del quotidiano vaticano è ben raccontata da UCCR:
Ha scritto per diverse testate giornalistiche, di cultura e politica; ha lavorato nell’editoria e per la radio. Per l’editore Marietti ha pubblicato due romanzi: “Sarà bella la vita” e “Il mio nome è Khalid”. Per l’editore Cantagalli un saggio con il cardinal Georges Cottier “Selfie. Dialogo sulla Chiesa con il teologo di tre papi”, e per la San Paolo una biografia di Giovanni Falcone con la sorella Maria “Le idee restano”.
Ha tre figli fantastici, ama la chiesa cattolica e, si parva licet…Tolkien, la Juventus e Springsteen.
Maschilismo, cultura misogina, delegittimazione femminile. Si è sentito di tutto nelle ultime ore a proposito della redazione de l’Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano. Il caso sono le dimissioni volontarie di Lucetta Scaraffia, e del suo staff, responsabile dell’inserto “Donne, Chiesa, Mondo” (fonti interne rivelano che almeno due donne che lavoravano alla rivista sono furiose verso la Scaraffia perché non volevano dimettersi, ma ha deciso da sola e lo ha comunicato solo in seguito alle collaboratrici). Ma la discriminazione delle voci femminili, così come si legge sui giornali, non c’entra assolutamente nulla.La prof.ssa Scaraffia è un’apprezzata storica de La Sapienza ed intellettuale di rilievo nel mondo cattolico italiano, convertitasi da adulta dopo una carriera come femminista, sessantottina e marxista. Negli ultimi anni, tuttavia, si è lasciata liberamente corteggiare dal potere mediatico occidentale concedendo interviste dai toni molto pesanti nei confronti della Chiesa e del Vaticano, denunciando una situazione riguardo alla condizione femminile che rispecchia la più classica retorica del protofemminismo (con l’uso ormai anacronistico di quel “noi” e “loro”, per identificare donne e uomini in una fantomatica guerra reciproca). Le sue dichiarazioni -basta una semplice ricerca- hanno prodotto titoli come questi: «Lucetta Scaraffia attacca la Chiesa: “Odia le donne ed è piena di pedofili”». E’ anche autrice di un libro di denuncia: Dall’ultimo banco (Marsilio), per il quale ha chiesto la prefazione nientemeno che all’anticlericale Corrado Augias, contento come non mai di prestarsi a questa operazione.Le denunce della Scaraffia sulla poca considerazione delle voci femminili all’interno delle strutture di governo della Chiesa sono senz’altro opportune e corrispondono probabilmente ad una dolorosa verità, tuttavia non è condivisibile la sua consapevole scelta di sfruttare il clamore mediatico per tentare di indurre un cambiamento con il ricatto dello scandalismo dei media, i quali si tuffano su queste accuse alla Chiesa come un boccone prelibato. Ma, ovviamente, per motivi ben diversi da quelli della Scaraffia. Le femministe (cattoliche) hanno il monopolio degli argomenti femminili?Il vero motivi del suo abbandono dell’Osservatore Romano, tuttavia, sembra ricondursi ad altro rispetto a quanto ha denunciato nelle numerose interviste che ha rilasciato in queste ore. E’ un altro difetto del femminismo classico, cioè quello di voler monopolizzare gli argomenti “femminili”non accettando che vengano trattati da persone al di fuori della “cerchia femminista”, donne o uomini che siano. E’ quanto sembra essere accaduto proprio in questo caso.La stessa Scaraffia infatti ha giustificato il suo abbandono parlando di “difficoltà” sorte in seguito all’entrata del nuovo direttore, Andrea Monda, e per la presenza di «articoli totalmente opposti rispetto alla linea del nostro mensile». L’esempio concreto che ha portato è quello di «un articolo firmato da Monica Mondo, una recensione molto critica su un filmato che mostrava abusi su religiose, che portava avanti posizioni opposte alle nostre». Ecco, quindi, il punto. L’esistenza di donne che scrivono sull’Osservatore Romano e che la pensano diversamente dalla linea dell’inserto femminile diretto dalla stessa Scaraffia.La risposta di Monica Mondo: “Il mio punto di vista non gradito dalla Scaraffia”E Monica Mondo, autrice di TV2000 (bellissime le sue interviste nel programma Soul) ha risposto. La Scaraffia l’ha accusata di aver pubblicato un articolo su L’Osservatore riguardo un docufilm su suore abusate, manifestando una posizione critica diversa da quella celebrativa apparsa sull’inserto “Donne, Chiesa, Mondo”. «Mi è sembrato che ci fosse, da parte degli autori del film, una durezza eccessiva, come se la volontà di colpire la Chiesa stesse prevalendo sul desiderio di dire la verità. Dopo di che, ho scritto di getto, nella convinzione che la mia testimonianza non sarebbe stata pubblicata». Ed invece l’articolo è apparso, indipendentemente che un parere fosse già stato dato sull’inserto femminile. «Ma questo non impediva a L’Osservatore di tornare sul tema. Magari da un altro punto di vista, che però (ci tengo a ribadirlo) era pur sempre un punto di vista femminile», ha spiegato la Mondo. «Un fatto che avrebbe potuto essere apprezzato, anche avviando una discussione. Mi piace pensare che questo sia ancora possibile, purché si riesca a ristabilire un clima di serenità. La mia personale convinzione è che, specie su argomenti di questa importanza, non esistano competenze esclusive e che, di conseguenza, non abbia senso lamentare l’invasione di campo».L’autrice di TV2000 ha anche inviato una lettera a Il Mattino, respingendo le accuse di essere una «pennivendola al servizio di un potere maschilista». «Vorrei ricordare alla professoressa Scaraffia che sono una donna anch’io e poiché difende tanto la necessità di una presenza femminile nella Chiesa, penso di avere diritto di parola. Non credo che su certi temi solo lei e le sue amiche abbiano diritto di argomentare. E’ persino possibile che qualcuno abbia sfumature di pensiero diverse dalle sue».Monica Mondo centra il punto: «E’ fuorviante che l’apertura a voci diverse sia considerata perdita di potere, e utilizzata per una campagna vittimistica, che solletica chi considera la Chiesa da sempre su una sentina di vizi. E’ triste constatare che continui ad essere certo post femminismo ideologico, cambiate casacche e bandiere, ad attaccare le donne».Ci auguriamo che l’inserto Donne, Chiesa, Mondo continui ad essere pubblicato e che Lucetta Scaraffia torni a collaborare in futuro, come voce originale, indipendente ed in controtendenza rispetto al suo stesso passato di militanza femminista.La redazioneAGGIORNAMENTO 29 marzo 2019Oltre alla riflessione di Maurizio Crippa su Il Foglio, segnaliamo l’interessante intervento di Rita Ferrone, teologa e catechista che vive a New York. Ha innanzitutto confessato di non essere «mai stata molto innamorata dell’idea di un “supplemento femminile” a L’Osservatore Romano. Cosa dice della pubblicazione principale? Che è un giornale per soli uomini e intende restare così?». Anche Ferrone ha sottolineato, come (solo) da noi esposto, che il vero motivo delle dimissioni è il fatto che «Scaraffia e le sue collaboratrici sono state sfidate con successo da donne che stavano producendo un giornalismo eccellente, ma non erano della loro squadra, non erano più l’unica presenza femminile ne L’Osservatore Romano. La notizia è stata raccontata da tutte le principali agenzie di stampa, con l’oscura interpretazione che il sessismo della Chiesa cattolica era ancora una volta al lavoro. L’istituzione patriarcale caccia l’unica coraggiosa femminista che ha violato le barricate!».
Ed invece, la nuda verità è che «Scaraffia si è imbattuta in un nuovo editore generale che non la considerava l’unico arbitro e punto di riferimento per tutto ciò che riguarda le donne. Ha preferito rassegnare le dimissioni piuttosto che collaborare con lui all’interno di un quadro più ampio di collegialità. Questo è suo diritto. Affrontare la questione come una lotta titanica contro il “controllo maschile” e per l’indipendenza “femminile”, tuttavia, mi sembra sbagliato. Ci sono donne di mentalità indipendente in entrambi i lati di questa storia. Ironia della sorte, la denuncia sul “controllo maschile” sembra concentrarsi sulla protezione di un feudo separato per le donne, piuttosto che promuovere le donne come uguali a tutti i livelli».Ancora sulla diatriba vedi l'articolo di Avvenire («Il mio scritto sull'Osservatore? Spunto per aprire un dibattito»), mentre sulla figura di Monica Mondo vedi l'articolo deticatogli da Credere:
LA MIA FEDE CON IL CUORE E CON LA RAGIONE
La conduttrice di Soul su Tv2000, racconta l’adolescenza difficile in lotta contro l’anoressia, l’incontro con comunione e liberazione, l’avvio alla professione e la sfida di essere madre e lavoratrice: tutto con lo stile dei cristiani«Era il periodo di Vatileaks, la Chiesa si trovava sotto attacco. Per un anno e mezzo, quasi tutte le settimane, ho avuto la fortuna di frequentare l’anziano cardinale George Cottier: ci siamo incontrati, abbiamo chiacchierato di tutto e ne è nato un libricino, Selfie. Dialogo sulla Chiesa con il teologo di tre Papi (Cantagalli). Di lì a non molto Cottier ci ha lasciato. Ma prima di morire, in ospedale, mi ricordò che gli avevo promesso di scrivere un libro sulla Chiesa, accogliendo la sua proposta. Cottier, infatti, si raccomandava che finalmente toccasse ai laici, e specialmente alle donne, parlare della Chiesa».Monica Mondo, autrice e conduttrice di Tv 2000, spiega con queste parole, accompagnate da un sorriso che gli spettatori conoscono bene, la genesi dell’ultima sua fatica, Io, cristiana per amore e per ragione, da pochi giorni in libreria per i tipi di San Paolo. «L’ho scritto per onorare la promessa fatta a Cottier», si schermisce Monica: «Non è un trattato, ma un insieme di domande e riflessioni che si intrecciano a esperienze vissute e storie vere».Il punto di partenza è presto detto: «Nel “Ti adoro”, ogni mattina», spiega, «ringraziamo Dio per essere stati “fatti cristiani”. Ma che vuol dire, davvero? La fede e l’appartenenza alla Chiesa sono una mannaia o qualcosa di bello da riconquistare ogni giorno? E come posso aderire alla Chiesa con la ragione e con i dubbi? Ecco, il mio libro prende le mosse da qui».Quale esperienza di Chiesa hai fatto nella tua famiglia di origine?«Sono cresciuta a Torino negli anni Settanta in un contesto nel quale si tollerava il fatto religioso quando dà frutti visibili (pensiamo ai “santi sociali”), ma culturalmente ne era lontano, quasi sprezzante. Ho avuto la fortuna di avere papà e mamma che mi hanno sempre portato a Messa la domenica. Mio padre (Lorenzo Mondo, giornalista e critico letterario della Stampa) cresciuto alla scuola dell’Azione cattolica, era rimasto deluso dall’uso strumentale della fede in ambito politico».E a scuola?«Ho frequentato il liceo classico più severo di Torino, dove si formava la borghesia della città: lì non si poteva parlare di fede, era quasi disdicevole. Finché ho incontrato alcuni rompiscatole di Cl che mi invitarono alle loro vacanze. Ed è al santuario di Oropa, in quell’occasione, che ho conosciuto un prete con un grande carisma: don Bernardino Rainero, “Berna” per gli amici e, tramite lui, don Giussani. Di lui mi colpì la sua irrefrenabile volontà di mettere insieme fede e ragione».Da giovane, però, hai vissuto anche una stagione di grande sofferenza…«Mi sono ammalata di anoressia, senza riuscire a darmi un perché, in una stagione in cui quella malattia era ancora poco conosciuta e faceva paura. Improvvisamente mi sono ritrovata sola. Se non sono diventata completamente atea in quel momento è per grazia: star male e sentirsi abbandonati dagli amici è una prova dolorosa. In un momento così difficile sono andata a vivere da mia nonna: una donna semplice, ma che mi ha accolto con amore e tenerezza».Come hai iniziato a lavorare nel mondo dei media?«Nel momento peggiore della mia vita, don Francesco Meotto, un santo sacerdote, l’allora direttore della Sei (Società editrice internazionale), che conoscevo, mi ha chiesto di lavorare per l’ufficio stampa. Nessuno avrebbe puntato su di me in quella situazione, lui sì. In quegli anni, finite le superiori, lavoravo anche per Radio Proposta, un’emittente diocesana grazie alla quale ho avuto la possibilità di scoprire un volto più ampio della Chiesa, accostando focolarini, boy scout, giovani di Azione cattolica, missionari...».Poi ti sei sposata: cos’è cambiato da allora?«Siamo andati a vivere a Milano e, in quel periodo, ho partecipato a una stagione molto intensa, nella quale ho avuto modo di lavorare con colleghi come Riccardo Bonacina, Giuseppe Frangi e altri, che all’epoca erano giovani di 25-30 anni animati di grande entusiasmo e passione. Ci sentivamo certi dell’esperienza di fede che avevamo, ma con addosso una enorme voglia di imparare da maestri di umanità, da Testori a Luzi…».Oggi hai tre figli: come riassumeresti la tua esperienza di madre?«I figli sono il più evidente segno che quello che hai non dipende da te. Ne ho tre: Francesco, che studia Scienze politiche; Luca, che fa Economia, e Chiara, di 25 anni, che si è appena sposata. Si chiama così per un voto a santa Chiara d’Assisi: dopo l’esperienza dell’anoressia, mi avevano detto che non avrei potuto avere figli. E invece… Sono infinitamente grata a Dio che tutti e tre, ciascuno a modo suo, siano cristiani».Come li hai cresciuti nella fede? Oggi, per una mamma credente non è una passeggiata…«Li abbiamo educati alla Messa e alla preghiera fin da piccoli. E poi abbiamo cercato di far loro conoscere persone preziose, a noi care, tant’è (ride) che i miei figli mi prendono in giro dicendomi che ho amici solo preti. Quando hai dei ragazzi che stanno crescendo, diventa naturale cercare qualcuno che gli stia vicino, qualcuno di cui ti fidi. La cosa che ci interessava di più era far capire ai nostri ragazzi che la fede riguarda l’intelligenza e il cuore. Ebbene, i miei figli non si vergognano di credere. Non è facile, Gesù non ci ha detto “Guardate che sarà facile”. È scomodissimo essere credente, devi rendere ragione a te stesso e agli altri. Però ne vale la pena».Ti è capitato di essere discriminata, come credente, sul lavoro?«Ho lavorato in Mondadori, in Rai, in Mediaset e – devo dire – mai è accaduto. Ho sempre percepito grande rispetto, a volte qualche presa in giro, ma nulla più».Sei figlia di un giornalista, hai un marito giornalista, Franco Bechis, vicedirettore di Libero...«Ma non sono giornalista. Curioso, no? Non ho voluto dare l’esame da professionista, perché, alla vigilia, un’ex collega insinuò il sospetto che sarei stata favorita e io, per ripicca, non mi presentai. Ciò detto, sono un po’ all’antica: penso che i figli debbano stare soprattutto con la mamma, quindi ho sempre fatto la free-lance, rifiutando di essere assunta. Usiamo una parola che la gente non usa più: essere madre è una vocazione. Le rinunce sono tante, ma per un valore più grande».La donna nella Chiesa: a che punto siamo?«Non sopporto il clericalismo dei laici, ridurre la questione-donna a un problema di ruoli. È evidente che dovrebbe essere normale che nei consigli pontifici ci siano donne, ma non è così. Tant’è che fa notizia la nomina di questa o quella donna. La verità è che la Chiesa riflette quello che c’è nella società, ma, nei fatti, rispetta le donne più di quanto non avviene altrove: basta vedere come vengono usate le ragazze nei media o nel mondo del lavoro. Come cattolici, trovo che siamo andati dietro (sbagliando) a un certo femminismo quando la Chiesa è piena di sante, note per la loro grande intelligenza».Il programma che conduci, Soul (che in inglese significa anima), ha un titolo ambizioso.«L’idea di partenza è che noi non siamo quello che facciamo o il successo che abbiamo, ma le domande che portiamo in cuore. Purtroppo viviamo in un mondo che cerca di occultare le domande. Cosa ci unisce, credenti e no? Il fatto che ognuno si chieda come essere felice o che senso abbia tutto».Chi più ti ha colpito dei tanti intervistati?«Penso a missionari come suor Rosemary Nyirumbe, ugandese, o a padre Flor Maria Rigoni, scalabriniano bergamasco che vive al confine tra Messico e Usa. Ma mi hanno colpito molto anche personalità laiche come Umberto Galimberti o Erri De Luca».In video, a Soul, lo spettatore vede solo te e l’interlocutore, senza immagini o filmati...«È un programma… quasi radiofonico. In televisione, però, si vedono gli sguardi. E quando c’è il coraggio di guardarsi negli occhi, si vede che la persona che ho davanti mi interessa. Dobbiamo stupirci di chi abbiamo davanti. Passiamo la vita a sfiorarci, ma, in fondo, abbiamo tutti lo stesso destino».Testo di Gerolamo Fazzini
Foto di Stefano Dal Pozzolo / Contrasto